La vigilia del Granico

La vigilia del Granico Sulle or-rao di Alessandro Magno La vigilia del Granico -(Dcil nostro inviato)- KALE SULTANIE' giugno, Nella mia corrispondenza preliminare 'sull'undicenne impresa asiatica di Alessandro, promettevo che avrei descritto la battaglia che apri le porte dell'Anatolia al conquistatore, dicendo nello stesso tempo del modo come ougl si può materialmente percorrere l'itinerario da lui seguito. Mi sembra tuttavia necessario, prima d'allontanarmi da questi luoghi, i quali a parte il passaogio e la vittoria dell'esercito d'Alessandro videro nel corso dei millenni una metà buona degli eventi fondamentali fra Europa ed Asia {aggirandosi sul terreno fra il tumulo di Patroclo, i campi di orzo che coprono l'ondulata distesa sulla quale si erigevano le mura di Illom, fissando lo sguardo all'alto obellsco che dallo sprone di Seddul Bahr domina la distesa dei cimiteri dei caduti australiani nei vani tentativi per il forzamento dei Dardanelli durante la gran guerra, non si può a meno di sentirsi travolti dalla tormenta storica durata duemila e cinquecento anni, che ha fatto dell'Ellesponto il teatro dell'eterna competizione fra Occidente ed Oriente) accennare all'im.pero che Alessandro si preparava ad attaccare. Un antenato di Camera La ritirala dei Diecimila, la più formidabile beffa giocata dallo spirilo e dal valore ellenici all'i impero degli uomini dagli occhi di capra », ne aveva ffid rivelata la immensa debolezza, ma dopo d'allora quante scosse avevano minacciato di far crollare quel colosso dal piedi d'argilla ch'era il dominio persiano! Con l'assassinio e l'intrigo erasi inalzato Codomano, una tpecie di Camera orientale per le fatiate, i metili e l'indole, al trono di Penìa verso il 7nedesimo tempo che a Filippo succedette Alessandro. Prese quel principe pugìlista e atleta il nome di Dario, nella fiducia di essere assistito dalla stessa fortuna che aveva caratterizzato il regno del primo monarca di questo nome. Senonchè nello spazio attorno a duecento e trent'anni i Persiani avevano completamente degenerato da quelle virtù proprio ad una povera e guerriera nazione, senza acquistare nessuna delle arti e delle perfezioni che d'ordinario accompagnano le conquiste e l'opulenza. Tuttavia il loro impero comprendeva ancora la parte più ragguardevole dell'Asia e dell'Africa. Tesori immensi v'erano accumulati in Damasco, Arbela, Susa, Persepoll, Ecbalana. Nessuno storico è giunto a calcolare le rendite in derrate dell'immensa monarchia, ma Giustino ci dice che le conquiste di Alessandro oli procacciarono un'entrata di tanto denaro e metalli preziosi pari a sessanta milioni di sterline. Quantunque ì vizi e le follìe delle città imperiali fossero In perfetta armonia con l'iperbolica ricchezza della monarchia, i Persiani si apparecchiavano al loro ultimo sterminio più con la supina ignoranza delle arti della guerra e della pace che con le conseguenze della loro esistenza effeminala. L'amalgama dei popoli che componevano l'ini 'ìm^mrw'èS^ alla sorte del Gran Re, il centro subì va sgomento l'infinita serie degli ilice sii e dei delitti che formavano l'atmosfera della corte, la periferia si agitava in sempiterna rivolta, la regola di governo si manifestava con un dispotismo violento, fra i capricci del mercenari greci ingaggiati a sostegno delle rivalità dei satrapi; le sole ragioni di resistenza dello Stato dipendevano dalle divisioni dei grandi capi, dai tradimenti suscitali tra loro o dall'impiego degli cileni prezzolati. Al contrario, la potenza che si preparava ad attaccare l'Impero non offriva presa alcuna a cotesti elementi deleteri mentre poteva ostacolare grandemente le leve del greci mercenari. Infine Dario aveva bensì delle molti-tudlni innumerevoli da opporre ai Macedonl, ma gli asiatici eran rimasti alprimordi dell'arte militare conservandol'abitudine di combattere da lungi esenz'ordine, con le armi di getto, tatti-ca che malgrado il numero non potevaprevalere contro truppe docili al caparotte alla manovra su ogni terreno cdavvezze a combattere da vicino. Eroancora lontano l'avvento dei potentiarchi asiatici che furon la causa deirovesci dei romani nelle piane meso-potamlche ed ecco perchè le armi dametto non ebbero nessun effetto contro gli opliti greci dapprima, la falange d'Alessandro in seguito ed infine la legione