Il trionfo di Babilonia

Il trionfo di Babilonia SULLE! ORME DI ALESSANDRO MAGNO Il trionfo di Babilonia (D A Tv NOSTRO I JVV I A X O) b ii l di dit dl illi L i Risveglio velia bruma che grava afosa sul Tigri di Bagdad. Oggi dovrei riveder Babilonia, vale a dire percorrere la breve strada fra il Tigri e l'Eufrate sino alla grandiosa rovina, lo stesso cammino lungo il quale Alessandro incontrò il valoroso Mazeo, generalissimo di Dario, venutogli innanzi con i figli per offrir se slesso e la metropoli. Prima però devo congedarmi dalla capitale dell'Iraq. E' una grande oasi nel deserto mrsopotamico e se provoca all'apparire del bagliore aureo della moschea di Kaziman un grido d'entusiasmo, non è poi detto che, calura a parte, ci si trovi l'Eden. II Paradiso di Adamo e Eva Come tutti sanno, il Paradiso terrestre di Adamo ed Eva non è lontano di qui. E', secondo la tradizione biblica, a Korna, dove i due fiumi si congiungono (al tempo d'Alessandro cran divisi) per diventare l'unico Scio! el Arab. Stilla Unaua di terra delle palme, un po' di verde attorno ad un vecchio fortino turco. Ed un fresco delizioso come a Bagdad. Cosicché il soggiorno dei Progenitori alla confluenza rappresenterebbe l'ultimo anello di quella lunga catena di celebri luoghi che a cominciar da Ninive, passando per i santuari islamici, la tomba di Ezechiele, Ctcsifonc, la Torre di Babele e dicci altri perduti fra le paludi, i canali, il bitume, le sabbie, fanno per mille e più chilometri da spina dorsale alla Mcsopotamia. Non crediate che gli inglesi, mandatari e protettori dell'Iraq, abbiano tatto gran che nella sua capitale. Tutto si riduce al beneficio di qualche buon albergo, particolare che evidentemente poro interessa gli indigeni e ad uno sventramento centrale, vecchio oramai di parecchi anni, che ha crealo la . New Street », l'arteria massima. Il resto del la città è da rifare per tre quarti. I la vari del lago Habbania, poco a monte d l-'elugià sull'Eufrate, che con tre gran di canali dovrebbe diventare un'imma ne scaricatore dei fiumi, sopprimendo per sempre i disastri delle loro piene rovinose, la distribuzione delle acque nel deserto per conquistarlo alla coltura con gli sbarramenti sul Tigri e sul Giàla come avviene per il Nilo in Egitto, la costruzione della Nuova Bagdad al sud dell'antica, il Palazzo Reale, quello per i Ministeri, eccetera, sono sempre nella condizione di progetti, L'interno della città, dedalo di vicoli nei quali le mussarabia si toccano, sepolti nell'ombra dove s'agitano arabi, curdi, persiani, ebrei, indù; con i bazars pieni di colore, ricorda moltissimo una città marocchina. Dal fiume però, dal Tigri che aspetta i ponti stabili, largo 300 metri circa, la veduta della città contornata di verde, sormontata da minare ti, richiama alla mente Bankog siamese opra/tutto per l'atmosfera di difficile respiro. Lungo il fiume banchine coperte di mattoni gialli ceramizzati,come all'epoca di Baldassarre, zatlers a vela quadra come al tempo di Alessandro. Vi sione antica, come l'antichità romantica del luogo. Bagdad restituisce una parte di Babilonia, sua sorella vicina e defun la. Ne offre l'aspetto meno artistico, il lato unicamente commerciale, sulle rive del Tigri, nei deposili carovanieri, nella forma delle imbarcazioni che prolungano questa via navigabile dall'Asia Minore al Golfo Persico. II Macedone volle la sua capitale qui per ragioni soprattutto di comunicazioni (i circolari kelek e le zattere sugli otri vengono sino da Djabekir), non perchè la Mesopotamia fosse ricca. La sua fertilità antica, magnificala da Erodoto e dagli altri, è una favola. Corrono le zattere nella scia del rimorchiatori clic discendono sino a Bassura e al Golfo Persico. Il valore commerciale di Bagdad è inestimabile. Sovrasta ogni altro, demolisce gli inconvenienti del soggiorno ingrato per otto mesi dell'anno. Essa è il centro più im portante del commercio dell'Asia media verso l'Europa. Salvo i petroli dell'*Anglo-Prrsian » che ha il suo porto a Mohammerrah, non lungi dalla foce del Sciot el Arab, tutti i prodotti bituminosi di Mossiti, con il frumento, la frutta secca, il cotone, le lane, i datteri, vengono qui sui kelek e per via acquea: fiume, golfo, mare, vanno in India e in Europa. E tulio passa per Bagdad, che la via della Transcaucasia è ancora praticamente