Descima, tragica terra di pionieri europei

Descima, tragica terra di pionieri europei VIAGGIO IIV ESTREMO ORIENTE Descima, tragica terra di pionieri europei -(DAL NOSTRO INVIATO)- o a i o i a a i , . l i e e o a a on isi la a ota n- pa uo ta el no fir e ve i no nio e eio na ri- ri¬ NAGASAKI, gennaio. Ho provato in questa città, che non gode in Giappone di buona nomea, forse perchè è quella che ha subito durante secoli, prima dell'occidentalizzazione dell'impero, il contatto con Oli europei, l'interesse che si sente per i luoghi dove è avvenuta una grande battaglia. Infatti fu a Nagasaki che per la prima volta, trecenlocinquant'anni fa, l'Occidente ed il Giappone si sono incontrali e riconosciuti. L'Occidente in origine fu vinto, poi umilialo, quindi vinto ancora, per divenire più lardi l'ossessione dominante dei nipponici, condizione -presenta del loro spirito. L'aspetto della città, al contrario di molti altri luoghi delle grandi isole, è cosi poco cambiato nel tempo, che si pensa senza volerlo ai vecchi racconti dell'inaudito esilio dei primi olandesi, seguiti dai missionari spagnuoll e portoghesi, ebri di volontà di martirio. Vite tragiche L'immagine emaciala di qualcuno d'essi mi tiene compagnia nella molle notte autunnale, soffusa da un lieve disgusto per questa popolazione cosi poco giapponese in una città che lo è ai massimo. Non solo le innumerevoli etère delle casupole che costeggiano le strade al templi spingono la sfacciatàggine sino ad appendersi al vostro braccio, ma le commesse nelle botte' ghe vi accarezzano la schiena e si permettono libertà, tali che un giapponese le prenderebbe per il collo. Del resto non è che agli europei ch'esse prodigano di coteste famigliarità ritenute ingiuriose. Penso dunque stanotte ai pionieri europèi in Giappone, non ai più eroici, ma a quelli i mancamenti dei quali permettono di misurare l'ardimento degli altri. L'uno il padre Gogò, gesuita, dopo aver fatto, prodigi su lutti i sentieri insanguinati dalle guerre civili giapponesi, fu preso improvvisamente da un indici bile languore, da un sentimento come di antipatia per il paese, assai comune anche oggi negli occidentali che vorrebbero amarlo e alla fine si accorgono della vanità del proposito. La fiamma negli occhi di padre Gago si spegne, l'apostato diviene un ne vropalico taciturno che parla soltanto per reclamare un ordine di rimpatrio Lo imbarcarono. Parli senza gettare uno sguardo sul paese che aveva sognato di conquistare a Dio. Ma durante la traversata la tempesta assale la nave, e nell'imminenza del pericolo, mentre il capitano ed i marinai hanno perduto la testa, Gago ritrova l'energia, l'autorità, le magnifiche virtù del guidatore d'anime. Non è che un lampo nel cuore d'una notte incomprensibile. Passato il tifone, ricade nel mutismo e nell'indifferenza. Nè le vicende avventurose delV eterno viaggio, nè la cattività fra i pirati malesi, nè la liberazione, valgono a modificare la sua condizione spirituale. Il destino lo getta a Goa dove si consuma lentamente, senza rievocare una sol volta il Giappone dove coloro che avevano creduto nella sua parola agonizzavano sotto le torture. Un altro, Fcrreira, ebbe un destino ancora più strano. Il Governo giapponese aveva deciso una guerra spietata contro la religione straniera, a costo di strappare dai petti viventi i cuori dove s'era radicata. Si appendevano i cristiani per le gambe su di una fossa immonda, con il corpo serrato da bende che impedivano la soffocazione immediata, una mano restava libera per poter fare il gesto dell'abiura. Malgrado questo i seviziati vìvevano nove o dieci giorni. Al terzo. Padre Ferreira, fece il segno, ignorando