L'orgoglio dell'Alpe di Chiusànico

L'orgoglio dell'Alpe di Chiusànico TJ3Sr'A.N"TIO^. CONTROVERSIA L'orgoglio dell'Alpe di Chiusànico GENOVA, maggio. Le ombre dei Colombo di Valle di Oneglia vagolano nel follo degli uliveti, al declivio del monte e lungo il mormorante Impero, da Pontcdassio a Gazzelli e a Chiusànico; e qui si raccolgono nella chiesetta parrocchiale di Santo Stefano,' della frazione Villa, e nella frazione Castello, in quella via che da loro s'intitola, Via Colombo, attorno a quella casupola, di vetusto e più misero aspetto, grigie e scrostalo le mura, premuta tra le contiguo, e un grande albero di vite, che si abbarbica e cresce tra le selci, che sale con l'intorto fusto e con il profluvio dei tralci a coprirne a mezzo la facciata, dove non si aprono che la porta e una finestra: la casa avita dei Colombo, come vuole la tradizione popolare, da tempo immemorabile, la casa dove sarebbe nato, di umili parenti, l'immortale Cristoforo, « ...che discoprì le Indie... ». A Chiusànico appunto ho parlato con un vecchio, Prospero Gundolfì, quasi ottantenne, di una delle famiglie antichissime del paese; e questi mi confermava di avere sentito da' suoi nonni che i nonni dei nonni asserivano che Cristoforo Colombo era nato precisamente là, a Chiusànico; e che quei Colombo stabiliti fra Chiusànico e Gazzelli, la cui casata si protrasse fino alla fine del Settecento, quando si estinse, meno di un secolo e mezzo fa, in tre fermni:?», di cui due andate spose, l'una Gliersl, l'altra Merlo, erano i discendenti diretti, precisamente, di Bernardo Colomho, zio di Cristoforo. E 11 vecchio mi mostrava anche un anello, ereditato dai vecchi de' suoi vecchi, che l'avrebbero ricevuto as! loro volta, in eredità, o in dono, dai Colombo: un cerchio d'oro, ridotto sottilissimo per il consumo, e su cui si distingue incisa una testa, di profilo. — In casa mia — mi spiegava 11 Gandolfi, — si diceva fosse questa la figura di Cristoforo Colombo; e che questi Colombo di qua, discendenti dallo zio di lui e dai cugini, l'adoperassero per impronta del sigillo. — E quegli autografi dell'Ammiraglio, ili l'ili mi hanno accennato? — Li vidi io. Ossia, ricordo di avere visto, con questi miei occhi, certe carte vecchissime, che si diceva fossero sue lettere. — Ma come sono andate perdute? quando? — Carte! sa: chi ci bada? Gli si dava importanza tanto quanto. E un giorno, che si cercavano, non si sono più trovate. — E che cosa c'era scritto? di chu cosa trattavano ? — Questo, proprio, non ricordo. Pensi che io era allora un ragazzo, forse un giovinetto: I.e parlo di sessantacinque o settanta anni fa. La genealogia del FranzoneCercherò di concludere, or dunque per queste prolungate ricerche coloni biane, cui mi sono mosso in sèguito alla recentissima scoperta dei nuovi documenti, nella, biblioteca dell'Ai' cliivio di Stato, qua a Genova. .Un aliare, in quella chiesetta di Santo Stefano, a Chiusànico, e una pietra tombale, con lo stemma della colomba, e tali memorie e tradizioni locali, che ho riferito in questa e nel le precedenti mie lettere, e forse qual che altra ancora, e insieme vari sicuri documenti grafici, otti pubblici e privati, testimoniano dunque esau rientemente, inconfutabilmente, di una famiglia Colombo in Valle di Oneglia, e più limitatamente tra Chiusànico e Gazzelli, che esisteva e vi risiedeva nel Quattrocento, che durò lino a quasi tutto il Settecento. I.e stesse poi tradizioni locali, già convalidate cosi per tale riguardo, dai concordanti documenti, autenticate fondamenta! mente alla stregua dei fatti, ci indi cano anche c ci tramandano, indisso ciabilmente dal resto, che proprio questa sarebbe stata la famiglia dello scopritore del Nuovo Mondo, la famiglia da cui egli usci, ristrettasi indi a un ramo collaterale, derivalo dallo zio di