chiusa. Da Bagdad le mercanzie venute per mare si distribuiscono per carovana o per convogli automobilistici in tutta la Persia. L'intero impero iranico si rifornisce su queste rive. Ma come pesa l'esistenza sotto il terribile sole estivo di Bagdad! Tutto è lento in essa, il traffico, la vita sul fiume e la vita nei suk. La gente sembra essenzialmente occupata a passare da un caffè all'altro, secondo il corso del sole. Sono i caffeucci arabi la cui clientela, svariatissima per tipi e costumi, siede BAGDAD (Babilonia), luglio, fuori, a gambe incrociate, sui sedili dipaglia fumando interminabili kalian. Quartieri interi durante il giorno sembrano addormentati in un generale ammorbante fetore, in un'aria polverosa, respirata, fuori dalle case, dai mendicanti e dai cani soltanto. Le persone rispettatili rimangon chiuse nei giardinic/! interni o meglio ancora nelle cantine. Nell'albergo la tenuta di rigore degli eu ropei è costituita dai calzoncini corti e da una camicia senza maniche. Altro noti si sopporta. Si bete come otri del l'Eufrate, quelli delle zattere, bibite ghiacciate sotto i ventilatori turbinanti e si aspetta la notte. Quando Bagdad sì ridesta Si vedon di notte anche le rovine del palazzo dei Califfi spianate quasi del tutto dallo scoppio di una polveriera e l'uscita delle donne ebree dalla sinago ga con la loro pittoresca sceffià do rata. E' infatti nell'ora di Sherazadt che Bagdad sì ridesta sotto le lampade ad arco che spaventano l cammelli e fanno gettar loro urli più selvaggi de. ruggiti leonini. Le carovane che arrivano a Bagdad non riconoscono più la città. 11 basciamar si agita come un folle per rimettere l'ordine fra i suoi cammelli disorientati dal passaggio delle auto rombanti piene di europei assetali di velocità, cioè di frescura, diretti alle corse senza limiti sulle levigate piste fra il Tigri e l'Eufrate, (la migliore, un vero bigliardo, è quella al ponte di Perugia). Ma in mezzo al crocicchio il bastone del policeman dirige l'uno con le sue bestie rognose e le altre con a bordo i bianchi ubriachi di calura e di wisky. Poi a. uollc alta scende la pace sulla metropoli e il torpore sulle terrazze astronomiciie... Ed ora a Babilonia, antidoto visivo efficace per il nostro orgoglio, malgrado che la rovina riesca a dare ancora qualche forte impressione della vita di tre o quattromila anni fa su queste rive. Salendo e scendendo sulle desertiche colline formale dall'ammasso degli antichi edifìci fuso e impastato dalle inondazioni, si vede subito che la rovina subisce ogni anno una prolungata immersione e poi si pensa che la civiltà qui ha brillato di uno splendore per lo meno pari a quello della Cina, dell'India, dell'Egitto, malgrado il clima intollerabile per un lungo periodo dell'anno. Ma gli antichi che abitarono la Mcsopotamia ed anche i moderni che come gli antichi si accalcano nelle strette oasi lungo i fiumi, hanno poca scelta di territori seducenti. Infatti fra i deserti d'Arabia e gli altipiani iranici le terre dell'Eufrate e del Tigri sono la sola parentesi di fertilità relativa che si offra agli uomini. Con questo non bisogna credere che i babilonesi si condannassero ad arrostire nella loro metropoli durante tutta l'eterna estate. Gli ultimi scavi importanti fatti a Babilonia e a Kisc rivelano che la capitale dei giardini pensiti era un soggiorno essenzialmente invernale. Con il sopraggiungerc del caldo il Ite con la Corte e la massima parte dei cittadini davano un bel saluto all'Eufrate ingrossato c partivano per le propaggini dell'altopiano dell'Iran distanti duecento cliilomctri e là andavano a villeggiare. Il luogo più prossimo di villeggiatura si chiama oggi Kaniquin e Re Ecisal l'ha rimesso di moda e gli inglesi vi. han fatto arrivare da Bagdad una ferrovia a scartamento ridotto. Questa è Babilonia La macchina si ferma ad un villag- getto che si chiama Amurassi. L'enorme fossa dinanzi al colle di AmraiVche contiene i montìcoli di Babilonia lungo la riva sinistra dell'Eufrate è a i . , i poca distanza dal villaggio. La prima impressione è quella di un terreno abbondantemente bombardalo da granate di grossissimo calibro. Si sale su di una collinetta per afferrare il perimetro della metropoli, ma delle mura sulle quali correvano quattro bighe di fronte non si vedono che le due torricelle quadre della Porta di