romana che dovunque riuscirono vittoriosi. Il primo esercito coloniale della storia Con quanti soldati Alessandro ha passato lo stretto? Piccola forza invero messa al paragone dell'Asia, ma organizzata alla perfezione: il primo vero esercito « coloniale » registrato dalla storia, che fa pensare nella cura e nella scelta del suoi elementi agli eserciti moderni d'Inghilterra, di Frnn eia, d'Italia spediti per le più ardue imprese d'oltremare. Fanterìa: dodici mila macedoni fra l quali si trovavano i corpi scelti dell'epoca, gli Ipaspisli e gli Agriraspidt, dallo scudo d'argento; settemila alleati e cinquemila merce nari assoldati. Questa fanteria regolare era seguita 'da cinquemila Odrlst, Triballl e lillrl e da mille arcieri Agrlanl, cioè un totale di trentamila fanti. La cavalleria, assai superiore in numero a quella che d'ordinario entrava negli eserciti ellenici, contava 4500 cavalli, cioè 1500 Macedoni e fra essi gli Etari o Compagni del Re, usciti dalla nobiltà macedone, 1500 lessatici, 600 cavalieri Greci e 900 corridori Traci. Seguiva l'esercito un'artiglieria eccellente: baliste e catapulte, macchine di cui erano totalmente sprovvisti l Persiani e che provò le sue alte qualità tecniche negli assedi di Alicarnasso "e di Tiro, ed un corpo del genio (pontieri) che non solo fece valicare all'esercito i grandi fiumi mesopotamict e Vlaxarte indiano, ma improvvisò tutta una flotta quando si trattò di discendere il corso dell'Indo. Alessandro aveva riunito 160 triremi oltre ad un congruo numero di navi da carico per la traversata dello stretto. Atene, che dalla parte della Lega Ellenica sancita dal Congresso di Corinto di cui Alessandro eia il capo supremo nella guerra contro l'Asia, rappresentava la potenza navale più ragguardevole, non aveva dato che venti navi, vale a 'dire il minimo (parsimonia che Quinto Curdo chiama • malizioso accorgimento •). L'ostilità del mondo greco contro 'Alessandro distruttore di Tebe e delle libertà greche, era grande; Demostene, salvato a stento dalla proscrizione, taceva per carità di patria, ma oli Sportoti, benché ridotti al nulla rispetto al I voteti, avevano avvio, il flfl» magio di rifiutarsi di partecipare alla Lena e Alessandra ne aveva riso, come liceva riso al nule invilo di Diogene dipermettere ut sole d'illuminar la sua little, giudicando che non valeva la pena ili rintuzzar l'orgoglio dell'ostinata citlù ritardando la sua grande impresaComunque, dal punto di vista navaleAlessandro era vulnerabilissimo. I Persiani con la loro flolla di quattrocento navi da guerra, condotte dai marinasperimentali di Fenicia, di Cipro, dell'E gitto, sarebbero certamente riusciti q.disputargli il passaggio marino e questa era l'idea dell'abile Meninone di Rodi, che conosceva Itene la Grecia, cioè la sua irriducibile ostilità contro il successore di Filippo, ed aveva già reso segnaati servigi all'impero, bollendo in Asta il corpo macedone spedito precisamente da Filippo. Ma Alessandro non rovò nell'Ellesponto una barca armata contro di lui. II passaggio dello Stretto Avrebbe quindi potuto trasformare il passaggio in una parata uso quella di Serse di un secolo e mezzo prima, quando il despola persiano si fece erigere un trono di marmo sulla collina che domina Abido (la stessa sulla china dela quale i Turchi hanno orgogliosamene e giustamente scruto ad enormi caratteri visibili dal canale di faccia a Cianak: 15 - III 1015, cioè la memorabile data che stabili che i Dardanelli, armati, non si forzano, per quanto poente possa essere l'apparecchio navale, aereo e terrestre di cui dispone l'assaitore) e da quella posizione assistette per sette giorni al passaggio sui due soidi ponti di barche gettali attraverso lo tretto, del fantastico esercito di Mardonio. Sette giorni di sviamento sulle azzime acque fra le basse e verdi coline maculate oggi dalle linee del forti ventrati, piene ancora degli echi dei milioni di cannonate scambiate sedici anni or sono fra il i. ire e la terra, di genti perse, medie, ircane, assire con a testa coperta di caschi di bronzo, di Battolala, Ariani e Parti armati di già- vellotti e di spiedi, di Sacl riconoscibii dai berretti a punta e dalle accette, d'Indiani vestili di cotone allora ignota all'Occidente, di Etiopi d'Africa dal corpo dipinto e con lunghissimi archi e reccie dalla punta di silice, di Etiopi