lui, Bernardo. E la tradizione ancora ci tramanda la faina che egli stesso sarebbe nato proprio a Chiusànico, nella casa del nonno Giovanni: la casa die questi lasciava poi al padre di lui, Domenico, in comune, e a detto zio Bernardo; e che il padre di lui, in prosieguo di tempo, trasferitosi con la famiglia a Savona, cedeva al fratello Bernardo, insieme con tutti gli altri ereditati beni. Ora, di tale complesso di elementi tradizionali locali, il primo, doll'esi stenza della famiglia. Colombo in Valle di Oneglia, resta, corno spiegavo assolutamente fuori di discussione, assodato, provato. Gli altri, del fatto che questa fosse anche proprio la famiglia dello scopritore del Nuovo Mondo, e che egili abbia visto il gior no nell'avita casa di Chiusànico,. Ecco: la tradizione coincide intanto e-sattamente con la genealogia colom-biana, quale il patrizio genovese Domenico Franzone Ih ricostruiva, al! principio dell'Ottocento, sulla- fede'principalmente di due autorevoli stu e s! a e e o ? i n o u e e diosi del Seicento, il patrizio e senatore genovese Federico de' Federici e il genovese fra Giacomo Giscardi dell'Ordine dei Filippini, e sulla scorta di documenti, ch'egli dichiarava di avere veduto in originale: « ... GU originali documenti da me veduti, gli esaminati fondamenti sono quelli che m'indussero a cosi ragionare... ». Tra i documenti, il testamento del nonno di Cristoforo, Giovanni, di fu Bartolomeo, «...del luogo di Chiusànico, Castellatila di Monteroso, Valle di Oneglia... » — «... suo testaménto in Notaio Gaspare Arci isso ne, 10 Agosto 1447...», — e un alto di vendita del padre di Cristoforo, Domenico, « ... di detta Castellatila di Monteroso, abitante in Savona, in detto Notajo Ardissone, J-MìS, a' 25 Agosto, ivi vendita fatta a Bernardo suo fratello, e passato in Genova E il Franzone dichiarava anche come in questi duo documenti fosse fatta menzione di Cristoforo Colombo, figlio di Domenico, nipote di Giovanni. incordavo già altra volta come il Franzone, con la sua genealogia colombiana, riprodotta nel suo libro La vera patria di Cristoforo Colombo, incontrasse la pessima stampa del mondo: a cominciare da quel pure sagace e dottissimo uomo che fu il harnabita genovese don Giovanni Battista Spo torno, archeologo e storico e filosofo insigne, il quale, nel suo libro Della origine e della patria di Cristoforo Co lombo, trattò il Franzone di venditore di fumo e addirittura di falsario: e con lui tutti quelli che avevano fornito materia aWa sua genealogia: i citati senatore De' Federici e fra Giscardi, e Melchiorre r.onghj, il Bocca, l'avvocalo Francesco Lollio. / documenti tornati alla luce o i i a a i l l ici u a a, e a a i i ! i o o o ai o aa o o a oe o, a, e i i lo e, o ao r . mllebPat—cMa come mai io Spotorno, di solito cosi cautelato e scrupoloso, si lasciava andare a un trascorso di tal sorta, e senza giustificare in nessun modo perchè considerasse falsi i dati, e false perciò le conclusioni del Franzone, condannava tutto in blocco, sbrigandosela via con poche frasi dispettose? Si è che egli si era .assunto di dimostrare che Colombo era genovese di Genova, per «origine», per «patria», per « nascita » ; e mentre gli riusciva relativamente facile sgombrare il campo da altre eontra.rfe tesi, con il Franzone si urtava invece a una serie di difficoltà, di contraddizioni ineliminabili, si trovava contro dati di fatto, documenti che. non si prestavano ad altre interpretazioni che quelle esplicite nella lettera, senza possibile equivoco 0 addomesticamento. E allora, forte della propria autorità, spendendo per una volta tanto, allo scoperto, lutto il suo credito di ben reputato, coscienzioso studioso, senza discutere e senza ammettere appello, semplicemente, in fede, recisamente negava: negava che i documenti fossero mai