Bettole

Bettole Umili insegne Bettole Ci fu chi disse che le vie cittadine Sono un coro di bugie, o por Jo me' ino di vanterie; e si riferiva al negozi e alle insegne, con quel loro ostentare .cristalli scintillanti e Incidi marmi rjuell'csibirsi in scritte sesquipedali e richiami altisonanti, era eli' esplodere notturno in luci rutilatiti e nini lieolori; il che, tutt'assieme, dà vornuicn te l'impressione di un frenetico prò mettere e come di un silenzioso clamore pieno di presunzione. Ma noi, a Torino, siamo stati cosi fortunati da scoprire, in questo coro HI iperboli e di falsità, tma voce — anzi, due voci — di verità e di modestia: due insegne, che sono proprio vn capolavoro, un poema di sincerità. In via Nizza, oltre la piazza omonima, un'insegna porta scritto: e Antica Bettola»; iii via Andrea Doria, cioè nel centro cittadino, parimenti si leg- ge: « Bettola ai tre scalini ». Fermiamoci e ammiriamo insieme, Dottore. Ecco tonalmente ritrovato qualche cosa clic pareva scomparso per sempre: un poco di cristiana umiltà, che si infischia di ogni rispetto umano. Questo è chiamare pane il pane c vino il vino, senza perifrasi uè ondeggiamenti. E' vantarsi della jiropria povertà, perchè essa significa onestà; è mettere al sole i proprii panfii, stracciati ma puliti; è camminare idritto per la strada con lo scarpe rotte ma con la coscienza tranquilla. Fra tanta gente che si arrabatta, spinge a gomitate e si alza in punta di piedi per apparire più alta e importante di quanto non sia; fra tante coca abilmente gonfiate perchè sembrino grandi ed imponenti, ecco finalmente clii sta al suo posto, felice di Starci. Questa è virtù, questa è modestia. C'è in essa persino della rinuncia, che ha del monastico. SI arro- velli il mondo, insoddisfatto; cerchi la gente irrequieta e tormentata di èvaMere in nuove esperienze, di tentare inuovi campi, di correre sempre avan- ti, più avanti... Qui c'è qualcuno che hi ferma, che pensa, che ritorna sui puoi passi. Bettola, ecco. Bettola era una volta, r> bettola sia ancora. Che bisogno c'è idi parere molto e non essere nulla? •Meglio poco parere, ma quel poco esserlo. Sia chi vuole caffè, osteria, bottiglieria, bar.scon relative lustre e prosopopea della modernità. Ci sono pure tante ragazze da marito sempre [vestite in ghingheri e col sorrisetto in bocca; ma chi le piglia s'accorue: teste ;vuote e borsellino asciutto, lo sono una povera figliola, sono bettola; ina aion inganno nessuno. So bene che (molte illustre botteghe mie vicine'si {ridono di me, ma io rido di loro «quando le vedo andare a gambe all'aria, col fallimento. So pure che Imolta gente mi disdegna, perchè il mio"'Home ha acquistato significato (spregiativo. Ma che m'importa del giudizio degli uomini? Li conosco. Non [vivono che di frasi e di idee fatte, e Bono testardi nell'errore. Io so che lei fu lampo, a Torino — per. non partare, die della nostre città — in cui bettole ce ne furono molte, e stimate |o pregiate, perchè avevano fama di (dare ottimo vino, il vino genuino delle terre piemontesi; e questo non de|ve stupire, giacchè è destino che il meglio lo si beva nei locali più umili le meno appariscenti. Io continuo quella tradizione. La bettola gloriosa dei Sempi passati non deve morire. Nonostante tutte le chiacchiere e tutte le Evalorizzazioni del mondo, io bettola Bono e bettola voglio essere. Tale era mia madre, tale sono io, tale sarà mia «figlia... Cosi dicono, lettore, le umili insegne. Ben esse recano, non viste, le parole d'oro di una massima eterna: I» Contentati