La meravigliosa città risorta

La meravigliosa città risorta La meravigliosa città risorta L'imponente aspetto di Tokio riveduta sette anni dopo la catastrofe -- Un'opera ciclopica Grattacieli a sfida del terremoto Cinquanta piazze, 400 ponti sul fiume, 500 chilometri di strade, dieci miliardi di spese La contemplazione dell'Imperatore ■ <r» A. r, NOSTRO I 1* V X A. '.T O) <r» A. r, TOKIO, gennaio. La flsonomia della nuova Tokio si può riassumere nella breve ina grandiosa statistica del suo rinnovamento edilizio, iniziatosi subito dopo la catastrofe del 1923 e portato a termine nel marzo dell'anno scorso. Rinnovamento che a prima vista sembra una sfida al futuri commovimenti tellurici che non potranno mancare di mettere alla prona, come del resto olà è avvenuto, le nuove opere degli uomini, ma che viceversa rappresenta la miglior difesa che i giapponesi potevano erigere contro il terremoto e contro gli incendi che fatalmente ne derivano. La campana del grattacielo Dimostralo che fu il fuoco a provocare nel '23 le stragi maggiori e dimostrato pure che la tragicissima impossibilità nella quale si trovarono gli amianti della riva sinistra della Sumida di sfuggire alle flamine, divampate contemporaneamente in ottanta punti della metropoli, venne determinata dalla angustia delle piazze ma soprattutto dalla deflcenza di ponti sulla Sumida medesima, si tracciarono Di grandi piazze a giardini nel nuovo abitalo tokiola e si gettarono sci grandi ponti e 400 piccoli, incombustibili lutti, sul fiume largo come il Po a Torino. Inoltre le costruzioni in ferro e cemento hanno ovulo piena vittoria su quelle in legno e mattoni. Nel '23 quattro quinti di Tokio bruciarono o crollarono. Si sottrassero all'effetto dell'immune rogo e non riportarono che lievi danni dalle tremende scosse, i mezzi grattacieli presso la stazione centrale, il famoso « Hotel Imperiale » che tutti avevano condannato a priori tanto da provocare la morte per crepacuore del suo costruttore nord-americano, e qualche altro edificio del genere. Quindi Tokio ha voluto e veduto l'avvento in grande del grattacielo: 875 mila ettari del suo terreno sono stati coperti da costruzioni all'americana. Infine ven nero tracciati quasi 500 chilometri di linone strade e tre vastissimi parchi. Tokio, la modernissima capitale del Giappone, è diventala dunque la meno giapponese fra tutte le città dell'impero. Il tìpico ibridismo che impressiona sfavorevolmente lo straniero in tutte le grandi agglomerazioni del paese, è scomparso a Tokio in modo definitivo. Starei per dire che essa è la prima città americana del globo che ha. saputo plasmare armoniosamente l'edilizia americana, toglierle quel non so che di inesorabile e arido che esprime nel suo paese d'origine^nobilitarla infine sino a rappresentare una superba vittoria sull'insidia immanente della terra infida. Per provare queste impressioni tìisogna appartenere alla non numerosa schiera — è il mio caso — di quegli occidentali che vissero qui le settimane spaventevoli della catastrofe, che videro in tuMo il suo orrore la faccia, della tragedia giapponese, la quale aveva cancellato Yokohama dalla carta del mondo e ridotto Tokio un caotico, sterminato campo di informi rovine e di morte. I desolanti ricordi Ricordo : Ero sbarcato a Kobe pochi °iorni dopo catastrofe trovandone i 'pTlmi ™oni a duecento chilometri dalla — , l e capitale, dove le sconvolte ferrovie non funzionavano più. C'era stata la vera danza delle montagne, l'effettivo agitarsi della terra ■ come oceano in tempesta ». I muri di sostegno della strada ferrata eran tutti crollati, i ponti pre cipitali nei torrenti come cassoni dai toro pilastri