Cafra, modello di spedizione coloniale

Cafra, modello di spedizione coloniale Cafra, modello di spedizione coloniale Le oasi di Cufra (listano 800 chilo- g'.tnetri dalla costa marina, sfiorano la linea del tropico, sono al centro del più vasto, desolato, arido e impervio deserto africano, rappresentavano l'ultimo propugnacolo della Sonussia; conquistare di forza queste oasi, avrehbe costituito, dunque, impresa estremamente ardua per qualsivoglia Organizzazione militare coloniale. A cose fatte la stampa italiana ne lia parlato diffusamente, ma la vastità dell'operazione e le sue difficoltà non sono apparse; oggi il Governo della Tripolitania e Cirenaica colma la lacuna, pubblicando una relazione ufficiale su « L'occupazione di Cufra ». I.a lettura di quésta relazione fa rimpiangere la mancanza di studi analoghi per le precedenti nostre spedizioni nell'interno della Libia, spedizioni tutte memorabili, brillanti, e degne di trovare un loro diligente storico, come lo ha oggi la occupazione di Cufra. La pubblicazione ufficiale su l'occupazione di Cufra è non soltanto presentata in eccellente veste tipografica, ricca di suggestive fotografie, di carte, di piani, di schizzi dimostrativi, ma possiede altresì una virtù rara nella prosa ufficiale: è scritta bene, con vivacità, con scioltezza, con brio; (attrae sin dalle prime pagine e la si legge tutta d'un fiato. 11 volume traccia, anzitutto, in rapido scorcio, la Istoria della Sunussia, la nota confraternita religiosa mussulmana che ebbe ragion d'essere e fasi di vita liorentc nel secolo scorso e che, uscita poi dal campo ideologico e religioso pei- entrare in quello degli interessi materiali, aveva cominciato, come spesso accade, col pesare intollerabilmente su le misere popolazioni desertiche dalle quali esigeva decime, aiuti e compensi sempre più molesti ed ingiustificati e aveva finito col ridursi à vivere del predonaggio sulle grandi carovaniere (africane. ' La sconfinata fascia di dune sabbiose, di aspro serir e di intransitabili petraie che recingono Cufra aveiVa dato agli Ùltimi rappresentanti della Senussia, appollaiali nella selvaggia Zavia di Et-Tag, vero castello al centro dell'oasi, la sicurez-l za dell'incolumità: da Cufra venivano perciò organizzale, a getto icontinuo. Aggressioni contro i nostri presidi minori isolali, contro le carovane, contro le popolazioni a noi sottomesse, a. scopo di razzia. Le direttive del Governatore della Libia, Maresciallo Badoglio, avevano prescritto che ad ogni aggressione seguisse immediata, spunta zpssptìigcfezagTIrcrteteramodtrdddlatubpvtecotrdpstabtotedubaciaavcoerzasttanchbefade. .cila, esemplare, la reazione puniti- teya dei nostri presidi: la narrazione'gedegli episodi di questa lotta, «he si padrammatizza nella infocata solitu dine del deserto e nella, implacabile e sanguinaria indole dei ribelli, costituisce una •istruttiva pagina di politica coloniale; una pagina, ciie meriterebbe lungo commento per illustrare le ragioni che hanno sempre indotto i Paesi possessori di vasti imperi coloniali a preferire costantemente per la direzione nuche politica delle loro colonie, i governatori militari ai governatori civili. Queste aggressioni, per esempio, ayrébberOj molto probabilmente, portato' un governatorato civile alla maturazione di uno di quei famigerati patti di amicizia di cui è piena la storia coloniale, anche di casa nostra, patti accompagnati sem- besudiragdgnpsqsoqzaladdcoddro e che, mentre si illudono dihd"orare ramicizia degli indigeni,je lanripre da taciti, ma cospicui esborsi diìIidenaro e che, mentre si illudono dihdComperare l'amicizia degli indigeni, e servono soltanto ad offuscare il pre-!tastigio dei dominatori e ad alimen-| tare e rinvigorire le guerriglie future: nella relazione ufficiale su l'occupazione di