che il suo vero supplizio incominciava soltanto allora. Lo portarono ai piedi dell'altare del maggior tempio buddista e là dovette esortare uno ad uno i giapponesi cristianizzati a rinnegare la nuova religione. Poi lo forzarono a sposare la vedova d'un cinese suppliziato. E visse lungamente con la donna in questa città di Nagasaki che è quella delle signore Crisantème e Butterfly. Ma dove? E come? Forse un giorno la vita di Ferreira verrà fuori da qualche archivio giapponese poiché dovette essere senza dubbio e sino alla tomba l'oggetto d'una stretta sorveglianza e di numerosi rapporti. Si fanno ancora oggi i rapporti sui più insignificanti europei che vengono in Giappone, figuratevi allora! Non riesco a immaginarmi la vecchiaia di Ferreira. La sua storia m'ossessiona come un romanzo straordinario, di cui gli ultimi capitoli sono andati perduti: Secoli di prigionia volontaria Dopo i missionari, i commercianti olandesi, prigionieri volontari nell'isolotto di Descima, congiunto una volta gaiotezoanerprlananEilpmpl's'codfobzipsescridcnplelogslebbetucisllucmpssnmrbnrCmdrsseccmsacpcunni Nagasaki, dilagando sul mare s'èannesso Una guardia di samurai oc-^^»%^S.S,^^r^ongiumo una volta alla città da un ponte in legno, e che _ . a l a o i i a r o , e i a e a a i uroo iti oa gatl europei non potevano allravcrsnr-\maio che nel giorno della solennità del ciòtempio di O'Suva, i cnl portici di bron-, puzo e gli spalti di tortezza s'elevano unancora sul decitalo della collina. Vi;tilmeran condotti sotto buona scorta e per prudenza maggiore venivan contati alla partenza e ricontati al ritorno. Vivevano su quella lingua di terra nella severità claustrale che gli empori anseatici imponevano ai loro inviati in Estremo Oriente, ma che il sospetto e il disprezzo dei giapponesi rendevano più insopportabili. Non vi erano ammesse donne europee. Un ufficiale, preposto specialmente, accompagnava nell'isolotto delle ragazze del popolo che s'occupavano delle cure domestiche dei confinati e. secondo l'espressione d'uno d'essi, « procuravan loro qualche conforto nelle lunghe notti invernali ■>. I bambini che nascevano da quelle relazioni scomparivano nel formicaio nipponico. Si pretende che i maschi fossero soppressi. Ogni sei mesi un vascello che batteva i colori olandesi arrivava, carico di zucchero, di spezie, di lana, di cotone, di caucciù, di mercurio e di avorio. Era il grande avvenimento della città. E' di,fl.cìlc concepire la spaventosa lontananza alla quale si condannavano quegli esiliati volontari e più difficile ancora darsi ragione come durante due secoli si siano sottomessi supinamente ad ogni insolenza dei giapponesi. Ma nelle tenebre che avvolgevano l'impero, Descima brillava come uno scoglio d'oro, gli europei vi s'incrostavano sotto l'oltraggio. Tuttavia la loro sete di guadagno fu e c ineessciaMVastaserla arsioriamefusaErsigd'temstetunistchsuloe mil pomgnbutile all'umanità. Sullo scoglio sbar-<.mcarono in qualità di medici, scienziati illustri d'ogni paese occidentale che scrissero libri tradotti in quasi tutte le lingue europee, i quali unirono all'Uà- pnlelotto di Nagasaki il cavo dell'interesse touniversale per il Giappone, così tragi- pcamente rotto fra le mani dei primi amissionari cristiani. Libri magnifici, rapieni d'una tale avidità dì compren- dsione per la « terra vietata •, che non\tisi possono calpestare senza commozione le pietre di Descima, dove penosamente e pericolosamente, essi riunirono un materiale inestimabile. Sembra di visitare le rovine d'una prigione che un meraviglioso lavoro dei suoi reclusi abbia nobilitato per sempre. Cinquantanni or sono, quando i primi missionari