Keyserling e l'Obolo di S. Pietro

Keyserling e l'Obolo di S. Pietro Keyserling e l'Obolo di S. Pietro Ignoro come nella Borsa interna Bionaie dei valori spirituali, « in girella spicciola delle mode intellettuali, siano quotate oggi lo azioni idei conte Hermann von Keyserling. autore celebre di libri come il Giornale di viaggio di un filosofo e Analisi spettrale dell'Europa, che ebbero vasta eco anche in Italia; «fondatore della Scuola della saggezza in Darmstadt, nonché latifondista baltico impoverito dalla guerra e parente di Bismarck ; e ignoro anche se sia in oorso di effettuazione la proposta che egli lanciò nel 1926 per creare, a imitazione di quanto fece la Chiesa Cattolica, in un certo periodo della sua vita, un Obolo di San Pietro dello Spirito, allo scopo di mantenere e sviluppare il retaggio ideale dei grandi uomini, come la Chiesa mantiene e sviluppa il verbo, anzi quasi continua misticamente la vita vivente di Cristo. Recentemente Keyserling informò che la sua idea aveva incontrato grande favore, più .ancora che in Germania, nei paesi anglo-sassoni e latini: non ani risulta però che in Italia se ne eia finora parlato: il che non significa affatto,, che non meriti che se ne parli. L'idea sorse in lui durante un soggiorno a Weimar, constatando i pericoli che minacciano l'alta eredità spirituale del luogo, sacro non solo alla Germania ma a tutto il piando civile. (Citerò un esempio clamoroso notò- a tutti, quello di Weimar. [Weimar classico è ormai uscito dtempo perituro .per entrare nell'ternità. Esso è già oggi per la Gemania ciò che la Grecia classica, 'se esistesse ancora, significherebbe per l'umanità. Certo, esso diventerà uno dei luoghi di pellegrinaggio più frequentati della terra... Ora, la situazione a Weimar è tale (benché lo Stato faccia tutto il possibile) che la Casa di Goethe stessa ha appena di che mantenersi, mentre il retaggio 'spirituale di Goethe — senza dubbio il più ricco dell'umanità — non dispone dei mezzi d'azione che potrebbe e dovrebbe avere, al fine di promuovere lo spirito sopravvivente di lui. La situazione è anche peggiore per gli altri esponenti di [Weimar, fra cui gli Archivi di Nietzsche, che saranno in pericolo fra qualche anno. Non è un'onta? Il Weimar, spirituale dovrebbe disporre di un bilancio di milioni e milioni... Nel dominio dello spirito non ci sono che valori personali, non valori obiettivi. Non solo nel caso di Cristok ma per ogni altro creatore spirituale l'essenziale è mantenerne l'impronta strettamente personale, v in modo che questa « unicità » si sviluppi e fruttifichi. Ora, ,ci&:''non è possibile che se ogni-' tradizione — quella, di Goethe, ad esempio r35 si incarni in una istituzione vivente di vita propria, come la tradizione di Cristo si è • incarnata nella Chiesa... ». *«* Il Weimar spirituale 'dovrebbe disporre di un bilancio di milioni... Strana l'eco che questa frase ha ridestato in me ! Diverso per mentalità e per origini, anch'io sento (o sentivo?) così: lo spirito dev'essere potente nel mondo, vittorioso nella storia, pari,' anche nell'apparenza, alle altre forze: non è tollerabile ch'esso vada povero e mal vestito (povera e nuda vai, filosofia...) mentre i fabbricanti di bottoni hanno l'automobile alla porta 'dei loro palazzi. Ciò irrita potentemente ed indigna come un assurdo ed una vigliaccheria del creato. Come l'epoca utilitaria reagisce su tutti, ispira a «Tutti le medesime idee ! Al senso «imperiale» dello spirito è ben difficile, anche a me, rinunciare. Che ne pensa Julien Benda? è proprio necessario ohe i « clercs » debbano privarsi dei vantaggi materiali dei tl-aiquest, come voleva Tolstoi? non basterà invece che, pur perseguendoli' e possedendoli, li raffinino poi a modo loro? il «ritorno a Dio», al suo indeterminato Dio spinoziano, dovrà proprio avvenire attraverso la negazione del mondo? Sono tutti punti da chiarire, e un giorno o l'altro il demiurgo