Il tremito

Il tremito Il tremito Una notizia piccolina, ma di molto significato, è passata per il mondo distratto senza cho alcuno si voltasse a riguardarle. Un oscuro professore di cornetta, vivendo sotto l'incubo di una condanna a morte che i gangster! di Chicago, o sul serio o per burla, hanno creduto di infliggergli, ogni qual volta, sonando nei ritrovi notturni, 6Ì sento guardato da un paio d'occhi torvi, et trae dal suo strumento effetti cosi impensati e impressionanti di tremolo, cho il pubblico va in visibilio». E così una sentenza capitalo ha fatto paradossalmente la fortuna di tutti: del pubblico deliziato; dei dancing» notturni, arricchiti dalla nuova attrazione del musico ossesso; del musicante medesimo, cho la paura ha trasfigurato iu grande concertista; e probabilmente degli stessi gangster», i quali, abbiano o no fatto sul serio, potranno ancora una volta vantarsi di cagionare, con le loro minaccie, un certo effetto. Il sonatore era modesto, e la cornetta non e uno strumento irresistibile. Dai tempi in cui le mura di Gerico cadevano, commosse, a causa di uno squillo di tromba — ed e lecito pensaro che influisse sul crollo, anche allora, la fragilità delle improse edilizie — non c'è memoria d'un suon di corno o cornetta che abbia incantato gli ascoltanti : salvo, forse, quello udito una volta aa fond des bois da un poeta intento, più che altro, al proprio cuore. C'è, dunque, buon motivo di supporre che a creare laggiù a Chicago il melodico prodigio non sia l'uomo, non sia l'arnese: ina soltanto lo spavento. Leggo che il poveraccio, inconscio di sua gloria, va ora sonando «con un nodo in gola e con le lagrime agli occhi». L'arte è creata dal patema d'animo. L'incubo suscita le visioni toccanti, le visioni grandiose che passando dai precordi ai fori del duro strumento, tutte vibranti di quella tremarella che lo sciagurato ha in corpo, estasiano gli uditori notturni. Fra le perle generato dai malanni, mettiamo anche questa perla di trombettiere generata dal raccapriccio. Per ciò solo una stupida, una gracchiante cornetta avrà emulato la soavità della campana dantesca piangente il «giorno che si more». Non ridiamo, nò dubitiamo del miracolo. Il tremito e una grande forza di natura. Anche il tremito di spavento. I veri coraggiosi uon si vcreo- gnano di tremare. Si vergognano di arrendersi. Tremava anche un prode come Turenne: allorchè in battaglia, per non vacillare, si faceva legareal cavallo. Probabilmente tremò an-che Bailly ai piedi del patibolo: solo che, essendo uomo di spirito, volle dire ch'era di freddo. Tremare difranto alla morte, quando si sappia guardarla in faccia, è ancora atto di vita. Anzi di vita accelerata, esaltata, in cui ogni fibra del nostro io si desta o proir'sta, gridando al rischio di proprio diritto d'esistere. Quel tre-mito, è la moltiplicazione istantaneadi tutti gli aneliti nostri, all'ideainsopportabile della fine. Poi il pu-sillanimo cede, e lo strenuo resiste. Sìa in quella tremante scarica, e l'uno e l'altro non avranno rivelato che lapropria vitalità intensificata sino al-10 spasimo. Il tremito è l'assoluto, la sintesi, il climax dell'energia. E' il principio d'ogni animazione. E', for- se, il segreto illuminante e propul-sante dell'elettricità. E' il ritmo deicosmo in noi : quello che fa danzare J'atomo e balenare lo stelle. E* il p«nume» che il pagano sentiva in sé ia ogni furia d'odio o d'amore. Ge-nio incomparabile dei tremiti di rab-bia, dei tremiti di voluttà, allorchè 11 più timido desìi esseri può sentir-si, per un istante, simile a un Dio scatenatore di folgori! In verità troppo noi ci siamo burlali delle dame in cerca del frisson. Istinto formidabile d'azione è ben questo, che tende a risollevarci dall'inerzia mortificatrice verso l'attimo della rivolta tremante. Tremare: verbo lirico. Tremare: verbo radiante. Tremano gli astri, i cigli, i vibrioni, i lampi, i terremoti, i desideri, il baleno della gemma, la nota di Chopin. Io tremo, dunque esisto. Lo stesso tremito del vecchio o del paralitico, è l'estrema riscossa dell'essere innanzi allo spettro del nulla. Tremito d'ogni passione,- nei suoi impeti supremi ! Tremito d'ogni musica, nei suoi vertici espressivi ! Chiunque, appunto, abbia studiato musica, sa l'importanza del tremolo fra tutte le attitudini del concertista. Esso è l'indice di tutte le