Roma-Ostia in bianco e nero

Roma-Ostia in bianco e nero JL,e> staraci© della velocità Roma-Ostia in bianco e nero o a o e a e i Roma, 30 notte. Se c'è una strada al mondo che esprima in modo quasi violento la sua moderna funzione, è quella che da lloma conduce ad Ostia. Ho veduta la strada che unisce Atene al Falero, l'altra ancor più ciclopica che sale da Rio de Janeiro a Petto-polis, la stazione climatica brasiliana alla quale non pervengono che i milionari, quella che nella Scozia corre lungo tutto il canale di Caledoniu come un nastro di velluto nero gettato tra il verde intenso delle foreste e l'azzurro pallido del mare, ma questre tre strade che nel mio ricordo rimangono le più belle, non reggono al confronto di quella di Ostia. Ventisette chilometri di vertigine Credo che questa sia lunga esattamente ventisette chilometri, e vi assicuro che sono ventisette chilometri di incanto e di vertigine. La campagna romana si allarga ai fianchi di questa arteria dentro la quale pulsa continuamente la benzina bruciata dal motori delle automobili, con un senso di stupore e di sgomento. Le casette rosate od azzurre par che si tirino Indietro dai margini di questa, nera lingua d'asfalto sulla quale le macchine piccine vanno e vengono veramente come formiche sulla lingua di un formichiere, e che, prese dallo sgomento, vadano a nascondersi più lontano, fra i cespugli di fiori che inghirlandano il placido corso del Tevere. E anche il Tevere, che a questo punto sta per affidare le sue acque al mare, compie delle larghe volute e dei morbidi giri, e dei chiari archi nel verde folto dèi prati, come per sottrarsi alla febbre contagiosa di questa strada ultramoderna. Galleria dal tetto di fuoco Le strade di una volte, si tingevano di cento colori, e un colore sfumava nell'altro e salivano poi tutti insieme nell'atmosfera con la cipria d'argento della polvere. Il ciglio del fosso confondeva la sua erba secca con l'ombra bassa delle siepi, e sulle siepi 1 fiori che vi sbocciavano a seconda delle stagioni, lasciavano cadere le loro tinte sui prati che li rimbalzavano alla loro volta contro le case. C'era tempo, allora, per vedere tutte queste cose: il cavallo della carrozza procedeva a piccolo trotto con le redini e le mosche sulla schiena. La sinfonia dei colori che si svolgeva nell'aria poteva essere gustata, nota per nota, e se caso mal una si perdeva, la raccoglievano 1 grilli e, di sotto la foglia, la rimettevano subito sul vostro cammino. La strada moderna non 6 più cosi. La strada moderna è dominata da tre colori soltanto, uno ben separato, ben distinto dall'altro. Il verde dei prati, il nero dell'asfalto, il bianco del paracarri. Non c'è posto per una sfumatura; bisogna anzi che 1 tre colori filino ben separati uno dall'altro, nella velocità della eorsa. L'occhio dell'automobilista non deve raccogliere impressioni, ma soltanto attimi di bianco e di nero ben distesi fra i prati sui quali i suoi sessanta, 1 suoi cento cavalli non hanno bisogno di andare a pascolare. I-a strada di Ostia dà fino allo spasimo questa sensazione di geometrica precisione, escludendo anche con crudeltà tutto quello che potrebbe disturbare il suo matematico sviluppo. Sull'asfalto lucido si specchiano con assoluta precisione i paracarri violentemente dipinti in bianco come le calze candide dei servi in livrea si specchiano nei pavimenti delle sale, e, ogni cinque o dieci di questi tasti d'avorio riflessi sulla tastiera d'asfalto, si alzano, uno di fronte all'altro, grappoli di luce, sospesi a steli di ferro laccati dì vernice nera. Ogni dieci metri, quattro globi di cristallo si guardano la notte con gli occhi incandescenti, e chi di notte percorre la strada di Ostia ha la precisa impressione di ficcarsi in una galleria dal netto di fuoco. L'automobile può fare la velocità che vuole, in fondo alla sua corsa