esistiti so non nell'invenzione dei ciarlatani, negava che il Franzone potesse essere preso in altra considerazione che un di quelli. E sull'esempio di lui, sulla fede di lui, lutti coloro che, dopo di lui, si accinsero a rivedere e ritessero questa vexata quaestio delle origini di Colombo, ritennero quasi doveroso, per parto d'un che si rispetti, certo sempre conveniente, scagliare una grossa pietra contro il po vero Franzone, o più alla lesta, ad dirittura ignorarlo: l'ingiuria o il silenzio: una confutazione mai. Conio dissimo: — quei documenti, su cui il Franzone baserebbe la sua tesi del Cristoforo Colombo di Chiusànico, non esistono, non sono mai esistiti: ii Franzone ha mentito. — Punto, e basi a. Ora, ecco, un bel giorno — per la storia, il 9 Febbraio di quest'anno, — il professore Haffaole Di Tucci e l'avvocato Lodovico Senieria Vassallo ritrovano, nella biblioteca degl'Archivio di Stato, qua a Genova, precisamente 1 documenti citati dal Franzone. Ma li ritrovano in copia, invece elio negli originali, come il Franzone asseriva avere veduti: copie, queste, del Spìcchio. K il professore Di Tucci, addetto alla Soprintendenza dell'Archivio e docente all'Università di Genova, è il primo ad avanzare dubbi e formulare riserve sulla loro attendibilità. E poi die La Stampa, dando notizia dell'impressionante scoperta riproduceva il testo integrale dei documenti, con circostanziati particolari e varia illustrazione, egli scriveva una ietterà ai giornali, per delucida re il proprio pensiero in merito, o concludere che non credeva di annettere tanta importanza alla scoperta, la quale, anzi, per conto suo, jnoh rivestiva importanza veruna. Oserei dire che, tra le righe, traspariva com'egli quasi rimpiangesse di avere mpsso in mano, prima, all'avvocato Semeria, poi all'indiscreto giornalista — il sotto Tgoicsdnidgvscritto, — quel volume che conteneva le copie di quegli importuni documen- e- m-jti. volume già perduto tra i mille e o- mille della biblioteca dell'Archivio,' e al su cui nessuno avevi prima d'ora fere imito l'attenzione, che nessuno aveva u-jtratto, prima d'ora, dal tondo dell'ar¬ madfo dove si nascondeva. Ha avuto l'aria di dire, il Di Tucci, nella sua lettera aperta: — Scusate, Genovesi, e signori della Commissione colombiana per il Colombo tra Bisagno e Polcevera, scusate, che non l'ho fatto apposta. Del resto, lo stesso vi garantisco che la scoperta non conta nuli la. — Saturno che si divora lo proprio creature. Doverosa revisione r l , a e e i , e l l , i e a — o e a i a e o i a l , a i i Anima candida, il professore Di Tucci. Avvezzo ai taciturni recessi degli archivi, dove non 'risuona che, a tratti, la fossetta roca di un solitario occhialuto studioso, n iremo intermittente il rodio di un tarlo; e assorto in sue ermetiche indagini paleografiche, chiuso nella torre d'avorio della scienza pura, il .professóre Di Tucci deve avere provato un irresistibile orrore per quello sguaiato chiasso giornalistico seguito alla sua scoperta — ina sempre meno sua, per verità, che dell'avvocato Semeria: il quale non è invece nient'affatto disposto a rinno garbi, si accinge invece a difenderla strenuamente, a corroborarla di validi argomenti e di nuovi elementi. Ma i dotti della Commissione colombiana genovese, cui è compito esclusivo e prescritto, come già si assunse lo Spotorno, più di un secolo fa, compito di rintracciare e associare le prove della genovesità municipale di Colombo, e dol cui giudizio — non voglio dire malumore — il professore Di Tucci, forse, soprattutto si preoccupa; loro, che pensano? In che conto vorranno tenere questa scoperta? Non siamo importuni, e non preveniamo un giudizio, che certo emergerà alto e spassionato. Accontentiamoci di rilevare: fino a ieri, gli specialisti colombiani, 1 più accreditati, si