potenze sue. E' nella limpidezza e rapidità di tale vibrazione che il cuore si rivela, palesato totalmente: tanfo vero che lo donne e i fanciul3i, più pudichi di noi, o più bugiardi, «si vergognano» d'eseguire un tremolo iu presenza altrui. E' provato. Chi guardi negli occhi una violinista giovine, mentre tenta di cavare un tremo/o sotto l'anulare esitante, dò per certo che la vedrà impallidire. Il musicanto di Chicago uon conosceva questo tremolo: e lo spavento, abbiam visto, glie l'ha insegnato. Ecco dunque un'anima rivelata da un puro accidente a 6e stessa. Sempre, nello spavento, il tremante cuore che non precipiti nella codardia può risalirò altezze sublimi. Vi furono tremiti di collera da cui sortirono, in momenti di pericolo, parole memorande. Vi furono episodi di gesta generati da un raptus tremante. Ebbene: al musicante americano è toccato in sorte di potersi ritrovare ogni notte ad ogni ora in sì eccezionale stato di grazia. Egli è geniale e celebre, oggi, grazie a un innesto di sofferenza formato da un presagio catastrofico. Egli vive, finalmente, in virtù d'una paura di morire. La letteratura aveva già previsto il caso. C'è un libro di Giulio Verno —- il capolavoro, forse, di questo scrittore umanissimo e grandissimo, chissà perchè ritenuto un semplice autore di panzane — che s'intitola Le tribolazioni d'un cinese in Cina, e svolge con grazia infinita i casi d'un giovine il quale, supponendosi minacciato di morte da parto d'una setta d'Oriente allo stesso modo del trombettiere americano da parte dei gangster», e vivendo giorno per giorno in uno stato tremante che non gli toglie, però, nò il coraggio nò il gusto d'agire, da un vivere così pericoloso e. così incerto desume sensi, pensieri, affetti, propositi, e quindi avventure, conoscenze, opere, risultati che la tediosa fermezza dei giorni precedenti non gli aveva mai consentito. C'è insomma qui, creato dal rischio, un capolavoro d'esistenza ; come là c'era un capolavoro di melodia. La ragione generatrice ò la stessa. Al rischio il cuore si desta, e ricomincia a battere c a fiorire. Il cinese annoiato si fa alacre e fantasioso. La cornetta qualunque si fa tremula e ammaliatrice. Obbligato a procedere Bull' orlo d'un precipizio, l'uomo si desta e freme tutto: e in quel risveglio tutto vede, conosce, riconosce, indovina. JMai le forme ebbero più rilievo, e le tinte fascino, e le luci splendore. Lo stato preagonico fa cantare l'anima sua come si dice dei cigni e dei profeti. Ora la vita ò bella, conio sono belli gli orridi vertiginosi. E' la cessazione d'una certezza: cioè d'un sonno. E finalmente, il cinesino s'innamora ; finalmente, la trombetta squilla. L'anima, come il sole, sfavilla nell'imminenza dell'occaso. Essere tutto, adesso, perchè domani non si sarà più. Dire tutto, adèsso, perchè domani si sarà ammutoliti: e il nostro bisogno, il nostro comandamento ò di confessare a qualcuno, medico o sacerdote, eco o moltitudine, tutto quello che l'essere ha di segreto. La maestà dell'infinito è su noi : e i flutti del nostro sangue salgono a lui, maestosi altrettanto, come l'onda alla luna. Itiassorbito dal cosmo, lo spirito ritorna agli alti numeri dei ritmi immortali. Si trema, allora come la molecola e la scintilla. Si trema, e si canta. Si trema, e sLvive. Si ha il senso che già le grandi ombre ci ascoltino, di là, come di qua gli uomini piccolini, e ogni nostra effusione è libera, profonda, totale, solenne come già fosse resa innanzi al trono di Dio. Così, come di gesti e detti insigni ispirati alla paura, o anche solo al presagio di morire, sono piene le sto rie, noi sappiamo come In stesso de linquente volgare sia spesso in gra do di pronunziare, ai piedi della giù gliottina, almeno una parola echeg giante. Generoso è questo genio del l'agonia. In punto di morte, il mo stro Peter Kurten è eloquente come Danton. Da Chatterton a Kòrner e - da Millevoye a Lecchi, sempre si seppa l'ultimo canto essere il più bello C'è in noi un veggente che grida, solo se stretti alla gola. Le strofe della C/nì/e dex fcudles furono strappate dall'etisia, e quelle di Statiti Gorizia dalla mitraglia. Anna Pav- lova non può danzare che come il cigno muore. Chénier non può scrivere che come muore un poeta. Lo stesso tremito che ora è nella gola del musicante atterrito, fu sulle lab bra di chi, in extremis, pronunziò