Martucci e la sua artea3escmcqn

Martucci e la sua artea3escmcqn Martucci e la sua artea3escmcqn a3e. TConosco il valore del maestro Toscaninl! », scriveva' nel 1806 Giuseppi.' Martucci, rispondendo alla richiesta di una sua partitura, che Toscaninl airebbe diretto. Gli in Unii suoi sapevano il suo amore per il o rivelatore ■ ideila sua musica. Dal canto suo Toscaninl può aver dissentito dal Martucci intorno ad aicune questioni artistiche, il che ó .perfettamente naturalo e legittimo. Fondamentalmente egli non poteva non stimare la nobiltà spirituale, la probità proressiotialo di lui, che aveva dato tutto se stesso agli ideali dell'arte, e raggiunto, sia nella direzione, sia nella composizione, gli ultimi limiti consentitigli dal suo temperamento e dalle condizioni del suo tempo. Modesto e devoto, studioso e zelante, esigente e disciplinato, aveva costretto le folle ad ascoltare le grandi voci 'dissueto o ignote. Mite, quasi schivo 'dai contatti, ma fiero nella volontà, dominò, lottò contro la mediocrità, del pensiero e della vita quotidiana. In quanto «direttore», cioò capo responsabile di una organizzazione per lo piti mercantile, la sua fibra non avrebbe potuto meglio operare iper la dignità dell'arte; fu estasiatilo se non inebriante, preciso, se non analitico, rispettoso della costruzione formale e guardingo nel rilievo stilistico, interprete convinlo, senza albagia. Fra i direttori moderni, il solo, certo di cu' le composizioni non appaiano attività secondarie, sporadiche e occasionali, e non sollecitino indulgenza. Per tutte ciò Toscaninl giustamente può animi rarlo, come tino del suol più vicini (precursori, e onorarlo nelle opere. Il tèmpo trascorso dalla morte, ventidui anni, rende sempre più interessante « luminosa la posizione storica d) Martucci. Per tali onoranze cordiali, nelle qua 11 tutta l'Italia è concorde, non occorreva il ritorno di una data specialmente memorabile. Si potrebbe ricordare che proprio nella prima quindicina d«"l maggio dell'Sfl. Martucci ven. ne a Bologna per presentare il suo Concerto s6T pianoforte e orchestra, e raccolse, insieme con 1 più grandi plausi, l'invito alla direzione del Liceo. Un siffatto ricorso di date sembrerebbe quasi un pretesto. La cosa è più «empite». Quest'anno, o un altr'anno Bologna e l'Italia ricordano iminutevolmente Martucci, e ne riascoltano, desiderose e attente, le musiche; molte, questo si, e le più significative. Per Ciò due concerti orchestrali. Toscaninl è qui, da giovedì scorso, venuto a Tendere omaggio alla memoria di Martucci, con atto il più disinteressato e il piti devoto; ora egli concerta l'orchestra, alla quale si sono aggiunte Luisa Bertana per la Canzone del ricordi, e Ariano Ariani pel Concerto con pianoforte. Le opere più significative, dicevamo, sono quelle orchestrali, certamente. In esse, meglio che in quelle pianistiche — dalle primissimo che troppo ricordano le maniere di Liszt e di Rubln6teln, alle più mature, che, via via, liberatesi da prolissità e da superflui adornamenti, restano pur sempre voci minori accanto alle sinfonie — Martucci appare intiero, nella sua cultura e nella sua creazione, se pure la sua cultura tanto vi si affermi da condizionare la creazione. Questo è Martucci. la conciliazione di una libera tendenza e di una educazione radicale. E, se si badi al tempo che fu suo, e al dato, inoppugnabile, che egli non fu un genio, la cosa non poteva essere diversa. Con la diffusione dei concerti orchestrali e da camera e delle opere meyerbeerlane e wagneriane gli stessi italiani s'erano assuefatti ad altre spiritualità e sonorità che non fossero le melodrammatiche e le vocali, lo sole coltivate nell'Ottocento. Ma erano spiTitualttò. e sonorit/i straniere, e necessariamente romantiche e tedesche, le più vicine per tempo, e le più coneonanti, o lo meno stridenti, con il diffuso gusto italiano. Impossibile, pei ovvie ragioni, sarebbe stato il rilarsì al sonatisti o sinfonisti italiani del Settecento, al BocchOTini e al Cherubini. C'erano di mezzo l'Ottocento, i romanticismo, il wagnerianesimo. tanti elementi che soltanto un genie quale Debussy poteva superare, sostituendo radicalmente concezione 8 concezione. 