L'adunata dei bersaglieri a Bologna

L'adunata dei bersaglieri a Bologna L'adunata dei bersaglieri a Bologna 30.000 fiamme cremisi - Le « tradotte » - Il miracolo di Goito e la gruccia di Enrico Toti = Una città in festa o s à e , l n è e e à e l Dologna, 27 notte. Fra qualche ora, Bologna si sveglierà al suono delle fanfare che accompagneranno per le sue strade 30 mila Fiamme cremisi. La città sarà presa d'assalto alla moda bersaglieresca, cioè con molto impeto e all'improvviso, alla prima punta dell'alba, dalle « piume » triestine che troveranno già quelle palermitane, pronta a 'balzare con esse dagli accantonamenti del Littoriale, entro i quali si saranno infiltrati verso mezzanotte e all'insaputa dei cittadini già immersi nel sonno. Alla totale conquista della città muoveranno, di rincalzo ai due primi imponenti scaglioni, i bersaglieri di Lecdi Torino e di Roma. I milanesi chiuderanno la marcia trionfale di queste piccolo esercito di eccezione che alle 7 di domattina, avendo raggiunti tutti i suoi obiettivi, farà « pied arm > all'ombra delle due Torri. e e à i a e a, a cno e à r si a e er nszi vi a ia cG0 as irenifrMa ulrig ota oesto e n la « tradotta » come al tempo detta guerra I fedelissimi bolognesi cederanno di colpo le chiavi della città e del loro cuore alle truppe di Alessandro Ferrerò della Marmerà, e popolazione e soldati scioglieranno quindi un clamoroso inno alla Patria, ai morti e ai ivi che l'hanno fatta grande. Questo deve essere, su per giù, l'ordine di movimento dettato dall'on. Alessandro Melchiori, presidente generale dell'Associazione Nazionale dei Bersaglieri, che sarà messo in esecuzione dal segretario comm. Benaglia e dal console Bonflgli, della sezione di Bologna. I trentamila- gregari. Intanto, arran cano verso la méta dai quattro punti cardinali, attraversano in lungo, e in largo la Penisola, pigiati nelle i tradotte », proprio come al tempo della guerra, con la sola differenza che allora U viaggio era pagato dalla «naia», cioè dal Governo, e adesso se lo pagano da loro. Come in quei giorni lontani, i bersaglieri a quest'ora lasceanno uscire dai roventi finestrini del treno le loro canzoni e saranno lieti anche se scoppiano dal caldo, felici anche se sono affastellati uno sull'altro, perchè domani getteranno un'altra volta al vento le loro vecchie piume, tirate fuori per l'occasione dal fondo degli armadi, entro i quali sono siate chiuse con molta gelosa cautela il giorno della smobilitazione, e mescoleranno 11 fremite del loro glorioso piumetto a quello di tutti i piumetti d'Italia. Per parteciare e commuoversi a questa gioia cosi schietta, e spontanea, bisogna capire lo spirito di corpo che anima i bersaglieri, ben diverso, per esempio, da quello degli alpini. Se voi chiedete ad uno < scarpone > a quale reggimento appartenga, egli eluderà quasi sempre la vostra domanda e non vi dirà se è del primo, del terzo, oppure del settimo. Ma si farà molta premura di farvi sapere che egli appartiene al battaglione Mondovl o all'Exilles o al Cividale. Il bersagliere invece, quando vi avrà detto che 6 bersagliere, vi avara detto tutto. A lui poco importa il numero che reca sul cappello. Importano viceversa moltissimo le piume che non lo distinguono dagli altri « cremisi » ma che anzi a questi lo rendono eguale; e quindi alla vostra domanda, che gli parrà oziosa, risponderà tutto al più, mentalmente, cher eg! è di quella razza di bersaglieri che una volta sotterrati, fanno ancora tre salti mortali. Questa, magnifica mentalità del bersagliere è stata creata dal La Marmerà, il quale ha volute che i suoi specializzati, oltre al sentimento dell'obbedienza, che egli nel suo decalogo poneva come base essenziale dalle virtù militari, nutrissero anche profondissimo quello della fiducia in loro stessi, spinto fino alla presunzione e imponeva perciò agli altri comandamenti un € punto d'onore » che, attraverso 90 anni di innumerevoli vicende, è stato poi sempre 11 fulcro di tani eroismi e di tanto sacrifizio. SnmtbPrlrccsasiplvtspudgascucrticlattismeL{Vecchi e nuovi eroismi I bersaglteri dell'eroico Piemonte, che compaiono con gli albori della libertà italiana, si fanno, attraverso la storia, quello che 11 loro primo capo aveva voluto, e cioè l'espressione più irruente, della giovane Nazione, e con essa, personificandosi, ne diventano l'emblema. Se l'idea della libertà, dopo l'onta del servaggio, 6i identifica subito nei nuovi soldati, il grido delle popolazioni si mescola agli squilli del le loro fanfare, e fiori e tricolori volano con le piume nere per le strade della Patria che si ridesta, II bersagliere ha trovato Immediatamente la via giusta per arrivare di corsa e travolgere nel suo entusiasmo l'anima del popolo che non soltanto lo ama e lo applaude, ma che anche lo imita cercando di eguagliarlo nelle gesta eroiche. Ed ecco formarsi, accanto ai corpi regolari, i corpi volontari che dal bersaglieri traggono il lo ro nome e ne seguono l'indirizzo. Vediamo allora schierarsi sui campi di battaglia i volontari lombardi di Grif Uni e di Luciano Manara, 1 vaiteli!