d'Asia (le moderne popolazioni negroidi del Belucistan meridionale) stupefaceni per ì copricapo fatti di teste di cavai o, e poi soldati su carri da battaglia e cavalieri della regione di Arbela, munii di « lasso » e Indiani su veicoli trainati dal lama dell'Ymalaya e Caspici e Arabi, con i cammelli ad una gobba... Una digressione, ma breve: Ho ricordato il passaggio attraverso lo Streto delle moltitudini di Serse. E gli alri? — domanderà il lettore. — E quello del crociati? E gli infiniti avvenuti in enso longitudinale dalla caduta di Blsanzio all'impresa di Millo? L'ho detto al principio: l'Ellesponto è un cardine dell'umanità e il tentativo che faccio di evocare la gesta di Alessandro è In fondo nuli'altro che uno sforzo, probabtlmente vano, per stinguere una traccia ra innumerevoli solchi. Incoraggtamoci con l'dea che Alessandro è unico e he il suo cammino da questo punto giunse più lontano di tutti gli altri.— Alessandro dunque, se pur non penava che gli eserciti che andava a combattere non differivano in nulla da quel i di Dadlo Sodomuno, non se ne pre occupava, come non si preoccupava di avere la sua cassa militare vuota e dei grossi debiti per soprammercato. L'Asia ra II a portata di mano per arricchirlo e tutto gli appariva propizio da che aveva lasciato il suolo della Macedonia afidando ad Antlpalro la reggenza, sterminando tutti coloro, consanguinei o meno che potessero preoccuparlo duante l'indefinita assenza. Egli era l'uomo del destino, che andava a rivoluzionare il mondo e quindi dei suol atti, per quanto crudeli, sentiva di dovere rendere conto soltanto a sè e agli Del. Cosicché, mentre il suo Capo di Stato Maggiore, il vecchio Parmenionc, il miglior generale dei suoi tempi, coadiuvao dal figlio Filota, comandante della avalleria, eseguisce materialmente lo barco e l'incolonnamento dell'esercito verso il Granico, Alessandro, accompagnato dal diletto Efestlone, veleggia scortato da qualche nave ad Eleonte, 'attuale punta di Seddul Bahr, per ceebrarvi l funerali di Protesilao, la prima vittima greca della guerra di Troia. L'asta sul lido Approdando a Slgeo, il porto di Troia, 'attuale Kum Kalè dove biancheggiano i ruderi dei forti turchi foracchiati da mille bombardamenti e asciugano al so e fra ignobili baracche le sdrusclle reti del pescatori anatolici e dove, nei riguardi delle rovine di Troia, il viaggia ote moderno può esclamare come Lucano ad Alessandria: c Anche le rovine sono sparitel » poiché non se ne trova raccia alcuna all'infuorl del mcntlcolo che l'imponderabile leggenda chiama la omba di Patroclo; il figlio di Filippo anciò la sua asta sul lido e saltando a terra prese gli dèi a testimoni che con l'aiuto loro ed una giusta guerra avrebbe a sè vendicata la possessione dell'Asia ». Fece quindi innalzare altari a Giove, a Minerva, ad Ercole tanto a Slgeo, come a Eleonte e rivestito della sua più splendida armatura avanzò per i campi disseminati dei resti di Troia. Tutto questo gli storici affermano con dovizia più o meno ricca di particolari, ma io che da varie settimane vivo in intima comunione spirituale col mio eccelso personaggio e quasi lo veggo vivo dinanzi a me splendere nel sole di questa radiosa giornata primaverile, che rende seducente anche Ut miseria dei vUtawi turchi Msemiuati sullo rive Immortali, non posso evidentemente accontentarmi di ripetere quello che Ariano e Qutnta Rufo e Plutarco e Giustino o una folla d'altri raccontano, tanto più che sono riuscito a formarmi l'idea materiata di Alessandro, della sua persona fisica com'essa risalta nel prodigioso bassorilievo del sarcofago scoperto a Sidone e che (orma oggi una delle gemme del Musco di Istambul, o come splende nell'aurea e mirabile medaglia di Tarso ornata dai divini corni d'arie te di Giove Ammone. Cosicché, il alo vane dall'occhio destro nero e dal sinistro azzurro assume per me i caratteri di una completa attualità ed io pur sapendo a priori che i segni materiali delle sue imprese che andrò cercando attraverso l'abbandono, i deserti e la distruzione dei millenni sono dovunque svaniti, giungo quasi ad udirne il fragore degli accenti. Eccomi dunque qui a seguire su d'un romino favoritomi a Cianak il cammino del ventenne Re attraverso i campi di Troia. Pensavo che mi sarebbe stato possibile farlo in automobile, ma dopo un infelice tentativo ho il dovere di