Martucci e i suoi tempi

Martucci e i suoi tempi / CONCERTI DI TOSCAIillil A BOLOGNA Martucci e i suoi tempi Bologna, 11 notte. — Voi andate a Bologna, per i concerti martucciani di Toscanini? Mi rincresce di non poter venire, questa volta, — mi diceva, qualche giorno fa, a Napoli, donna Teresa Maglione Oncto, l'eletta musicista, che senza rimpianti sorride se gli amici la salutano la « nonna della musica napoletana ». — Martucci — aggiungeva — per noi è come se fosse vivo, è la musica personificata. Ricordi e musiche ce lo rendono tale. Musiche sue, che ascoltammo o suonammo insieme... Ed i ricordi sgorgano, e confluiscono con quelli che raccolgo qui dai memori bolognesi, e son tanti da comporre più d'una cara pagina della storia dell'Italia moderna. La scuola di Cesi La formazione dell'artista Martucci cominciò a dodici anni, 1868. Era un enfant prodiae. Il Conservatorio di S. Pietro a Maiella lo accolse e affidò a Beniamino Cesi, pel pianoforte, a Paolo Serrao, per la composizione. Egli si formò col Cesi più che col Serrao. Quegli è da considerare 11 fulcro della elevazione napoletana neMa cultura musicale. Aveva appreso da Thalberg i metodi pianistici, e, anche, un tesoro di musiche straniere e italiane, pianistiche e d'insieme. Esemplando 11 maestro. Cesi divenne il pioniere dì una cultura nobile e ricca. La lettura di sonate per due istrtimenti, di tril e di quartetti, di sinfonie e di ouvertures, da Bach ai romantici tedeschi, dai settecentisti italiani, per quanto ne era stato scoperto, ni concertisti contemporanei, s'al ternava nella sua scuola con lo studio deille opere pianistiche. Egli insegna- va da tre anni nel Conservatorio, eInveva soltanto ventitré anni, allorché fil Martucci gli divenne scolaro. L'altro maestro, Serrao. trenfotto anni, continuava la tradizione dellaiscuoia napoletana; mirava soprattutto al teatro, inteso nelle forme epigoni-!che del suo tempo, e, un poco, alla! cosl detta musica sacra. Rare le com- posizioni strumentali. Nella scienza musicale era fortissimo. Licenziava! allievi abili nella composizione, esperi lì nell'antico contrappunto, limitati pertanto nelle conoscenze dplla dottrina scolastica. Durante l'alunnato del Martucci, il Serrao dirigeva l'orchestra del San Carlo. Ma quali conoscenze poteva allora derivare dal teatro un giovane studioso, a Napoli? Dal '68 al '78, al San Carlo, quattro opere di Petrella, tre di Verdi, una di Donlzettl, l'Ebrea di Halévy, il Cinq Mars di Gounod, e non mancavano Ttiiy ntas e Guarani/, e altri più mediocri spartili. Al Fondo, la Dinotali. 11 paesaggio era davvero assai ristretto. Dall'influenza dd Cesi deriva dunque la tendenza stntmentalistica che il Mnrtucci fin dagli esordii manifestò. Le sue prime ventilila opere furono capricci, o improvvisi, o barcarola, o fughette, e una sola trascrizione. L'op. 22 è già una sonata per violino e pianoforte. Dalla ventunesima alla trentunesima opera sono pezzi da ?oncerto, notturni, scherzi pianistici, e romanze per canto e pianoforte; poi la Fantasia In re min. per due pianoforti... L'indirizzo antimelodrammatico e antlehiesastico è evidente; i romantici da Chopin a Schumann erano, fin da allora, 1 suoi modelli. Fugaci concessioni virtuosistiche al gusto del pubblico. A dicìott'anni, concerti di opere originali, di Mozart, di Beethoven, di Chopin, di Schuman, di Mendelssohn, tournfes in Italia e fuori. Primavera napoletana Con il ritorno a Napoli si iniziava un secondo periodo nell'attività niartucciana: la direzione orchestrale. Nei teatri apparivano, fra il '78 e l'80, Mcyerbeer, Auber, Thomas, la Carmen, e, inaudito, il Freiscliiitz. Ma importa di ricordare non i teatri, bensì i tentativi di alcuni cultori di musica per l'inizio di una vita orchestrale a Napoli, dove le notizie dei concerti popolari di Torino e di Bologna