riapparvero appena tollerati dal Governo, alcuni nipponici visitarono la loro cappelletto e dinanzi alle sacre immagini manifestarono uno strano turbamento. Vennero interrogati e si seppe ch'essi appartenevano a vecchie famiglie cristiane che da duecentocinquanta anni si ' tramandavano nel mistero e nel timore i riti divenuti incerti come incantesimi. Il bacio Ho voluto visitare il cimitero dove si seppellivano i morti di Descima. Si attraversa il porto sino ai piedi della collina d'Isana, in faccia alla città, chiamata anche la collina dei russi, perchè un tempo il Giappone aveva concesso ai russi il godimento del villaggio d'Isana, dove i marinai dello Zar potevano ubbriacarsi a loro talento ed evitare d'incontrarsi con i marinai inglesi ed americani, con i quali si accoltellavano volonlieri. Il villaggio, disposto a scale, che da lontano scintilla al sole, è ignobile come tutti i villaggi nipponici, e finisce al disotto d'un tempio buddista, che pare abbandonato, al di là del quale si raggiungono le tombe. Il cimitero è ombreggiato di araucarle e dì piante di canfora, e costituito anch'esso da piccoli ripiani l'uno sull'altro come risaie di questo paese. Si scorge attraverso gli alberi un angolo della bàia, dove i contadini bruciano le erbe, e il silenzio è tale che si ode lo scoppiettio del fuoco. Da principio non si vedono le candide eàlcole funerarie russe listate d'azzurro e le basse tombe cinesi che escono dalla terra e sembrano bacini di fontane inaridite. Infine si scoprono sotto le erbe delle grosse pietre corrose dal tempo. Su qualcuna si decifrano ancora le date del XVII e XV/// secolo, poveri pionieri! Ogni due o tre anni gli esiliati di Descima dovevano recarsi in ambasceria alla Corte dello Shogun Togugava, dove erano obbligati a ballare fra di loro e a darsi dei baci come in Europa, particolari che divertivano pazzamente le picco\^ dame della Corte, inginocchiate dietro i paraventi di seta. Non si può negare che molta strada sia stata percorsa d'allora in materia di considerazione giapponese per gli europei. Infatti, l'erede degli Shogun, il mio affascinante amico marchese Togugava, dirige quest'oggi il Conserva! torio musicale imperiale di Tokio, e eindrasl'uscbllacinfgzsrgdbpdiMtvuqcdsedbsesmdvsvtdctccgfsitv----- è'tore in Giappone della musica di Ver- c-\di, di Wagner, di Beethoven, di Mas- ' ^[$à^ di Puccini, di tutta grandi\a nono mancate "«emme ai iokio, e\e {s'inorgoglisce di essere il volgarizza-'.„ a..-„„„„„. ,j„n„ j, maestrl occidentali insomma. Ma il baiò. ti nostro bacio, dato soprattutto in ubblico, è rimasto per i giapponesi na cosi comica costumanza, che le lms americane che qui si danno — si danno tutte, comprese le parlanti sonore, come da noi c più — sono nesorabilmente tagliate là dove due sseri avvicinano i loro volti per baiarsi. L'argento e l'oro Ma gli olandesi del 1850 vestiti alla Van Dyck, che durante il giorno erano tali lo zimbello della Corte, venuta la era, nella locanda assediata dalla fola ricevevano visite illustri: principi, rtisti, studiosi, li interrogavano aniosamente sull'astronomia, sulla stoia naturale, sulla meccanica, sulla medicina, sull'elettricità, sulle armi da uoco, sugli stupefacenti segreti che si apevano in possesso degli europei. Era la volta dei paria di diventare gran ignori. Essi rivelavano ai loro allievi d'una notte l'immensità e nello stesso empo la piccolezza del pianeta e i miteri del corpo umano. E insegnavano utto, salvo la nozione che nelle Nazioni d'occidente l'argento non aveva lo tesso valore dell'oro. Non si trattava che di un « piccolo » particolare, ma sul quale le operazioni finanziarie dei oro