Dopo la corsa

Dopo la corsa Là Milano-San Remo Dopo la corsa ■ Dopo la corsa, Binda aveva il vi•feo du.ro e accigliato, come di uno 'che 6enla un'ambascia dentro di sè .e non voglia farne parte a nessuno, la fola lo stringeva che quasi gli levava il respiro, e diecine di faccie .sconosciute si spingevano contro di <iui, congestionate, urlanti: « Viva ©inda! Viva Binda!». 11 vincitore ■della corsa li guardava con gli occhi stanchi, un po' incavati dalla 'jfalica. Una patina di.fango gli si era ? «temperata sulla faccia, e come il calore della carne l'aveva rappresa, ì [adesso gli formava una specie di maschera con tante grinze, come •quelle che si mettono gli attori giapponesi. Un meccanico della sua C:a;*a lo aveva, liberato della bicicletta, che adesso si vedeva portata a braccia, in alto, ondeggiante sulle teste i e sui cappelli. Un inglese vestito di jgrigioperla, con le ghette bianche, i ^affetti alla Lloyd George e la faccia • laccesa di quelli che gli piace il \ !«wisky», era stato preso in quella Jcalca e veniva sballottato di qua e ■Mi là ad onta delle sue gutturali ^proteste. Tutta quella gente si dava | .delle gomitate e si pestava i piedi, jgridando senza una ragione, che pareva di trovarsi in una città del Sud. I fotografi sbraitavano per fare f'jun po' di spazio attorno all'uomo che rivolevano ritrattare; zak!, pareva l Sfatto, ma dalla folla ne spuntava un l <faltro con la sua scatola, che gridag iva: — Un momento! — e Binda accontentava anche quello, ma senza .che un sorriso gl'illuminasse la mafi jschera di creta e di sofferenza. Ave'iva l'aria patita di uno che gli aves: psero imposto una fatica tanto greve; ,(egli l'aveva compiuta perchè quella •fera la sua sorte; adesso che aveva fìj jnito lo lasciassero andare in pace, col suo cruccio nascosto. Delle auto (mobili strombettavano per farsi lar vjgo, e avanzando in quella folla a passo d'uomo davano con le pancie "'idei parafanghi nella schiena della gente che non pensava a protestare. <.-<<Àdesso la curiosità si era pollata j&u un altro; Binda era salito su una automobile e si allontanava; e come -iun nugolo di mosche, urtandosi, 'Bronzando, correndo, quelli si erano ' portati verso il secondo arrivato. .Guerra portava la maglia tricolore, •'e il. rosso e il verde ciano ancora vivi e splendenti ad onta delle pillacchere di fango' che ricoprivano | l'uomo. Quei colori violenti mette vano sul nero della folla una bella macchia, un segno di vita. 11 corri dorè sorrideva per rispondere alle srida di «Bravo!», mostrando una doppia fila di denti grossi, robusti . idi campagnolo abituato a mangiare iil pane secco e duro. Se Mara aves: 'se trovato negli estremi momenti la Sforza di lottare coi primi e di sorpassarli nel guizzo della volata, la eente lo avrebbe assalito e portato -an trionfo, ma il vincitore dell'anno "scorso non ne era stato capace, e "adesso passava tra la calca quasi anosservato, piccolo, magro, col ciuffo dei capelli rossi attraverso la fronte corrucciata. Più in là, un altro corridore si lamentava di .aver ricevuto, un urtone durante la volata; i curiosi andavano da lui, e sen, za sapere di che si trattasse dicevano che aveva ragione. Gli spettatori che avevano pagato venti dieci cinque lire per il posto sulle tribune erette ai lati della strada, ne scendevano, e a gruppi sciamavano veri so le loro pensioni ed alberghi mentre sopraggiungevano i ritardatari jche firmavano il foglio di controllo ;e scesi dalla bicicletta si guardava ncqpqlsrtpptacppdscmdcmrgmscnscvsscpiino attorno con l'aria trasognata Aichi arriva per la prima volta in una(città. C'erano molte signore e signq-ri, vestiti col lusso di questi posti, chi ancora in pelliccia e chi con afoi|ti bianchi, leggeri, vaporosi; avevano