limitavano a escludere senz'altro resistenza dei documenti citati dal Franzone a sostegno della sua lesi del Colombo di Valle di Oneglia; oggi i documenti sono venuti fuori, esistono, sia pure in copia, ma questa co pia l'abbiamo sott'occhi: non si può Più, evidentemente, mantenersi sii quella pura e semplice negativa, che già prima d'ora, del resto, non appa riva molto legittima nè. intelligente: ora bisogna, di necessità, procedere agli opponimi esami, affrontare e sviluppare la discussione. Resta, acquisito intanto e provato che il Fratizone, come gli altri prima di lui, dui quali lui attinse, .non era nè un falsario nè un gabbamondo. I.o so. I documenti, per la parte più significativa, die si riferirebbe a Cristoforo Colombo, l'unica veramente interessante per noi, contrastano con altri documenti sicuramente colombiani, ccniiaddicono ad essi, inconciliabilmente. E con ciò? Tanto Più, tanto meglio converrà indagare a fondo. Anche tra 1 vari altri più noti e più accreditati documenti colombiani sussistono discrepanze e contraddizioni; e non se ne dà forse uno die non abbia costituito oggetto di discussione, per la stessa autenticità e attendibilità, o almeno per l'interpreiaziono da attribuirsi, ad esso, per come convenisse intenderlo e spiegarlo, o nell'insieme, o in quesito o in quel particolare. E la prova si è che la questione delle origini di Colombo perniane tuttavia aperta e controversa. Ma è anche proprio, talvolta, attraverso i contrasti, per virtù di essi, nel confronto, nel vaglio reciproco delle testimonianze-, che si arriva ad appurare la verità, quella più sostanziale e sicura. l.o so: queste copie secentesche, queste testé scoperte qua a Genova, presentano notevoli imperfezioni formali: una data scritta male, e più grave, errata l'indizione; un inesplicabile « ...de dicto Dominico...». che non si spiega cioè se non ani mettendo una svista, un lapsus calami del copista, e die dovrebbe leggersi, secondo me, « ... de dicto territorio...», con dio il senso torna appuntino; e altre ancora minuzie. Ma non è il caso di attribuire a esse troppo più rilievo che non comportino; non cerio è il caso di pretendere dimostrare l'inattendibilità dei documenti soltan lo attraverso queste mende accidentali. Assennanamente osserva in proposito l'avvocalo Semeria: • ... I.e scorrettezze dovine al copista... sono indice... della autenticità e della verità della sostanza: è il documento apocrifo, adulterato, subdolo, quello che, In genere, si presenta senza, grinze, nella impeccabile toeletta dol damerino... ». Oltre questo punto, oltre queste ge neriche noto dio io sono venuto svolgendo, dovremmo inoltrarci quindi nel ginepraio delle dotte, più sottili disamine, in uu Lampo che spetta propriamente agli specialisti, che certo non è del giornalista. E su questo 1" qrtnPtenqslnBpqPsnrlridaIiigda mite, doverosamente, mi arresto. Moi - e e a ¬ to, certo, sarebbe ancora da dire riguardo alla tesi di Cristoforo Colombo nato a Chiusànico, tesi che balza nuovamente in primo piano, per il ri taovamento dell'avvocato Semeria e>del professore Di Tucci — anche se uesti ropugni dall'onore e dall'onee, — ritrovamento dei due documeni che vogliamo chiamare franzonia ni, per rendere in qualche guisa un Po' di giustizia al troppo iniquamente calunniato patrizio genovese. Ma non è da me, ripeto; e il giornale quotidiano, per altro lato, non presta ede idonea a trattazioni cosi speciaistiche, strettamente scientifiche, tecniche, come converrebbe intavolare. Bitorno, per parte mia, donde, e un po' scherzosamente, presi le mosse di queste lettere colombiane. I Ponentini — quei della Riviera di Ponente, di là da Capo Mele, — si sono dunque messi sul serio, patrocl nante l'avvocato Semeria Vassallo, a rivendicare a so, alla loro terra e al a loro gente, il