1! Quartetto di Verdi avova chiarito, insieme con l'imprepara zione di lui alla musica da camera le difficoltà di tutta una collettività mancante nel campo slnfonistlo.o di pensieri, di abito montale, di tradi zioni. Rinnegato 11 suo mediocre sag gio, Verdi aveva misurato dal suo cuore l'altrui, implicitamente negando agli italiani una capacità extrateatrale. (Quasi che il teatro, pensiamo al Falstaff, fosse facile cosa e di ogni tempol). Certo ngll non linose le nobili aspirazioni di alcuni giovani, ! quali non potevano ne sapuvano ritrarsi dal corso travolgente della contemporanea Vita musicale. Con una prudenza di cui il suo dio, Beethoven, gli offriva l'esempio, e che riflette 11 suo temperamento cautamente progressivo, Martucci tentò la sinfonia soltanto dopo una lunga esperienza della mùsica da camera. E, certo, non gli mancavo la pratica della Istrumontazionel Dalle brevi forme pianistiche libere e capricciose passò dapprima ai trii e al quintetio, -poi al disciplinato ed estroso Concerto per pianoforte o orchestra. Composta quasi nel mezzo della sua vita, quest'opera rappresenta il più brillante, anzi, ripetiamo, il più estroso suo saggio. Quella parte di pianoforte inserita nella compagine orchestrale è, alla vista e all'udito, mossa, agile, nervosa, lirica, eccita le reazioni delle altre voci, si accomuna con èsse e sé ne distingue, ó espansiva, dolente, elegante. 1! Martucci, pianista, accordatosi col compositore sapiente, dft uno del più bel concerti della seconda metà dell'Ottocento; temi incidivi, fortha Classica, spirito romantico. Più avanti, a tappe lentissime, Martucci osò una prima sinfonia, e, dopo molti anni, una seconda. I* forme appaiono sempre più rigorosamente classiche SI direbbe che per ogni esposielo-fte di soggetto, per ogni sceita di tono relativo, per ogni ritornello o rt«SpoSlzlone. egli si sia domandato: Come Beethoven avrebbe fatto questa o quest'altra cosa? Certo non aveva tilsogno di riguardare le nove tavole della legge, che le sapeva a mente, perfino le virgole, e ne aveva aspirato lima la poetica Immortalità. Ma meglio che beeltiovenianamente non gl1 sembrava potesse costruirsi una slrionia sul serio, di quelle che si sngl'ono dire «musila pina». Anche En.hms aveva latto di ;ioeilioveii il suo dio. MA Struuss era un repiolm e un Impuro. Ecco dunnu= le siiitonle marluccla-ce, vagheggiate al lume di una fra-i scendente classicità; 1 nitidi temi cocisi appaiono sovente cxabruitlo, cme pensieri urgenti e precisi, senzacorteo decorativo, intonali proprio daquello voci strumentali che si addicno a raffigurarli ; gli sviluppi senza turgidezze nè languori, logici, spaziosi e serrati, contemperano ragione e sentimento, cosi come le evoluzioni delle modulazioni e del ritmo. Foco le sinfonie, un poco velate, dove più pensose, e perù non del tinto chiare alle prime audizioni, altrove aperto e suasivo, e sempre caste e affettuose, con effusioni per lo più malinconiche, nostalgiche, raramente serene, con subiti mpeti ansiosi e palpitanti; non mai abbandonate nello scherzo, ma vigili e misurate... Sostanza e accento romantici. Dicono oggi alcuni novecentisti che l romanticismo dell'ultimo