assistito al rapido passaggio sul (traguardo dei ciclisti impolverati e infangati, curvi sulle biciclette come monaci questuanti; essi ben poco potevano sapere di tutto quello che (vogliono significare queste corse codine passione di folle e interessi del l'industria, e magari si chiedevano -"perchè quei bravi giovani non erano yenuti a San Remo col treno. ! Poco alla volta la strada si sfollò; %ul posto non rimase che uno della jGiuria a controllare gli ultimi amivi; e il tardo pomeriggio domenica £~!Ie tornò ad avvolgere le cose con la " sua torpida annoiata stanchezza. iVecchi inglesi andavano lentamente '.verso la passeggiata a mare incrociando gli ultimi capannelli di curiosi che ritornavano in città commentando l'epilogo della corsa in quel dialetto della riviera che ha perduto fla molle cadenza del genovese per diventare aspro e saltellante. Gente del luogo, che ogni anno viene a vendere la corsa immancabile come l'avvicendarsi delle stagioni. Potrà tardare a anticipare di qualche settimana, ma «la Milano-Sanremo» non manca mai all'appuntamento con la primavera su queste spiagge sfiorite sotto le roccie gialle come dolomiti, in faccia al mare che a momenti è turchino e poi diventa ver ìde come la giada. Gli anziani ricordavano di aver visti gli, arrivi dCanna e dei francesi tanti anni fale i più giovani stavano a sentire• ma in cuor loro esultavano elli per sia vittoria di Binda e chi dava ragione a Guerra che si fa più benvolere perchè sorride a tutti ed è stato bersagliere. Anche negli alberghi e nelle trattorie s-i sfogavano i sentimenti verso questo o quel eorridoTe. Tutti eraho affamati, venendo dlontano, benché in automobile; e facendo scomparire-montagne di pastasciutta e di ravioli, ingollando ettolitri di «dolceacqua» che è — per chi non lo sapesse — un delizioso vino tipico locale, si affannavano col boccone in bocca a dire ognuno la sua. Tutti erano competenti, competentoni; a giorno di tutti i misteri che si svolgono dietro le quintdello sport; liquidavano Binda con una frase; stritolavano Girardengcon un « sentito dire »; portavanalle stelle chi Mara chi Guerra chPiemontesi secondo le simpatie e lpreferenze personali. .Negli altri aberghi dove si erano alloggiati corridori, salvo che in quello dovgtavano festeggiando il vincitore, sincrociavano querimonie e non si vedevano che musi lunghi. I ciclist's'erano lavati, puliti, rivestiti dfjganni borghesi e attorno alle lungh tavole mangiavano con formidabile voglia, ma i discorsi erano pochi, e e le frasi cadevano circospette, con un non so che di sospettoso e di acre. C'erano di quelli pei quali la corsa si era risolta in una bruta fatica senza un compenso purchessia; nessun premio gli toccava, e miracolo se, a spartirsi quelli dopo il quinto arrivato fra i classificati a pari merito, venissero fuori una quarantina di lire a testa Meno male che le spese le sopportano le Case, se no non ci sarebbe gusto a correre e rimetterci di tasca oltre la fatica. La grana più grossa era scoppiata alla tavola dei « biancocelesti » perchè Piemontesi non s'era, adattato ad attaccare la volata a Mara ma aveva badato ai fatti suoi, forse perchè sperava di vincere. Già erano partiti da Milano in contrasto sul punto che a Piemontesi era stato ordinato dalla Casa di mettersi a disposizione di Mara, per tutto quello che questi gli avrebbe comandato, ma il primo, focoso e insofferente di questa limitazione, aveva risposto chiaro e tondo rli no. Mezz'ora prima della partenza discutevano ancora, e fu per questo che arrivarono gli ultimi al controllo e si partì con mezz'ora di ritardo sull'orario per aspettarli. Il disaccordo in famiglia cominciò a manifestarsi presso Finalmarina quando alla testa della corsa