Alpinismo classico ed arrampicamento

Alpinismo classico ed arrampicamento Alpinismo classico ed arrampicamento Quel oh* pensano del risorto Club Accademico gli alpinisti veneti • Dlohlarazionl di famosi toalatori sulla distinzione fra l'alpinismo olassloo e II moderno sport dì arramploamento • Una discussione ohe apporterà della neoessaria chiarezza Belluno, 3 notte. Preannunciato dalla pubblicazione dea nuovo Statuto del Club Alpino Italiano e da altre provvidenze che comprovano come l'ente atlldato alle cure dell'on. Manaresi stia per esser messo sulla buona strada, il fervore d'opere che ne risulta è rilevante e degno d'elogio. L'organizzazione del Consorzio guide e portatori, il funzionamento degli organi direttivi e amministrativi, la ricostituzione del Club Accademico sono fatti che documentano l'esistenza d'uno spirito fattivo ed energico che non potrà non favorire lo sviluppo e 11 potenziamento dell'alpinismo italiano. Un fatto che stabilisce il fervore dianzi accennato si può trovare aei l'Interessamento destato fra le schiene giovanili, quindi più attivo, dei srfci del Club Alpino, dall'intervista concessami dal dott. Balestreri a riguardo del Club Accademico. Ma come il compito del giornalista non 'può limitarsi e una esposizione di idee e di propositi, anche se egregi, espressagli in una intervista sebbene deve tener conto delle aspirazioni, delle richieste, dei particolari che una data riforma od opera risveglia e mette in luce, cosi ho pensato — anche perchè messo sul • « chi vive » da una frase dello stesso dott. Balestreri — di conoscere che cosa pensassero dell'» Accademico » gli alpinisti veneti, e segnatamente quelli trentini e cadnrini che per numero e valore detengonoMl primato. Il primo peoeato dell'alpinista L'inchiesta, naturalmente condotta fra gli elementi più attivi dell'alpinismo dolomitico, è sboccata a queste conclusioni: una parte degli Interpellati si è pronunciata contraria alla partecipazione al C.A.A.I. per motivi puramente ideali, l'altra — pur non escludendo di aderirvi — ha espresso riserve ed obbiezioni di vario genere, soprattutto pratiche, delle quali non si potrà non tener conto. Il primo interpellato mi ha fatto osservare che per quel senso di solidarietà sociale che anche gli alpinisti devono avere, c'è la grande famiglia del C.A.I., con la relativa quota, rifugi, commemorazioni, sedi, bollettini, pistolotti posi prandium. — Sparo grosso — ha dichiarato Renzo Videsott, trentino —: lamore perfetto {intendo cielo e terra) paga il fatale contributo a certe malattie, al rufflanesimi ed altre brutture, come l'alpinismo puro — fatto con due anime e una corda — paga uguale contributo di volgarità all'alpinismo cittadino. Ma è una necessità e non la discuto, come non mi ribello a una tem pestata sui miei vigneti. Oggi come oggi, l'alpinista che entra nel C.A.A.I. commette il primo peccato dicendosi: 10 sono 11 fior flore. Allora io devo convenire che il C.A.A.1. ha per anima la vanità, mentre l'alpinismo ha per anima il rischio ignorato. Purtroppo, l'ambizione filtra in tutti; e perciò l'alpinista puro è quasi inconcepibile. L'ambizione serve per l'incominciamento, ma bisogna poi sdegnarla, come chi, caricatosi d'un sacco di monete di rame se ne libera quando ne trova un altro di monete d'oro. Perciò l'unico scopo meritevole del C.A.A.I. è, secondo me, quello di attirare quan ti di roccia non se ne intendono, ma quando la buona sagomatura è stata loro data, vadano per loro conto ad arrampicare e non si facciano più vedere I Solo pensando che potesse creare dieci nuovi buoni alpinisti, aiuterei l'« Accademico », facendo forza al mio convincimento. Le dichiarazioni del giovane, e già celebre, arrampicatore trentino non mi hanno sorpreso, conoscendone l'alto sentire e la. repugnanza per qualsiasi forma d'esibizionismo, anche quando questo sia giustificato e necessario. Il dott. Videsott non ha mai voluto scrivere le relazioni delle sue prime scalate, lasciandone l'incarico e l'onore al suo secondo di corda, Domenico Rudatls. . Il Campando di Val Montanala La conversazione col fedele compagno di Videsott è slata più ampia e si è aggirata su quasi tutti gli argomenti trattati nella suddetta intervista. Sulla ricostituzione del C. A. A. I. 11 Rudatis cosi si è espresso: — Essa è opera che poggia'su aspirazioni ideali e su ragioni pratiche ben fondate, e perciò potrà»— ed ogni alpinista italiano deve augurarselo — pervenire alla realizzazione di compiti importantissimi pel futuro incremento dell'alpinismo in Italia. Il dott. Um berto Balestreri è un uomo