I vicentini di fronte alla Loggia del Palladio

I vicentini di fronte alla Loggia del Palladio I vicentini di fronte alla Loggia del Palladio VICENZA, aprile. A Vicenza non si parla d'altro, non si discute d'altro, non si scrive d'altro. Tre archi 7 cinque? sette? E il voltntesta verso Contrà Cavour? Riprodurvi tal quale la facciata minore che guarda Contrà del Monte, coi suoi due ordini di colonne e pilastrini e le due statue della Vittoria e della Pace di Lepanto — o permettersi qualche cauta libertà nello scolpire le due statue nuove, poi che il completamen to della Loggia del Capitanio ha da fsere (mirabile ricorrenza, fortunata 1us>one di eventi storici e di fastigi ?rtlsUcl) la frazione vicentina del la noslra vittoria e della nostra Pace? E la Piazzetta risultante dalla demoli jzione, proprio ora compiute, delle de ' - • '" crepile casucce prima addossate alla Loggia? Occuparla in parte con l'edificio progettalo dall'architetto verone- !^e Bttore I^giuoli - o lasciarla sgom^^^^^^^^ penfln deli immensa Basilica manca, accontentandosi di rendere decoroso il rovescio del Palazzo Trissino, opera dello Scamozzi e sede del Municipio? II nome tutelare E' la questione grossa del giorno. Mentre il piccone dà gli ultimi colpi ai vecchi muri abitati da Giacomo I Orefice, l'antico problema sollevato e ipoi messo a dormire chi sa quante volte dal 1908 in qua, diventa — per iusaTe la sacramentale parola — pal Signori miei, si tratte del Palladio, ed a Vicenza non si pro nunzia nome m PaUaQÌ0 lllvano. h colombi hanno un bel volare dalle 1colonne così dette di San Marco ai e a n e n o i o l l e e o o i , a l a e n l o n e . , i i o e o a i i e , - aploggiati della Basilica, tubando fra loro con l'aria di dirsi « Ne abbiam viste d'altre •: — in piazza dei Signori, sull'angolo di Piazzetta Palladio, c'è sempre un crocchio che contempla e commenta. A due passi 1) presso un architetto ha inchiodato al muro un paio di schizzi, una fotografia e un foglio di carta dattilografato per spiegare al pubblico che la « divina proporzione » esige che non tre, nè cinque, ne sette, ma sei siano le campate della Loggia. Ieri un operaio (un muratore a giudicarlo dai panni) guardava, leggeva, crollava il capo : a El Palladio questo? Ma el xe mato sto siorl ». Bene, perbacco, se i giudizi della gente del mestiere hanno da avere un loro peso; e del resto non scalpellava forse i gradini del palazzo di Cricoll il futuro creatore della Rotonda prima che Giangiorgio Trissino lo scoprisse (e perciò gli perdoniamo anche L'Italia liberata dai Goti) e lo menasse con sè a Roma per farne, dice Goethe, « un uomo straordinario per quello che ha sentito in sè e per quello che ha saputo esprimere fuori di sè »? Dunque, la Loggia del Capitanio, e basta, oggi: per tutti i vicentini, dal podestà a quel tal muratore. Perchè la Loggia è del Palladio; perchè il Palladio è il nume tutelare di Vicenza; perchè Vicenza non è soltanto una città regale, luminosa, dolcissima come una bella e nobile signora veneta, ma è anche — tutti lo sanno — il più straordinario museo di architettura viva che esista in Italia, più di Roma, più di Firenze, più di Venezia, perchè se là cinque, dieci, venti architetti famosi hanno alzato chiese e palazzi, torri e fontane con un coro mirabile di varie armonie, qui l'impronta stilistica dominante, anche fra le ogive di Palazzo da Schio o le trine di Casa Pigafetta, viene dalla genialità prepotente di un solo spirito, di una sola niente: dal classicismo olimpico di Andrea Palladio. Qual meraviglia se ogni vicentino nasce con il senso dei ritmi strutturali nel sangue? e se qui