avevano destato desiderii ed emulazione. Quasi in opposizione a un club, la Accademia filarmonica, che sapeva di antico e di borbonico, il principe di Ardore aveva costituito, verso il 1878, una specie di tsoUeglum muslQXim, per il diletto suo e di pochi ma "fervidi amici della musica strumentale. Con lui si raccolsero il console svizzero Pilster, Benedetto Maglione, elio assai si dilettava di comporre, e che insieme con la sua consorte Teresa Oneto, ottima pianista, allieva di Martucci, promuoveva nella sua casa lptture di insieme, e Paolo Rotondo, violoncel- lista. L'Ardore, stanziata la somma an-mia di quattordici mila lire, riunì unaorchestra, che via via noverò sessanta strumentisti, i quali provavano, tuttii martedì, sotto la direzione di Mar-lucci. Provare, studiare, polche ad esecuzioni pubbliche non si pensava, Martucci feco cosi le sue prime espe-rienze direttoriali. Da Haydn e Mozart ascese a Beethoven e Schumann e Mendelssohn, cautamente rivelandoseli, e rivelandoli agli invitati, sempre Più numerosi. Accresciuta l'orchestra, fu possibile passare a Wagner, a Brahms. Infine, esecuzioni pubbliche nella piccola sala del Quartetto, al rione Amedeo, denominata ora Martucci; essa non è lontana dall'abitazione in cui Martucci si spense. lSfti, l'anno dell'Esposizione a Torino, ricca anche di manifestazioni musicali. Perchè l'orchestra napoletana, diretta dal Martucci, non vi avrebbe partecipato? Un'audacia? Gareggiare con le annose orchestre milanese e bolognese, diretta runa da Taccio, l'ultra da Mancinelli, direttori famosi! Pi fatto, precisiamo, non fu audacia. Nè il garibaldinismo nè l'improwisazione, tanto cari a troppi artisti italiani, erano nell'abito mentale di Martucci. Non facciamo apparire ciò che non èL'affermazione dell'orchestra martucciana derivò soprattutto dall'intrinseco pregio della sua organizzazione e dalla serietà della sua preparazione. Impossibile il determinare, oggi, rievocando, quale perfezione essa raggiungesse; ma un elemento del giudizio è costituito dalla severità dei prò grammi martucciani nel confronto con quelli dei suol competitori. Mentre il Faccio includeva di Beethoven soltanto lo scherzo della Nona, e di Weber ^fnto l'ouverture dell'Obero», facenfol^a parte a se stesso, a Bolzoni, • Perfino a Burgmein, compiacendosi ,^ni*ntazipne <" ™ampala di Lfszt e del Motoperpetuo « p?*™'i menire " Mancinelli, 'w elevandosi assai su taccio, nel mimerò delle opere beethoven.ane e wagneriane, non esitava ad accogliere cose assa mtoort di Vieuxtemps e■ a> Mazzini; (e non accenniamo; neppure ai programmi del Campanini!); il Mar tucci riuniva nei suoi tre concerti i nomi di Beethoven (sinfonie e ouvertures integre), Haydn, Mozart, Berlioz, Weber, Wagner, Cherubini, Boccheriniecc., escludendone rigorosamente le mediocrità. Con tale dimostrazione di alta cultura, e con la severa selezione degli strumentisti, egli affermava nella pratica direttoriale quello spirito di religiosità artistica e di intransigenza professionale che informò ogni azione di lui. A Bologna Una nuova attività veniva proposta al Martucci nel 1886, recatosi a Bologna ppr dtrigeirvi il 9 e il 16 maggio due concerti. Luigi Mancinelli, dopo aver accresciuto in Bologna il fervore destato dal Mariani, abbandonava nel 1885 la direzione del Liceo. Martucci sembrava designato a continuar l'opera. Accettando la direzione del Liceo, Martucci poneva una sola, affettuosa riserva, quella di allontanarsi annualmente per quindi o venti giorni da Bologna, e dirigere a. Napoli due concerti. « Si tratta, scriveva, d'un vivo attaccamento a questa orchestra, nata con mo, cresciuta finora sotto la mia curai. Ottenuta facilmente tale concessione, Martucci occupava il posio. E subito assumeva la guida della vita musicale bolognese. Devoto e laborioso, capeggiò disin