Sport di ieri

Sport di ieri Sport di ieri troppo disposta ain.-o.ila possiamo trovarli andie piacevoli e interessanti. Cronologicamente andrebbero collocati tra il .Novanta „ ;• Novecento, ini quel- qunle dell'Italia umbertina, e chi in quel! epoca e vissuto e vi fu giovine e senti prudere in sa i primi sintomi silicosi di quello spirito di prova e d'audacia, di quell'entusiasmo muscolare che toccherà poi nei nostri anni la ma piena bellezza d'espressione, chi gustò e visse quei primi tentativi, quelle prime voglie, quei primi ardimenti non può dimenticarsene o far a mono di dedicar loro un pensiero di gratitudine. Oggi, si sa, la tendenza 6 di celebrare l'attimo, le forme smaglianti della contemporaneità, ma è innegabile che troppo spesso e volentieri ci si scorda di tempi e di uomini che le crearono, si scordano le umili inspirazioni da cui esse nacquero e presero forza, gli sforzi lenti e faticosi che si son fatti per migliorarle. Verrebbe voglia di dire che oggi non è tempo da pionieri ma da epigoni. Non so se sia mai stata scritta una Storia dello Sport italiano, ma certo farebbe cosa utile chi la scrivesse poiché con essa si farebbe un po' la storia dell'energia italiana, del suo crescere ed affermarsi come volontà di potenza. Che commovente entusiasmo animava quel primi sporlivil Oh lo sport non era allora quella ricca ed animosa palestra ch'è divenuto adesso, ma una povera cosuccia rudimentale e alla buona venuta fuori, iper cosi dire, dalle scampagnate dei nostri padri. Di più aveva un che di contrastato, di combattuto, che lo rendeva quasi cosa eroica: era una spece di dolce martirio di pochi che si svolgeva tra l'indifferenza dei molti. E questo era dopotutto il suo bello, questo dava a quelle prime manifestazioni un sapore strano di giovinezza e di speranze appassionate. Allora il tennis ed il foot ball erano ancora In mente Dei, il canottaggio era un semplice barcheggiare e appena appena le prime Maratone correvano le strade, cenciose e disordinate, tra la passione dei ragazzi e lo scherno dei borghesi ben pensanti. La boxe era ritenuta ohbriohrio barbaramente americano e solo qualche raro spettacolo di lotta greco-romana cominciava a far capolino dai palcoscenici polverosi di qualche caffè concerto dove pure tentava le sue prime provo l'atletica leggera, nella persona nocchieruta di qualche sollevatore di pesi. Bicordo l'apparizione del primo auto sulle strado del mio paese. F.ra un ordegno rugginoso, tozzo, malodorante che sputava e scatarrava da tutte le parti come un vecchio costipato ed ora stato condotto 11 dalla manìa sportiva di un generale a'riposo, che l'aveva acquistato di seconda mano da un faibbro di via. Non si Tiesciva mai ad avviarlo: e tutti i ragazzi del paese gli erano intorno a spingerlo, ad abbaiarlo, mentre seduto fieramente in serpa con gambali e casquette il generale reggeva il volante e tentava l'abbrivio. E tutti alla finestra a vedere, e se l'auto faceva tanto di pigliar la rincorsa,, allora un urlo, un vero urlo si propagava da tutte le case, dove l'augurio, la paura e la deprecazione si mescolavano, come nel famoso corale delia partenza di Locngrin. Le strado di campagna non belio ed agevoli coin'adesso, ma avventurose e deserte come delle stratte corsare, erano battuto più elio aliro da cavalcate romantiche t ignorili e verso le cinque i villeggianti del luogo vi uscivano a far la trottata con le loro « vittorie » o coi loro innil condì tintinnabulanti e laccati. Sulla cima di queste ancestrali vetture il gruppo dello damo, nel ricco fiorire dello loro camicette di pizzo o dei loro cappelloni piumati o carichi di frutta e fiori, guardavano le fuggenti campagne con l'occhinletto di madreperla mentre le coppie