Un giro sull'Adda

Un giro sull'Adda Un giro sull'Adda gSe al Manzoni dopo il lago e la «costiera di Lecco fosse venuto in niente di descriverci anche il primo tratto dell'Adda, dal punto dove l'aveva lasciata all'inizio del suo romanzo, avrebbe dovuto ritrarci una natura di cose tutta diversa e non meno bella: parlarci, per esempio, dei due laghetti che si formano in quel luogo, subito dopo che l'Adda ha ripreso «tcorso e figura di fiume», poi del suo caratteristico divagare attraverso la piana paludosa di 01ginate. Ma egli, bontà sua, s'è fermato lì, e rettamente. Anche Jules Renard se vi ricordate, ci assicura che al di là della decima riga la più bella descrizione di questo mondo diventa illeggibile. Quel primo tratto di fiume è assai curioso. S'è aperto 11 un gran letto, fin troppo grande per lui, e vi si gira e vi si stende con meandri e serpeggiamenti infiniti, quasi iudey ciso sul da fare, quasi che dopo di essere stato assunto a dignità di lago, gli spiaccia dover affrontare un misero destino di fiume. Lunghe distese di cannicci e di falaschi lo premono e lo fiancheggiano da ogni parte, e poi boscaglie e poi campi e prati sottratti alle paludi, mentre le montagne della Brianza, del Ilesegone e dell'Albensa lo vigilano paternamente da una parte e dall'altra. Del resto Don Alessandro doveva conoscere anche quei luoghi. Al di sopra della borgata di Olginatc, oggi così fittamente popolosa, su uno eprone roccioso, ha posto la Malanotte, il cruento castello dell'Innominato, e più in su, a Vercurago, la dimora del sarto : oltreché, se pur non ci veniva da ragazzo a cacciar le allodole, da queste parti dovette passarci quando durante gli anni della sua puerizia da Milano ritornava in carrozza a villeggiare a Lecco, nel suo bel palazzo del Galeotto, poco in alte sulla città. Su questa bella distesa benedetta 'dalla divinità ancor nevata della Grigna, noi sboccammo l'altro giorno, a gran sole, dopo cinque o sei pre di delizioso vagabondaggio lungo il corso superiora dell'Adda. Una passeggiata come dire tra pittoresca ed istruttiva fatta un po' per muover le gambe un po' per conoscere la vera, intima natura del nostro fiume lombardo; unico itinerario l'umile stradetta alzaja che fiancheggia il fiume da Brivio alle bassure e che poi continua a fiancheggiare giù giù tutto il corso del Naviglio, sino a Milano. Bella l'Adda tra Vaprio e Brivio. E' questo il suo tratto più tipico, più cruccioso, più affaticato, e noi ci godemmo ad una ad una le sue innumerevoli vicende come le fasi di una grandiosa rapsodia. Lasciate le- paludi lecchesi il nobile fiume si restringe fra ardui monti, serpeggia tra alte rive boscose o s'incaverna, come fra Trezzo e Paderno, in gole di brecce giganti. Peccato, direi, ohe lì dove il suo impeto è più forte, mulini, pescaie e centrali gli rubino acqua da ogni parte spesso lasciando il suo greto quasi all'asciutto. Ma in compenso come è piacevole questo camminare sulla scodinzolante stradetta lungo la quale hanno camminato per secoli i grossi cavalli che trainavano su per le acque i neri barconi da carico! Di qua, andando adagio, ci godiamo tutte le più pazze e felici avventure del fiume, il suo girare frenetico, il suo sgomitare fantasioso, ed ora la poesia solitaria dei suoi seni, ed ora l'alta bellezza delle sue rade tranquille. Poche dolcezze sportive superano, io credo, questo camminare nell'intimità profonda di un fiume, vivere per un istante nel seno delle sue disperazioni ruggenti, dei suoi felici abbandoni. E l'acqua