d'intelligenza, animato da intendimenti veramente ottimi, che sta benissimo a capo del risorgente C. A. A. I. Se la ricostruzione riuscirà difettosa ciò di penderà da circostanze non del tutto dipendenti dalla sua volontà. — Potrebbe precisar meglio7 — Voglio dire che il presidente del nuovo C. A. A. I. nel mijrare ad infondere a questo una esistenza veramente nazionale e quindi ad ottenere un vero affiatamento con gli ambienti alpinistici delle Dolomiti, si troverà ostacolato da due ordini di difficoltà. E cioè, in primo luogo, dagli errori ac cumulati negli anni scorsi dal prece dente C. A. A. 1., errori che hanno fatto perdere ogni prestigio all'Ente: e poi, dallo grandi differenze che il moderno sviluppo dell'arrampicamento ha ormai interposto fra le proprie direttive e quelle dell'alpinismo classico. — Per intendere esattamente la natura dei predetti errori — ha proseguito Rudatis — va anzitutto premesso che l'alpinismo piemontese, espressione italiana dominante dell'alpini smo classico, possiede ricchezza, no biltà e continuità di tradizioni, e che appunto da queste il C. A. A. I. ha avuto origine e in seno a queste ha evolto la sua vita. Tutto ciò è ben chiaro, ed in tal senso ò anche logico òhe Torino sia stata consacrata come sede fissa dell'attuale C. A. A. I. Ma nelle Tre Venezie la situazione politi éa di anteguerra impedì il collegamen to alpinistico, e ciò che sorso come C. A. A. I. era, nel numero e nella qualità, appena un embrione dell'ai pinismo dolomitico di quel tempo. Do po la guerra tale nucleo embrionale si Allargò alquanto, tuttavia senza riuscire a sorpassare la dignità di gruppo di secondaria importanza rispetto al complesso degli scalatori delle Tre Venezie. Quell'istinto di riservata nobiltà che accompagna l'alpinismo profondamente ed eroicamente sentito, mal si accordava con la flsonomia particolaristica e decorativa che il C. A A. I aveva assunto nella regione veneta. Fisonomia che si tradì con fatti che manifestarono, in certi casi, lo smarrimento di quel sano criterio di misura e di controllo, di quella lealtà sportiva, di quell'austerità, senza la quale nessuna forma di alpinismo vero può reggersi. L'affermazione, era grave, ed io ho pregato il mio interlocutore di darmene spiegazione Allora egli ha accennato al « caso » del Campanile di Val Montanala, la cui scalata per lo Strapiombo nord, annunciata per fat¬ tDsdcRadsapqngcccsltsnplsssqdcnpuz ta nel 1925 nella Guida Berti delle Dolomiti Orientali èdita sotto gli auspici del C. A. I., è tuttora oggetto di discussioni nell' ambiente alpinistico veneto e, purtroppo, in quello austriaco e tedesco. — Nel settembre scorso — specifica Rudatis — una spedizione di ottimi arrampicatori, fra cui il Piàz, si recò sul posto constatando la scarsa attendibilità dell'impresa. Il « Kleftersport » di Preuss — Sono inoltre di dominio pubblico — ha soggiunto Rudatis — altri episodi, che documentano di deliberate alterazioni della verità. Si pensi un po' se a tutti gli sport venisse esteso questo trasformismo! Fotti di tale genero non potevano non abbassare grandemente il prestigio del C. A. A. I„ c il generalizzarsi d'un senso di sfiducia andò naturalmente a scapito della considerazione in cui erano tenuti dagli arrampicatori dolomiti gli alpini sti delle altre regioni, che magari degnissimamente sostenevano l'onore dell' associazione. — E dell'altro genere di difficoltà cui in principio ha accennato, cosa può diro che giovi a chiarire la situazione? — Il moderno sviluppo dell'arrampicamento è tale che, per coloro i quali non lo hanno praticamente vissuto e bene interpretato attraverso conoscenza diretta di uomini e di cose, assai difficilmente riesce comprensibile nella sua vera essenza ed entità. L'egregio dott. Balestreri cita il nome di Paul Preuss a smentita del rigore della di sttnzione tra arrampicamento ed alpinismo classico. Il grande Preuss eccelse In ambedue i campi, n-a appunto per questa sua doppia competenza fu proprio tra i primi e più autorevoli a porre tale distinzione. Infatti, nella nota riunione tenuta il 31 gennaio 1912 preso la Selttion Bayerland, della quale Diilfer tenne la relazione, Preuss stabili Ja distinzione tra « alpinismo • e « sport d'arrampicamento » (Klettersport), ed il famoso alpinista Georg Leuchs presente alla riunione dichiarò già allora molto appropriata la distinzione poiché — egli disse — . non si può negare l'esistenza, di fatto di questo sport d'arrampicamento ». Ciò nel 1912. Orbene, si pensi che il grande sviluppo, la precisa determinazione dei criteri e l'elevazione