Meglio il Baedecker

Meglio il Baedecker Meglio il Baedecker Voi sapete, Lucio d'Ambra, ch'io vi voglio molto bene. JO per quattro motivi: il primi-, alno, siete, un galantuomo; il secondo, ''ho scrivete ornato o sagace, prodipo e cordiale; il terzo, che appunto per questa vostra abbondanza saporosa e generosa rischiato di spiacefe a certi saputelli ostentatiti il culto dall'aristocratica stitichezza, della virgola mistica e ch'Ha sillaba sublime. [| quarto motivi) riassume gli altri Irò, ed e una mia personale, irresistibile simpatia, purtroppo eccezionale nel campo dello nostre lol.lerc, pieno d'una gente rispettabile ma antipatica. Però con tutto questo, mio buon Lucio, mi dovei e oggi permetterò la villania d'un dissenso. Sirie proprio convinto, amico mio, clic i letterati forestieri diauo prova di u'ii capire e valulare l'Italia, uomii « terra, anche allora che ne scrivono con tutta l'indulgenza possibile] Nè vi ha mai punto il dubbio <-li*> i lusingatori valgano talvolta i calunniatori? Non vi ò mai venuto a mellite, magari per caso, che certi loro giudizi sgarbati ma sinceri siane persino preferibili a certi altri loro elemontissimi, ma almanaccati e bugiardi? Se ripenso al capitolo maet-crHiiehiano diffamatore della Sicilia, ch'ò di quattro anni fa, c lo paragono a quello elogiativo di lloma cho 10 stesso autore della Vita delle api pubblicava vent'anni prima, dove ia Città Eterna «adutiatricc di bellezze» era in sostanza paragonata ad un museo, ne più nè meno che nella celebre sfuriata papiniana, debbo persuaderoii che l'apo fiamminga e quasi preferibile quando mette fuori 11 pungiglione, che non quando stilla, cauto e viscoso, il suo miele. Mille altre pagine forestiere, ma soprattutto francesi, sul conto nostro, metterei sullo stesso piano. E non dico, non penso neppure che siano state scritte con eattiva intenzione. Per conto mio, ci sono degli orbi pessimi anche fra coloro che vorrebbero vedere. L'Italia che gli stranieri vedono, in letteratura, è per lo più la medesima ch'essi già vedevano, prima di venirci, con gli occhi della mente Ce il preconcetto manifesto. C'è lo stampo lasciato sulle retine, prima che dagli uomini e dalle cose, dalla vignetta e dal libro. Qualche volta questo stampo anteriore è così prepotente, da annientare addirittura la successiva visione diretta. Vengono a noi, allora, seguitando a guardare in so slessi: e ne sentiamo d'ogni colore. Io non vi nego, caro d'Ambra, che René Boylesve sul Lago Maggiore ci sia stato davvero. Vi dirò di più : so di certo che c'è venuto, e in graziosa compagnia, e con rapimento grandissimo. Ma ch'egli poi racconti d'aver incontrate delle zingare all'Isola Bella, è grossa. Ancora più grossa delle famose andaluse au sein bruni che Mnsset giurava d'aver veduto a Barcellona. Perchè delle gitano di passaggio, nella città di Barcellona, c'è ancora caso di trovarne: ma zingaro ballanti a lume di fiaccola, dentro i giardini Borromei, no, no, c no per Dio. Mentre le trovate vcpvctllnciumcmcbxdpitpsRrdnmuccdrdttmsRa7pslMntmastmsLin quel Par funi des Iles Borromées\che vi e piaciuto, mio ottimo Lucio,!0di ricordare e di esaltare in un arti- j colo del Corriere. ■T -, . . , » , ., , \.Lasciatemi dire, poiché ne ho il de-1 stro, cho il l'arfiim des Iles Borro-\mées c uno scadentissimo libro. Pre-| ciao: il brutto libro, d'un scrittore:0apieno di meriti. Badate che di Boy- lesve non mi piace tutto. Ma le pri- ! t„■„; j>" „„ •. _ * \ffne Lenoni a. amore tri un varco —» i , ,. w«. \non le seguenti, per canta, e tanto <«ne.no lo ultime — e La Becip/te, e I'.L'enfant òila balaustrtidc. — che an-| \«ora son grato a Giuseppe Brunat .d'avermi l'afte conoscere — e lo atesino ultimo libro ispirato a un parco distrutto, come erano degni dell'amimirazàone di Proust, lo restano della ivostra e mia. Però vi dico che quando questo adoratore di giardini abitava dei giardini italiani, troppo mostrava d'avere in cuore quelli delila mia Turenna nativa. Voi mettete il Profuma delle Borromeo all'altezza d'un poema; dite ch'ò «uu giova, itila canto d'amore»; e tutte le ghirlande dell'Isola Bella date per gratitudine, con la generosità che vi è propria, alla tomba del morto autore. Ah, ottimista! Ah, pronto cuore e frementissimo di Lucio ! L'avete lotto bene, quel volumettino? No. Credete a me. Non c un poema. E' una canzonetta. Una di quello canzonette geografiche, come ne musicano Bulli o Mascheroni per il sollazzo dei tabarin*, dove l'evocazione dei paesi lontani, fredda Siberia o infocato Niam-Niam, è fatta coi ricordi delle figurine Liobig. A parto l'episodio della zingara ballerina, tutto il libro è di maniera, e fa sentire la maniera. Vi basti queir imniaginp, dove le mirando isole appaiono galleggiare siili' acqua del lago «come cappellini fioriti ». Si può essere, al cospetto d'un paesaggio italiano, più francesi, anzi, più parigini, anzi più trobes et manteaii.rt di così? Quella d'incontrare sulle strado d'Italia soltanto sonatori e danzatori, funamboli, cartomanti, stregoni, c una fissazione degli scrittori di Francia. Era anche la manìa diiGoethe, e di tutti i romantici tede-\seta tino all Heine: mai tedeschi, al- meno, ci attribuivano degli arpisti venerandi, dei fantasiosi monelli, delle Mignon sibilline ma innocue II vagabondo italiano, nei libri {T&Tl.