anelante se volterà a sinistra balzerà sul lungomare di Ostia, che è più largo e più sontuoso di quanto fino ad ora si sia mai veduto; e se volterà a destra si troverà improvvisamente davanti ad una raccolta di ali librate sul mare. La strada ultramoderna non potrebbe che sbucare in una scuderia ultramoderna: la sude-ria dei cavalli motore con le ali sulla groppa. Il primo idroscalo d'Europa Gli otto boa; dell'idroscalo « Carlo Del Prete • si allineano uno di fianeo all'altro fra le zolle fiorite di uno splendido giardino che ha 1 sentlerinl fatti con assicelle nere e sotto alle qunli coiTono serpenti di piombo che a tempo opportuno sprizzeranno fiamme di luce sull'acqua del Mediterraneo. idrovolanti Wal e Superwal' possono discendere anche in piena notte, correre sulle onde e scivolare cautamente dentro le darsene. Una volta in questa, località, invece che il ronzio dei motori si udiva quello delle zanzare malariche. Ijo zanzare sono state sepolte con la palude a un metro e cinquanta di buona terra che i| e a e Ao a o e , n i i a l o a i l e i r i o a e o 1 a o e a a a ora si estende su trenta fertilissimi ettari di salubre campagna. In qualche posto c'ena rimasta ad affiorare della sabbia che volandosene col vento smerigliava addirittura le parti più delicate dei motori, e allora ring. Guido Sacerdoti, un apostolo di questo modernissimo angolo chiuso tra il Tevero e il Mediterraneo, vi ha premute sopra delle zolle e l'ha cancellata per sempre, con una morbida pennellata di verde. Ma anche qui la «campagna» nel senso che l'intendiamo noi, non esiste più, come non esiste più, o come almeno non pare più che esista al fianchi della strada Roma-Ostia. Ci sono due alberi, ma sono in ferro e invece che fiori fioriscono bandiere variopinte per segnalazioni, e orologi bianchi e neri per l'orario delle partenze. Davanti agli alberi ci son due casette, ma noti coloniche; in esse si manipolano onde elettriche per la stazione radio, clic comunicano con tutto il mondo; ci sono le case più belle di dove non sbucano giardinieri ma uomini vestiti di casacche di pelle, sempre pronti a balzare sulle macchine e volarsene in Africa, in Spagna e forse, fra non molto, assai più lontano. " Nel palazzo centrale abitano dodici impiegati misteriosi; misteriosi perdio non ricevono visite, e nessuno mai li vede e loro non vedono mai nessuno. C'è il telefono, il telegrafo, la radio che li tiene a conlatto con il mondo e con gli uomini, e non hanno quindi neppure bisogno di uscieri. E questi uomini muovono dai loro uffici silenziosi, le ali degli apparecchi sempre distese e pronte nelle darsene che si scorgono dalle finestre. Tutto sembra immobile, statico e invece tutto è in pressione, o in movimento. Si ha l'idea di essere In un mondo in cui la gente non viva che sulle seggiole di legno chiaro e invece son tutti a cavalcioni di due ali, con la radio a portata di mano, con il micro/ono del telefono appicctecato all'orecchio, con l'orario di tutti 1 treni, di tutti 1 piroscafi, di tutte le linee aeree del globo terracqueo costantemente disteso sotto agli occhi. Qui le distanze sono soppresse, gli spazi cancellati, gli orizzonti e i confini sommersi dalla parola « velocità ». Provatevi a parlare con qualcuno di loro e lo sentirete esclamare clic seimila chilometri compiuti giornalmente e complessivamente dalla S.A.N.A. sono ancora pochi. Il mondo in una camera Quello che S. E. Balbo ha detto ieri nel suo mirabile discorso alla Camera: « infittire le linee presenti » e non pensare a crearne di nuove che sarebbero costosissime, .allacciare gli orari di quelle che già funzionano, agli orari dei treni, piroscafi, e aero plani nazionali e internazionali, e incanalare 1 passeggeri e i corrieri po stali per le vie dell'aria. Nessun bisogno di correre por puntiglio dietro l'esempio dell'Inghilterra o di