dei giovani morelli, naturalmente focosi, erano guidati personalmente da! Conto tale o dal Duca, tal'altro elio se ne stava lassù a cassetta impettito nel suo stiffelius di marca, una gardenia all'occhiello e il cilindro di panno bigio un po' sulle ventiquattro. Ma a quei tempi, già petulanti e indaffarate correvano le prime biciclette Io son nato con quelle, io ho abbracciato subito la Ioto causa, ch'era la causa delia velocità, della giovinezza, dell'aria aperta, della vivace indipendenza, del salutare distacco. Quanti buoni ricordi di emozioni, d'avventure, d'incontri, di paesaggi, di fantasie errabonde e di sentimentali effervescenze nei grembo della natura mi legano alla trovata di questo strumento docile e leggero. Ho percorso con esso tutti i valichi dell'Alpi, ho fungato tutta la Svizzera e l'Italia Settentrionale. Ilo passate giornate intiero a smontare e rimontare una macchina, a risalire il corso d'un fiume, a seguire su di un Velodromo una corsa di resistenza. Esso fu il compagno migliore delle mie ore giovanili, ho avuto fiducia in lui. ho seguilo ad una ad una il perfezionarsi graduale delle sue funzioni, e ciò ch'è vitale in me, nel mio grande amore della natura, so che lo debbo a lui. Già noi fummo schiatta di ciclisti. Mio padre, verso il sessanta, attraversava fra i primi le nostre città lombarde a cavallo d'uno di quei poderosi bicicli alti un metro e mozzo inventato dal Michaud a Parigi nel '62. Alla testa di una piccola colonna di commilitoni egli sgambettava solenne, come un UcnUcman in cima alla sua magnifica ruota, vestito di un giacchettino di atpagas e con un berrettino alla jockey... Ma anche noi, venuti dopo, fummo eroici, a nostro incido, e provammo il morso dei tempi. Come dimenticare che all'apparizione delle prime biciclette i contadini ci seminavano le strade di chiodi e vetri per bucarci le gomme e i ragazzi ci gridavan dietro il Molla, liuni! e ci tiravan sassi? Nella varietà di tipi a cui die luogo la bicicletta, io ebbi i miei odi e i miei amori. Odiai, per esempio, il triciclo, veicolo per gente pingue e paurosa, mentre ebbi invece un'affezione singolare per il tandem. Il tandem! E' davvero con grande rammarico ch'io vidi scomparire del tutto dulie nostre contrade la figura di questo veicolo su cui si correva cosi bene in duo. Era esso il vero veicolo per amici fedeli, per innamorali. Seduti un dietro l'altro, pedalando di conserva in piena armonia di ritmo e di la pianura reciinn^èrp r s" un\be1;trenta all'ora è nello «LI? 1 -*Jscorrerla fra loro *conS0n£Vw ? me compatti rotto £ « ° '?S,6'gità Che divino volnl.r,"1 dC laI.7.f T ?,are! C1,e soave fu"sionc di sforzi e che piacere della collaborazione si provava in quel pedalare unito e concorde! Ma è proprio scomparso del tutto questo veicolo di poca fortuna? Tempo faio e Piero Gadda, un altro innamorato '■omo me di veicoli allegri e pittoreschine facemmo ricerca per tutte le botteghe da ciclista della nostra città, ina sempre senza frutto. Ci ridevano in facciaMa eravamo matti a ricercare similvecchiumi?... Però, non disperiamo. E se un giorno o l'altro accadrà che ce ne venga a tiro qualcuno, sopravissuto in qualche vecchia ed arcana bottega dmeccanico fuoriporta, non ce lo lasceremo scappare, e andremo a far visita ai nostri amici piemontesi o fiorentinin tandem. In fondo io penso che csia un sottile piacere, mentre tutto oggè modernissimo nel più moderno demodi possibili, rimettere in uso una vecchia cosa. Ma a quei tempi la mia passione mportava ogni domenica sui Velodromad ammirarvi gli artisti del pedale, da Pontecchi a Zimmermarm, da Momo a Tomaselli. Che meriggi infocati e quanto urlare e trepidare contro quegli steccati della pista dove pazze forme colorate