La drammatica avventura del Matto Grosso nell'impressionante racconto del tenente Di Robilant

La drammatica avventura del Matto Grosso nell'impressionante racconto del tenente Di Robilant La drammatica avventura del Matto Grosso nell'impressionante racconto del tenente Di Robilant II motorista Quaranta si è ucciso in un'ora di disperata follia (PER CABLOGRAMMA DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE) San Paulo, 4 notte. II. tenente Edmondo Di Robilant è giunto ieri, come già vi abbiamo riferito, a San Paulo. Poiché si era diffusa in città la voce die il valoroso aviatore non avrebbe proseguilo il viaggio da Arris a San Paulo, a causa del suo tvStvzvstato di salute, onde poter essere i'(i n r d i o i a i n r i o e e a à o o a a i i r e e , e , i a o , o o oe o primi ad avvicinarlo, gli siamo mossi incontro sino a Botucato, piccola città dello Stato di San Paulo, noia per le sue ricette piantagioni di caffè, distante da quest'ultima circa 300 chilometri. Abbiamo potuto avvicinare in treno il tenente Di Robilant, col quale abbiamo quindi fatto insieme il percorso Botucato-San Paulo. Lo spirito saldo, il corpo infermo Malgrado le voci corse, l'aviatore piemontese era in ottime condizioni morali, per nulla depresso dai terribili disagi della tragica marcia attraverso la foresta. Soltanto egli era ancora vivamente commosso per la misera fine del motorista Quaranta. Le condizioni fisiche invece dell'aviatore risentivano ancora degli stenti subiti. Malgrado le cure apprestategli in primo tempo dai componenti la spedizione di soccorso, e quindi dai medici di Cit'à Presidente Epistacio, numerose piaghe sul suo corpo non sono ancora del tutto cicatrizzate e le membra risentono dei gonfiori prodotti dall'unemia. procuratagli dalla pessima e rara nutrizione e dalle febbri palustri. Il tenente Di Robilant ha compiuto il viaggio in compagnia degli aviatori brasiliani tenenti Fontanelle e Mello, il quale ultimo, com'è noto, fu il primo ad avvistare nella radura della foresta del Malto Grosso il velivolo Fiat A. S. 1. permettendo cosi di orientare con più precisione le ricerche attorno alla zona di atterraggio dell'aeroplano. Sono anche in compagnia del pilota piemontese l'aviatore italiano TebcMi, il vice-Console italiano dottor Serafini, e il figliuolo del Governatore vaticano e Agente consolare d'Italia, Schreider, i tre che, com'è noto, organizzarono le carovane fluviali e terrestri di soccorso, con le quali battettero infaticabilmente, con febbrile tenacia, per lunghi giorni, le rive boscose del Paranà e del Paranapanama. Proseguendo insieme verso San Paulo, malgrado che U tenente Di Robilant volesse usare un doveroso riserbo, circa la sua odissea, prima di aver redatto la relazione ufflcia'lie per i suoi superiori, attraverso la nostra amichevole conversazione, durante le lunghe ore di viaggio passate in sua compagnia, ci è possibile ricostruire minuziosamente le varie fasi dell'avventura, che tanta eco ha destala nelle popolazioni e nella slampa americana ed europea. Nel vortice della bufera Il tenente Di Robilant è partito da San Paulo, come già dicemmo nei giorni passati, il 12 aprile scorso, alle 6,35, a bordo dell'apparecchio da turismo Fiat A. S. 1, in compagnia del motorista-meccanico monregalese Mario Quaranta. L'aviatore italiano aveva intenzione di saggiare, per conto dell'aviazione civile brasiliana, le condizioni di colo della regione del Matto Grosso, allo scopo di procedere quindi alla costituzione di una regolare linea aerea che avvicinasse' sensibilmente le enormi distanze che separano le coste del Brasile dalle immense regioni dell'internò. Infatti, data la natura accidentata, boscosa e del lutto vergine al passo dell'uomo, che caratterizza la zona centrale del Matto Grosso {in brasiliano Matto Grosso significa Grande Foresta), non esistono vie di comunicazione, salvo quelle naturali del corso del fiume Paranà e dei suoi numerosi affluenti. Il Matto è, coti la regione attraversata dal Rio delle Amazzoni, la unica parte inesplorata del mondo, a prescindere da alcune zone dell'Africa centrale, chiusa al passo dell'uomo, salvo a qualche raro pioniere e ad alcune tribù di indiarti, che però costruiscono le loro capanne lungo le rive dei fiumi. Iniziato il volo diretto a Cuyaba nel Matto Grosso, dopo quattro ore, in conseguenza delle difficili condizioni atmosferiche che gli impedivano di tenere la rotta, il tenente Di Robilant