quello della Germania, per la quale il problema dell'aviazione civile si innesta su quello dell'aviazione militare. Infittire, allacciarsi, gettare la rete alata che abbiamo oltre gli attuali punti d'arrivo, con delle spettacolose coincidenze. Gli uffici silenziosi dell'idroscalo Carlo Del Prete sembra che non abbiano pareti tanto vi si allargano le idee e le parole. Il pensiero non si ferma mal sulla carta non si appiccica alle scrivanie e ai registri e fin anche le parole che si pronunciano si colorano di luce mondiale. La terra gira qui dentro con tutte le sue diverse zone pittoresche, come uno spettro solare nel gabinetto delle esperienze. E si sente, di colpo, come veramente il mondo vibri tutto quanto, in una (otta che si svolge a coir., di audacia, di chilometri e dì velocità. Tutta la costa dell'Africa corre sotto i puntini rossi ehp segnano sulle carte le linee aere» come un nastro d'oro e poi come un tappeto azzurro si allarga l'oceano fino alle coste dell'America. Un salto, un allacciamento, in un punto qualunque, per esempio a Las Palmas, poi un'altro agganciamento a Fernando di Norogna e in un rapido scambio di passeggeri e di segnali fra un piroscafo e un ldro ecco due ali Alare verso la Terra del Fuoco e altre due risalire rapidamente l'Amazzonia e arrampicarsi verso 11 Nord America. Sogni'.* No, realtà, realtà prossime per noi, per un'altra Nazione, per la prima che abbia il coraggio di lanciarsi e di « agganciarsi » ad altre ali... Uomini nuovi L'ingegnere Giulio Marsaglia, nostro concittadino mi accompagna negli Hangars spiegandomi il funzionamento; è il dirigente tecnico il capo pilota, di questo hel nido di aquile. Ex-pilota di guerra, ex-pilota nell'America del Sud è un campione di razza, un uomo, come direbbe S. E, Balbo dì « cappa e spada » con lui m! accompagna nella visita un suo collega che gli assomiglia nell'audacia e nella perizia l'ev-pilota di guerra, ing. Martino Marinoni, e con 1 due il guardingo e tenace ing. Guide Sacerdoti l'animatore del campo... | Poche persone: 12 primi piloti; 12 secondi piloti. 12 motoristi, 12 radiotelegrafisti. Ciascuno J1 essi rappresenta trencetomila chilometri di volo... Sul banco di prova, legalo come ad un letto di dolore urla ferocemente un motore In prova; I box sono deserti, le ali dì alcuni apparecchi puntano verso l'Africa o verso la Spagna... L'automobile mi lancia nuovamente sull'ultramoderna strada di Roma e mentre Ostia, la meravigliosa e nuova città mi fugge alle spalle come scappando verso l'orizzonte dell'azzurro mediterraneo, incontro mi balza la tastiera bianco e nera della strada già innondata di fasci di luce: fra un minuto entrerò nell'irreale galleria fatta di grandi globi bianchi che si rimandano occhiate fiammeggianti. Ho la sensazione e la convinzione di essere sulla più moderna e sulla più bella strada del mondo. ERNESTO QUADRONE. Cacciatori di Puglia ricevuti dal Capo del Governo Roma, 30 notte. Sono arrivati a Roma, con treno speciale, ieri mattina, oltre 650 caccia, tori di Bari e provincia. Adunata imponente e quanto mai caratteristica, perchè lutti indossavano la classica divisa venatoria: giacca di fustagno, cappello rotondo a larghe falde, con penna infilata nel nastro, fucile Imbracciato o gettato attraverso la spalla. Dopo aver dedicato la giornata di ieri ad una visita in citta, stamane alle 11 i cacciatori, inquadrati militarmente, musica alla testa, sono partiti dallo Stadio e, percorrendo il corso Umberto si sono recati a Palazzo Venezia, ove il Ministro Acerbo e l'on. Bacci li hanno presentati al Duce. 11 Capo del Governo ha rivolto agli ospiti il suo saluto esaltando l'attività venatoria come un'alta e bella mantlcstazione sportiva, ed elogiando l'esperimento associativo che si sta compiendo anche in questo ramo. Il Capo del Governo ha aggiunto espressioni di viva simpatia