Ottocento, non più fervidamente sentito, ma ipocritamente praticato, muova la nausea. Martucci, elio valicò l'Ottocento, non portò maschera romantica. Intimamene, per l'animo, fu romantico, e perciò ippare coerente alle forme impostegli dalla scuola, e da lui continuate. Epigono, dunque? Certo, e chi vorrebbe proclamarlo un genio, un innovatore? Epigono, sìa del vastissimo potentissimo « sentire » romantico, toricamente preciso, sia delle forme che espressero un tale « sentire». Innegabile, e ciò importa, è l'esistenza di una personalità martucciana, che, pur vivendo nella SUmmuua di un determinato mondo sentimentale, quelo beethovenlano, schumannlano, brahmsiano, ripensava e risentiva con accenti suoi particolari. Innegabili, in ali accenti, una liricità e una drammaticità, fossero pur limitate quanto critici suol più obbiettivi affermarono. SI potrebbe dire, e non per fare un bisticcio di locuzioni, che gli accadde talvolta di pensare in tedesco, anzi in viennese, la parlata di Beethoven e di Brp.hms, e di esprimersi in taliano, tal'altra di provvedere Inversamente. Ciò può capitare a chi troppo a lungo viva spiritualmente fra stranieri, e In epoche di trapasso, o preparatricl. Ma oltre la genericità di tali risonanze tedesche, non si troverebbe poi, neppure a cercarlo minuziosamente, questo o quel carattere specifico d'un di coloro che egli avrebbe potuto venerare suo maestro e suo autore. Nella specificità veniva fuori] 'italiano, e più precisamente il meridionale, il quale, se ci si mette, rie sce a impregnare della nativa chiarez za, amabilità, melodicità, vocalità, a.n che le più lllosofiche dissertazioni. Co Leie le più inosoiicne aiwe ■IU/..U... w■ Qsi l'ideale concittadino d. Beethoven Me di Brahms versava nella forma cclassica, cioè tedesca, la sua essenzasataliana. Sentiva di non poter fare al-,dtrimenti, ed era convinto di operare il meglio che un italiano del suo tempo vpotesse: andare alla scuola dei Brandi j£drnilzr""|coei srlcordi, 'da I versi del Pagliara (1 qua- Si, mi perdoni la memoria del caro : mamico, hanno tutta l'aria della cat-1 lUva traduzione d'un lied di Claudius1 o di Seidl o di Milller) ai disegni pia- pnistici per lo più schumannianl? ]0Rimpatriare, e farsi una nuova |rmaestri, seguirne l'insegnamento, prenderli anzi a modello per le costruzioni, pel modo di pensare e di svolgere. La sua seconda Sinfonia, anche più della prima, e condotta sulo stampo classico. Non sembra un ciclo di lieder la delicata Canzone sensibilità, diventare quell'artista rCe tutti-ancora attendiamo, ili nuovo I talico postverdiano. e magari unti-• ,.verdiano (pur che sia grondel), non rpoteva. DI fronte alla formidabile cri-intica e antitesi del romanticismo tede- sco realizzata, da Debussy, egli rimase L^fermo nelle sue posizioni, e, se accoi-. „se le nuove espressioni linguistiche, ] crespinse l'impressionismo nella sua 11 essenza, nella sintassi e nella ortogra- 1fia. Non mutò la concezione sua, de- 'rivata dalla scuola, temprata dalla] praiica di tutta la sua vita, rafforza- hta dall'intima consonanza, la conce-: izione della musica come espressione irdi passioni, come riflesso di persona- lità, come costruzione. Romantico, i rsempre. fNiente d! male, del resto, quando si fcompone come un Martucci, quando. |1cioè, in confronto con Brtick, n,]°on dUrucUner e con altri minori sinfonisti |\dell'ultimo romanticismo tedesco, siIcrivela un segreto fervo-, una essen- dziale poesia, una sobrietà esauriente| ~si aborre dall'accademia e dagli in fingimenti Considerandolo nei suol tempi e nel ■ la sua arte, i posteri non possono che|'onorarlo. A. DELLA CORTE. dsd

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