più grande dei Ligu ri. Ma quel ponentino, appunto, che o citava, comecché qualche volta si diletti di scrivere a stampa, e che è al secolo precisamente il professore I-io Rubini, che si vanta discepolo nsieme con me, di Arluro Graf, e ora nsegna a Genova, ha trovato la nota giusta, nella questione, anche fuori da ogni critica dei documenti, dei vec chi e dei nuovi, di sopra anzi da tutti i documenti, e di sopra alla mi schia: l'ha trovata cosi giusta, la noia risolutiva, che mi parrebbe ozioso cercarne io una migliore. E mi rife risco quindi ancora a lui : che, al do mani del ritrovamento dei documenti franzoniarii, scriveva: «... Colombo ponentino? Nato o sorto da Chiusànico in Valle Impero, a settentrione d'Oneglia, possesso del Quattrocento della famiglia D'Oria?.. « C'è da maravigliarsi?... « C'è da maravigliarsi... che Colombo sia di là'.' O non sarebbe piuttosto da maravigliarsi se fosse diversamente? « Ma i Genovesi, I figli della nostra capitale, si stizziscono, e sono pronti a impugnare tutte lo armi che l'erudizione e l'amor patrio donano loro con liberalità. « Via: mettiamoci d'accordo. E' facile. « Andrea Doria era del Ponente, ma di famiglia genovese. Garibaldi è del l'cuentc, ma di schiatta genovese. E Piazzetta dei Garibaldi è li a insegnarcelo. I Rufflni son del Ponente, ina erano genovesi, e a 'loggia non sarebbero mai venuti se una casa e un migliaio di fasce d'olivi non li avessero richiamati. Cosi con i Colombo. I Colombo erano genovesi, e Cristoforo nacque là dove suo padro faceva il lanajolo; oppure 1 Colombo erano ponentini, e Cristoforo nacque a Genova. I documenti si prestano — i documenti sono la cosa più gentile di questo mondo: tirati da ogni parte, fono corno i giudici di Padova, che davan ragione a tutti — alla verità delle due tesi. E van d'accordo con un'altra tesi. Questa: nei secoli passali era genovese ogni nato tra Lericl e Turbia. te" vdinlosciparldciCpnatsrnlrsdpbmlsrdsrrPldGmpBYtesTrmL'alpino Cristoforo Colombo « Accettano i Genovesi , i Genovesi purissimi, la transazione che noi Ponentini proponiamo? Se si, va bene; so no, tra un ducceiil'anni, dimostreremo che Giuseppe Mazzini era nato... a Ventimiglia. E correremo e correrete il rischio di trovare degli eruditi clic ci daranno ragione! ». Bravo Rubini Questa è la verità. A quella tesi però, del Colombo di Chiusànico io sono attaccato, confesso, appassionatamente, entusiasticamente: quasi quanto il nuovo inventore — inventore, intendiamoci bene, nello schietto senso latino, di inveuirc, — il nuovo inventore avvocato Semeria. E mi ci sono cosi attaccato, dacché, rimontando la valle dell'Impero, Valle di Oncglki, salendo su a Chiusànico, per quell'erto sentiero che vi adduce, ho avuto occasione di ricordare, mentre anche ne facevo pratica esperienza, di ritrovarmi in territorio di reclutamento alpino. Sicuro! territorio di reclutamento de' miei commilitoni del Primo Reggimento, alpini dell'Alpi Marittime. Dunque... Dunque, a Dio grazia, Colombo, il spmnio navigatore, lo scopritore del Nuovo Mondo, Colombo nacque alpino. C'é da maravigliarsi? O non sarebbe piuttosto da maravigliarsi se tosse diversa mente? Ma tu lo sapevi, Eccellenza Manaresi, nostro beneainato comandante nei Decimo. E appunto por rendere omaggio all'epico commilitone del Quattrocento, hai voluto che in ques:n nono anno della Rivoluzione fascista, lo scorso arridente Aprile, la nostra adunata si effettuasse a Genova; e liai voluto quella vignetta, nella prima pagina dell'Alpino, dove si ammira Colombo, davanti al porto fervoroso o sonante di traffici. Colombo che viene incontro, a stringere la mano, al compagno del Novecento, reduce dalla grande guerra. E tu dagli la tes>era ad honorem, al nostro Cristoforo Colombo, alpino di Chiusà>lc° in Valle di Oneglia. j MARIO BASSI.