Cufra appare come le aggressioni che partivano da Cufra sinno state, invece, ]a naturale, diretta preparazione morale alla occupazione di Cufra. Sana politica di forza che ci è costata, senza dubbio, infinitamente meno denaro e niello sangue, di un patto di amicizia; 'che, anziché infliggerci una umiliazione ha giovato ul nostro prestigio militare e" politico locale ed esterno; Che ha esteso il territorio in nostro possesso effettivo; che ha arricchito la nostra esperienza di operazioni Coloniali. ' Tutta l'impresa è sfata preparata 'e condotta con quel risoluto e svelto spirito militare che può presiedere senza intoppi ad una operazione coloniale quando Ministro, Governatore, Vico-Governatore e tutti gli esecutori sono soldati: la spedizione di Cufra, nata in questa atmosfera di grazia, e quindi riuscita un ammirevole modello di spedizione .coloniale. Poiché le operazioni per l'occupazione del Fezzan avevano dimostra to la opportunità militare e la con venienza economica di eseguire i ri fornimenti con automezzi, in luogo delle tradizionali carovane di cammelli, troppo lente, pesanti e dispendiose, il primo atto della preparazione della spedizione fu la ricognizione di itinerari automobilistici; eulla base delle notizie date da info rmatorie sulle relazioni delle esplorazioni compiute in questi ultimi anni a Cufra da arditi viaggiatori, vennero stabilite alcune direzioni principali di marcia; alla base di ognuna delle direzioni prescelte speciali autocolonne armate elessero la loro sede e, col concorso dell'aviazione die le precedeva e le scortava, effettuarono la ricognizione pratica e la organizzazione logistica delle direttrici loro affidate. La relazione ufficiale su « L'occupazione di Cufra » espone con particolari interessantissimi le vicende di queste autocolonne esploranti nello svolgimento della loro avventurosa missione attraverso territori sconosciuti e nemici e, giustamente, sottolinea l'importanza dell' impresa compiuta: « ... Il laborioso ciclo delle ricognizioni era ultimato ». In tre mesi di dure fatiche e di lotte diuturne contro gli ostacoli della natura ed i ristori del clima, un pugno di uomini, in maggior parte nazionali, guidato da pochi ufficiali, coscienti della missione che era stata loro affidata, entusiasti del duro e faticoso compito che dovevano assolvere, sfidando l'ignoto, avevano, e migliaia di olii- ctrnsmpdeprMpnSddottorgcntmpsfepcrldzlussndromzSs<pCt1czmstrlometri del più desolato deserto, per;ptrovare una strada che consentisse j cdi raggiungere Cufra con automezzi, hNulla aveva fermato lo slancio e!<l'nrdimpnto di auesti uomini. InJ aiuIlIJCiHU i -_!•»- -<-_ I ' Non 1 dentesl ro, le hanno "dovuto" aprirsi material- jmette il passaggio, non il «ghibli »J infornale che li ha tormentati per g giorni e giorni, iton la preoccupa.- zione di non nver viveri" ed acqua pei- il ritorno! E quando gli ostocoli della natura si sono frapposti, quale barriera insuperabile, al loro ardimento, essi, per nulla scoraggiati, hanno ritentalo la provai percorrendo per ben ì volto, versò mèle diverse, lo strade ignole ed indiavolale del deserto, con Io stesso entusiasmo e la stessa fede dimostrate nella prima rieogni zione. Le ricognizioni compiute avevano accertato la possibilità di raggiungere con gli automezzi due località Tzazerbo e Uir Zighen, distanti eri Irambe du Cufra ancora più di 200 chilòmetri; le due località, tuttavia ricche di acqua e felicemente ubicate, potevano costituire una eccellente base logistica per la spedizione, rendendola più celere e gravandola assai meno di cammelli e di impedimenti. Venne allora fissato il concetto operativo: puntare su Cufra, ine diante una larga manovra eoncen trica, con tre colonne: Una colonna principale, partente da Agedabia (Cirenaica), costituita da un