Finestra sul mondo

Finestra sul mondo Finestra sul mondo Se gli italiani, spesso immiseriti dalla troppo lunga consuetudine casalinga, hanno in questi giorni rivolta V attenzione oltre confine, avranno' sentito, certo con viva sorpresa, gli uomini politici responsabili dei Governi, di Inghilterra, di Russia e di Francia gridare alcune verità, e prospettare, come inevitabili, alcune decisioni, che riprendono, in tòno affannoso, argomenti e dichiarazioni di politica economica e sociale caratteristici e fondamentali del Fascismo. Il lettore non si aduggi se ripetiamo tali dichiarazioni, sda pure in sintesi, che per troppi anni la democrazia e il socialismo europei hanno citato con buffi gesti di orrore quelle che erano le nostre verità, proclamate con coraggio e passione, durante lo sforzo di revisione e di orientamanto.- E non sarà forse inutile ricordare i tornei oratori ginevrini, nei qua li per anni tutta la concezione fasci sta di collaborazione sociale e tutta la pratica del sindacalismo fascista, sono stiate bersagliate dalla demagogia desila svariate internazionali dei lavoro. Affermava Stalin, alcuni giorni fa, che se la Russia non raggiùn gerà rapidamente, a traverso il perfezionamento della tecnica, la disciplina degli sforzi e il miglioramento degli organi burocratici di {esecuzione e di controllo, gli altri Paesi d'Europa, la rivoluzione russa dovrà dichiarare fallimento e considerarsi sconfitta. Pochi giorni dopo il Governo laburista inglese dichiarava, per bocca di Snowden: 1) che la situazione del Paese è gravissima; 2) che larghe, sgradevoli misure devono essere prese per salvare il bilancio dello Stato (riduzione delle paghe — riduzione dei sussidi! di disoccupazione — riduzione delle spese); 3) che la capacità produttiva del Paese è diminuita del 20 per cento. Per rincarare la dose, Lloyd George ha incitato il cancelliere dello Scacchiere a marciare senza pietà, denunciando alcuni elementi della situazione, per certi aspetti, ancóra più gravi e che hanno dato il tracollo a tutto il mercato borsistico inglese. Evidentemente allora Stalin non si riferiva all'Inghilterra ma alla Francia. Peccato che alle dichiarazioni di Tardigu, di alcuni me6i fa, le quali proclamavano la necessità dello Stato forte, della collaborazione delle classi, e della unità degli sforzi (tutte cose di cui, a suo avviso, la Francia aveva bisogno) si aggiungano ora le amare constatazioni della situazione attuale. Scriveva giorni fa il « leader » radicale Valadder sulla République: 'ft Tutta la produzione francese è ormai colpita. Il commercio interno ed estero diminuisce ogni giorno più. L'aumento persistente dei nostri prezzi al minuto frena fi ribasso (curioso tuttavia questo fenomeno di divaricazione) dei nostri prezzi all'ingrosso. Il deficit delle nostre Compagnie ferroviarie oltrepassa un miliardo e mezzo di franchi. Le savi della nostra flotta mercantile, che sono poste in disarmo nei porti, sono sempre più. numerose. La nostra gloriosa Banca di Francia continua Invece a stampare ogni giorno alcuni milioni di biglietti supplementari, il suo bilancio è un mostro d'inflazione ». Se dalla Francia si passa alla Germania ci troviamo di fronte ai sei milioni di disoccupati (che presto saranno, dicono gli astrologhi, otto) e a tutta una situazione di carattere politico ed economico tormentata e negativa per ogni possibilità di ripresa, rapida ed efficace. Nelle dichiarazioni riportate vi sono alcune lezioni per gli « italiani con la coda », per tutti quegli italiani cioè, ohe fino a poco tempo fa andavano quotidianamente in deli rio solo che si parlasse della Francia o dell'Inghilterra e atteggiavano il viso a compunzione lagrimogena considerando le condizioni di questa Italia fascista. Affacciati alla finestra del mondo abbiamo ascoltato alcuni mòniti che non hanno, almeno per noi, nulla di originale: «bisogna diminuire le spese dello Stato — abbassare il livello delle paghe per diminuire il costo della vita — produrre meglio e a minor costo ». Possiamo dunque chiudere la finestra e guardare in casa nostra, poi che, se la visione dei • guai altrui non può essere conforto o rimedio ai nostri, certo è ormai che la luce non può venire nè da oriente nò da oocidente. • Gli effetti della crisi sono più va sti di quello che i pessimisti più neri potevano prevedere e i problemi, che dalla situazione di prolungato disagio economico internazionale sono nati, hanno una poi tata tale che non basta la normale manovra di adattamento o di equilibrio per risolverli. Quando la temperatura si fa rovente e il motore è spinto al massimo della sua potenzialità di regime, tutte le parti del meccanismo sono sottoposte al collaudo più duro. I motori e 1* parti che hanno delle imperfezioni e delle deficienze, scoppiano. Cosi avviene nell'economia interna di un paese; cosi avverrà nella gara internazionale economica. Continuerà la marcia quell'organismo sociale che avrà la massima resistenza utilizzando più a lungo lo sforzo. Per queste ragioni noi siamo fiduciosi. L'economia del nostro Paese ha superata ormai la sua prova più dura. Con la stabilizzazione del valore della lira, industria, agricoltura, commercio, finanza, hanno dovuto, non ostante le resistenze, uscirò affannosamente dalle sabbie mobili dell'inflazione, per portarsi sul terreno solido delle reali consistenze e possibilità. In questa corsa qualche volta disordinata, gli organismi deboli sono periti. I dissesti, le liquidazioni, le svalutazioni hanno segnato le fasi dolorose e sanguinose di questa battaglia combattuta sotto la pressione inesorabile della concorrenza. Il Piemonte, più di ogni altra regione, forse, ha conosciuto direttamente o indirettamente il disagio faticoso di questo sforzo. Tutto ciò che non era sano o non, era poggiato su solide basi, è caduto, ne] campo della finanza, dell'industria, dell'agricoltura La vita ha fatto giustizia, e non vale ora rifare il processo; in queste situazioni si paga qualche volta per aver osato troppo nana. Tutto ciò che rimane liberato or¬ mzpNnassvritlndcse per aver costruito non solidi - edifìci, ma castelli di carta azio-fP mai da ogni scoria, affinato nei mezzi e nella volontà, rappresenta la parte migliore dell'economia nostra. Non vale perdersi nelle lamentazioni ma domandarsi piuttosto, dinanzi al panorama del mondo, che cosa sarebbe stato di noi se avessimo seguito altra strada. Non mai come oggi bisogna esser vigili e pronti per adeguarsi alla realtà che, se non tollera facili illusioni e rapidi successi, consente di vivere e di vincere a chi ha l'ottimismo dei forti. In questa sanità economica e in questa rigidità del bilancio delle previsioni è la certezza della vittoriosa resistenza. Mentre tutta la economia del mondo tenta il faticoso assestamento sulle nuove basi, quella italiana ri- - fP™^ ll nlmo severo ma s1curo del lavoro e degli scambi. AUGUSTO TURATI.

Persone citate: Lloyd George, Snowden, Stalin