\cesi, I- sempre temibile anche quando c. poetico. Un altro tipo di zingaretta ho incontrato, ad esempio, in un romanzo di Binet-Valruer. Bruna, ardente, con selvaggie chiome: e con un coltello nascosto nello calzette, a memorandum dei «morosi» infedeli. Sara perlomeno, direte, calabrese o sardignola, una siffatta creatura modellata sulle sardignole o calabresi Jolla letteratura del quarantotto. No. E' del Lago di Lugano. Capite, Lucio? Nella più dolce terra, fra la iù pacioccona gente del mondo ha osto il romanziere quella diavolessa. Là dove il coltello usa soli auto, a taola, per trinciare le trote ; e anora, è un coltellino di lama stemperata ! Tra i libri amorevoli verso l'Italia oi ne citate, uno, di Edmond Jaloux, he non couosoo. Ma di questo scritore artificiosissimo ho un volume in ettura, ch'ò il primo, per me, e sarà 'ultimo: fi'Inceri ahi e. Qui l'azione non avviene in Italia; ma italiana è olei che un giorno il protagonista ncontra, e che, tanto per cambiare, è una cantal ricc da strada, di nome Si monetta (lo sentite, lo sentito il riordo di Pinacoteca?) e che in tal modo gli rappresenta Firenze, sua ittà nativa: n Florence, est la plus belle ville du. tumide, et qui. sort de, rx murs mangi: un pain atner et bnit u ficlt. Si può immaginare suon di parole più stridulo, più falso, più rritante? Sembra di risentire, appuno il vegliardo arpista del Goethe, profetico e rompiscatole, c però artiticamente logico, anziché una man- d dolinÌ6ta da osteria. Scnonchc le « belle fiorentine » delle pagine fran-| cesi son tutte convenzionali come quello dei refrain-i del Boccaccio. Pensate soltanto alla Grazia Bontempi di Bomain Bollami. Esse appaiono fiorite, sì. Ma come le hawaiane del cinematografo. Sono rose di cartavelina, con la polvere dentro gli orli. La stessa Firenze città non mi pare l'abbiano colte fedelmente, nò lo stesso France del Giglio roano, nè, ancora, il Boylesve di Sainte-Marie des Flcurs; e appetta concedo ci sia riuscito, sebbene di scorcio, Abel Hcrmant in quel finissimo racconto che s'intitola Tctes d'anges. Vi paro poi che. la Venezia dei Barrès e degli Huysmans, in cerca perpetua d'ossa di morto, sia la buona e la giusta, in confronto della Venezia tanto più calda, lieta, solare ed integrale che appare nei, libri nostrani, da d'Annunzio a Rocca? Quanto all'industriosa città di Milano, atteso che le bello cose ivi esistenti sono moltissime, ma più difficili da scoprire, ho l'impressione che tutti quanti i letterati oltralpini, compreso il medesimo gsiaiio rimasti accecati addirittura. Quanto a Roma, ?ià ho detto, è ancora sempre un po' per tutti la bottega dell'antiquario. Nè mi pare che restino modelli di visioni indimenticabili la Siena del Bourgct. o l'altre nostre città provinciali clic il Suarcs, geniale ma ingiusto, ha profilato nei suoi capitoli baldanzosi. Spavaldo è il Suarès, così come lo Schneider è e Vaudoycr che vi piace e che anch'io -| stimo, una volta in vista di 1 Duomo e . e i e o , e a l o o i a , ù e e o o - retorico ed il Faure è comune. Majdite sul serio, amico, che Gabriel Faure abbia da servirci come guida, | uclle peregrinazioni, por i nostri la-1<dii? Uno scrittore così snervato, mol-| fé, facilone, ciabattone, là sul Verba-,no che ha annichilito Enrico Heine,,là sul Lanoche ha ispirato Don U- sanderl francamente, preferirei an- cora rivedermele, queste belle contra-|de, nei Viaggi a zig-zag del Toppfer. ingenui sino al ridicolo ma schietti sin quei rare sere ingenua, appunto, o sublime : e dovette ammetterlo lo stesso Taine il giorno in cui, traversando il lagoi di Como in battello, si sentì naufragare nella sna prestigiosa coupé, d'azur. E rinunciò a scrivere per contemplare soltanto. Ora là dove un Taine non bastava, un Gabriel Faure è troppo poco. In conclusione, mio caro d'Ambra, a tanti e poi tanti di tali scrittori che ci son venuti in casa SstrcsP^lccantarne le lodi, in sordina o a di- gstesa, anch'io manderei un biglietti- p no di ringraziamento. Ma nel for-1'mato e col frasario dovuto soltanto1" alle buone intenzioni. Voi movete addirittura ad abbracciarli, quegli pserittori : e mi parete, come sempre, ; n I roppo buono. Nobile esagerazione ! rBisogna, anche per ciò, volervi an-|lJche più bene. Ma state certo che -^l' 1 sentimento e dalla parto vostra,, v la ragione e dalla mia. E credetemi, aFra tutti i libri forestieri, e in pri-m mo luogo francesi, cho trattano del-;è l'Italia e degli Italiani, la preferen- ei complicità dello stile e la presunzw- e ne della beneficenza. i MARCO RAMPERTI. Mtipt