La setta dell'Unità Italiana

La setta dell'Unità Italiana La setta dell'Unità Italiana n e n l e a r c i l a a a , . n è n e o n a NAPOLI, giugno. I.a città di Torre del Greco si accingo ìi tributare solenni onoranze al la memoria di Michele Pironti, patriota meridioni!lo, morto in questa cit tà nell'ottobre del 1885. 11 Pironti fu uno dei capi della famosa setta napoletana intitolata sM'Unilà italiana contro 1 cui componenti si celebrò tra il 1850 e il 1851 un mastodontico processo clie copri di onta il Governo borbonico. Michele Pironti, giurista e letterato di sentenze nettamente giobertiane, fu nominato nel biennio costituzionale, membro delia Gran Corte Criminale. Egli era nato a Montoro da una vecchia famiglia di liberali. Nel gennaio del 1848 aveva capitanato in Salerno una dimostrazione costituzionale, e aveva fondato un giornale intitolato Guida del Popolo. Trasferitosi a Napoli, vi aveva l'ondato ['Indipendente che fu uno dei più vivaci fogli costituzionali; gli elettori di Salerno lo inviarono alla Camera con lusinghiera votazione. Sopravvenuto il sanguinoso maggio e iniziatasi la vergognosa reazione borbonica, che voleva ripagare col tradimento e col delitto le intemperanze dei liberali, il Pironti fu destituito dalla carica di Giudice della Gran Corte Criminale di Terra di lavoro avendolo denunziato il medico salernitano Marano che tentava di farsi perdonare con le delazioni ti suo passato di liberale. Il processo I fatti inerenti alla setta l'Unità italiana costituiscono un episodio importantissimo del nostro Risorgimento. Importante non in quanto cospirazione, perché è ormai acquisito alla cultura ohe nò le cospirazioni hanno mai provocato la caduta di un governo, nò le efferatezze poliziesche hanno mai protratto di un'ora la vita di un regime; ma importante per la generosità dei suoi intenti e per la elevatezza morale dei suoi capi. Le onoranze a Michela Pironti ci offrono il destro di. parlare di un libro non recentissimo, ma non ancora superato da altri studi sull'argomento: Giuseppe Paladino, Il prò cesso per la setta, l'Unità italiana e la reazione borbonica dopo il 1848 (Firenze, 1928) apparso nella collezione di studi del Risorgiménto diretta da Giovanni Gentile e da Mario Menghini. Si tratta di una dettagliata pubblicazione di documenti del Ministero di Polizia borbonico inerenti l'inchiesta il processo per l'Unità italiana. I rapporti dei funzionari di polizia, 1 costituti (o deposizioni) degli imputati, particolari degli arresti, le denunzie delle spie vi sono ampiamente rias sunti ; minore attenzione l'autore de dica al processo, dal quale avrebbe pò tuto trarre molti argomenti per giudicare sia la condotta della polizia borbonica, che la figura nw'iie degli imputati. Sono anche descritte le can che si trovarono presso ciascuno dei principali cospiratori, e trascritti per intero i proclami numerosi e alcuni importanti. Certamente anche uria cosi anodina esposizione di documenti d'archivio ha il suo valore: per gran tempo ha avuto credito la diceria che tutta la setta dell'Unità italiana fosse una montatura, della polizia borbonica, per causare la perdita di Carlo Poerio e di Lui gi Settembrini che Ferdinando II aveva in grandissimo dispetto, specialmente accanito nei riguardi del primo che era stato suo ministro di polizia e che gli pareva responsabile di gran parte del le provvidenza liberali alle quali si do leva di essersi lasciato trascinare. Il processo protrattosi per oltre cento udienze, il gran numero di agenti provocatori e di spie, lo sdegnoso atteggiamento di Luigi Settembrini e di Antonio Miele che elevarono formale prolesta contro il presidente Navarro palesemente prevenuto contro gli