teressatamente por molti anni il Quartetto; accettò poi un compenso assai meschino. Per attendere ai suoi officii rinunziò alla direzione del Comunale e a quella di S. Petronio. Studio e di seiplina, intensamente. Nella ricca biblioteca del Liceo completava la sua cultura, scoprendo, insieme con l'amico Tebaldlni, la « grande arte » di Las so e di Marenzio, di Carissimi e di Lotti. Zelantissimo maestro di composizio ne, cominciava a formare allievi, i quali trli fecero poi onore. Con giusta severità reggeva l'istituto. Dava impulso alla fiorente società del Quartetto. Fondava nel 1887 la nuova Società wagneriana. Un anno dopo partecipava ai grandi concerti nel Palazzo della Musica, e presentava, primo in Italia, il Tristano e Isotta. Bologna, diventava, grazie a lui, il centro pili vitale dell'Italia musicale; e per sedici anni mantenne tale eminente posizione. Resosi vacante il posto di direttore del S. Pietro a Majella. i napoletani lo reclamarono; ed egli rispose a! loro desiderio. Lasciò Bologna per Napoli nel 1S92. Il 1803 segnò l'Inizio della sua più complessa attività di compositore. Voi-1 tosi alle grandi forme, presentava a Mi- bino la prima (1895) e la seconda (1904) sinfonia. L'operosità continuò a Nano- li, ov'egli istituì nel 1005 la Società dei concerti. Suprema sua fatica, este- ninnile la fibra già corrosa da un ma- i le atroce, fu la concertazione e la dire- zione al San Carlo del Tristano e dellCrepuscolo. L'ultimo apostolato cliestirali, e avversati. Ristretta a poche diecine di amatori la musica da camera, prediletti i. virtuosi. In talune case private, riunioni di appassionati dilettanti; in quella dell'ing. Boubée, il quintetto era frequente; in quella di donna Teresa Maglione Oneto, frequentissimo; e vi passarono anche so Usti come Thomson, Isaye, Serato... Lo scetticismo napoletano sembrava levarsi più che mai in armi contro i tentativi culturali. I martucciani, instancabili, battagliavano. E non invano, poiché la riscossa si delineo; ma non tale, bisogna riconoscerlo, da eccitare un interesse proporzionalmente intenso in confronto a quello del periodo iniziale, fra il '78 e V84. Martucci Negli ultimi anni napoletani si pre-ì risa la figura di lui, in quanto aposto-1 lo della cultura e devoto sacerdote del-, l'arte. Durante la sua lunga assenza! s'era di molto affievolito il moto da lai stesso promosso. Il teatro era ridi- venuto il più favorito fra gli alletta- menti musicali. Anguste e tardive le j concezioni e le conoscenza nello stesso | ainbito teatrale. Qualche opera di Wagner, la Walkiria, per esempio, ac- colta con diffidenza, suggeriva i più!ba.na.li sarcasmi. Rari i concerti or-1soffri non poche amarezze. Cercava Irisonanza e trovava troppe sordità, a-spirava all'entusiasmo e l'indisciplina gli tagliava la strada. Un giornalista assai ascoltato. Rergeret, credette op- portuno di ammonire i retrivi «abbo-jnati» del San Carlo, alla vigilia dellCrepuscolo degli Del; «Stasera non voi giudicherete Wagner, ma Wagner giudicherà se voi siete degni e capaci jdi intenderlo». A questo punto stavano le cose, il pubblico, gli orchestrali... Miracolosamente, col fascino silen- zioso del santo, del martire, di colui che 6 disposto a farsi scuoiare ma non a cedere, respingendo le ironie e le raccomand.izioni più umilianti, Mar- tueci si sollevò sulla folla, sollevò in alto l'arte, e vide infine attorno all'ai-tare la folla inginocchiata, silenziosa, se non rl?l tutto convinta ed estasiata, Fu l'ultima sua l>ella pagina di uoniopuro e devoto. Pochi mesi dopo si spegneva. E gii stessi suoi strumentisti accompagnarono la sua bara al suono dell'epicedio di Siegfried... — Quando ritornate a Torino — mi diceva congedandomi donna Teresa Maglione Oneto, — non dimenticate di salutarmi Dopatiis, quel caro Pilliti... A. DELLA CORTE.