veramente, prima che le Commissioni civiche o governative, il popolo è giudice — e giudice sovrano, come all'ombra dell'Acropoli o fra i templi del Foro? Qual meraviglia, infine, se per questo giusto culto, per questa dovuta ammirazione, quel venerato nome tanto si è sparso che oggi su quelle tre campate di cui si attende la definitiva sorte son fissi gli occhi non dico di tutta Italia ma di tutto il mondo, e se il Capo del Governo ha la cosa a cuore come una questione nazionale? E qui chiedo scusa, ma un po' di storia ci vuole. Storia di un monumento Era il Palladio già prossimo alla cinquantina, e da sedici anni aveva dato i disegni della Basilica onde gettare a un vel ii marmi bianchi » intorno al cadente edificio gotico del Palazzo della Ragione, quando la sera del 31 gennaio 1565 i Deputati della Città di Vicenza deliberavano: » Sarebbe opera honoratissìma et gratissima a tutta questa città, comperare tutte quelle case et botteghe che cominciano dal canton della Contrà dei Giudei ove nel presente è la farmacia della Stella e confinano con la medesima loggia e farvi sopra il loco del Consiglio nostro ». L'accennata loggia era una costruzione gotica in rovina: al Palladio, Incaricato della fabbrica (iniziata poi il 25 agosto 1571, l'anno di Lepanto) per a!dare sede degna al Capitaniate, cioè lndslbcaasgrssscPg1cv all'istituzione che doveva impedire aipodestà e al nobili di abusare dellaloro autorità e potenza, si presentava nuovamente il problema di vestire d'ordini classici ì sesti acuti e gli slanci nordici. Sopravvenne intanto la grande vittoria sui turchi (7 ottobre 1571) alla quale molto avevano contribuito le armi vicentine; ed ecco allora la città dedicare al glorioso avvenimento il nuovo edificio in costruzione, adornandolo di stucchi guerreschi e delle due statue allegoriche : « Palman genuere carinae — Udii secura quiesco ». Per qual ragione il Palladio s'arrestò ai tre primi archi7 Per difetto di spazio, o per seguitar poi di pari passo la costruzione con la Basilica ancora incompiuta dall'altro lato di Piazza dei Signori, sempre in omaggio alla euritmia ed alla simmetria? 11 fatto è che la Loggia rimase incompiuta, ma con tracce di immorsature (se non coi disegni del compimento) cui le altre campate avrebbero dovuto saldarsi. Se non che più tardi, invece di capitelli, colonnetimpani e balconi, la Loggia del Capi.tanio, o Sala Bernarda che dir si voglia, vide addossarsi al suo fianco destro umili case per abitazioni e botteghe. Poi i secoli deposero sull'insieme la loro pàtina di colore, di suggestione e di rettorica. Ogni tanto la questione del completamento veni va sollevata: si discuteva, si scartabellavano 1 quattro grandi tomi dOttavio Bertotti Scamozzi su « Le fab briche e 1 disegni di Andrea Palladio raccolti e illustrarti »; poi tutto era rimesso a dormire. 5 maggio 1926: 11 Consiglio Comunale di Vicenza e considerato che nessuna opera risponde meglio allo scopo del completamento della Loggia del Capitanio, che, compiendo ivoto degli avi, donerà alla Piazza deSignori tutto il suo splendore », deliberava a di dedicare alla memoria deVicentini caduti per la Patria e pela Civiltà il completamento della Loggia del Capitaniato ». Apriti o cieloChi s'interessa di queste cose ha ancor vivo nella memoria il vespaio suscitato dalla deliberazione. Una visione inaspettata Prima l'Associazione fra i cultord'architettura in Milano votava un ordine del giorno scongiurando t la città sorella di non voler recare un irreparabile danno all'insigne monumento che, cosi com'è, è un compiuto capolavoro di fama universale al quale qualunque aggiunta