Le ragioni di una rivoluzione

Le ragioni di una rivoluzione Le ragioni di una rivoluzione Bisogna confessare che, visti al di qua del mare e dei Pirenei, gli avvenimenti di Spagna sono, a prima vista, difficili a comprendersi. Eissi colpiscono anzitutto per il loro anacronismo. Ma come? Mentre dovunque, in Europa e in America il democraticismo, l'elettoralismo, il parlamentarismo, il dominio dei gruppi e dei partiti fanno così miserevole prova e stanno conducendo all'orlo del fallimento finanziario e dell'impotenza politica Stati come l'Impero britannico e la Repubblica imperiai* tedesca, vi è un Paese al mondo in cui tutto ciò appare ancora come l'ideale politico capace di entusiasmare le aristocrazie degli intellettuali e le masse degli operai? Ma, oltre che anacronistico, il rivolgimento spagnuolo appare all'uomo della strada un inutile sforzo, una battaglia contro i mulini a vento di donchisciottesca, memoria. Già da oltre un anno la dittatura era finita e la Spagna si apprestava ad assaporare di nuovo le delizie delle elezioni a suffragio universale, della rotazione dei partiti, della gerontocrazia, a cui il colpo di Stato di Primo de Rivera aveva tentato di sottrarla, e di cui i politicanti spagnuoli sentivano — sembra — acutamente la nostalgia. Tutto 6tàva per ricominciare, anzi era già ricominciato, come prima, meglio di prima. Non si capisce tuòppo una rivoluzione il cui scopo era già ottenuto prima di farla. A meno che non sì tratti di una questione di etictbetta politica; e in verità c'è sempre qualche filosofo solitario che preferisce il nome di repubblica a quello di monarchia parlamentare, benché le due cose siano sempre state e siano, sostanzialmente identiche. Tutte queste cose ed altre ancora pensa l'uomo della strada. Ma si tratta, evidentemente, di una prima impressione. Noi non comprendiamo gli avvenimenti spagnuoli perchè conosciamo poco e male la Spagna.- Nella cui costituzione sociale e politica dobbiamo cercare la chiave del mistero. Tutta, in verità, la storia della Spagna è piena di questi enigmi. Come un popolo che, alla metà del quindicesimo secolo è ancora diviso e in parte soggetto allo straniero infedele, riesce, in pochi decenni, a divenire la più grande potenza militare e coloniale del mondo? E come, dopo appena un secolo di egemonia, declina rapidamente, per ridursi, dopo un altro secolo soltanto, ad essere uno Stato di secondo ordine? E perchè, mentre lo sforzo di espansione coloniale si intensifica in tutto il mondo, esso si arresta proprio là dove era cominciato, in lspagna, fino ad esaurirsi del tutto nel secolo XIX ? A questa serie di enigmi appartiene anche quello che oggi ci preoccupa. Perchè, mentre l'ideologia liberale-democratica in tutto il mondo sì difende malamente contro critiche universali, mentre la filosofia degli n immorsali principii » è dovunque in fallimento, e le istituzioni democratiche sono nei grandi e nei piccoli paesi in piena crisi, per un sorprendente fenomeno di reviviscenza quella ideologia, quella filosofìa, queste istituzioni trionfano in Spagna come il non plus ultra della modernità? Non è facile spiegare le ragioni 'di questa evoluzione particolare della storia spagnuola. Ne sono state date molte, più o meno tendenziose, ma nessuna soddisfa, nessuna, soprattutto, spiega , integralmente il fenomeno del particolarismo spagnuolo. Forse la spiegazione più probabili© deve cercarsi nella stessa straordinaria rapidità e nello stesso eccesso della fortuna spagnuola nel periodo ohe va dalla fine del quindicesimo alla fine del sedicesimo secolo. In cento anni, dopo secoli di lotte asperrime combattute per liberare il Paese dalla dominazione araba, lotte che dovettero necessariamente esaurire molte delle forze migliori della Spagna, in meno di cento anni questo Paese dovè prodigarsi in una serie di lunghe guerre europee, e in un altro immenso 'sforzo, che fu quello della conquista .e della colonizzazione dall'America Le guerre e le conquiste europee ed americane ebbero un duplice effètto funesto sulla vita della -nazione spagnuola. La privarono dei suoi elementi migliori, che le guerre e l'emigrazione sottraevano al paese, operando, nella sua composizione demografica, una vera 'selezione a rovescio. E, in secondo luogo, le procurarono la più grande, ma anche la più fatale fortuna: quella di un arricchimento facile, derivante dalla spogliazione dei popoli vinti. Per due secoli almeno