Islar o Astarte, alle una quindicina di. metri, dalle pareti istorialo, di animali simbolici. Nel fondo di un vallonccllo si scorge l'altro resto classico delle rovine babilonesi: il rozzo leone di basalto nero che preme svila non meno indeterminata figura umana supina sotto le zampe. Il resto è nn caos di informi muroglie in mattoni. Sulla destra dell'Eufrate e un poco a valle, sorge la cittadina santuario slamico d'HHlah sulla strada di Kerbela, l'ultrasanta città che conserva e nosiesstcomdipignmtemnidasotea natutr60la tomba di Hussein, figlio di Ali e (ttìceFaiirna. Il ili ah è la vera erede ancora joe. u e o l e ti l el e o o t e e e. ia n i lsial oie i e o lna u lmmuo si o a Ee a oe e a eci o a e re vi c ni lna n c oie. a al vi. rg- vlvente di Babilonia poiché è fatta con i grandi mattoni rettangolari tolti dalla rovina. A qualche chilometro a sud ovest di ttlllali, si leva sulla pialla pianura una collina conica alta una settantina ili metri che i musulmani chiamano la Torre di Nembrot mentre i cristiani caldei e (ili ebrei affermano che si tratta della Torre di Babele. Gli utchcologhl sono i. partenne alla città babilonese di Barsippa, fiorente all'epoca di Alessandro. Le torri della Porta di Astarte sono senza dubbio i resti più suggestivi di Babilonia. Il cammino malagevole è. disseminato di mattoni incrostati di bi lume e istoriati con la sigla di Bai dassarre e di Nabucodònosor, vili re stilili rispetto alle meravìglie caldee, medie assire e premedie adunate nel museo di Bagdad. Le torri sono an c.ora solide e i bassorilievi del bovi ri levati sui mattoni di purissimo (lise gno. Lo stile dei bassorilievi rivela Ut influenza egizia comune in tatti i ino numenti babilonesi ed iranici. Il leone di basalto atto poco più di un uomt è viceversa prcarcatco. E' venuto al la luce da non molti anni e lo si lascio dove fu scavalo. E questa è Babilonia. Voi non tollerereste che tentassi di tradurvi il linguaggio delle torri di Astarte o quello del trascorrere delle acque dell'Eufrate, il quale è ancora l'elemento di riferimento più sicuro che l'ineffabile passato ci abbia lasciato. Pensando alla cattività degli ebrei a Babilonia mi convinco che l'avvenimento costituisce uno dei molili principali della colossale popolarità fatta a questa città di cui nessuna creatura ragionevole ignora il nome, mentre altre metropoli antiche non molto distanti da Babilonia — Ecbalana e l'ersepoli per esemplo — non godono certamente la fama della torrida eittà dove Baldassarre, in quella disgraziata circostanza che sapete, vide la mano misteriosa tracciare sul serici cortinaggi dell'immensa sala dell'orgia le tre parole che gli preannunziarono la vittoria di Ciro. Attraversando la sdrusrito ponte di barche che congiungc Babilonia con Hillah, e più ancora quando si è sulla riva destra, si può misurare il fronte della rovina sul fiume, vale a dire il diametro approssimativo di Babilonia, sette chilometri circa. Lo sguardo ritorna alla rovina che veduta da lontano sembra più austera e vasta. Il monticalo che gli arabi chiamano El Kars — il Castello — si profila nell'azzurro con le muraglie consunte clic gli fanno corona rivelando i resti informi del iialazzo imperiale. Babilonia, Parigi del mondo preromano {tintindo Erodoto ne scrisse tu metropoli doveva avtre. almeno va millennio), città delle più alte mura, delle porle di bronzo, del tempio di Belo, dell'astronomia e della voluttà, eccola là! tiri, suo splendore, è dubbio che rimanga oggi utilizzabile, sul posto dove sorse, una tana di sciacalli, e di tutta la pena, i godimenti, il genio dei milioni d'uomini che l'hanno abitata, non resta di tangibile per noi che 'a nozione della manranza in essa di due fra ì principali clementi dell'esistenza e dello sviluppo di una città: il legno e la pietra. Altari d'argento per il Re 7 babilonesi del tempo di Alessandro avevan ragione di rallegrarsi del la sua venuta. Eran per la massima parte caldei assoggettati dai montanari discesi dalla l'erside poco più di due secoli innanzi seguendo il primo Achcmenidc, e quando coronarono in folla le mura di Babilonia per plau dire al nuovo Principe alla testa del l'esercito schierato in battaglia r in fiorarono le. strade e vi eressero aliali famimsanicitasoiti iceversa del parere ';"fjf