padroni, quelli che da Amsterdam e da Rotterdam mandavano ogni sei mesi la nave degli scambi, esigevano il segreto. E i giapponesi d'allora non potevano rispondere quello che un samurai diceva me presente ad una signora europea: « Voi avete la pelle bianca come l'argento, noi. gialla co¬ chcalomincmrenmszevbusme l'oro- l'or0 vale molto, ma molto più dell'argento, specialmente oggi ». Poi, quando gli olandesi rientravano nella reclusione di Nagasaki, a contar le ore che li separavano dal gran ri¬ torno, per qualcuno arrivava la morte prima del veliero dall'Olanda. Allora attraversavano stecchiti nelle bare la rada luminosa dove le colline hanno dei pendii cosi dolci da far pensare — tifoni e terremoti a parte — che deve essere ben piacevole trascorrere la vita in questa terra al postutto di umili e di servizievoli donne, per la maggioranza ancora nella condizione dei personaggi femminili di « Kimono » e dell'i Onorevole partita di piacere ». Gli ufficiali giapponesi portatori delle due spade accompagnavano i morti sino al cimitero e s'assicuravano che fossero ben seppelliti, di modo che restassero là tranquilli come se non avessero mai lascialo l'Olanda... Una cattiva traversata Da Nagasaki a. Kagoscima, l'estrema città meridionale nipponica, per mare, in un disastroso vaporetto che mi ha fatto ricordare che, se 6 vero che i giapponesi, con le loro ultime costru zioni navali mercantili transoceaniche sono sul punto di sorpassare gli americani e gli inglesi medesimi, mantengon per le loro comunicazioni interne dei mezzi marini semplicemente orribili. La navicella ha i corridoi ed il ponte insufflcenti per le dimensioni degli europei e porta sul mare tutti i cattivi odori dei vicoli di Nagasaki. Mi dispongo a rimanere all'aria aperta per le ventiquattro ore della traversata. Ma appena fuori della rada, un mare del diavolo. Raggiungo i quattro passeggeri giapponesi nella cabina che fa da sala da pranzo e da dormitorio. Non c'è che stendersi sulle stuoie che favoriscono, sotto il rullìo ed il beccheggio, un andare e venire di conserva dei cinque corpi che sembra un supplizio inventalo apposta e senza fine. « Improvvisamente il rumore del mare e del vento cessa. Risuonano dei passi, s'intendon delle voci gioconde. Le mie valigie si levano nell' oscurità, delle mani mi spingono dolcemente verso la porta e mi guidano attraverso il caos del ponte sino ad una tavola flessibile. Una fioritura di lanterne brilla sulla terra moltiplicata dai riflessi delle pozzanghere. E sono circondato da espressioni di benvenuto e di sorrisi. Mi si complimenta perchè liialgrado il tempaccio ho fatto un cosi bel viaggio! E presto, presto vengo accompagnato all'albergo, e dopo l'offerta del tè nella cameretta tutta fasciata di stuoie dove la lampada brilla come un chiaro di luna. Quivi, svolgimento delle coperte di seta per il riposo. Le servette trotterellano attive, sorridenti ,più deste di sorci di venti giorni. Chiedo l'ora, mi si risponde che mezzanotte è passata da un pezzo, che il vaporetto aveva quin- Rocslat«BfplbpausPzssHdmdici ore di ritardo, che il cielo ras serenato annunciava una magnifica giornata e che alla prima luce sarei stato svegliato e pregalo di salire sul tetto dell'albergo per poter jeedere di■ ;" ' '"' provincia di SatS'uma, patria del.otturilo Saigo, capo della Vandea giapponese, ma culla pure dei massi- ' ™i riformatori dell'impero. \ ARNALDO CIPOLLA. un colpo e in tutta la sua vastità la nobile città di Kagoscima, capitale del-\la provincia di Satsuma, patria del'taciturno Saigo, capo della Vandea -e» tnn mìin imrn iìkì n>/iiti.

Persone citate: Beethoven, Ferreira, Gago, Puccini, Van Dyck