rimasero in quattro, di cui almeno tre avrebbero- dovuto trovarsi della stessa idea di aiutarsi a vicenda per non essere più raggiunti. Erano questi Piemontesi, Mara e Bovet; ma il primo si rifiutò di fare la sua parte di lavoro, sicché anche Caimmi che pur era disposto .a dare una mano, non volle saperne di « tirare », e andò a finire che tutti insieme rallentarono, e prima Guerra e poi Binda li raggiunsero. • L'episodio magnifico nel suo inizio, che avrebbe potuto dar vita a una «corsa alla francese» si esauriva in tal modo, in brutto modo. Attorno a un'altra tavola in un altro albergo Guerra dava ascolto ai consigli d'un cattivo consigliere e sì induceva a presentare un reclamo alla Giuria incolpando Binda di scorrette manovre. Quando si arriva secondi e si reclama contro il primo significa che si vuol prenderne il posto oppure che si intende denunciare un fatto molto grave, disonorevole per chi lo compie, contrario al fair play che informa la leale onesta competizione fra uomini sportivi, specie se professionisti. Ma era questo il caso di Binda che scostò da parte Martano che gl'impediva di passare? Le discussioni s'incrociavano, ognuno diceva la sua; Martano non si dava pace e forse non pensava che la sua sorpresa e e e e a proveniva dal fatto che per la. prima volta dacché ha lasciato le corse dei dilettanti era venuto a trovarsi in compagnia degli Assi. Verrà il tempo della fortuna anche per lui, e appena i velodromi lo ingaggeranno anche lui imparerà queste malizie del mestiere, e non subirà più spinte ma agirà in modo da districarsi in ogni trambusto. Tutta la città salvo quella che pensava ad altre cose continuò a parlare della corsa per tutta la sera. I giornalisti s'erano chiusi nelle camere a riempire le cartelle che avrebbero poi dettale agli stenografi lontani cent.iinaia di chilometri. Poterono telefonare soltanto all'una di notte perchè a San Remo il servizio intercomunale funziona molto male e c'era un filo solo sul quale comunicare col resto del mondo. Anche essi non andavano d'accordo nella valutazione degli episodi e degli uomini: quando si ritrovarono all'ufficio telefonico e si rimisero a scrivere, di tanto in tanto levavano il naso dai fogli e con la stilografica, trinciavano nell'aria dei segni che pareva dovessero dar forza ai loro discorsi. Siccome parlavano soltanto pei presenti e non pel pubblico erano senza cautele, e ognuno lasciava vedere le sue simpatie o viceversa. Chi dava dei pelandroni agli Assi, chi esprimeva la curiosa idea che la causa dell'arrl vo in gruppo fosse da ricercare nelle strade asfaltate, chi diceva che si trattava in fondo di cose di scarsa importanza, e che quella di seguir le corse è una vita da caniBinda era partito col « lusso » dmezzanotte, lasciando vuoto il suo posto al banchetto dell'indomani aCasinò. Qui si era pensato di mettere un ingrandimento fotografico del vincitore su una sedia, ma la idea poco seria venne scartata. 1 battuti erano partili alla spicciolata; gli ultimi a lasciare San Remo salirono sui treni del pomeriggio dopo aver messo le biciclette nel bagagliaio. La vana fatica^del giorno prima era soltanto un ricordoneanche troppo fastidioso; quei giovani avevano imparato presto nella vita che non tutte le volte si può vincere, e che, al postutto, il mestiere del corridore è duro assai, i guadagni sono scarsi e per uno che riesce a farsi ricco cento rimangono sui bordi della strada in compagnia delle illusioni afflosciate come i tubolari bucasti. Pensavano già alla prossima corsa, e guardavano il mare passare rimuginando ognuno l'idea della rivincita e quel che dovevano dire a casa per giustificare di non aver guadagnato alcunché. VITTORIO VARALE.

Luoghi citati: Mara, Milano, San Remo, Sanremo