Grammi 0,000,001 di anima

Grammi 0,000,001 di anima Grammi 0,000,001 di anima Nel suo redenta Peseur d'amen, André Maurois suppone che le anime abbiano un peso — in media, non più d'un milionesimo di grammo — e che un giorno qualcuno debba essere in grado di misurarlo. Fortunato handicapper, costui, che, poiché le anime non peseranno tutte uguali, verrà a conoscere le loro differenze, e quindi la ragione delle ragioni d'ogni loro destino! In base a quella misurazione precisa, anche le anime potranno essere classificate con sicurezza: come ora si fa, in proporzione del tonnellaggio, coi bastimenti e coi boxeurs. E sarà finita con tante intrusioni e confusioni calamitose. Le anime grandi andranno con le grandi; le piccole con le piccole; il critico riconoscerà di colpo l'anima del poeta; l'amante quella dell'innamorata. Finita con le polemiche, e finita con le gelosie. Basterà un colpo d'occhio alla stadera. Sarà poi divertente? Queste sono cose da non mai chiedere ai profeti. Contentiamoci di quel che l'ottimo scrittore ci promette, e non carichiamo d'un dubbio, cioè d'uu peso di più questa povera anima nostra, la cui resistenza non vale che il milionesimo d'un grammo. La divinazione dello scrittore francese non giunge primissima. Il razionalismo aveva già dato da gran tempo una consistenza all' anima; e anche in letteratura, mi pare che iWells avesse già preceduto Maurois nella scomposizione dell'anima urnara in yoni ed elettroni: tutte cose che un peso, anche minimo, ce l'hanno. Io poi ho buona memoria, e ricordo benissimo un professor Jager di Stoccarda che uscì a dire, giusto un ventitré anni or sono, essere la nostra anima nient'altro che il nostro odore. Un odore: cioè un corpo. Con che lo Jager dava una spiegazione scientifico-letteraria a quel modo di dire dei morti in odore di santità, in cui un miscredente scopriva soltanto una villana allusione ai santi che, per penitenza, non si lavavano. L'autore di dimetta mette mano, dunque, a delle bilancio usate. Che avessimo un peso, di dentro, e non un soffio, lo sospettavano da un pezzo anche i credenti. Perchè nessuno dubita, intendiamoci, che quest'anima sia di provenienza celeste. Senonchè, rifacendo all'inverso la scala di Giacobbe, e venendo giù dai puri eie li ad abitare la nostra pellaccia, essa ne avrebbe preso, per quel mimeti Emo frequentissimo in biologia, un poco del corruttibile spessore. E qui insorga pure il lettor pio, fermo a veder nell'anima il vento di cui par lano le Scritture; il profumo, onde inneggiano i salmi, che in noi infondono gli spazi. Anche il profumo, abbiam visto, è una molecola. E il polverìo del sacro vento ubo passa, son forse appunto quegli yoni ed elettroni giranti, con la totale consi stenza di un atomo, in danza verti ginosa: riottosi ballerini, un po' si nuli ai «trolli» del Peer-Gynt, che chissà quante no combinano, invisibili ed impuniti, mentre noi ci por tiamo intorno spensieratamente, innocentissimamente, questa nostra spo glia mortale. Povera carne nostra calunniata ! Adesso però s'aspetta di vedere che figura farà, sulle bilancie, rispetto alla cenila anima pesante come lei. Poiché l'originalità di Maurois sta nella supposizione di poterlo afferrare tra l'indice e il pollice, questo granellino di semenza celeste, e di valutarlo con certezza, vedremo le diverse cubature e i diversi rapporti. In tanto, ecco trovato tra carne e spirito un denominatore comune. La pesatura li raffronta e li confonde. Corpo: kg. 75,00. Spirito: grammi 0,000001. Stanno dunque, l'un l'ai tro, nella proporzione del mastodon te verso il moscerino. E chi, uom di fede, il moscerino non gli piacesse, pensi pure all'angelica farfalla dantesca. In ogni caso, si tratterà di un insetto. C'è dunque tutto da diffidare, e tutto da temere di questo eseeruccio microscopico che vive, frementissimamente comandando, dentro quel grosso bestione del nostro corpo. Si sa che gli esseri