della tecnica dello sport d'arrampicamento furono realizzati dopo il 1912, per opera prevalentemente di DUlfer, e si avrà un'idea di quanto la predetta distinzione sia stata rinsaldata. Dopo aver accennato allo statuto del C.A.A.I., del tutto conforme a quello precedente e quindi muto a riguardo del moderno sport d'arrampicamento, il mio interlocutore viene a parlare della quota sociale e delle regole per l'ammiss.one. — Purtroppo In materia di quote — egli dice — la tradizione non viene mai rispettata. Se si considera che l'arrampicamento esige maggior gioventù elle l'alpinismo, appare subito che chi soffrirà maggiormente di tale impostazione sarà proprio l'arrampicamento» Per l'ammissione a socio del C.A.A.I. era preferibile precisar meglio i requisiti richiesti. Le indicazioni date sono tanto vaghe che non dicono niente. E il lasciar tutto in mano ai fiduciari regionali è il modo migliore per non affiatarsi. E' poi del tutto chiaro che nel caso in cui un qualsiasi Consiglio Direttivo si trovasse a dover giudicare delle imprese di un nuovo socio e non avesse un grado di conoscenza diretta e di capacità ad esse corrispondente, eppure, nonostante ciò, non riconoscesse la propria incompetenza, il giudizio diventerebbe uno scherzo. Si impone allora II passaggio dell'autorità di giudizio in mano ai competenti. Per l'ammissione della guido binchbmg5vuSurvfTmbC[tdKnspd— Anche l'accettazione o meno delle guide — prosegue 11 mio interlocutore — si presenta sotto aspetti assai diversi a seconda che si considera la questione da un punto di vista più o meno moderno, più o meno sportivo. Ben altra cosa è la vecchia guida alpina, 11 valligiano pratico di una certa regione, rispetto al professonlsta moderno della montagna. Rudatis ha concluso: — La formula ricostrutiva migliore, a mio avviso, è: non chiudersi nel passato nè abbandonarlo, ma moltiplicarlo con i vari indirizzi e sviluppi del presente. Non ammettere il. nuovo, l'attuale è negare la vita. E questo non soltanto in alpinismo. Del resto, si potrebbe, con Maeterlink, dichiarare: « Val meglio vegliare sulla pubblira piazza che addormentarsi nel tempio I». Ma io ho fiducia che dopo i tentennamenti iniziali si finisca col prendere l'orientamento buono. Un appunto che si fa. al nuovo Statuto del C.A.A.I. è quello di aver scartata Belluno dai centri provinciali, aggregandola a Vicenza. Eppure Belluno, con Cortina ed Agordo, vanta campioni numerosi e di valore indiscutibile. Ho voluto farvi uninchlesta, rivolgendomi a uno dei migliori scalatori della provincia: Francesco Zanetti. Le sue risposte sono state sostanzialmente uguali a quelle di Rudatis. sia per l'obbligo della domanda dammissione che per l'elevatezza della quota. Zanetti, che mi ha dichiarato di parlare anche a nome dei suoi amici bellunesi, ha detto : — I buoni arrampicatori sono conosciuti molto bene anche se contrari ad ogni forma di pubblicità: dovrebbero quindi essere invitati a far parte dell'Accademico. In quanto alla quota, siccome non sono ricco, penso che con quella somma posso restare cinque giorni in un rifugio e fare cinque scalate dfi più. Anche Zanetti afferma la necessarietà d'una netta distinzione fra alpinismo classico e sport d'arrampicamento. Non molto diversamente si è espresso Silvio Agostini, la guida che Re Alberto del Belgio preferisce per le scalate nel gruppo di Brenta. Anch'e gli ha accennato all'incomprensione ohe fuori delle Dolomiti si ha dello sport d'arrampicamento e non erede possibile una fusione fra « occidentalisti » e « orientalisti • troppo diverse essendo le condizioni d'attività e d'ambiente fra alpinisti classici e rocciatori moderni. In quanto alle guide dolomitiche, molte fanno dell'alpinismo più per passione che per mestiere. — lo ricordo — mi ha detto Agosti ni — gli immediati anni del dopoguerra, quando ogni trentino che si recava al Vaiolett era dalla guida Marino Pederiva accompagnato gratis sulle Torri. Onesto si dice incoraggiare l'alpinismo accademicoI Anche all'obbligo di sottoscrivere la domanda dammissione. Agostini si è rt!mo=tratr> contrario, in ciò solidale con tutti gli arrampicatori di classe da me interrogati. Oneste sono, in succinto ma fede!-; mente interpretate, le conversazioni che ebbi, e che qui riporto per dare un contributo di chiarezza e di precisione su quel Club Accademico Ano n ieri avvolto da inenrte7ze e nebulosità. VITTORIO VARALE. ccpelsnm'dsmFTddlegMcpqstpdnrztdgvlGpCdcvj o1lIddngDsldtbVdmnisbncclss1rnsssrsslsvddnrutifgtplgssPshdnMsdì p'.Os

Luoghi citati: Agordo, Belluno, Cortina, Italia, Torino, Vicenza