toglierebbpregio e autenticità »; poi critici, studiosi d'arte, architetti, giornalisti, avanti ciascuno a dir la sua. Commissioni, inchieste, proposte, consigliprogetti, sdegni, plausi, abbasso, evviva, « E Palladio voleva cosi », t E Palladio non si tocca », « E non saggiungono canti ai poemi incompiuti », « E voi ci rovinate la simmetria di Piazza dei Signori, rettangolarcome tutte le piazze venete », «Sì, ma intanto la piazza va risanata e queste casucce sono uno sconcio che deturpa il Palladio »; un putiferio da non più finire; per degli anni. Pevicentini la Loggia era diventata qualcosa come via Roma pei torinesi(Dico io se è poco...). E fra il giocara scaricabarili delle varie, delle troppe Commissioni, il podestà avvocato Franceschini ci rimetteva la salute. Ma il podestà Franceschini è un ometto alto così che per parlarti devguardare in su alzando la barbettama che quando s'è fisso a un'ideamarcia diritto. « La tradizionale aspirazione di veder compiuto il monumento palladiano non può tollerarla discussione critica o il freddo ragionare del pavido compositore ddubbiezze », aveva scritto serenamente; e volle avere il consiglio del Ducee sottoporgli il progetto del Fagiuol(completamento della Loggia con duarchi; costruzione, sull'area risultantlibera per l'abbattimento delle casupole, di un palazzo arretrato, sul rovescio di quello dello Scamozzi). Risposta pronta, con il consueto intuito : a Cominci a gettar giù quelle catapecchie. Poi vedremo ». Ed ora, da quello spiazzo libero, vicentini da qualche giorno vedonciò che neppure il Palladio aveva potuto vedere: la facciata intera, In pieno e giusto prospetto, della meravigliosa Basilica, stupefacente fugdi archi, colonne, balaustre, statuefantastica titanica armonia che prima si doveva godere in disagiatscorcio o dai soffocati angoli di Contrà Cavour o di Contrà del Monteo là in fondo da Piazza Biava. Chi stato a Vicenza e con trepidazionha volto gli occhi su quello scenariunico al mondo, ben m'intende. Ma tutto ciò non è che cronaca, spure cronaca degna di un grandproblema d'arte. E certe cose non sdiscutono sulla carta, con il compasso in mano e il tiralinee: bisognviverle qui nel loro spirito, sotto questo tenero cielo vicentino, in questvaga primavera che germoglia. Duarchi o quattro? Hanno ragione questi colombi che vanno per la piazzsulle loro zampette rosee e poi s'azano a volo e di lassù contemplanla città intera. L'omaggio a Palladi i [non è forse qui in basso, tra 1 muri, a | che conviene renderlo, ma la In alto. a e i o o o o i — i i ? ù , i o e i o i b o iue o gil ei iei r go! nuri n a n uo ae uasi, vE si ua e a eea ei a i. e po n e a; a, iure adi ne, li e e uoiia 1 o on aa e, io ne, è ne o se de si sna eta ue eza lno io sul colle, di fronte al mistero della Rotonda ». Dinanzi alla «Rotonda » Come piccola mi è apparsa in fondo al viale lungo, attraverso le sbarre del cancello, mentre il vetturino guercio palpava la sua bestia, ansimante, e si attendeva la donna che venisse ad aprire. Ripensavo alle parole di Goethe : « Forse mai l'arte architettonica ha raggiunto un tal grado di magnificenza». Questo? E sentivo in me, più che la delusione, il rammarico letterario della delusione. Dalle immagini della Basilica, del Palazzo Chiericati, del Teatro Olimpico — nella memoria — scaturiva una musica maestosa, vasta, sublime, fiumi di note gravi, rigagnoli di trilli, onde di intrecciate armonie; e questo suono monocorde, invece, fisso, solitario e terso nel limpido aere, tocco metallico su cristalli lucenti, a mano a mano che procedevo squillava — mi pareva — troppo stridulo e uguale, con il