aumentano di voracità e di ferocia, generalmente, quanto più scemano di volume. La pulce è cento volte più sanguinaria del leone; il ragno è tal moBtro che, in proporzione, il bufalo, il rinoceronte e Peter Kurten acquistano la mansuetudine dell'agnello. E' una legge. Gli umori aggressivi tanto più 6Ì liberano da noi, e più crudelmente, quanto meno la mole li custodisce e li frena. Il a guardati dai magri i del proverbio settentrionale tien conto, appunto, di questo pericolo continuo costituito dagli esseri sinottici, in vibrazione e prepotenza continua. Si sa che anche Hollywood, alle sue vampa fatalissime, non concede che mezzo quintale di peso. Il pachiderma, come Hardy e come FatIW, non è buono che di far ridere. !Psr farci piangere occorre la donnainsetto: tutta ali, come l'efimera; butta occhi, come la libellula; tutta antenne, come la mantide; tutta aculei, come la vespa. Colei che passa il peso, come Vilma Banky, ò rimandata, ancorché bellissima, a far da massaia nel paesello originario. E poi magati ne muore di dolore, come l'ingrassata Barbara La Marr. Or eccoci costretti a riconoscere d'après Maurois, e non soltanto per bocca di gelidi razionalisti, che non essendo l'anima un raggio ma una molecola, ed essendo quindi corruttibile anche se perpetua, la nostra spoglia va sopportandola nè più nè meno di quel che faccia un docile puledro col suo « jockey > frustatore. L'essere minimo è in sella sul mammifero poderoso. Il gr. 0,000001 governa a sua posta i kg. 75,00. Sonoj corpo e spirito, della stessa natura : solo che l'uno è grande e buono ; l'altro 6 piccolo e maligno: la malignità, appunto, di quell'essere minimo, rattratto, artefatto, beone, violentissimo, che generalmente è il "fntino. Finiamola, par dica l'autore VprAudsepustccaudapmstsosadprtJVtnrdfomnpqtpspilelapstinèbgsndlcnsncpuuSèccvcmzmtlcvslgslansnsinsrtvpsdrcncdppsideEleonEisrCsnfnpvissvlldgvpgtcczridtss a r n a . 1 a e , del Peseur d'urna, di considerare fango la carne; l'anima, luce. E di maledire il Mostro, lacrimando la Vergine sua prigioniera. Non c'è più ragione di tener questa in sì gran rispetto, quello in sì gran dispregio. Andromeda incatenata dal drago, è una vignetta scaduta. E' l'anima che domina la carne; non solo: ma essendo consistente e corruttibile al par di lei, non sempre la domina con utilità e con giustizia. Attenti a questo fantino, e alla sua sferza implacabile ; attenti a questo insetto, anche più piccolo dell'assillo, che per avere un paio d'alucce e per vantare un'origine eterea, si crede in diritto di non dare al corpo bonaccione un attimo dr tregua. Prendendo peso e volume, l'anima prende una responsabilità. Diciamo meglio, riprende: che ogni tanto la storia le rifa l'esame e la rimette verso il corpo ingenuo in istato d'accusa. II naturismo dell'anno 1930, ridando _ tanta provvidenza alla vita primitiva in confronto all'evoluta, rassomiglia stranamente a quello settecentesco; e forse l'ombra di Jean LnleinpueMIdsslnpsdclasmnoMgl'nusJacques era dietro le spalle di Paul Valéry, ieri l'altro, allorché il poeta di Eupalinos considerava la carne più pura dello spirito « nelle sue repugnanze istintive che lo spirito, di tutto curioso, non conosce ». L'aforisma è recente, e ha fatto chiasso; ma per mostrare ai miei lettori concesso già fosso nell'aria, non mi parrà vero di ricordare che già cinque anni or sono, nella Stampa, io tentai di fermarlo con somiglianti parole ; « Lo spirito che tutto ardisce, perchè tutto sa, o suppone impunito... Lo spirito che non ha, come il corpo, presagi e disdegni, pudori e paure... ». Oh, castità, sanità della carne nostra : nei suoi semplici impulsi, nelle sue brame limitate, nei suoi chiari appetiti! La cosidotta sete dell'anima è assai più torbida e indiscreta, irremissiva e spietata. Gli è che essa anima è abitata da quella banda di « trolli » ribaldi, da quegli yoni ed elettroni in danza orgiastica, da quei minimi e