Vent'anni dopo

Vent'anni dopoLA CONQUISTA DELLA LIBIA Vent'anni dopo Si compiono nel prossimo aulunno i primi vent'anni dulia conquista deiMa Libia. Nessuno può coutestare a questo giornale l'onore ili essere stato aai'avanguurdia del movimento di stampa che accese nell'opinione pubblica il sentimento dcWa necessità déM'impresa, ed agi intensamente sul Governo del tempo, spingendolo alla grande risoluzione. Io ero allora redattore viaggiante della «Stampa». Nei 1910 avevo visitato l'Argentina, e ne avevo studiato, con animo sgombro dalla tradizionale ammirazione obMligatoriu, i problemi politici ed economici: avevo sopratutfto esaminato il fenomeno imponente della emigrazione italiana, ed avevo concluso, in contrasto colle correnti predominanti, che lììtalia, cedendo alla Repubblica sud-americana ogni anno centinaia di migliaia di suoi Pigli, allevati, istruiti, in piena forza di lavoro, 1 quali alla seconda generazione erano perduti per il paese d'origine — l'Italia obbediva ad una situazione di necessità, ina concludeva un cattivo affare, e che l'Argentina, pur cosi orgogliosa e dura e spesso ingiusta verso gli emigranti italiani, era quelli a die dalla nostra emigrazione traeva i sostanziali e permanenti benefìci. Al principio del 1911 la Direzione 'della «Stampa» mi interpellò sul viaggio da compiere per il giornale nell'anno. Proposi di andare in Tripolitania ed in Cirenaica, per compietare, in certo modo, il viaggio iensdgipdnvtrclrsgfedatlecimatpMin Argentina: e cioè studiare sul posto se la Tripolitania e la Ciré- lnaica, ancora sottomesse al domi- Jiio turco, ma ipotecate diplomati- c amen te all'Italia, erano territorti scolonizzabili, e se su di essi il no-j cstro Paese avrebbe potuto dare, sfogo ad una,parte della sua emigrazione. La mia proposta fu accolta, e alla metà dii marzo partii. Mi fermai a Roma, e chiesi udienza al Ministro degli Esteri on. Di San Giuliano, por conoscere, se possibile, il pensiero dui Governo sul problema. Era allora al potere — e per pochi giorni ancora — l'on. Luzzatti; alla line dello stesso mese di marzo gli succedeva l'on. tocnptagpdGiolitti, che manteneva l'on. Di gSan Giuliano al posto dii Ministro degli Esteri. Conviene ricordare che la «Stampa» di quel tempo sosteneva l'on. Giolitti, ma di spontanea volontà: ciò che accresceva il valore del suo appoggio, ma le permetteva, anche nei riguardi diretti deiFon. Giolitti, una completa libertà di critica e di incitamento, libertà di cui il giornale si valse largamente nella sua campagna per la occupazione di Tripoli. Il marchese Di San Giuliano, ispido, anchilosatn, scettico, intelligentissimo, mi ricevette alla Consulta, e non nascose la sua sorpresa, quando lo informai dello scopo che mi conduceva in Tripolitania. Mi fece un'esposizione ammirevole per compiutezza e lucidità del problema diplomatico e politico du Tripoli, formulò riserve sul valore economico di quei territori giacenti da secoli sotto il malgoverno musulmano, avvertì in modo particolare vtine l'importanza commerciale della Tripolitania e della Cirenaica erajquasi finii a, perchè il traffico caro- vapiero dal bacino del Lago Ciad, che una volta affluiva al Mediterraneo pr i porti libici, ormai prendeva la via più breve del golfo di Guinea por la Nigeria; e poi, parlando più lentamente, con un accento di gravità in lui non frequente, soggiunse: Prima di concludere per le sue pubbìiicazioni, ricordi questo che io;le dico: toccare Tripoli è toccare la Turchia, toccare la Turchia, significa turbare l'equilibrio dei Balcani, e i Balcani vogliono dire l'Austria... Quando pronunziò la parola «Austria», involontariamente il Ministro, che i dolori deformanti dcll'art.iiite facevano apparire più vecchio dei suoi anni, abbassò la voce, quasi che i muri avessero potuto sentire il suo giudizio e ripeterlo all'Ambasciatore di Palazzo Chigi. Ho molte volte ripensato a queste predizioni del marchese Di San giuliano, al quale era riservata la sorte di firmare l'ultimatum alla Turchia, di guidare la politica estera italiana durante le guerre bai camelie, e di notificare agli ImperiCentrali la neutralità dell'Italia Inella prima fase della conflagrazione europea. La concatenazione degli eventi non poteva essere prevista con maggiore sicurezza e pre icisione. Ma era scritto dai fati che l'Italia non potesse prendere che piesta strada per ritrovarsi, risor-pere e compiere il suo destino. Il Ministro degli Esteri che mi dava jiome viatico quel suo pesante pre-{♦agio, esauriva nella chiaroveggenfca le sue energie spirituali: la rerponsabilità dei grandi avvenimenti preveduti lo soverchiava: non loreggeva