raggruppamento sahariano su due gruppi, con artiglierie cammellate; una centuria indigeni; due cen turie eritree; una squadriglia auto blindo: una squadriglia di 15 aeroplani R.O. con officina campule; servizi, in parte autoportati ed in parte cammellati. In totale circa 1.300 combattenti, con 40 mitragliatrici e tre cannoni. Una colonna secondaria, partente da Uau el Chebir (Tripolitania) composta da un gruppo sahariano; due stazioni r. t.; una squadriglia di 6 aeroplani R.O. ed I C.A. 9 z., con base mobile autoportata; servizi autoportati. In totale circa 350 combattenti, con 9 mitragliatrici. Una colonna sussidiaria, partente da Zella (Tripolitania), composta di una squadriglia autobhndo. 120 combattenti con 15 mitragliatrici. Sui ribelli si avevano notizie precise : essi disponevano di oltre 600 armati con mitragliatrici e cannoni, avevano abbondanti munizioni e ne continuavano a ricevere dall'Egitto; erano decisi a difendersi ad oltranza: confidavano nell'insuccesso logistico della nostra spedizione e contavano perciò di doversi battere, nella peggiore delle ipotesi, con poche centinaia di uomini che sarebbero arrivati alle oasi sfiniti dalla fatica, dagli stenti e dalla sete, e dei quali essi avrebbero avuto facilmente ratrione. Tutto ciò permei teva di sperurc che, nonostante l'ingenti5;silno e visibile iuvoro di pre parazlone della spedizione, si sareb- be ancora potuto fare assegnamento su quella sorpresa che è fattore indispensabile di successo nelle operazioni coloniali, dove occorre poter giungere addosso all'avversario indigeno riunito e indurlo ad impegnarsi a fondo nella lotta, onde impedirgli quella forma di ritirata per squagliamento, nella quale gli arabi sono maestri e che rende infruttuoso qualsiasi inseguimento. il movimento dalle basi di partenza si iniziò il giorno 20 dicembre e la .descrizione particolareggiata dei dispositivi di marcia e di sicurezza delle singole colonne, costituisce un completo trattato pratico in materia di marcie in colonia. Con una rapidità sconcertante, il giorno 19 gen- hdata lial tenente colonne! je la colonna secondaria, la dal maggiore Canapini, no contemporaneamente addosso aijeribelli, serrandoli tra due fuochi; in cìIiaio la colonna principale, coman hdata dal tenente colonnello Maletti, e la coionna secondaria, comanda!ta dal maggjore Campini, giungeva | o ; i dbisfarnrccdPcrgdTmcfglzaraevfpoI.mlucettutre ore di combattimento le melinite |pnemiche venivano distrutte; i pochi superstiti, sottoposti ad un inseguimento immediato ed implacabile da parte dei nostri reparti sahariani e dell'aviazione, venivano raggiunti ed annientati oltre la linea dei tropico, prima che essi avessero potuto raggiungere i pozzi più vicini. « ili giorno 23 gennaio, S. E. il Maresciallo d'Italia Pieno Badoglio partiva in volo da Tripoli, ed il gior. no successivo innalzava, in nome di S. M. il Re, la bandiera sulla Ghara di Et Tag, ad affermazione della definitiva presa di possesso delle oasi ». iLa pienezza del successo raggiunto permetteva che a presidio definitivo di tutto il vasto territorio delle oasi rimanesse un solo gruppo sahariano, collegato, a mezzo di altro gruppo sahariano dislocato lungo le carovaniere, con i presidi! della zona precostiera. Il volume si chiude con alcune interessanti considerazioni su la formazione organica dei reparli componenti la spedizione, sulla loro dosatura nelle singole colonne e sul funzionamento dei servizi in marcia e in combattimento; anche questa parte squisitamente tecnica si legge con avidità, poiché anche da essa riverbera intensa la curiosità che il libro suscita su tutto quanto riguarda la bellissima, avventurosa spedizione tropicale italiana. GIACOMO CARBONI. Dgdativt

Persone citate: Badoglio, Campini, Canapini, Giacomo Carboni, Maletti, Zella