- nesi di Guicciardi, i bresciani di Be-rena, i mantovani di Piero e Luigi Strambio, di Arrivabene e di Zennucchi. W L'8 aprile 1848, a Goito, nasce il pri mo mito eroico che troverà poi risconro, come vedremo, in un altro mito balzato dalla nostra guerra e che gli Par gemello, tanto è egualmente irro rato di gloria e dì sangue. In quella ontana gloriosa giornata, La Mormora, colpito da un proiettile, si rovescia col suo cavallo fra le file dei suoi che, nell'impeto del combattimento, cavalcano il loro capo e si gettano all'assalto. Le case di Goito vengono sgombrate dal nemico a furia di baonette; ma gli Austriaci riescono a passare il ponte di un torrente, a faro saltare e a schierarsi sull'altra, riva. I bersaglieri restano per un istane perplessi davanti a quell'improvviso ostacolo. Ma la pausa è breve. Del ponte è rimasta intatta la spalletta e un pezzo di banchina. Non c'è altro da scegliere, poiché se si gettassero a guado li fredderebbero sull'acqua uno alla volta; e allora il bersagliere Guo stoni, con un atto di temeraria audacia, balza sulla spalletta e corre come un fulmine verso la sponda opposta. Il capitano Griffini raggiunge il gregario e lo supera trascinandosi con sè t suoi. I piumetti ondeggiano dopo un stante fra le bianche divise austriache. Il Re Carlo Alberto appunta con e sue mani la prima medaglia d'oro al valore militare sul patto del capitano Griffini. Passano sulle pagine della storia altri fatti d'arme, le battaglie incalzano i combattimenti non hanno tregua Monzambano, ■Borghetto, Villafranca, Pastrengo, Santa Lucia di Verona, Pe schiera, Governalo, Corona, Sono, Sommacampagna, Valeggio, Volta, Milano L'oscura tragedia di Novara si prepara e i bersaglieri del 2.o Battaglione corrono alla difesa del Re minacciato dalla plebaglia a Palazzo Greppi... Cade la sera sulla fatale giornata. La Marmora è a cavallo di fronte al nemico, che non si avventa per farlo prigioniero. Dietro al generale piemontese non ci sono ormai che due manipoli di « piumetti », 1 soli superstiti. In questo piccolo nucleo, che gli austriaci non hanno osato affrontare, ecco rifiorire, come a primavera. In cima di un rosaio altri grappoli, infiniti grappoli di fiamme cremisi. Il miracolo eroico di Goito si rinnova. 11 mito di Griffini risorge nell'anima fieramente romana di Enrico Toti, che, mutilato di una gamba, rie sce a farsi assegnare al 3.0 Battaglione. Egli ,combatte ool cuore. Se l'unica gamba incespica, l'impeto del suo spirito procede veloce; se 11 suo corpo saltella tra gli sterpi, il suo coraggio vola verso la sommità di quota 85 Monfaloone. Una pallottola che lo coglie in una spalla mentre egli arranca a mezza costa, non lo arresta. Egli sul ciglio della trincea nemica, dopo aver raccolto nel suo corpo martoriato altri due proiettili. E' la gloriosa agonia, l'agonia fiammeggiante di una flarÀma cremisi. La sua anima è già sospesa nel cielo purissimo degli eroi Il suo ardore ha ancora uno sbalzo è un impeto di Indicibile grandezza. Enrico Toti alza con un gesto immortale la sua gruccia, la scaglia sul ne ffiico e poi si piega dolcemente e si addormenta con le labbra posate sul piumetto. Fra la lontana battàglia di Goito e le undici del Carso, le ombre di Griffini e di Enrico Toti, alte su tutte, fronteggiandosi come dal due limili di un ponte lanciato sul tempo, hanno vegliato al passaggio incessante di una fiumana di anime' eroiche santificate dal sacrifizio. In mezzo a loro, come dentro un alone luminoso, si agitano bandiere, fiori e piume, intorno al monumento della nostra unità e della nostra liberazione. Saluto a «quota 144> ricoprtegutosoramdaconscstfobtume ddrafoe supspsnrgml'fcinltsdUldcllatècgsusgfizmmssoaddcccgscddlasI treni che portano trentamila bersaglieri a Bologna si avvicinano nella notte alla città. Tutta la smagliante pianura emiliana dorme in quest' ora refrigerata sotto le stelle. Le « tradotte s ansimanti hanno assunto un ritmo quasi guerresco. Da quelle che sono passate ai piedi dello squallido Carso, tutti 1 « cremisi » si sono affacciati a un tratto dai finestrini e hanno agitato le piume del cappello, salutando col gesto e con la voce, la quota 144, sulla quale è stato ferito il bersagliere Benito Mussolini mentre combatteva con i suoi dell'ILo Reggimento. Domani, all'afa, saranno tutti qui e fra poco sentiremo l'annunzio del loro arrivo lanciato dalle fanfare e il popolo bolognese scenderà per le strade ad acclamarli. ERNESTO QUADRONE.