fastidio, quasi, di una monotona intensità. Non sapevo che il prodigio era lento at compiersi, e che non la rivelazione, ma ia conquista — progressiva conquista di un ritmo indefinibile — mi attendeva. Ecco il piazzale, erboso, vasto, spoglio. Ecco le sei colonne, 11 timpano, la scalinata, le statue: motivo identico sui quattro lati, sotto la rotonda cupola. La solitudine fatta pietra; una melodia fossilizzata d'un tratto per volontà magica, e costretta a ripetersi indefinitamente, In ogni ora, In ogni stagione. In questo ii miracolo: in questo sènso di eternità reso con masse e linee; in questo sogno cosciente, immutabile, dal cui profondo è vano chiedere il risveglio; in questa terribile semplicità nuda che soltanto i secoli hanno osato vestire di lievi bruniture. « Se delle eterne idee l'una sei tu...»: in quale edifìcio mai, come in questo, il platonismo degli umanisti rivive? Il silenzio era alto; una fascia d'argento, tra il veide, il Bacchiglione. Con tutte le imposte chiuse, impenetrabile, la Rotonda pareva uno seri gno destinato a custodire per sempre un segreto. Eppure il sole intepidiva quei marmi lasciando grandi vani di ombra fra colonna e colonna; sotto il piazzale, nel breve parco, ai rami ancora senza foglie già accennavano le gemme gonfie; lo specchio d'uno stagno iluccicava fra l'erbe, ed un vago odor di violette si spandeva nell'aria. — Chi l'abita ora? — Due sposi giovani. Adesso sono via. La Rotonda l'hanno avuta In regalo di nozze. Sono tanto buoni. La donna parlava placida, e le sue parole sembravano scivolare su quei muri antichi. La Rotonda del Palladio per regalo di nozze; uno degli edifici più celebri del mondo donato così, come si dona un monile. Che stupore, se gli stranieri talvolta non sanno riconoscerci, tanto siamo grandi? Adesso l'incanto era pieno. Non più senso di musica; ma la dolcezza soltanto di uno sconfinato silenzio più forte di ogni possibilità umana; e quel profondissimo oblio di tutto e di tutti che non la natura ti dà, ma la muta presenza delle cose create per l'eterno. Volontà di popolo In Piazza dei Signori, al mio ritorno, il solito crocchio di gente, ferma davanti alla Loggia a guardare e a discutere. Con che strano suono, dopo quel silenzio di lassù, ora mi giungevano le parole. Verrà anche da Roma, in questi giorni, l'architetto Giovannoni per dare il suo parere; e qui è molto atteso, come un clinico chiamato a consulto. Ma ormai non v'è dubbio. La Loggia sarà completata; e per quanto a qualcuno possa sembrar sacrilegio mettere le mani dà dove 11 Palladio lasciò incompiuto il suo lavoro, è giusto che il compimento avvenga. Perchè è Vicenza che lo vuole e — come ha bene notato l'architetto progettista — < Soltanto chi vive la monumentalità dei palazzi vicentini depreca l'incompiuto per il disagio morale e fisico che dà ». In questo caso, forse, più che la voce degli esteti e dei dotti è la voce del popolo che conviene ascoltare. E argutamente il Fogolari ha fatto dire ai vicentini: « Fortunati I veneziani per la loro Piazza, anche nella sciagura estrema, quando il prepotente Imperatore dei Francesi demoliva sacrilegamente il gioiello di San Gemlnlano del Sansovino, ma congiungendo le Procurane Vecchie alle Nuove tutte con la Librerìa, le schiudeva all'ininterrotto gioioso camminare. Resti pure inestinguibile col ricordo dell'antica Piazza del Canaletto e del Guardi, iil rancore degli eruditi contro il distruttore: il popolo, con quanti giudicano con gli occhi, loda Piazza San Marco come la più bella piazza del mondo; e nessuno la vorrebbe diversa ». Tanto si perdona a chi giova alla vita. MARZIANO BERNARDI.