l'elogio della giovine prigioniera, l'n giorno che « 31 divertiva, fra amici, a immaginare il più raffinato lusso \d'un despota, io vinsi la gara pensando questo: un inno pasquale intonato alla mla mensa neroniana, fra orga"i esultanti, da una schiera di condannati nel capo. La vittima dei malfattori di Chicago sostanzia, oggi, quella mia fantasia. L'imminente fine fa 51 suo cuoro gigantn, fa la sua musica meravigliosa. Che ascolpano; che sentono, dunque gli ago "zzanti? Si dice che Messalina apPetisse 1 condannati a morte. Lo elecl°; comP credo nel,a sussurrata leggenda c'hc Greta Garbo sla malata da morlle- Se "°" e voro> dovrebbr essere vero. L'immenso fascino di questa donna brutta deve indubbiamente risiedere in una visiono, in un'ossessione d'ai di là. Sono occhi, quelli, affìssati ad un baratro. Pallori dovuti al presentimento d' un gelo senza fine. Baci che già sentono sui cigli, sulle labbra, l'ombra di Tanato ghermente. Soltanto un naufrago può stringersi alla vita così. Soltanto in un addio si può confessarsi così. Se questi baci di Greta, i quali pure non sono nè armonici uè sapienti, ci turbano tanto, è solo perchè ciascuno si direbbe l'ultimo suo. E certo ella pensa che lo sia. Sento ogni tanto riprovare i rischi «inutili» della vita. Io penso non ve ne siano. Una volta cho il presagio, e diciam pure lo spavento di morire è così fertile d'emozioni. 10 non capisco perchè si dovrebbe rinunziare a un risultato raro e stupendo, Qome quello di renderne il cuore capace. O i frutti del vivere pericolosamente vanno valutati soltanto in base ai risultati d'una gara o alle cifre d'un ricordi Non credo. Ci sono anche le vittorie su se stessi ; e ci sono i records delle sensibilità, come quello offerto dal sonatore atterrito, non meno importanti dj quelli sportivi. In verità, la morte si può sfidare, anche solo a che l'anima fiorisca; anche solo per esprimere una bella nota fremente. Niente è inutile, nella trascendente zona del pe? ricolo. Nè l'aerostato di Picard nè 11 tremolo del musicante. Anche una musica, è un'ascensione. Quello che conta, è uscire dall'umiltà della norma, dal sonno della certezza, dall'abitudine entro cui lo spirito non trova nè una voce, nè un'ala. In tal senso ogni artista, al pari d'ogni guerriero, e ogni amante al pari d'ogni artista, avrà sentito almeno una volta in vita sua l'ai di là chiamarlo fon invito irresistibile. Non sorridete delle educande che, senza ragione, parlano di morire. Esse pensano all' agonia come allo stato spirituale perfetto e questa ambizione, suggerita loro dallo specchio al lorchè si trovano belle, non è che il nobile complemento della loro corpo rale vanità. E non sorridete dei paz zi, che all'avventura mortale, solo in quanto è mortale, si volgono ineb- briati: tremanti, forse, ma decisi. I colloquii con la morte sono sempre grandiosi, anche se appaiono incomprensibili, anche se fatti di accenti senza sillabe. Con la morte si parla distanti, e solo cantando: come gli alpigiani dalle vette. Allora la parola più ignuda può avere il trillo d'uno jodler, la tenerezza d'un ranz ies vaches. C'è un precipizio di mezzo, e l'aria risuona. L'altro giorno Simoni scherniva, nel Corriere, l'ardimento « inutile » di quegli che rischiò d'uccidersi gettandosi, entro una botte, nel.Niagara: e ancora una volta, come già gli accadde con altri sublimi insensati, fu contro la giustizia volendo essere per il buon senso. Le onde del Niagara, come le rivoltelle dei gàngsters, non puntano per nulla contro il pericolante atter- ito. Nessuna minaccia mortale è senza esito per l'anima nostra, così come non lo fu, nel racconto di Venie, pel cinese tribolato. Poema o grido, atto o pensiero, bacio o canzone, voce del cigno o dialogo socratico, tutto ciò che spira al cospetto dell'eternità ha una sua bellezza ineffabile, la cui vibrazione è comparabile soltanto a quella dell'aurora. Così pel vile che la teme ; così pel temerario che l'affronta. Nel pericolo l'anima può cantare anche cicca. Anzi canterà meglio, come gli uccelli : c il tremito assurto agli spazi sarà allora di una tale dolcezza, che tutti si volgeranno tremando insieme, cantando insieme, a sentirlo. MARCO RAMPERTI.

Persone citate: Bailly, Chopin, Danton, Giulio Verno, Greta Garbo, Peter Kurten, Picard, Simoni

Luoghi citati: Chicago, Cina, Gerico, Gorizia