per la regione pugliese, e per le oneste laboriose e patriottiche popolazioni che vi abitano. Verso le 12,45, terminato il ricevimento, 11 corteo st è ricomposto e con alla testa fi' console Candelori della Milizia Forestale, ha sfilato in piazza Venezia, innanzi alla tomba dei-JMi'ièe Ignoto. Quindi,'mentre la vasta piazza sì affollava di gente, richiamata dail'inconsueto spettacolo dei cacciatori vestiti di velluto ed armati di doppietta, il balcone di Palazzo Venezia si è aperto. Salutato da entusiastiche acclamazioni, alle quali si è associata la folla riunita sulla piazza, si è affacciato allora S. E. Mussolini, che aveva al lati il Ministro dell'Agricoltura e Foreste, on. Acerbo e l'on. Iti Bacci, commissario del C.O.N.I. Il Duce ha assistito alla sfilata, sorridendo e salutando romanamente mentre i cacciatori lanciavano grandi alala e il folto pubblico applaudiva calorosamente. Terminato lo sfilamento, il Once si è ritirato, fatto sogno a una manifestazione di omaggio da parte della folla. ■ — Il Presidente dell'Unione Industriale e vice Presidente del Consiglio Provinciale dell'Economia di Genova, B. F. Moresco, accompagnato dal dott. pini, direttore de «Il giornale di Genova», è stato ricevuto da S. E. il Capo del Governo, che lo ha intrattenuto su questioni Interessanti l'industria e l'economia ligure. • « Un capodoglio insegue un motopeschereccio Fiume, 30 notte. Questa mattina il motopeschereccio Marco del porto di Venezia, mentre pescava all'altezza della punta di Pestenizze, ha avvistato ad un quarto di miglio circa un enorme cetaceo che si cullava sulle onde. Ad un tratto il pesce si è rapidamente avvicinato alla piccola' nave, sì che da bordo i marinai hanno potuto accertarsi trattarsi di un inusitato capodoglio, della lunghezza di oltre 25 metri, dai cui sfiatatoi si innalzava un getto d'acqua alto aU'inciirca otto metri. Il gigantesco cetaceo ha seguito il motopeschereccio, che si affrettava a riparare nel iporto più vicino, sino al l'altezza della punta Pernada, per olire due ore, fra il terrore del sei marinai, che temevano Ili un improvviso cozzo da parte del mostro. Giunti in vista dell'Imboccatura del porto di Fiume, il capodoglio abbandonava l'inseguimento del battello, allontanandosi al largo. 11 capitano del Marco. Federico Benier, di Venezia, informava della strana comparsa nell'Adriatico del cetaceo la Capitaneria del porto, che dispone va, con tutta sollecitudine, le opportune comunicazioni a. tutti i navigli, onde avvisare della presenza del mostro nelle nostre acque. Si ricorda a questo proposito un pre cedente simile, avvenuto nell'anno 1897, di fronte aZurcòve, inciti un altro capodoglio per poco non colava a picco una barca a vapore. La presenza di un siffatto pesce nel l'Adriatico è quanto mal inusitata. Co me abbiamo detto, un caso simile non è avvenuto che nel 1897. 11 capodoglio, come è noto, appartiene alla famiglia dei cetacei odontoceti, ed abita esclu si vomente i mari tropicali e subtropi cali, spingendosi talvolta sino alle zo ne artiche, ed abbisogna di acque profonde. E' un mostro agilissimo, capace di spostarsi vprticalinente con la testa o la coda erette. Di carattere aggressi vo, se attaccato dall'uomo si difende vigorosamente a colpi di coda o con l'urto violento della sua mole o a morsi. Dal capodoglio si ricava,. com' è noto, del grasso utilissimo, la cosldetta ambra grigia, speciale sostanza usata in profumerie, e l'avorio dei 'denti. Si narra che taluni di questi cetacei, la cui mole raggiunge normalmente 1 24 metri di lunghézza, talvòlta si avventino contro Imbarcazioni, anche grosse, sfondandole e colandole a picco. Il mostro in parola, avvistato nelle acque dell'Adriatico, è uno del più erossi nella specie, e, onde evitare eventuali disgrazie, la Capitaneria ha inoltre disposto perchè se ne tenli la catlura. I