gli avventurieri e i governatori spagnuoli inviarono in patria tesori di oro e di argento tolti alle popolazioni indigene dell'America o ivi facilmente raccolti, e le ricchezze delle Provincie italiane e fiamminghe. Oro e ricchezze ottenute troppo a buon mercato e in troppa quantità, che, invece di stimolare, arrestare» no l'evoluzione della vita economi ca spagnuola, impedirono, renden dolo non necessario, lo sfruttamento delle risorse grandissime del suolo sjpagnuolo, e lo sviluppo, già nei secoli antecedenti cosi promettente, dell'industria e del commercio di Spagna. Facili e sùbiti guadagni che resero il popolo, dalla aristocrazia ai più umili strati popolari, torpido e inerte e finirono col fiaccare purflno la magnifica combattività, che nel cinquecento aveva reso le fanterie spagnuole le prime del mondo. Sazia d'oro, la Spagna si chiuse in se stessa. La situazione geografica, per un verso fortunata, ma per l'altro dannosa, che la condannava all'isolamento e che, dopo la perdita dei suoi possedimenti italiani e fiamminghi, la poneva fuori delle grandi correnti del pensiero e del traffico, contribuì a render lento e tardo il ritmo della sua vita. l'el'etepezatrtastcitufanine gcenme uMtoqglelcggdnsgplzsrapCucfalsvSevldprqmdmdnrtpse a l o o a E i r o o a n o a e r o a i e , l l i ae i ro a a e fooi e e, e a le a leoo adi aale. a à, e» i n noei e, di he a ire à, le el si ne a, npo ari e nCome sempre accade nella storia l'eccesso della ricchezza produsse l'eccesso della miseria. Perduti i territori europei, perdu te le Colonie, le fonti che avevano per tre secoli alimentato la ricchezza spagnuola si esaurirono. D'altronde,' già nel secolo XVI, terminata la raccolta delle ricchezze esistenti nei Paesi conquistati, e specialmente in America, le cattive abi: tudini contratte durante gli anni dei facili arricchimenti, resero.ardua se non impossibile la metodica messa in valore dei possedimenti europei e coloniali. Mentre altri Paesi, l'Inghilterra, l'Olanda, la Francia, facevano prosperare le loro Colonie e ne traevano forza e ricchezze, l'immenso impero spagnuolo intristiva, e veniva man mano divenendo più un peso che un vantaggio per la Madre Patria. Incapace di mettere in valore tanto il territorio della Spagna quanto quello delle Colonie, il popolo spagnuolo'conobbe, dopo la breve opulenza, la povertà. Nullo o scarso, lo sviluppo delle industrie e del commercio, proprio quando gli altri grandi Stati europei operavano la grande trasformazione economica, da cui doveva uscire l'odierna economia capitalistica a base industriale e commerciale. Negletta l'agricoltura, dominante il latifondo, povera ed ignorante la plebe rurale. In sostanza, la Spagna giunse alla soglia del secolo XX in una situazione sociale ed economica non dissimile da quella della Russia zarista. Come nella Russia, una ristretta aristocrazia di grandi proprietari possedeva gran parte del suolo. Come nella Russia, la mancanza di una larga attività industriale e commerciale aveva ostacolata la formazione di una classe borghese attiva e intelligente. Le masse popolari, generalmente ignoranti, si disinteressavano della cosa pubblica. In questa condizione di cose una vera classe dirigente mancava in Spagna. L'introduzione del regime elettorale e parlamentare non aveva potuto, come è chiaro, alterare la sostanza delle cose. Una specie di feudalesimo politico si stabilì rapidamente sotto l'apparenza di un regime democratico. Trionfò così quello che gli spagnoli stessi chiamavano « cacichismo », cioè il predominio di alcuni - capi che, a si-, miglianza dei capi tribù indigeni dell'America, detenevano il potere in nome proprio, secondo propri interessi. Durante 11 secolo ventesimo una tale situazione di cose mutò solo in parte, specialmente nelle zone in cui si era sviluppata l'industria, per esempio, nella Catalogna. Ma sostanzialmente il sistema della ripartizione del potere fra pochi capi è durata fino al 1923, cioè fino al colpo di stato del generale De Rivera. Il tentativo del De Rivera fu reso, si può dire, necessario dalla progressiva decadenza di quella ristretta classe politica che dominava la Spagna. Tale decadenza aveva ridotto il potere in mano a un certo numero di vecchi parlamentari incapaci e impotenti di fronte all'irrompere delle forze rivoluzionarie che il dopoguerra aveva moltiplicato in un paese che ancora una volta con la neutralità si era troppo facilmente arricchito