L'uccisore della fidanzata condannato a 30 anni

L'uccisore della fidanzata condannato a 30 anni IL DRAMMA DI CASSINO L'uccisore della fidanzata condannato a 30 anni i*i-m<> mMÌto- Di' qui la ripulsa e l;ab >h„ri„^ r«a m.in^ V,«i Dramma della, gelosia e della passione. Ne è stato protagonista l'operaio Stefano Amburatore di Luigi, trentej-unc, abitante a Gassino. Da uuattro anni egli amoreggiava con una ragazza del luogo, Gemma Ratti, « la relazione sembrava destinata a conchiudersi col matrimonio. In tale senso erano inlercorse intese e trattative. Ma all'Ultimo la radazza si conza si convinse che il fidanzato, per 'la sua indole e per il suo scarso amore al lavoro, sarebbe stato un pes •bandone Cosa maturò nel cervello dell'Amburatore dopo questa decisione, ribaditagli replicatamente dalla fidanzata! Egli stesso lo ha indicato ai giudici inquirenti: « Ero cosi follemente innamorato della mia fidanzata che me la vedevo sempre davanti agli occhi E a l a a e, rù . a o a o e , i tar ea a o e n d e non potevo assolutamente rassc guarnii al suo abbandono, li per n troppo amoro ho perduto la testa ». Il dramma scoppiò la sera del 22 giugno, poco prima della mezzanotte. Gemma Ratti era stata in quel giorno a Torino ed aveva fatto ritorno a Gassino col tram in arrivo alle 23,30. L'Amlniratore, che aveva trascorso tutto il pomeriggio o la serata a giocare in una trattoria, ora là ad attenderla. Poche e concitate espressioni allorché si ebbe l'incontro. Poi la ragazza, respingendolo, cenò di allontanarsi per rifugiarsi a casa. 11 giovane, estratta la rivoltella, ne esplose quattro colpi che raggiunsero tutti l'infelice, cagionandone istantaneamente la morte. Il delitto e la confessione 13 dramma si era svolto ad una cinquantina di metri dall'abitazione della vittima. Al rumore degli spari, accorse il padre della infelice, che si trasportò la figliola in casa, ormai cadavere. I proiettili l'avevano colpita alla regioaiv occipitale, alla regione temporale sinistra ed alla regione carotidea destra: evidentemente la povera figliola aveva cercato di sottrarsi ai colpi con la fuga ma il suo uccisore l'aveva inseguita continuando a sparale. Compiuto il delitto, l'Amburatore sì allontano a lenti passi verso l'ospedale: egli voleva in certo qual modo eludere l'impressione delle persone abitanti nella località ed accorse agli spari, ma tosto che si fu alquanto scostato dal luogo del dramma, egli si pose a correre, riuscendo a darsi alla fuga. Veniva arrestato tuttavia la mattina seguente alle 4: aveva nascosta la rivoltella sotto un grosso iflsso ed ai militi che lo arrestarono confessò senz'nitro di avere sparato contro la Batti « perite costei, dopo un lungo periodo di fidanzamento, l'aveva abbandonato, rifiutando di continuare la relazione malgrado i ripetuti tentativi da lui fatti per riannodarla ». Ma ecco come il giovane rievoca più dettagliatamente il dramma: «Quando nel novembre 1920 Gemma mi disse che non voleva più saperne di me, piansi per venti giorni. Non mi sentivo più di uscir di casa, non potevo dormire. Tutti mi davano del pìlzzo. Eppure io non potevo fare a meno di lei : dovevo cercarla, attenderla quando usciva dal lavoro. Vedendola provavo un'intensa emozione e non potevo capacitarmi all'idea che mi avesse lasciato. Ma lei mi salutava ap- n-l P°im- Speravo sempre che riprendesn se 18 relaziono. Insistetti, la cercai c-lallc»e ca.sa- \ .suo> protestarono, a Ho anche minacciato, come mi dico . ua ta a rdi ao an er er ee, otn ce m e te ù riri no, ma avevo perduto la testa. MI dicevano che avevo gii occhi « balordi • ; non potevo star fermo. La sera del 23 giugno non avevo intenzione di incontrarla. Tanfo che ero rimasto sino verso le 23 — l'ora in cui doveva arrivare da Torino — con gli amici. Quando lasciai costoro, mi avviai verso il paese. 