dovrà discuterne con Julien Benda. Quanto a Keyserling, è singolare la prima vista (in fondo non mi stupisce affatto) in un filosofo impregnato e trasformato dalla saggezza indiana, questa tenace cura,, difesa e volontà di conquista della ricchezza. Un indiano autentico, Gandhi se volete, sembra invece che veramente la trascuri. Keyserling rimane in questo ben occidentale, e difende il euo punto di vista così. A stare ai fatti — dice — bisogna riconoscere all'idea, dapprima esclu sivamente americana, che il benessere debba essere lo stato normale dell'uomo, e la ricchezza l'esponente di qualsiasi valore, un trionfo storico su tutta la linea. E tale stato di fatto può giustificarsi con cinque ragioni. Frimo, perchè nel mondo attuale è effettivamente facile fare di ogni qualità spirituale una sorgente di ricchezza (in Germania Johannes 'Mùìler fu il primo a farsi pagare le Bue conferenze religiose). Secondo, perchè l'esperienza mostra come la povertà immiserisca e deformi lo spirito. Terzo, perchè i temuti danni psicologici della ricchezza svaniscono quando essa diventi lo stato normale. Quarto, perchè in questo mondo anche le cose dello spirito non possono essere rese feconde che grazie a dei mezzi materiali. Quinto infine, perchè i fatti hanno solo il senso che lo spirito sovrano assegna loro: poiché il mondo è governato da un ristretto numero di pregiudizi, basterà che lo spirito sovrano sostituisca • alla vecchia idea (o luogo comune) del genio povero,e misconosciuto l'altra che ogni valore abbia diritto a unpchsod«tapvorechsecolésuvfodeqnppmmfogodmttTicfucGgrtpsdMtaqpcivfmdsgparp n i a a e 6 o o i o e a , n e e n i n l compenso adeguato, perchè tutto sia fatto. Soro argomenti a oui certo non si può negar peso; e, come diesi, anche io sono portato 'a sentire istintivamente e violentemente così. Ma poi mi guardo attorno e mi avvedo che lo cinque ragioni di Keyserling sono belle e buone ma non corrispondono, nemmeno oggi, alla realtà. Lo «.spirito sovrano » ha un bel decretare che il genio; dev'essere grande e potente, i soldi dei filistei non piovono per questo nel suo cappello più oggi che ieri. Di opere di alto valore che abbiano dato, nel giro di pochi anni fama universale (non so poi se ricchezza) al loro autore, io non conosco guari che quella di Paul Valéry: ma anch'egli, come Gide, è sulla sessantina, e alla sua gloria i vent'anni di singolare silenzio han forse servito di lasciapassare, nonché d'incubatrice segreta. No no, salvo eccezioni la situazione è pur. sempre quella del tempo di Leopardi, che non trovava «un asino di editore» per i suoi Canti, e di Stendhal che prevedeva la celebrità dei suoi romanzi per cinquantanni dopo la sua morte. Le illusioni in contrario son forse date dal successo di aziende giornalistiche, tipo lord Nort^cliffe o Hearst, che fanno bensì parlare della stampa come Quarto Potere, ma niente hanno che fare con l'arte; oppure a grandiosi reclamismi, tipo d'Anmiunzio, Victor Hugo o Tolstoi. Forse solo a opere di natura intrinsecamente pratica e collettiva come la predicazione, l'apostolato, il fondar nuove religioni può spettare un diverso destino, perone ivi il reclamismo è connaturato all'opera, cfsNbovcdnlèpsedtmsczlreIn ù n è i n é o e e » e a n e e e , , o a a l e , cioè non è più reclamismo : e qui è forse la radico di quello che a me sembra l'equivoco di Keyserling. Negli altri casi, lo spirito merita bensì ricchezza e potenza ma non la ottiene, e il modo migliore per salvarne almeno l'indipendenza è ancora quello di esercitare, ad latere dell'arte, un mestiere, come facevano Spinoza e Rousseau. E' fatale, del resto, che sia così : la media degli uomini è quello che è; non può capire (e tanto meno di primo acchito) le invenzioni, le espressioni, i modi nuovi di individui eccezionali ; essa arricchirà l'autore del romanzo poliziesco ma non l'autore della Divina Commedia. Rimangono, è vero, per sfuggire