proclamare a tutti i turisti del mondo che mentre la quasi totalità dell'orbe si lascia docilmente percorrere dalla vettura, a motore, la Turchia asiatica, anzi la Repubblica turca si rifiuta e si rifiuterà ancora per molli lustri, per mancanza assoluta di strade o di piste e soprattutto di ponti, a veder correre sul suo disalberato suolo, macchine con ruote cerchiate di pneumatici. Ne dirò forse più dettagliatamente i molivi in appresso, per oggi dichiaro che la macchina con la quale intendo percorrere almeno t tre quarti dell'itinerario di Alessandro mi aspetta ai confini siriaci dell'Anatolia, su quel campo di baltaglia d'Isso che la nuova frontiera turcosiriana taglia esattamente per metà. Seguo dunque l'ombra del regale conquistatore dai capelli rossi rilevati sulla fronte scoperta e cadenti come una criniera dai due lati della testa. Lo sguardo umido e brillante e fisso innanzi e in questo momento appare pieno di dolcezza. Fine ed elegante è la curva del naso, la bocca dalle labbra sensuali è semiaperta, il mento è pieno di forza. La testa è leggermente piegata sulla spalla sinistra, atteggiamento che aggiunge seduzione all'as sieme e gli conferisce un'aria di melanconia. La statura dell'eroe è modesta, la pelle bianchissima, le gote coperte da un leggero incarnato, il corpo è vigoroso ed elegante, il passo rileva il cavaliere consumato ed il pedone infaticabile. La fi» di Achille Alessandro i a piedi e a testa scoperta. Uno scudiere conduce alla brigita Bucefalo, il più celebre dei destrieri, destinato a morire alla fine quasi dell'impresa e ad intitolare al suo nome una città dell'India. Un altro etare reca il forbito cimiero lavato di Teofllo che innalza con bel disegno la sua. cresta intorno alla quale cadono grandi penne candide. Il Re indossa un'armatura leggera, tempestata di gemme, cinge la spada « di tempra non eguagliabile > dono diel re del Citil, sorretta da una tracolla lavoro di Elicone e presente degli isolani della gemma dell'Egeo: Rodi, che sempre fu particolarmente cara ad Alessandro. L'eroe ha per metà il tempio di Pallade dove sospenderà le sue armi per trarne quelle che vi stanno consacrate fin dai tempi della guerra di Troia e che le sue guardie porteranno sempre presso di lui, nel tumulto della battaglia. Lungo il cammino qualcuno gli offre la lira di Paride. Ma quella volta Alessandro benché amantissimo della musica e virtuoso di tutti gli strumenti salvo il flauto e cantore cotidiano di Pindaro e Steslcoro che con Omero erano i suoi poeti favoriti, la respinge con collera : » La sola lira che mi si conviene — grida, gettando indietro la sua fulva e spessa capigliatura, — è la lira di_ Achille da cui discendo!. Giunto Iti'sepolcro di questi si denuda mentre Efestlone fa altrettanto dinanzi al tumulo di Patroclo: «per mostrare che tale era amico di Alessandro quale Patroclo fu di Achille ». Il He ed il suo inseparabile compagno corrono ignudi attorno alle tombe mentre il seguito le irrora d'olio e le infiora. E' quindi la volta di sacrificare a Priamo per quetare il risentimento della sua ombra contro la razza di Neoptolemo alla quale i Re macedoni appartengono.. Nei olornl seguenti, per via di terra Alessandro raggiunge l'esercito a Lamp saco e vi riceve la sottomissione degli abitanti della Troade e della Dardania al di qua del Granico. Frattanto Aminta, ufficiale superiore di Filota, si è spinto con quattro squadroni lungo la costa verso il basso corso del Granico scoprendovi sulla riva destra gli accampamenti persiani e confermando che il piano di Memnone di tare un deserto dinanzi ad Alessandro mentre la flotta eseguirebbe una po (ente diversione in Macedonia e Grecia è state respinto. I persiani, con venti mila cavalli ed altrettanti mercenari greci che compongono la miglior parte del loro esercito, più centomila fanti, sono schierati al Granico con l'eviden té intenzione di sbarrare il passo al macedoni cercando di impedir loro di raggiungere da una parte « la vita, la ricchezza e la forza dell'Asia Minore», cioè la costa dove sorgono le florentissime colonie greche e dall'altra la grande Sardi, capitale iella Lidia, la città maggiore dell'interno anatolico donde si diparte la comunicazione principale dell'impero, la *Strada Reale », che a duemila chilometri verso Oriente raggiungi la capitale persiana,ARNALDO) OtPOLtA,