imputati, fecero supporre a.i liberali che grandissima parte delle accuse fossero calunniose. L'autorità, infatti, pretendeva che ai trattasse di una cospirazione vastissima la quale, mediante il sobilla mento delle truppe, si proponeva di rovesciare l'ordinando II, traditore della giurata Costituzione, e di ra CaMaza opchL'abedera,dedi nenaordLaitara diocercianota quCodila. ziosi Goinavdicorosi tanimdaciachceSerightì chdorevecoprsotetaCoBrMcocammtoallaCorimlumGantezisomtouSnfugganddmarptaitcocrosctrDittocSgiungere l'indipendenza e Punita Italia-!sinon senza escludere una so1uzio-!mna, ne repubblicana. Giaciutone. dall'Inghilterra, sorvegliava molto da vicino il processo; ad esso assistette assidua-!omente l'amba datore Lord latimche proteo persino di :,~NtrreT'lo:ndeliberazioni della Gran Corle Crimi¬ nale. Condannati a morte Filippo Agresti, t nigi Settembri-ili e il popolano Fancita.no (condanna commuta nel carcere), e a molti anni di galera il Poeri", il Nisco, o il Pironti, il Barilla e gli altri coimputati, la indignazione dei liberali inglesi fu enorme. La maggior parto dei condannati fu chiusa nel penitenziario di Montefusco nel-i l'trpinia, luogo tanto orrido e malsano che era stato abolito come carcere; mentre fu poi ripristinato pei liberali. Di questa orribile tomba dei vivi diceva un canto popolare: riii ti-ase a Montefusco e po' se n'esce Po' ili ca nterra nata vota nasce. Gladstone riuscì a visitare questa prigione e. in conseguenza di questa visita, provocò la famosa campagna contro i Borboni di Napoli, che dispose l'opinione pubblica inglese a favore del ■(ìf) e determinò Ferdinando II, tormentato anche dai rimorsi, a liberare gli Unitari. La cospirazione Però un fatto sembra ormai accertato dalla pubblicazione di questi documenii: la reale esistenza d'una vasta e complessa cospirazione. Dopo la giornata del 15 maggio, fallito il tentativo di dare un tono democratico alla monarchia costituzionale, col dare alla Camera neoeletta dei poteri costituenti, i liberali sentirono che era ormai inutile sperare nellit buona fede del Re. Così, al nazionalismo napoletano successe naturalmente un nazionalismo italiano. Poiché in quel momento la parte più appassionata dei patrioti rimproverava al Re non tanto la mancata fede nella Costituzione giurata, quanto il richiamo dell'esercito dalla guerra di Lombardia, tutti gli occhi, tutti i desideri si appuntarono su Carlo Alberto che, solo fra q- < traditori sovrani italiani, serbava fede e 'alla sua coscienza di Re e alla sua spa e à a e n a e . i ttèsilldvvgnzsddhpStdcpvspddrMAGAGHMCGLPMAV, ,, |Vcostituzione di una nuova setta nella! da di soldato. Silvio Spaventa fu tra i primi a convertirsi a codesto ideale. Si può, dunque, sicuramente affermare che proprio dal sangue e dalle disillusioni del 15 Maggio napoletano nacque e si concretò l'ideale unitario. Mentre con una certa cautela dilagava la reazione poliziesca, i liberali riprendevano francamente la via delle sette: Filippo Agresti propendeva per l'antica Carboneria, mentre Luigi Settembrini vagheggiava piuttosto la Giovane Italia. Ma il nuovo ideale l'ut per ispirare la quale entrarono i più diversi spiriti ; dai arbonarismo al Mazzinianesimo, dalla assoneria alla Giovane Italia, non sen una vaga tinta ascetico-monastica pportuna a molti dei suoi partecipanti e erano preti o giobertiani convinti. associazione che si proponeva dì « lirare l'Italia dalla tirannide interna i Principi e da ogni potenza stranie, riunirla e renderla forte e indipennte », si componeva di cinque specie Circoli: Gran Consiglio, Circoli geerali, provinciali, distrettuali, comuali, ai quali appartevano soci di tre dini, Uniti, Unitari e grandi