e che, sottraendosi alla dura prova della guerra, aveva alimentato tutti i germi di dissoluzione che già esistevano in esso. Siamo quindi, io credo, in grado di comprendere quello che da dieci anni a questa parte è successo nella penisola spagnola. Il dopoguerra aveva reso ancora più debole lo Stato, più inadeguata l'azione dei feudatari politici che dirigevano la vita spagnola e più attivi i fermenti di disordine e di dissoluzione. Il colpo di Stato del 1923 fu un tentativo generoso di mutare l'indirizzo della vita politica in Spagna. Ten. tativo generoso, ma destinato purtroppo all'insuccesso, perchè mancavano in Spagna le condizioni per una vera reazione nazionale capace di spazzar via i magnati del feudalesimo parlamentare e di tenere in rispetto le forze di dissoluzione che erano penetrate nella vita della Nazione. Molto utili e buone cose fece la dittatura, ma essa non poteva creare una classe dirigente borghese che non esisteva, non poteva risvegliare nelle masse un sentimento nazionale che la lunga inerzia e l'assenza continuata di molti secoli e in ultimo l'infausta neutralità, avevano impedito sempre che nascesse. E pertanto si vide presto che l'opera restauratrice della dittatura era ostacolata da un'alleanza Innaturale ma subito realizzata : quella fra il « cacichismo » parlamentare e le forze dell' anarchia. Questa alleanza fece leva sopra tutto sulla classe cosi detta intellettuale; suo campo d'azione fu specialmente l'università. Come tutta la vita economica e sociale della Spagna era arretrata di cento anni circa su quella dei grandi paesi d'Europa, cosi la classe intellettuale spagnola era di molti decenni arretrata su quella della restante Europa. Mentre in Italia, in Inghilterra, in Francia, in Germania, da molti anni la critica aveva dimostrato la falsità e il danno della filosofia illuministica, e l'esperienza aveva ammaestrato intorno ai pericoli della demagogia eletto ralistica e parlamentare, questo grande movimento di revisione, «li onori del quale spettano principalmente all'Italia e al Fascismo, non aveva avuto alcuna ripercussione in Spagna. Colà gl'immortali principii godono tuttora del più grande credito e la polpaSpdelchenecomtuncrivocuorasiae le e poArafadegascirietudegisuchMnadrtìMmadocpntacntondsncpmzgsfinwnlbRGtc1gnicemsdrarisqdbqoddcgnlpsc,gioventù universitaria continua a ;imaginarsi che siano ldtima pa-\rola della verità e della civiltà. V%*^£*^*^Ì^«te ^^SS^^^ÌS^ipolitica trovasse ausiliari efficaci -nello spirito anarchico di talune [ zone delle masse operaie e nella mentalità arretrata dei ceti intellettuali. La rivoluzione di questi giorni non è che una conseguenza di uno stato di cultura e di una situazione politica che fanno della Spagna un paese arretrato di un secolo. La Spagna continua a pagare il fio del suo eccesso di fortuna e di ricchezze troppo facilmente acquistate nei secoli scorsi. E' vero dei popoli come degli individui che solo la fortuna acquistata a prezzo di duri sacrifici e di sforzi diuturni è durevole. Noi auguriamo che le prove a cui la logica della storia sottopone ora la nobile nazione spagnola, siano da essa felicemente superate e che un risveglio delle sue energie le faccia, nel campo della cultura e della politica, riacquistare il tempo perduto. Allora la verità le apparrà chia ra, come è apparsa chiara all'Italia fascista, e non più nel veleno di un democraticismo fatalmente disgregatore, ma nell' ordine, nella disciplina, nell'autorità, nella solidarietà fra le classi e nel sacrificio di tutti e di ciascuno per la prosperità della patria comune, troverà le ragioni del suo rinnovamento e della sua fortuna. ALFREDO ROCCO Il Ministro degli Esteri spagnuolo propugna l'amicizia con l'Italia Le contraddizioni del Ministro Prieto Roma, 17 notle. Il Giornale d'Italia nella sua ultima edizione riceve da Parigi una intervista con il Ministro degli Esteri, Lerroux. Il Ministro degli Esteri della Repubblica spagnuola giudica la situazione in questi termini: «Giudico prematura qualsiasi affermazione precisa circa la futura nostra politica estera. Comunque, lo spirito di rinnovamento della Spagna insito nella proclamazione della Repubblica, implica, in massima, anche un maggiore sviluppo della suaccennata politica in America e in Europa. Naturalmente sarà una politica eminentemente pacifista, che si dimostrerà anzitutto nella Società delle Nazioni, e si inspirerà principalmente a criteri