di sostegno, enormi frane distaccatesi dall'alto mostravan la fac eia nuova dei fianchi delle valli. Intere campate dì rotaie di duecento, trecento metri di lunghezza stavano sospese in aria a due, tre metri dal terreno, a indicare l'onda di sollevamento del suolo. Desolazione dovunque lungo la strada e folle enormi e rassegnate, Nelle prime ore del pomeriggio del terribile V settembre, l'imperatore, infermo di mente, aveva avuto un ritorno di coscienza. Informato che centinaia di migliaia di scampati s'eran rifugiati nel viali attorno ai fossati, in un'atmosfera infernale, arroventata dal fuoco, ordinò che il parco fosse aperto al popolo. E il popolo giapponese, senza più case e averi, all'imo del dolore e della miseria, entrò cosi, per la pri ma volta nella sua storia, nella dimora del Mikado. Entrò, si sparse sotto i boschi, e si accampò in un ordine prodigioso senza produrre il più piccolo guasto, senza strappare un fiore. U giorno dopo visitai due dei punti più impressionanti della capitale distrutta, ma congestionata da un'immensa folla: il quartiere dei diverti menti di Akasuka dove tremila gheise eran perite nell'incendio dell'* posai vara t e la piazza di Honjiò che vide la morte per asfissia delle quarantamila persone che vi avevano vanamente cercato, un rifugio. Ad, Akasuka il paferricvuto temeraglidedi mamomiin imsiludmedi ghrealAcelita strcovenest.rl'isutezidaveunqudemactegimsedicamGLziIngitrimpesprie T« ae imsordteveGdtaTgdrocivzlemLpgrvgltdldpdppsnpilprrtua articolare più impressionante era ofrto dal tempio della dea della Misecordia rimasto intatto, fenomeno douto — affermava il popolino — al fat che gli alberi del parco attorno al mpio per intercessione della dea si an messi a piangere lacrime dalle foie compiangendo la miseranda fine elle gheise. Ad Honjiò, in un quadrato duecento metri di lato ì soldati creavano metodicamente al petrolio le ontagne dei cadaveri dei quarantaila asfissiati. I bonzi avevano elevato n un angolo della piazza degli altari mprovvisati ed una folla compatta e lenziosa circondava gli altari. Non si diva che il rumore tragico delle fiame dei roghi ed un sommesso rullar tamburo che accompagnava le prehiere dei bonzi. La giornata era sena e il cono del Fusinama splendevi l sud, bianco di neve... Alla stessa guisa che la guerra acende le più. sublimi ed abbiette quatà umane, il cataclisma aveva messo nudo l'anima giapponese. Nei bassi rati sociali le masse fremevano d'in omposti, folli impeti di ribellione e di endetta. A parte gli episodi del geere del comunista Ymazau {un mae ro di scuola) il quale quando vide incendio avvolgere Tokio s'arrampicò ulle macerie per gridare al popolo errorizzato : « Banzai per la rivoluione .'» {la polizia accorse e un, solato feri con un colpo di baionetta al entre l'Ymazau, che cadde battendosi na mano sulla fronte e dicendo : * E' ui che dovete colpire ! ») ; là massa ell'enorme popolazione di Tokio {due milioni e mèzza allora, quasi tre oggi) ccusava americani ed europei di esere i responsabili principali delle strai, per l'introduzione in Giappone dei mezzi occidentali: gas, elettricità, caeggiati, ferrovie, che in quel momento i suprema angoscia sembrarono uniamente micidiali elementi datori di morte. La contemplazione del Mikado Che magnifica rivalsa si è preso il Giappone da quegli stolli pregiudizi! L'occidente oggi trionfa a Tokio I Qualche giorno prima della celebraione della rinascita il Ministro degli nterni Adachi divulgava un messagio che riconosce l'importanza dei conributo occidentale nell'opera, davvero mmane, della ricostruzione. « Noi giap onesi — ha detto il Ministro — siamo sultanti al