mentre tentava di prendere inutilmente quota, onde cercare di trovare un po' di calma negli strati superiori dell'atmosfera, venne sorpreso da un violento tornado. una di quelle tremende burrasche che contrassegnano le zone centrali e meridionali brasiliane. Nel mistero della jungla Malgrado gli infiniti e inauditi vaDdgmtentativi fatti di poter resistere allatempesta, alla quale il Fiat A. S. lteneva testa in modo meraviglioso. infine dovette cedere dinanzi alla cicca violenza delle forze, della na tura e deviare la rotta del piccolo velivolo verso sud, ai confini dello Slato di Pavana. L'aviatore italiano sperava di poter riprendere la direzione del volo verso Cuyaba, malgrado la deviazione subila, quando venne improvvisamente sorpreso dalla mancanza (,i benzina. Il carburante infatti era venuto meno in seguito al consumo avvenuto durante il tempo in cui il Di Robilant aveva invano cercato di tenere testa al temporale. Le condizioni di questo atterraggio forzato si dimostravano quanto mai ardue e pericolose : sotto di lo- ro, i due aviatori non vedevano che l'immensa dislesa boscosa, compatta e intricala, per miglia e miglia d'intorno. L'apparecchio, già del tutto privo di benzina, col motore che a tratti soltanto tentava invano di riprendere il funzionamento, rasentava già le cime degli alberi ed una mortale caduta era. pressoché inevitabile, quando, tra la massa verde, si presentava improvvisamente un brevissimo spiazzo libero, destando la speranza neW-animo degli audaci pionieri aerei. Una radura infatti si apriva nella lunga zona boscosa costeggiarne il fiume Paranapanama, non più larga di cinquanta metri quadrati, assolutamente inadatta per qualsiasi discesa. L'atterraggio, avvenuto in condizioni così diffìcili, con l'incolumità dell'apparecchio e dell'equipaggio, rappresenta quindi un pero record, pressoché unico nelle cronaclie dell'aviazione, dovuto alla valentia del pilota e aMa resistenza del Fiat A. S. 1, il quale, come risultò anche all'aviatore brasiliano Mello nei suoi voli di ricognizione, Ita resistito perfettamente alla difficile discesa. Appena atterrati, il. Di Robilant e il Quaranta, constatala Vincolumità personale e quella del velivolo, decisero prontamente di allontanarsi alla ricerca dì una zona abitala. La natura del luogo, selvaggio e inospitale, indicava a prima vista i pericoli a cui sarebbero andati incontro i due aviatori se si fossero attardati nella zona. Tolti dall'apparecchio la bussola, le carte e gli altri strumenti di bordo, li posero in una valigetta insieme ad una scatola di biscotti e a due rivoltelle. La scarsità di viveri non dipendeva da alcune imprevi denze, avendo il Di Robilant studiato, prima della partenza, a lun go e con cura, il tracciato e le condizioni di volo, ma soltanto della assoluta inutilità di aggravare il peso dell'apparecchio, non essendo d'altronde previsto alcun atterraggio in zone deserte o prive di coni unicazioni. I due audaci italiani derisero subitamente di dirigersi verso i margini del fiume, unico luogo ove avrebbero presumibilmente potuto trovare dei soccorsi. Senza bussola, senza armi Ha inizio così una delle più leggendarie e inaudite marcie, in una regione tuttaffatto sconosciuta, irta di innumerevoli pericoli, ove la natura selvaggia ha posto a sua difesa dal passo dell'uomo insìdie mortali e senza fine. L'intricata boscaglia tropicale, irta di sterpi altissime, allacciata da una aggrovigliata rete dì liane, si presentava come una impenetrabile, temibile muraglia verde. Aprirsi un varco in quella insuperabile barriera, in tali condizioni, senza un coltello o un'ascia, apparila tììvpresa tale da scoraggiare i ncdcipmpili ardimentosi. Si aggiunga aquesto la natura del suolo acquitrinoso, nel quale a tratti la palude nascondeva la cosidetta savana mobile, il vischioso abisso melmoso, terrore di tutti quelli che conoscono le foreste brasiliane, e si potrà cosi concepire le inaudite difficoltà di una marcia, nella quale era presso-, che impossibilitato ogni movimento. All'inizio del cammino il motori- 'l>"n Quamnta smarrì la bussola ne i3'' acquitrini, in cui i due italiani ita.cani a fondavano fino al ginocchio, oltreal pacco di carte, cìducendo cosi alnulla le possibilità di orientamento, i a l o o a a e a i , , i Continuando lentamente ad inol* trasi nella fittissima oscurità die regnava, nella foresta, ove solo a tratti filtrava un fioco raggio solare Ira la folta