di collaborazio ne con i Governi democratici. « Ciò non ostante intendiamo conservare relazioni correttissime e cordiali anche con Paesi retti da regimi diversi, e nella cui politica interna doverosamente ci asteniamo dall'immischiarci. « Perciò resteremo anche indirei tamente estranei alla politica interna del Fascismo. Ma siccome ap prezziamo debitamente la riserva tezza della stampa italiana, special mente di quella ufficiosa, nella presente circostanza, procureremo che] la stampa spagnuola faccia altrettanto, astenendosi eventualmente da atteggiamenti atti a ferire la giusta suscettibilità fascista. « D'altronde la nostra neonata Repubblica ha bisogno di dissipare prevedibili diffidenze, e di crearci al tempo stesso le maggiori amicizie possibili, e non potremo che rallegrarci se, compatibilmente con l'in d'ole radicalmente distinte dei loro rispettivi regimi, la Spagna conterà fra le sue amicizie anche quella dell'Italia: tanto più che tale amicizia è favorita da affinità di razza, e non è ostacolata da interessi economici Inconciliabili ». Avendo il Journal attribuite al Ministro delle Finanze spagnuolo Prieto alcune dichiarazioni ingiuriose per l'Italia, e specificatamente di aver egli affermato « che una Spagna democratica sarà per la Francia una ben migliore vicina che una Spagna monarchica soprattutto se si verificassero incidenti con l'Italia, e che il trattato ltalo-spagnuolo sarà immediatamente denun ciato», il Ministro ha diramato da Madrid una smentita attraverso la United Press Egli ammette soltanto che in diver¬ se conversazioni, avute con giornali- bi molto tempo prima che egli diventasse Ministro, si parlò delle voci che correvano su un preteso accordo italo-spagnuolo ed ebbe allora a dichiarare: «Nell'eventualità di un conflitto fra Itaiib e Francia, quest'ultima deve sentirsi sicura a riguardo della nostra lealtà ». Il Giornale d'Italia commenta la smentita del Ministro Prieto in questi termini: « Esiste una manifesta contraddizione fra le dichiarazioni che il Journal attribuisce al Ministro Prieto contro l'Italia, e 1 chiarimenti espliciti che secondo VUnlted Press, nel suo telegramma da Madrid, lo stesso Ministro Prieto figura di avere dato. Come si spiega questa contraddizione? E' stato preciso il Journal nel riferire parole cosi gravi del nuovo Ministro spagnuolo, o è precisa la United Press quando smentisce cosi nettamente le parole ipublicate dal giornale francese? Aspettiamo più precisi chiarimenti che si impongono, perchè si tratta di cono scere non solo il reale sentimento po litico che i membri del nuovo Governo spagnuolo portano nei rapporti Inter nazionali, ma anche l'uso che di ess si vorrebbe fare in altri Paesi nei riguardi dell'Italia. In attesa di questi schiarimenti, crediamo poterne noi d;i re qualcuno, particolarmente importan te nel caso. Il Ministro Prieto, che par tecipa al nuovo Governo di Madrid avrà senza difficoltà il modo di con statare che nessun trattato segreto esi- ste tra l'Italia e la Spagna». Tentativo di assalto al Palazzo Reale sventato dall'Alcalde di Madrid Parigi, 17 notte. L'inviato speciale dell'Edio de Paris ii Madrid segnala che la sera dopo la partenza di Re Alfonso la folla tentò di penetrare nel Palazzo Reale,, dova jrano rimasti la Regina Vittoria e 1 figli. ■ « Un enorme autocarro, che aveva potuto giungere sino alla porta iprin- ■ cipale del Palazzo, si era fermato, immobilizzato dalla folla. Bruscamente uualcuno ha messo il motore in movimento. Le porte de) Palazzo erano chiuse: si sarebbero aperte. Il motore girava a tutta forza e atciò il pesante veicolo contro il partono del Palazzo Reale. Ma questo resistette. « Le grida raddoppiarono; l'istante era .critico. Ma alcuni repubblicani, che non avevano perduto 11 sangue freddo, si erano recati ad avvertire de! pericolo il nuòvo Alcalde di Madrid, lo • scrittore Ortega y Gasset, ch<s arrivò frettolosamente. Egli tentò di aprirsi un varco nella folla urlante. Dopo mille sforzi, riuscì a giungere fino alle' mura del Palazzo. La venne Issato su una finestra. Il nuovo Alcalde tentò di farsi udire, ma era una fatica sprecata. Tuttavia, a forza di tenacia, ottenne un silenzio relativo. Egli disse a quella folla, pronta a qualsiasi eccesso, cha essa aveva il dovere di rispettare un Palazzo che era ormai suo. Nel Palazzo erano ricoverati una donna so* la e i suoi figli ammalati. « Quelle coraggiose parole calmarono) la moltitudine.