J^^'jc/stchvcoplategngnPnl'ddraclapCdtaavgl'trcadDrelaevIapnfiSsDgvl'fapdsSvtrcamsgsdcocvfalanospriVd'argento dove bruciavan gli aromi di a Arabia e seguirono Bagofane, comaria dante del Castello e tesoriere di Dario, eCAG gli astronomi e i magi che cantava o gli inni, e i musici, e la sontuossima cavalleria babilonese, potevano sser considerali sinceri nelle dimotrazioni di giubilo verso i vincitori.11 giorno stesso Alessandro entrò sul occhio del trionfo nell'immenso perimetro delle mura dia rinchiudevano le istese dei campi, ammirò il ponte di ietra trasportata dalle lontane monta ne che scavalcava l'Eufrate, una delle meraviglie d'Oriente, le caverne scavae sotto le rive che preservavano la metropoli dalle inondazioni, I muraglioi. di sostegno dei giardini pensili che a lungi duvan l'immagine di colline ormontate da dense foreste. S'inlrat-enne quindi con i magi sacrificando Belo e ai mani di Semiramide e ordiando di rilevare i loro templi come utti quelli distrutti da Serse. Dell'oro rovato nel palazzo di Dario, diede 00 dracme a ciascuno dei cavalieri ma¬ edoni, strumenti principali della vitoria, 500 ai cavalieri stranieri, 200 allaanteria nazionale, un po' meno ai mercenari, acconti insignificanti sugli mmensi profitti della conquista. Rufo e Diodoro raccontano che Alesandro si fermò a Babilonia 31 giori e durante questo periodo che coinise con il dolcissimo inverno mesopoamico. il suo esercito rischiò di venir ommerso dai piaceri voluttuosi offeri ai greco-macedoni dai caldei e spe/almente dalle caldee. Il primo deglitorici anzi si sdegna fuor di misura he le babilonesi arrivassero « ai coniti modeste e costumate, quindi a po o a poco, si lasciassero cadere i veli er rimanere come le fece natura ». Ma a verità è che la sosta fu intensamen e utilizzata per rifar l'esercito assottiliato dalle, molte guarnigioni sparst el paese, con i nuovi contingent: iunti dalla Macedonia e dal Pelopon eso, e a provvedere al governo dellt rovincie sottomesse. Sul trono degli Achemenidi Alessandro era impaziente di conti nuar la marcia verso i santuari delimpero: Susa; Persepoli; Ecbatana, le ue ultime accessibili attraverso strade validamente difese ancora e che appresentavano l depositi più cospiui della ricchezza persiana. Quindi atto Mazeo governatore di. Babilonia, passò dall'Eufrate al Tigri, e poi al Coaspe, U moderno Kcr'ha, percorrendo da occidente ad orante la Mcsopoamia (in quella parte a quei tempi assai bene irrigata e abbondante di vettovaglie) nella sua massima larghezza. Susa sorgeva sul Coaspe al'uscita dalle montagne a 350 chilomeri da Babilonia, che Alessandro perorse in venti giorni. La città era llindi ancora fuori della Perside, cioè della culla degli imperatori vinti. Ma Duro il Grande vi aveva fatta la sua esidenza e costruito un fastoso paazzo di cui esistono sul luogo resti videnti e dei fregi conservati al Louvre. Alessandro vi trovò le statue di Irmodio e di Arislogitone che rinviò agli ateniesi i quali se l'eran viste carpire da Serse e somme immense di denaro in talenti ed in verghe. La presa di Babilonia era stata paciica, più agevole ancora fu quella di Susa dove il satrapo Abulite rappreentò la parte non di luogotenente di Dario ma di comandante dell'avanuardia ili Alessandro, facendogli trovare pronti per essere incorporali nel'esercito macedone persino gli eleanti e l dromedari corridori arrivati poco prima dall'India attraverso la Gcdrosla in tributo all'imperatore periano, sopravvissuto come fuggiasco. -\ Susa Alessandro si assise per la prima volta sul trono degli Achemenidi. 11 rono era assai alto ed il Macedone on le sue gambe corte non arrivava ad appoggiare i piedi al gradino, dmodo che un paggio accorse e gli poe sotto un tavolo. S'intese allora fra gli ex-cortigiani ili Dario qualcuno che scoppiava in pianto per veder quedesco, dove il sovrano vinto era solito ibarsi, sotto i piedi del vincitore. Si dice cho Alessandro, rispettoso dogni prestigio reale, apprezzasse le larime del cortigiano sino al punto dvoler far levare il tavolo, ma che ne a impedito da l'Unta, il quale trovavo a cosa di ottimo augurio per l'avvenire del dominio macedone in Asia. In ogni modo l'episodio è il. solo che la toria registri rome prova di fedeltà apersiani nel paese del Caldei... ARNALDO CIPOLLA.

Persone citate: Alessandro Vi, Arab, Belo, Diodoro, Susa, Susa Alessandro