segreti tirannelli pesanti, in tutto, un milionesimo di grammo, però abili e pronti a qualunque sopercheria. Semplici, oneste comunioni del corpo ! L'anima no, non s'appaga. Più sa e più vorrebbe sapere : eppuro Dio sa se non esistano apcho le indigestioni della conocenza ! Più scopre e più vorrebbe scoprire. E quando non può denudare una verità, la spia dalle toppe degli usci, Cupida. Sfrenata. Licenziosa. Sempre. Con la scusa che il pensiero è libero (Vie Gedànken sind /rei: cantavano, sulla strada maestra, anche i masnadieri di Schiller), ma in verità, con la sicurezza di saperlo chiuso e inafferrabile, se ne fa l'arme di tutte le suo scorribande e razzie. Allora la sua avidità è senza limiti, la sua arroganza senza confronti, unico il suo cinismo, incalcolabile il suo vizio. Che libertinaggi ! E che sacrilegi ! Che ribellioni ! E che vendette ! Sultana confinata e invisibile 1 entro un serraglio, quanto lussurie e crudeltà non va essa escogitando nei suoi ozi immaginosi ! Vi sono momenti, sapete bene, in cui l'anima dell'uomo più retto farebbe arrossire qualunque verbale di clinica o di questura. Pensieri fugaci, si dirà. Ma non c'è pensiero, come non c'è nuvola, che passi senza conseguenza. Ciascuno lascia almeno un impulso, una tentazione, un'immagine, un'ombra. E quante volte, nei suoi sonni sereni, il povero corpo ne risente senza sapere ! Bestiona com'è, la carne ha il suo timor di' Dio. Essa ha in grande reverenza l'anima stessa sua signora: proprio come il cavallo in corsa che, se mai il fantino che lo frusta gli cada di sella fra le zampe, evita ancora di calpestarlo. Essa è mite, anche nelle sue irruenze ; onesta, anche nelle suo preteso. La carne ha pudicizie femminee. Quello repugnanze di cui parla Paul Valéry sono in lei pronto come il brivido all'acqua limpida. I suoi impeti sono retti; le sue simpatie, immancabili. Essa vi porta incontro le sue ondate di sangue caldo, di sangue schietto, assai meglio e assai prima dell'anima indagatrice. E come senta le abitudini c risente le nostalgie, assai più dell'anima obliosa ! E le gelosie. E la attrazioni. E i presentimenti. E la morte. E quanto è sollecita a dimenticare i suoi rancori, a rifarsi le sue iìlu,sioni, a riordinare i suoi palpiti, a rinnovare la sua fibra e la sua sorte ! Credete sia lo stesso dell'anima? Ah: s'ella sapesse, al pari del coqio, denunziare rettamente e subito le sue ferite ! Il male è che, pusillanime, le nasconde: e noi le avvertiamo assai più tardi del dente scosso o della vena rilassata, quando .la rovina è irreparabile. Ma in quanti siamo a sapere che uno solo dei nostri pen sieri, guastandosi, può riempirci di veleni ? Se delle contaminazioni dell'anima avessimo nozione, così come l'abbiamo delle membra, grideremmo da paura. Segrete esse sono: e per giunta più gravi. Perchè non par vero: ma il sangue si rinnova assai più rapido dell'idea; e tutte le piaghe hanno un limite, sì: ma soltanto sulla pelle. La fervida gioia e quasi furiosa con cui tutta Europa è andata incontro, dopo Versailles, alla celebrazione della vita fisica, col suo naturismo ed adamjtismo, coi suoi tornei di bellezza e le sue gare sportive, intende certo riparate all'ingiusta mortificazione che il corpo, rispetto allo spirito, subì per troppi anni e decenni. Occorre che, almeno per un certo periodo di disintossicazione, questo diffamato corpo nostro trionfi nella sua parca e genti1»?, nella sua salubre o lea]e brutalità. L'anima ri tornerà in sella, ma a suo tempo. Per intanto il pulebro conosce da sé la strada e la mèta. Dodici anni dopo Versailles, la vecchia Europa sente di dover puntare sui muscoli, e non sull'anima: questo millesimo di milligrammo che una volta era un soffio divino, e forse potrà, ma non subito, tornare a diventarlo. MARCO RAMPERTI. bpnplvvctdcmdndsIvgcdlsdpznmdaetbsdtitvmmtgRt1npestvddcutsansmlmlicdmztpfcdmaedmpfsngsnside

Luoghi citati: Europa, Hollywood, Stoccarda