una fede sufficiente nelle forze nazionali per credere che l'Italia potesse allora affrontare e risolvere il problema che quel giornalista in viaggio inopinatamente gli additava e di cui egli antivedeva gli sviluppi fatali: era più che dub- hioso che convenisse sollevare in quel momento la questione colla Turchia, se il conto finale doveva fcssere regolalo coll'Austria. Perciò minvolonlariamcnte la sua voce siLera abbassata quando egli aveva nominato l'Austria: perché la con¬ qpseguenza ultima di u.i nostro attojmdi volontà compiuto in Africa — i-a guerra coll'Austria — si presentava inesorabile al suo spirilo. Egli racomandava prudenza al giornalista vpperchè era convinto che il possesso'pdi Tripoli, per quanto desiderabile, anou valesse tanto rischio. !*Eppure era così predestinata la bvia, che questo stesso Ministro, che ctutto aveva preveduto con catego- trica certezza, non lasciò ad altri, qcome dissi, l'onore di firmare l'i/(-|qlinialum e la dichiarazione di guerra alla Turchia per Tripoli. E' giustizia verso la sua memoria aggiungere che, scatenato l'evento, egli fu fino all'ultimo atto del dramma da lui profetato pari al suo compito ed alla sua responsabilità: morì degnamente al suo posto di lavoro, avendo, colla dichiarazione di neutralità nel conflitto europeo, scritta la premessa della guerra all'Austria. Visitai ciò che della Tripolitania e della Cirenaica le autorità turche, gelosissime specialmente cogli italiani, permettevano di visitare, e mi spinsi anche per parecchi giorni a cavallo nell'interno della Tripolitania, all'insaputa dei padroni del paese, percorrendo la Gefara tino a Iloms e dia Homs risalendo a Mseliata e poi verso Tarhuna, finché fui notato dalle autorità e riaccompagnato a Tripoli da un gendarme; interrogai lungamente su tutti i temi che mi interessavano glnns, ?, italiani, arabi, ebrei, turchi; studiai pd lo vegetazione rigogliosa delle oas dove si fanno dieci, dodici tagli a'1 l'anno di erba medica e dove pro spera ogni ben di Dio, e osservai che un semplice muro di terra bat- ntuta separava l'ultimo giardino di ogni oasi dal cos.idel-to « deserto », ciò che dimostrava che tutto quel « deserto » (essendovi, a testinio- nianza generale, l'acqua a piccola profondità in tutta la pianura) pò-[poteva diventare giardino e campo a liba sua volta, pur di mettervi la gente che lo lavorasse; vidi da ogni parte sulle pendici del Gebel che da Home salgono a Msellata e Tarhuna intieri boschi di ulivi gi ga-nteschi, cresciuti da secoli quasi senza cure nel buon terreno; in Ci¬ renaica mi furono mostriate terre .estesissime anche migliori, e, navi gando lungo la costa da Bcngasi a Dama, rilevai il verde aspetto silvestre del paesaggio, più promettente ancora della dormente steppa tripolitana, e a Bengasi gustai un vino squisito offertomi da quei pa d.ni francescani, prodotto sul posto da loro stessi in una loro vigna, la quale — mi riferivano — dava grappoli d'uva del peso di due o tre chili; passai in Tripolitania anche il giugno e non ebbi alcuna molestia dal clima, salubre e tollerabilissimo; considerai che in un territorio coltivabile grande più che l'Italia vivevano in miseria, per l'inetto e rapace sgoverno turco, poco più di un milione e un quarto di arabi, berberi, ebrei e negri, e v'era adun-ique posta per una vastissima immi- graziane itala ano: e cosi conclusi il mio lavoro rispondendo afferma¬ iivamentc al quesito fondamentale, jso la Tripolitania e la Cirenaica meritassero di essere occupate dal l'dUiIua per il loro intrinseco valore economico e per le loro possibilità «li popolamento, anche a prescindere dalla loro predominante importanza politica, per il fatto di rappresentare esse l'ultimo lembo libero di Africa mediterranea, posto nella diretta zona d'irradiazione italiana, ed assicurato alla suc- ;cessione italiana da validi titoli di ploniatici costituiti colla Francia, coll'ilnghiilterra, colla Russia e riconosciuti dagli Alleati della Triplice, importanza politica elio da sola avrebbe giustificata ed imposta la occupazione. Le corrispondenze in cui venni svolgendo queste constatazioni, pubblicate dalla « Stampa » con molta evidenza, attrassero vivamente l'attenzione pubblica. Avvenne anzi qualche cosa di più e di meglio: che fu possibile ai sagaci osservatori rilevare che l'argomento appassionava la gente per uri primo risveglio di coscienza collettiva, per la possibilità che offriva, dopo tanti anni di rinunzia a qualsiasi affermazimie di vita nel campo della po litica estera, di dimostrare interesse I Cd amore per un problema di vo- lontà, di energia, di dignità nazio- , ' o , o Di dignità