pensiero che domani l'imperatore ispezionerà l'intera metropoli icostruita. La catastrofe di sei anni mezzo fa devastò la miglior parte di Tokio e distrusse parecchi miliardi di yen » di ricchezza nazionale. La giaantesca impresa di rifare la capitale e il suo grande porto {Yokohama), fu mmediatamente decisa dal Governo otto gli auspici dell'incitamento impeiale. Non vi fu mai al mondo lavoro di tanta mole compiuto in così breve empo. E fu reso possibile dall'alta virtù di Sua Maestà, e dall'inflessibile energia del popolo giapponese. Ma il Giappone ricorderà in eterno il nome dei grandi tecnici stranieri che lo aiuarono a realizzare, con la nuova Tokio, il prototipo della capitale d'un grande Stato, sulla quale potranno modellarsi le metropoli dell'avvenire. La cerimonia dell'* ispezione imperiale », delia vecchia Yedo rinata, fu oltremodo suggestiva. Un apposito palco era stato eretto nel Parco di Ceno l più popolare ed antico di TokM. dove avvengono le Grandiose celebrazioni della fioritura dei ciliegi, perchè 'Imperatore Hiro Hito potesse salirvi e contemplare in un lungo raccoglimento la veduta dell'intera metropoli, L'ultima volta che Hiro Hito era ap parso al Parco di Vena rimontava al giorni della catastrofe, quando come reggente e principe ereditario, a eavallo, e circondato dal tuo Stato Maggiore, aveva misurato la vattità dell'immane disastro che si stendeva sotto i suoi occhi, come un generalissimo di fronte al terreno dove fosse passata la furia della battaglia. Battaglia perduta allora, esaltante vittoria oggi. Ipalco non è provvisorio, ma costituito da una costruzione duratura perchè posteri tappiano che in quel luogo la persona divina del Mikado, che riassume in tè tutte le virtù nazionali, dinanzi ad una tavola coperta dalla pianta topografica di Tokio, consacrò il trionfo giapponete sui più sgomen levoli elementi della natura. In quel solenne momento tutto il popolo nipponico pregò con il suo imperatore, rivolgendo il pensiero allo «spirito della celebrazione*. Dal Parco dCeno il corteo imperiale composto dtrenta automobili {Hiro Hito era in uniforme di generalissimo e nella vettura che lo portava sedeva di fronte a lui il solo ammiraglio Suzuki) iniziò il suo giro per Tokio fra l'esaltazione di tutto il popolo schierato, ras sando anzitutto sotto Varco di * babà saki moft», colossale monumento decorativo, di proporzioni triple dell'Arco i o o i i i i e u o o e a e l e a n u è i , l e o a rl o a sia ò n oeidi di n te ias à eo. di Trionfo di Parigi, destinato a perpetuare il ricordo della ricostruzione. Attraverso quindi il nuovo Parco di Hlbya, e per il cuore della city tokiola, sfilando sul frante degli innumerevoli grattacieli dei quartieri di Kanda, di Koishikawa, di Uongo, andò a fermarsi alla porta di Tayasu, aperta nella muraglia dell'antico Yedo. Quivi, seconda contemplazione della veduta della metropoli e ricevimento delle maggiori personalità 'he diressero la ricostruzione. Rievocazione di un messaggio su —di uinvetà. un lizzro dcomto ocettdi marlo sno fermte aRFra le quali autorità la più insi-\sengne è il venerando ammiraglio Yama- inia moto. Primo Ministro del Giappone I senall'epoca della catastrofe. I lettori de\Te l*La Stampa* ricorderanno per il bellissimo messaggio di gratitudine diretto agli Italiani, ch'egli volle personalmente consegnarmi nel settembre del 1923, perchè lo divulgassi nel nostro Paese. « Nella penosa prova che il Giappone sta attraversando — dicevano le parole dell'Ammiraalio, superstite della battaglia di Tsushima, — è stato particolarmente commosso dalle simpatie prodigatemi dall'Italia. L'osservanza d'un giorno di lutto nel vostro