che ha tante cose da dire e le dice in un modo così diverso, ma con un linguaggio che nessuno ha mai compreso finora! Sprofondati con lui ad una cinquantina di metri sotto Qa campagna, ora tra scarpate selvose ora tra rupi a picco, ci pare idi accompagnare nel suo cammino una creatura folle e dolcissima, piena d'estri, di bizze o di risa, di genio creativo. Tra Vaprio e Trezzo filiamo sopra una piccola lama di terra; il Naviglio scorre da un lato e l'Adda scroscia ad un salto di una diecina di metri sotto di noi; e nulla è più stranamente divertente che trovarsi in mezzo a queste due acque sorelle che vanno ad un medesimo destino, sentirsi come incalzati e trascinati dalla loro stessa violenza. Penso che quando Leonardo era a Vaprio mandatovi da Francesco Sforza a studiare il modo di derivare dall'Adda •un canale che scendesse poi a fertilizzare la pianura del milanese, e ch'era ospite del suo allievo ed amico Conte Melzi, amò qui una donna ch'egli chiamava la mia Anna de \Vavrio e che tra questi trionfi d'acque, di rupi e di verzure da cui forse attinse lo spunto per lo sfondo della sua Vergine delle Rocce, dovè provare anch'egll questa esaltazione, questa specie di poetico stordimento che si è impadronito di noi in cospetto di questo squarcio di tumultuosa ed opulenta natura lombarda. # • A Trezzo tutto grida sul fiume. l'Urlano le sue acque nel riversarsi giù dalle chiuso che le avviano a canale, urlano le colorite lavandaje da predella a predella per vincerne lo scroscio: e il canto delle ragazze che passano abbracciate sull'altra sponda del fiume, più che canto è grido anch'esso. Poi il fiume gira a gomito sotto le rovine del castello di Barnaba, crea ancora per lungo tratto seni romiti e lucide pesoaje, finche le grandi Centrali di Paderno creano all'improvviso stilile sue rive un paesaggio di fiaba ; [un paesaggio di gotiche cattedrali lvrpiircduchpsCcrcdgNepblmegPtgvmtlmmcstcsnrvecsmundpttlclscrRqcgiedsqpcapsemdmedpcssmcms entro le cui nitide aule ronzano le dinamo gigantesche e le sfavillanti turbine dalla forma di chiocciola. Bel borgaccio è pure Brivio, all'inizio della zona paludosa che invade il lecchese meridionale. Ci arriviamo dopo tre ore di cammino su per gole e golene. Queste paludi qua ntorno lo stanno bonificando, e già l giallastro dei canneti va scomparendo nel verde tenero dei primi campi a frumento : ma un secolo fa, di fianco al paese era ancora vivo un laghetto sul quale veniva a cacciar Te folaghe il principe Beauharnais. Pieno di vecchie case murate a picco su l'Adda, si vorrebbe di questo borgo frugare ogni cantuccio. C'è anche un bel ponte che sta a cavaliere del fiume, che lì sotto fa rapida, lirivio de ca, Brivio de là, come diceva un tempo la gente del luogo, quando, avviata la navigazione alzaja con l'apertura del Naviglio, sotto Giuseppe II, qui si era formato un centro di parorri, di proprietari di barca da traino e di barconi. E c'è pure un antico castello in mezzo al paese che fa vita comune con quelle casette mal dipinte e sgretolate e piene di terrazzini e giardinetti che si scaldano al sole. Paese fazioso, ce lo assicura il Cantù, e che traeva della natura bergamasca. Senonchè di là, tanto per variare un po' il cammino, risalimmo ad Airuno alle falde di un monte che separa Val Greghentino dalla vallata dell'Adda, e sulla cui cima è posto un Santuario famoso, ma che un tempo fu luogo fortificato in masti e castelli. Vi son molti luoghi in Lombardia simile a questo, tra religiosi e muniti: luoghi d'assalto