del tuo stato, se vuoi vicere felice ». Non soltanto sono insegne; sono anche insegnamenti... Mantengono a puntino quello che tpromettono. In via Andrea Doria la in Bettola al tre scalini » (quel delizioso francesismo è un'eco di tempi lontani, quando il francese era da no; lingua Tamigliarc, e quasi ufficiale) ha veramente 1 tre scalini: uno in muratura io due di legno. Xa ragione e l'ufficio idi «mei gradini di legno non si capiscono troppo; ma tant'è; ci sono nella insegna, ci sono nella realtà, e basta. A sua volta l'« Antica Bettola» di via Nizza mantiene il suo carattere di antico e tradizionale. E' un unico ambiente in cui tutto spira aria popolaresca e ingenua, dai pesanti tavolini itìon le solidissime gambe alla fln|a botte che troneggia dietro il ban|L'o coi suoi tre rubinetti delle diverse irualità di vino. L'impiantito è di legno, a larghe favole, e un poco cede, quasi a«l assecondare il passo pesante dei clienti. Torno torno alla scura parete gira fino a mozza altezza il rivestimento in legno, che una volta non mancava mai nei pubblici esercì tei; e imastrati in esso, in corrispon idenza di ogni tavolino, sono ancora quei quadratini di vetro rigato e sca bro, che servono ad accendervi gli zol fanelli. In alto, invece, gira un assito b. ripiano, destinato ad accogliere quei tompatti schiera.me.nti di bottiglie, che pe.mhra.no sostenere la volta e sono la più allegra <le«'orazionc del mondo, frutto è a posto, tutto armonizza, coti da darò una gradevole impressione Irli antico, di. patriarcali e, di provinciale, lina cosa sola non va: un cartel Sino che proibisce il canto. E' proprio Hina cosa fuori posto. Qui il canto ci Starebbe, anzi ci vorrebbe. Dopo un paio di bicchieri e una pipata, alla fine di una giornata di lavoro, il can4o viene da sè. Benedetti regolamenti municipali, che, tutto migliorando ed iovolvendo, finiscono per tutto livellaire, per togliere flsonomia ad ogni cotVa caratteristica! Eppure qui il cantate non stonerebbe, non urterebbe, per (che «sarebbe certamente qualche can Kone antica, venuta forse dalla cani pagaia, clic ò la vera fonte delle canzoni, -e naufragata in città, si è salvata in <piesti esercizi del suburbio ove fcmeora la si intona, e i giovani la tm parano dagli adulti. Ma nonostante il rartellino non è detto che qualche bel Ja cantata, magari in sordina, non la fci faccia. C'è, ad ogni modo, da augnarlo. Bettola esige, tra l'altro, serenità e abbandono di spirito; esige dun flue il cantare. A tma trattoria del centro hanno (trovato un sottotitolo, una sotto-inseigna, c glie l'hanno scritta ben visibile sui vetri: «Sollazzo gastrico». Noi non sappiamo se voleva essere (anch'essa ■un'umile insegna; certo è .-ima strana insegna. Ma di fronte ^ insegne delle nostre bettole quicsla sbiadisce e si rimpicciolisco, A petto di quella nuda c sincera austerità essa si rivela come un capriccio, uno svolazzo letterario. Certamente l'ha dettata qualche pseudo-letterato. C'è in essa qualcosa di voluto, di canzonatorio. « Bettola » «' la soda tradizione, il sa.no strapaese; « Sollazzo gastrico » è novecento bluflìsta, è presuntuosa stracittà. « Bettola » è tutto un sostanzioso programma; <■ Sollazzo gastrico » è una frase. Anche se al • Sollazzo » si mangiasse da re, sarà, ben difficile che noi ci sodiamo ai suoi tavolini; mentre non escludiamo di diventar clienti delle ■ Bettole ». Cosi, per simpatia personale; forse anche per tma questione di principio... U. L.

Persone citate: Benedetti, Dottore, Kone

Luoghi citati: Torino