Unitari. a setta avrebbe dovuto avere carattere aliano, mentre in effetti non ebbe ve estensione che nelle Provincie merionali. Vi si era iniziati con grandi rimonie e si giurava la formula soale con grande solennità. Un Circolo on poteva comprendere più di quaran membri; i presidenti e i consiglieri di uesti componevano i Circoli superiori ome si vede la somiglianza con le Ven te e le Congreghe dei Carbonari è del Giovane Italia era evidente. L'associaone prese grande ampieza:va Napoli contavano più di quindici Circoli. Il overno borbonico non avrebbe osato fluire sui settari se la propaganda non vesse preso proporzioni molto vaste se non si fosse mirato a portare la scordia nell'esercito. Gli arresti I fatti di settembre furono come il ollaudo dall'Unità italiana: avvenuti i ovesci militari di Lombardia, iniziata la riconquista della Sicilia, accentuaasi l'opposizione parlamentare al Miistero, Ferdinando prorogò il Parlaento al ,10 novembre. Subito, sobillato alla polizia, il popolaccio di Santa Lua, che aveva già partecipato ai sacheggi del maggio, invase le vie del entro al grido di Morte alla Nazione! enonchè dai quartieri di Montecalvao e della Pignasecca, abitati dalla borhesia liberale e dal popolo grasso, par una imponente controdimostrazione he, preceduta da un tricolore e al grio di Viva la Costituzione! sgominò 1 eazionari. II primo arresto fu compiuto nel noembre del 1848 in persona dello storio Nicola Nisco, accanito agitatore sorreso non solo a subornare ufficiali e oldati, ma accusato di aver due volte entato di organizzare la rivolta armaa. Seguirono gli arresti del Caprio, del olombo, del Fiorentino e infine del raico, proprietario del caffè Croce di Malta, ritrovo preferito dei liberali. I ospiratori, inoltre, si radunavano nel affo del Largo del Castello e in prossimità dell'Orto Botanico. Non si fecero mai degli arresti in massa; ma per tuto il 1843 i cospiratori furono catturati lla spicciolata man mano che una deazione o un fatto li comprometteva. osi furono arrestati il prete Felice Bailla e poi Filippo Agresti che fu il primo presidente della Unità italiana. A ui successe Luigi Settembrini che prima del 1848 era stato animatore della iovane Italia. Sopravvenuto il primo nniversario del 15 maggio gli Unitari entarono di compiere un'azione rivoluionaria, di influenzare l'esercito, di ommuovere il popolo con un infiammato proclama del Settembrini; ma tuto fu vano. In seguito alle delazioni di n tal Luigi Servolino, il 23 giugno il Settembrini fu arrestato. Gli succedeva nella carica Michele Pironti. Poco dopo u arrestato il Poerio e nell'agosto, tra li altri, anche il Pironti. Nel settembre, li ultimi affiliati alla setta potettero ncora compiere qualche dimostrazione urante la festa di Piedigrotta e la beneizione alle truppe impartita da Pio IX; ma ormai l'Unità italiana era disfatta rrestato il tipografo Romeo che fece le iù ampie confessioni, il processo spetacoloso che doveva fiaccare i patrioti taliani era ormai maturo. Invece esso ome sempre accade fiaccò proprio il redito dei Borboni Michele Pironti, la cui memoria si nora in questo mese, penò a Montefuco lunghi «inni, e vi guadagnò un'arrite che lo indusse a usare le grucce. Dopo il 1860 entrò nella magistratura taliana, della quale fu alto ornamen o, essendo pervenuto al grado di Prourator Generale presso la Cassazione. Senatore del Regno, fu Ministro Guardai8im con Menabrea e consigliere ap m'ezzato dl Vittorio Emanuele IL Tuttaoccupo a a sua vita fu animata da profondi senimenti cattolici: i tristi ozi del carcere tradurre opere di San Tommaso, ostilissimo sempre alle tendenzen <i: 'silvio Spaventa de)quale fu, però, amicissimo. ALBERTO CONSIGLIO.