e di preghiera, che testimoniano della natura operosa della fede lombarda, che ricordano Sant'Ambrogio, civile e guerriero, o San Carlo Borromeo la cui divina passione amava soprattutto esercitarla tra i sofferenti e i peccatori. Discesi dalla Rocchetta, sdraiati sopra un bel clivo a goderci il primo sole dell'annata, ad ammirare un volo di stornelli, che rotea armonioso sulla placida valle, scorgiamo di tanto in tanto dietro di noi gruppetti di donne salire per la stradetta tutta rampe che mena al Santuario. Pasqua è vicina. Salgono lentamente bisbigliando preghiere, col rosario in mano. —_E non è notevole — dico all'amico mio — che lo storico Giuseppe Ripamonti, quello, ricordi? dcui si giovò il Manzoni per tracciare gli avvenimenti storici del suo Romanzo, sia nato proprio lassù in quel paesino che tu vedi presso al culmine del San Genesio, detto Tegnone?... Doveva essere un brav'uoino, il Ripamonti, ma un po' ispido e intransigente nelle sue idee. Fu dottore dell'Ambrosiana e nella sua storia della Chiesa milanese, spiacque a Dio e ai nemici sui, perchè parerla infarcisse di tali errori e di così infelici allusioni che si attirò addosso un processo ecclesiastico in piena regola il quale poi lo tenne segregato per gran tempo. Ma ai suoi tempi egli fu celebrato quanto Tito Livio, per il suo latino gonfio e pomposo. Ma l'amico mio è più interessato allo sciamare degli uccelli. E' infatti curioso il volo di questo stormo che rotea compatto per il cielo di un turchino così tenero. Mirabile l'unanimità del loro volo. Quando passano sul nostro capo noi udiamo il lacerante frusciare delle ale il grido d'ebbrezza ch'essi mandano nel loro gioco: finché di colpo ecco si posano e si raccolgono tuttinsieme sulla frasca brulla di un pioppo laggiù in vetta ad un poggio al sole, e là stanno fermi, in attesache paiono diventati tanti fruttneri di quell'albero brullo. Più tardi ritorniamo a Milano sotto uno di quei crepuscoli di nascente primavera che danno all'anima un senso di così trepida ed agra dolcezza. L'azzurro del cielo è ancora buio e crudo come d'inverno ma già vi ride in pelle in pelle non so che cordialità nuova, un brividoun soffio pieno di speranza, annunciatore di giornate più chiare, dun clima sempre più affettuoso. E i campi velati da questa nuova carezza par che aspettino, fidenti. Sale in treno con noi un cacciatore di palude. E' un uomo grandecon una cacciatora rigonfia e un paio di coturni alla moschettieracome quelli di Don Rodrigo. Una cagna dal ventre irto di poppe, gls'arrotola ai piedi e ci. guarda dtanto in tanto con due malinconiciumanissimi occhi. — E così, buona caccia? — Quatter sgnepp, e bott lì, — risponde il nostro compagno accendendo la pipa. — Si fa così, tantper muover le gambe... Ma una volta ! egli prosegue, una volta quelle paludi lì sotto ad Airune a Brivio erano tutta una cuccagna. Folaghe, anitre, gallinelld'acqua, allodole ! In capo ad una giornata tu portavi a casa non meno di quattro o cinque chili di selvaggina. Mi spiace per lui, ma oggi comoggi, credo sia meglio che quellpaludi scompaiano sotto l'avanzardi bei campi di grano e di praterie. In fondo son luoghi di malaridi miasmi e di nessun reddito. Servono solo all'Adda per fare qualchelegante evoluzione e a dar asilo a famiglie di bisce e di ranocchi. In un canto del vagone un giovine ed una ragazza flirtano guardando pateticamente il paesaggio chabbuia. Poi la bracca si mette a russared anche il cacciatore si addormenta con la pipa in bocca. CARLO LINATI.