Paese è penetrata al cuore del popolo giapponese; imi siamo altresì assai riconoscenti del caritatevole intervento della Croce Unssa. Italiana, e di tutte le offerte di soccórso che l'Italia ci ha generosamente fatte. Quando al indomani della guerra voi doveste ri stabilire la prosperità delle regioni devastale, non avete perduto il coraggio e vi siete messi gagliardamente all'opera. Noi v'imiteremo! — Yamamoto» Dalla sosta di Tayasu, l'Imperatore passò alla visita particolare degli edifici piil insigni, e quindi per il quartiere di Akasuka ed il parco della Sumida, andò a rendere omaggio alla memoria- delle vittime della piazza di Honjiò, dove è stato eretto un grandioso monumento espiatorio. Fu quindi la volta dei maggiori ponti sulla Sumida di ricevere il, crisma dell'imperiale presenza. I ponti erano stati decorati in quella guisa di cui solo la fantasia e il buon gusto nipponici conoscono il segreto. Cento e più treni, nei giorni che precedettero l'ispezione imperiale, avevano portato a Kioto tutte le fioriture dell» isole meridionali, per modo che la capitale s'era rivestita d'una prodigiosa primavera artificiale. L'ultima sosta dell'Imperatore in quel memorabile 25 marzo 1930, fu al Teatro di Kabusika, che sfida i più grandiosi di Manhattan, e che sorge nella strada di Tokio, che i giapponesi amano chiamare la « Quinta Àvenue » della loro metropoli, poiché è la maggiormente lussuosa. Una mistica adunata nel parco reale Come ho detto, mentre il 25 maggio fu consacralo all'* ispezione » imperiare, il 26 venne dedicato al rito ancestrale shintoisla, per invitare gli spiriti degli antenati imperiali a partecipare alla gioia della Nazione. Per ia celebrazione del rito, l'Imperatore aveva invitato 56 mila persone nel parco del suo Palazzo, vale a dire J'« élite » di tutto il Paese. Seguendo un complicatissimo cerimoniale, secondo il quale Hiro Hito risultava seduto dinanzi ai l'imponente assemblea, nel punto dove il fondatore della Monarchia Kimigaio decise di erigere Yedo a capitale del Nord, i convenuti furono pregati, prima dell'arrivo del Sovrano, di scoprirsi e di togliersi ì soprabiti. La cerimonia culminò nelle parole imperiali, che nessun amplificatore « radio » trasmise, e che i numerosissimi invitati ascoltarono religiosamente. Il Mikado disse semplicemente che secondo la sua personale osservazione la capitale era stata rifatta per intero e amplificata del triplo. Confidava quindi che i cittadini avrebbero con servato eternamente il culto del mira bile sforzo compiuto. Allora il Primo Ministro ìlamaguchi dette il segnale per i tre « banzai » tradizionali, che risuonarono altissimi e furono uditi dall'intera metropoli. Fra le moltissime osservazioni che si possono fare sulla nuova Tokio m limiterò ad accennare che la municipalità ha completamente abolito le antiche vetturette trascinate da uomini, che il dieci per'cento soltanto degli abitantl maschi della capitale porta ancora il kimono e che il costo complessivo della ricostruzione si aggira attorno al miliardo di yen {dieci miliardi di lire). La vecchia Tokio, dalle casupole di legno e dalle stradicciuole tortuose, è completamente scomparsa. Aggiungo però, per all amatori del pittoresco, che le altre grandi città nipponiche: Kobe, Osaka, Kioto, Nagasaki, Simonoseki-Mojl. non hanno grandemente modificato la loro antica e caratteristica flsonomia. ARNALDO CIPOt-LA. era avrtà, tirsprelonpotper morchemonla se si ascnegto rianurescolto danvanSotpasviadoldi ledRoRopasnotracomquee pconla QvisAlerorplarutsi ziosptà l'atà.nesuLaso ai ava innocaziostrsi ornesieprquinzitel'uegl'iprniLainsitienoarIndestRpetachplspranchppblpDtosesedcaEpuda