massa del fogliame. Di , Robilant e Quaranta riuscirono a raggiungere, a sera, la riva sinistra del fiume. Con lieta sorpresa nei pressi della riva, riuscirono a scoprire la traccia semi-scomparsa di un sentiero che si perdeva nella boscaglia ed una specie di piazzola abbattuta, con un cartello di legno, sui quale era scritto « Quinto Accampamento ». e che indubbiamente denotava la presenza dell'uomo. Rincuorali dalla speranza, dopo aver tentato di contimuarè il cammino, affranti dalla fatica, decisero dì sostare e di pernottare sulla riva del fiume. La notte tra i ruggiti delle belve La notte nella foresta si presentava terribilmente paurosa per i due aviatori, ci narra il tenente Di Robilant. I tremendi ruggiti delle belve, il ringhio delle pantere, il rilvo stridore dei rettili che strisci, ino Ira gli sterpi, n tonfo nelle ncque dei coccodrilli e il misterioso brusio delle infinite masse di insetti ronzanti tra il fogliame, lo squìtlìo degli enormi pipistrelli, sottoposero i due italiani ad una delle più terrorizzanti prove a cui animo umano fu giammai costretto. Coi nervi e con i sensi spasmodicamente tesi a sorvegliare i misteri della notte tropicale, obbligati a coprirsi il volto e le mani con gli indumenti onde difendersi dalle punture degl inselli, attesero lungamente che il giorno nascente fugasse i paurosi orrori della jungla. All'alba, per quanto spossati, usufruendo delle spranghe di leOliarne del rudimentale accampamento rinvenuto, e con dei tronchi di bambù, sradicati a viva forza dal suolo, tentarono di co»truire una zattera, aUo scapo di discen-.. dtere il Paranapanama. TI tenente Di Robilant era sicuro in tal modo di raggiungere il fiume Paranà, die egli sapeva percorso dai battetti fluviali che fanno la spola tra i piccoli villaggi rivieraschi. Dopo aver lavorato febbrilmente alla costruzione della zattera che sull'imbrunire, del giorno spinsero nel fiume, i due aviatori dovettero constatare l'inutilità del lavoro compiuto. Infatti, appena gettata nell'acqua, la zattera non tardò a sfasciarsi, a causa della rottura dei bambù e del legname, che essendo più pesante dell'acqua colava a fondo. Amaramente colpiti da questa delusione Di Robilant giudicò che l'unica salvezza che si offriva ai due sperduti era la via del fiume e quindi decise di discendere a nuoto la corrente sino a raggiungere il punto ove il Paranapanama si, getta nel Paranà. Avendogli però Quaranta dichiarato di essere inabile al nuoto, i due piemontesi furono obbligati a riprendere la faticosa marcia nella foresta. La marcia estenuante Inoltratisi per una distesa pantanosa, in cui ad ogni istante si aprivano paurosi fossi ripieni d'acqua nei quali snodava le spire il temibile anaconda, il boa brasiliano, continuamente vigili onde evitare la morte fra sabbie mobili, all'alba del secondo giorno riuscirono a raggiungere la riva boscosa del paivtana, ove furono lietamente sorpresi di trovare una specie di galleria tra il. folto della foresta, praticata dalle belve. Infilatisi in questo rudimentale sentiero, dopo quattrocento metri circa si trovarono in una nuova località, ove su di una staccionata imputridita e giacente spezzata al suolo poterono leggere « Quarto accampamento ». Questa nuova scoperta non mancò di rincuorare il Di Robilant, che fu. costretto a persuadere il motorista, pressoché sfinito e che si rifiutava di avanzare, a continuare il cammino. Il conte italiano era infatti sicuro di trovarsi sulla giusta strada, già tracciata da qualche precedente spedizione esploratrice, e che li avrebbe sicuramente portati all'accampamento numero uno, cioè al punto dì partenza e quindi in una zona .logicamente abitata. ÌV-ci giorni che seguirono il Di Ra¬ a\u'ilant fu obbligato insistentemente e , o i i -, . - i e pietosamente a continuare nella sua opera di persuasione nei riguardi del motorista', che era feb~ bricitante per i miasmi che esalavano dalle paludi, e la lunga, faticosa marcia aveva ormai esaurito. Anche il digiuno a cui ì due aviatori erano sottoposti aveva finito di spossare le forze già esauste del meccanico. Durante la seconda notte passata nella foresta le teriniti avevano invaso la scatola dei b'i- i > scotu riducendoli in voltialin Amìi* e\quale tentarono invino Tcha"? l\ Riusciti ad abbattere un uccelò , W rive del fiume, poterono ri|o< I Gurilyfa ATERINA otf / Slumt/HB giti f RÌO 6KANDÈ"') Ff/ortam>oli\

Luoghi citati: Brasile, Italia, San Paulo