nazionale, anche, perielio i Giovani Turchi, allora al poe ter e a Stambul, avendo dovuto su- bire una lunga teoria di mutilazioni je di scacchi da parte di varie Po-l tenze, avevano credute di potersi ^prendere una rivincita a spese del-il'Italia, e proprio in Tripolitania: idove comprimevano e angariavano jtutte le nostre intraprese e le nostre se regolarmente i Iiniziative, anche olautorizzate e e a Io raccoglievo sul luogo con molta diligenza tutti questi episodi e li ponevo in viva luce nei miei artìcoli : naturalmente non mancavo di criticare il Ministro di San Giuliano, per lo scarso polso con cui rea - Ig'iva a queste sopraffazioni del più n |debole e screditato Governo d'Euro a a ò pn, e il fatto che queste censure, talora molto aspre, venivano pubbli- cate a getto continuo dall'organo più influente n più disinteressato della stampa ministeriale creava maggiore interesse intorno alla campagna, e richiamava finalmente sul problema di Tripoli l'attenzione del mondo parlamentare, sino a quel momento tutto proso dalie due gros- Le qucstioni ui poHUca iruenla =crjlie quali l'on. Giolitti era ritornato al potere — il suffragio universale e il jmonopolio de|]o assicuraziorii su]]a vita. Di San Giuliano mostrava di non preoccuparsi dello critiche che gli 'piovevano addosso per il suo molle atteggiamento di fronte alle crescen !*» insolenze turche: e anzi adom- brava qualche velleità di contraltac co. E' vivo e veste panni un repu tato critico, un tempo anche elo quente scrittore di cose politiche, il |quale fu in quel periodo officiato da persona intima di Di San Giu¬ liano, per scrivere una serie di articoli anti-tripolini da pubblicarsi in un importante giornale romano: l'offerta fu respinta e il tentai ivo rimase ignoto. Ma tutti potevano constatare che l'indifferenza e l'inerzia governativa di fronte al problema di Tripoli duravano immutate e il malcontento si estendeva a strati sempre larghi dall'opinione pubblica. Allora la « Stampa n fece compiere un altro grande passo alla questione trlpolin»! verso ia sua completa maturazione politica: pubblicò il 30 luglio un articolo editoriale, da r-e redatto, nel quale la responsabilità dell'on. Giolitti era direttamente affermata ed impegnata. Per dare a questa chiamata in causa la maggiore efficacia, l'articolo fu scritto iu forma di lettera aperta al Presidente del Consiglio. La tesi svolta era la seguente : j i Al di sopra del Ministro degli | Esteri sta il Presidente del Conslio. Quando i problemi assumono una particolare importanza, il Capo del Governo non può lavarsene le mani, e pretendere che sono affari che non lo riguardano. Se Di San Giuliano- non è l'uomo che la situazione richiede, deve essere sostituito; se invece lo è, deve essere sostenuto nell'azione necessaria. Le responsabilità, a questo punto, passano dal Ministro degli Esteri al Presidente del Consiglio, che impersona il Ministero e ne determina l'indirizzo », La lettera aperta della « Stampa » ebbe una ripercussione fortissima. Il dilemma posto alla mente logica dell'on. Giolitti operò: Di San Giuliano fu mantenuto al suo posto, ma diventarono palesi i segni di un mutamento di stile della Consulta verso la Turchia. Fa facile a tutti comprendere che l'on. Giolitti si oc- cupava personalmente della questio- ne di Tripoli, e dava al Ministro de-gli Esteri la buona direttiva. munio gli avvenimenti esteriori, ai quali il problema tripolino era Tripoli. vitalmente legato, si svolgevano rapidamente nel modo più conforme ai nostri interessi : la marcia dei Francesi su Fez, l'invio della Panther ad Agadir, i negoziati francotedeschi, la disposizione ormai certa della Germania a lasciare alla Francia il controllo politico del Marocco per compensi economici nel Marocco stesso e territoriali al Congo, rendevano attiva a favore della Francia quella pattuizione mediterranea coll'Italia, che trovava per l'Italia la sua contropartita a i Ormai più nessuno poteva tratte nere l'irrevocabile: ma la prepara- rione spirituale e politica dell'Italia alla prima grande impresa internaizionale dopo il lungo avvilimento seguito al rovescio di Adua era com¬ Wa Quando.il 27 settembre l'Ita f intimò IMhmatum alla Turchia, l'on. Giolitti poteva contare sull unantmità delle forze costituzionali del paese. Ho voluto tornare a visitare lai Tripolitania, vent'anni dopo il mio viaggio del 1911 — senza esservi più stato nel lungo intervallo — per' verificare se i fatti hanno confermato i miei rilievi e le mie previsioni. Dirò ai lettori dello stesso giornale che pubblicò quelle mie ormai antiche corrispondenze, ciò che ho veduto ed appreso. GIUSEPPE CEVIONE.