volavano, sciamavano, portandosdietro tutti i cuori e la passione della moltitudine! Senonchè, quando Incominciava la primavera, io preferivo re carmi tutte le sere coi miei amici a vedere correre alcuni scapigliati ama tours sul viali del Parco. A1 P«w> di Milano non fa solo le sue .f pr0V0 ì^'"no>^|•• l'amore del poveri luna- d morut'Idl "Wwrgo. ma vi accorrono m pnrc alcuni sP°rIiv' 'li hello speranze t ch0 nrwofitl'"'" <" quella pista gratili- t ,a PC abbandonarsi agli esercizi del lo- qro sport prediletto. Là ci vedovi e ci ì vedi oggi dei podisti mezzi nudi e sbrin- edellatl, fazzoletto in bocca, che si alle- anano ansanti e dinoccolati, dello folate mdi ciclisti elio frusciano via compatti prasente i viali, e oggi perfino ilei picco 11 bor.eurs che so le danno di santa ra gione all'ombra dei tigli profumati... Ma proprio laggiù, a sinistra del Ca vi cleilo, poco discosto da dove e la casa|cdi Ploro l.addti, teneva orTIcina e botto- vga di meccanico un tal Sirtori ch'era dun famoso costruttore di tandem, t-a 1 sua passionerper questo genere di or-1 degni arrivò fino alla follia. Egli a poco ; u poco spinse tanto avanti la sua audacia di costruttore, che dopo aver dato ' Ialla luce una tripletta e una quadra pletta, arrivò a metter insieme perfino una sestupletta. Figurarsi, sei uomini messi in fila, un dietro l'altro, sul me-. desimo veicolo a due ruote! Un porten- to, una cosa mai vista. E poiché il Sir- tori una volta che aveva costruiti i suol strumenti apocalittici aveva anche il gu- sto di provarli la sera, al Parco, com- !piacendosi di farsi ammirare da una piccola folla di fedeli accorsi per l'occasione, così quella sera andammo noi pure a vedere. Lui stesso, il Sirtori, ch'era un giovinottone adusto e muscoloso come un gonfaloniere, sedeva al manubrio guidando la macchina, e dietro di lui, seduti in fila, stringendo i manubri fissi, venivano altri cinque scamiciati che. parevan ben disposti, soltanto a vederli, a voler tentare un record trionfale. In- .fine la strana macchina, spinta da so de springatc, si mosse, parli e. da pri ma lenta, poi correndo sempre più for te si diede a fare mille evoluzioni at traversò il Parco appena illuminato da qualche lampada elettrica. ì Per noi, là, ritti nell'ombra del viale era una gioia veder fuggirci davanti ad ogni tratto quella schidionata di uo mini curvi, lanciati ad una velocità che pareva follia per quei tempi, una vera velocità da direttissi.nol — Bravo. Sirtori! Evviva, Sirtoril Grida ed acclamazioni andavano al i cielo ad ogni lor passaggio, mentre al¬ a|cunl (li Ilot> orologio alla mano, conta- vumo ,.on trepidazione l'abbassarsi gra duale dei tempi. nieci minutll Otto, 1 Sette' -1 _. "" „„,„„.„ ..- *.„ I o ; ° Pareva veramente di trovarci di Io ' fronte in quel momento ad una sorta Idi metafisica della velocità, ad una mo¬ struosità senza pari, che chissà quali stupori ci avrebbe risorbati per l'awenirel E quando i nostri sei croi scesero sudati e stanchi davanti alla bottega o i -. . - del P^U^^Wi^S^SS - ne 51 Pflrti da la p*f 0 « f° la d**" ?J?* l '««« vespertini, mentre, 11 buon gino, - |e- con,Je ^ S*1, - !1:1 eulcla- "entrava solenne in bottega, accaorluUlidteripzamamvsstpilvfa i n , , - trascinandosi dietro il suo lungo strumento. Non pare, ma son cose che lasciano un segno nella memoria. E chi è vissuto in quei tempi, chi ha condiviso quei semplici entusiasmi di primordi sportivi, come può scordarsene, come non può acconsentire in certo modo alla Trase di quel francese che scrisse: Lo torce de la race ne se montre que dans les vicllles chosest CARLO LIMATI. PddCldngDGladPplaaMr

Persone citate: Michaud, Piero Gadda, Tomaselli

Luoghi citati: Italia, Milano, Momo, Parigi, Svizzera