a questa fatalità, due scappatoie: il mecenatismo dei singoli e quelle sanzioni ufficiali dall'alto, di cui l'Obolo di San Pietro di Keyserling sarebbe una variante originale. Keyeerlàng accetta e punta su entrambe. Il mecenatismo, certo, è il gran modo che, da Orazio a Leonardo a Wagner è benemerito della civiltà umana. Poiché i malti, la massa, non possano comprendere il genio, pochi potenti della terra, un Leon X, un Francesco I, abbastanza dotati per riconoscerlo, gli vengano generosamente, e magari umilmente, in aiuto. Però, se anche la leggenda mostri Carlo V chino a raccogliere il pennello caduto di mano a Tiziano, non c'è da illudersi, un certo grado d'in feriorità rimane sempre nel beneficato rispetto al benefattore. E' una diminutio capitis che l'artista subisce di fronte al mecenate, come ee fosse un minore, un bambino che va mantenuto. Come conciliare ciò col sedplftt senso imperiale deGilo spirito? Goethe era ministro, e non solo pensionato del duca di Weimar, e il suo piglio poteva dunque essere altro da quello di La Fontaine o di Molière di fronte a Luigi XIV. Meglio, forse, tutto sommato, l'altra scappatoia, l'Obolo di San Pietro. L'Obolo di San Pietro di Keyserling è qualcosa di diverso dalle consuete Accademie. Egli vuole sottrarre, nella misura del possibile, la sorte degli spiriti magni ohe onorano la umanità a quell'insulto vergognoso che è la morte. Che bella cosa, (non dico tanto per il defunto quanto per i superstiti) se, ad ogni morte illustre, un Istituto — completamente autonomo come può essere autonomo un uomo — potesse continuare l'opera, e quasi la vita vivente del grande Scomparso, perpetuandone sulla terra la presenza e la sugge stione efficace, a guisa di sole benefico che, dopo il tramonto, largisca ancora i suoi raggi ! Ciascuno completamente votato al suo Nume, pensa Keyserling che la potenza mate riale di simili Enti potrebbe venire assicurata da una percentuale perpetua da prelevarsi sul prezzo delle opere (come la Scala di Milano dalla tassa sugli spettacoli), oltreché dai lasciti degli ammiratori. Casa di Goethe, Casa di Leonardo, con Paul Valéry Mastro di Casa o Gran Priore, Casa di Rousseau, Casa di Shakespeare, di don Chisciotte con Miguel de Unamuno: accanto a Italia, Francia, Germania cotesti nobili Enti potrebbero battagliare ad armi cortesi nell'arengo iamdBtbepcnsppgmmlsatpcC e o o i a o n r e e l e a e re é rau, ica ao internazionale; ciascuno attrarre gli affini, inquadrare i simpatizzanti, magari in formazioni militari; dividersi l'umanità in zone d'influenza. Ben più delle lotte di uomini e d'interessi, tali conflitti ideali servirebbero ad elevare il tono della civiltà: e quale feconda varietà, quali sorprese di sviluppi nel mondo minacciato dalla standardizzazione meccanica! Modello insuperato sarebbe sempre la Chiesa di Cristo. E come per la Chiesa ai suoi bei giorni, tempo potrebbe venire poi che questi aggruppamenti ideali assurgessero a maggiore importanza degli altri; come quando la Chiesa teneva testa all'Impero. Future lotte delle Investiture, quando più di un banchiere non avrà pace finché non sarà stato armato cavaliere doll'Ordine_ di Goethe, previa, s'intende, elargizione di prebende e fondazione di demiurgiche abbazie! Abbazie cui più di un Carlo V dell'industria, sazio d'impero, deposto lo scettro, verrà a chiedere pace, e conforto di magico sogno: e il sogno di Weimar non sarà il sogno deH'Ermitage, nè quello del Gral,- come i Benedettini non sono i Francescani. Ce ne sarà per tutti i gusti. Stendardi al vento, ed altissimi squilli dai merli delta nuove Canosse esalteranno i giorni di gloria, quando i Carnegie e i Rockefeller, superbi signori di un mondo economico ridotto in nuova sudditanza, infranto l'orgoglio e cedute le armi, a piedi scalzi chiederanno mercè. Come vedete, ciascuno a suo modo e per la sua strada, ci si avvia ad un nuovo monachesimo. FILIPPO BURZIO.