11 treno giungeva in quei momento, ma io non vidi Gemma a scendere dal convoglio. Solo più tardi, mentre mi dirigevo verso casa, la vidi: ella mi aveva raggiunto e mi sorpassava. • i Una vampata di caldo j> « I.'accompagnai; le mostrai le lettere appassionate che mi aveva scritto e che portavo sempre con me. rileggendole spesso. Le chiesi i motivi del suo abbandono, la piegai di tornare a me. Mi rispose che ero folle e pazzo; che unto il paese mi disprezzava. Dopo essermi accompagnato a lei per un certo tratto, ci fermammo. Alle sue xiarole di disprezzo sentii bthGmcapmcPearatsaflclusrrscmscassèrcstmpf battere il cuore forte ed una vampata di caldo mi salì al capo, cosicché ho fatto quello che ho fatto. Non vidi Gemma cadere. Mi allontanai. Infine mi coricai in un fosso dove rimasi circa tre ore. Poi venni arrestato ». Questo l'Amburatore ha detto ieri ai giurati; questo aveva raccontato ai periti psichiatri prof. Goria e Baimondo allorché l'interrogarono in carcere, durante il periodo istruttorio. Poiché da taluni testi, l'Amburatore era stato tratteggiato come individuo anormale, il giudice istruttore incaricò i due periti di accertare se le asserite anormalità del carattere e del temperamento dell'imputato ed i disturbi psichici di cui costui diceva di avere sofferto, fossero stati la manifestazione di una vera e propria malattia mentale, tale da influire sulla coscienza o sulle libertà degli atti dell'omicida. Ed i periti giudicando che uno stato di malattia neuropsichica sussisteva indubbiamente nell'Ammiratore nel momento del reato, dichiararono che l'azione criminosa di costui fu il risultato di due condizioni concorrenti: l'una di indole schiettamente morbosa, l'altra di carattere strutturale, costituzionale. La prima consiste in uno stato penoso, quasi angoscioso, avvicinabile agli stati ossessivi ; la seconda nel predominio di sentimenti egoistici. Il dibattimento e ti verdetto Su queste conclusioni dei periti si è imperniato il dibattito per parte dei rappresentanti della privata e pubblica accusa e della difesa. A tinte assai fosche fu dipinto l'Imputato da taluni testi : inoperoso per temperamento, egli era giunto a farsi dare delle somme dalla fidanzata, senza più restituirle. Infine, allorché si era avuta la rottura, si era abbandonato a minaccie, dichiarando che avrebbe fatto una carneficina, uccidendo la ragazza ed i suoi famigliari. Questi elementi recati dai testi hanno avuto il loro peso nel giudizio: in essi — sostennero Tav. P. A. Omodei. costituitosi P. C. per la famiglia della vittima, ed il P. G. comm. Capaccio, i quali contrastarono anche ogni ipotesi intesa a scriminare il reato — si doveva riscontrare il freddo, meditato proposito, per parte dell'Amburatore, di sopprimere la fanciulla. I difensori, BVV. Filipello ed Olivero, richiamandosi ai rilievi dei periti psichiatri, invocarono un verdetto informato ad una esatta ed umana valutazione del dramma. Ma i giurati esclusero che l'imputato si trovasse in istato di inferiorità mentale al momento del reato, e solo gli accordarono le circostanze attenuanti. In base a questo verdetto, il Presidente conte Marchetti ha condannato Stefano Amburatore a 30 anni di reclusione ed alle altre conseguenze di legge. snlslpgpafihfdUnsntiacósnnds

Persone citate: Filipello, Gassino, Gemma Ratti, Goria, Marchetti, Olivero, Omodei

Luoghi citati: Cassino, Torino