I contratti collettivi

I contratti collettivi I contratti collettivi La«rande, pacifica rivoluzionedche. la legge 3 aprile 1926 sui rap- reporti collettivi del lavoro, le norme mdi I attuazione della stessa legge del l'.o luglio 1926 e la Carta del lavoro fanno operato nei rapporti tra le categorie e le classi, è consistita soprani tto in ciò che alla lotta extralegale delle categorie, anarchica e talvolta cruenta, vera forma di medioevale difesa privata risorta, in pieno secolo XX, la legislazione fascista ha sostituito una competizione legalo, che si svolge ordinatamente e pacificamente, senza danni per l'economia nazionale e senza pericolo per lo Stato. Progresso immenso, òòlo paragonabile a quello che l'u• manità ha conseguito quando dal regime dell'autodifesa degli individui e dei gruppi sociali primitivi s* passò gradualmente e faticosamente alla pacifica risoluzione dèi conflitti d'interesse mediante l'intervento dello Stato, con le sue leggi e;, i s^uói giudici. ;,La disciplina dei rapporti tra le categorie avrebbe potuto essere regolata in due modi. 0 mediante l'intervento continuo dello Stato, il quale con leggi, con ordinanze, con provvedimenti individuali, avrebbe dovuto regolare tutta, l'immensa congèrie di tali rapporti. Oppure mediante un sistema di accordi tra le categorie, liberamente discussi e stipulati, di cui lo Stato avrebbe dovuto garantire soltanto l'osservanza. ■ Sono evidenti gli inconvenienti del prjmo sistema.' L'intervento dello Stato per regolare direttamente una quantità di rapporti diversi secondo il momento, i luoghi, la natura e le condizioni. della produzione, sarebbe stato macchinoso, oppressivo e praticamente inattuabile. iiAl contrario, il sistema degli accordi .aveva tutta l'adattabilità ne. cessaria, consentiva alle ci venire, a contatto diretto condizióni per lina permanente lavorazione, ut'le non solo nel rao> mento della stipulazione dell'accor pncltpdDprtlsgpeaciarnprFpcspcgmnrlndvrcoevdò, ma anche in quello della sua lu«eruzione, giovevole pertanto all a Vstessa efficienza dell'organizzazione,nCproduttiva. ; La : legislazione fascista ragionevolmente prescelse la via degli accjircH-e pose al centro di tutto il suo sistema d<i pacificazione: sociale il lìànlratlo collettivo. Tra il sistema liberale del'a contrattazione indiyi: dua^le dei patti di lavoro, fonte di tutti gli abusi che nel secolo XIX produssero la rèaziOÌVè socialista,-'« il esterna socialista deirorganizza zinne :della produzione e delia disciplina dellavoro da parte dello Stato, il fascismo creò un terzo sistema, originate e fecondo. Spostò dall'indivìduo alla categoria organizzata l'iniziativa.'della contrattazione dei patti dii lavoro e l'accordo s.ul loro contenuto, evitando così i guai dell'anarchia liberale come quelli dell'oppressione socialista. • Non già che il contratto collettivo non preesisfesse al fascismo. Ma preevSisteva. con fonna imperfetta, per la limitazione dei suoi effetti ai soli iscritti ai sindacati stipulanti, vmlcptnedldcdnAtsincil/licrinlÌT.a unitaria, fid nrc-anir» del uLcipuDa umidj-ia. eu uigumi.d. UB/| per la molteplicità dei sindacati indperpetua concorrenza tra loro, con-icorrenza che spezzando l'unità del-ilà categoria,'rendeva impossibile larappòrto di lavoro; infine per l'inefficienza dell'organizzazione sindacale; esistente in fatto solo in alcune regioni del Regno e soggetta a tutte le fluttuazioni della politica e dellajeconomia. Il fascismo, organizzando com pletaniente i sindacati come enti di diritto pubblico, stabilendo la rap ; presentamza obbligatoria di tutti gli appartenenti alle categorie. da parte del sindacato, realizzando l'unità sindacale, ha fatto del sindacato J'qr^anùzastorie legale , delia categoria e ha creato, per la prima volta le condizioni necessarie per l'efficàcia del contratto collettivo del la voro. ;: I pregi del sistema si .sono rivelati Injmediatamente. L'organizzazione sindacale, prima ristretta ad alcune •zòne d'iltalia, sd è estesa a tutto il Régno, ponendosi dappertutto sulle solide basi giuridiche e finanziarie del riconoscimento legale e del contributo obbligatorio. L'organizzazione unitaria delle categorie, sogno dei vecchi sindacalisti, fu, in breve, un.fatto compiuto. Stabilita la premessa, anche le conseguènze non tardarono a prodiirsi. I contratti collettivi, nei primi tempi poco numerosi, andarono sempre più moltiplicandosi. Oggi sono stati stipulati a migliaia, alcuni ottimi per i lavoratori, altri buoni, altri .mediocri. Ma, in sostanza, oggi le. categorie prive ancora del contratto coMettivo sono pochissime. Io credo dine l'anno venturo non ce ne faranno più affatto. Milioni di lavoratori sono oggi tutelati in Italia cóme in nessun altro paese del mondo. ■Di fronte a questo formidabile e flessibile strumento del contratto collettivo, tutti i rimedi che k> Stato liberale-democratico aveva escogitato per la difesa degli interessi dei lavoratori hanno perduto importanza. Il vecchio armamentario della cosi detta legislazione toeiale deve cedere iJ passo al contratto collettivo, non più efficace, ben più flessibile, nen più attuale. Tutta la legislarkme sociale del periodo liberaledemocratico va riveduta. Vi si ritro- vano taluni eccessi (per es. nella disciplina del contratto dii impiego privato) e molte manchevolezze. Non dico che quella congerie di leggi, di regolamenti, di circolari, vada eli minata senz'altro. Ma certo,, non è possibile oggi disconoscere la premi nenza del contratto collettivo anche come strumento di difesa delle classi lavoratrici. Tutto questo presuppone che i contratti collettivi di lavoro siano stipulata. Nella immensa maggioranza tovddesdnstudchregra. ... ladei casi ciò avviene senza difficoltà..ieDureTc«CZr«r "eÌ CaSÌ' S!a']epure poco numerosi, m cui per la-presistenza dell una o dell'altra par-1 ■ te (per lo più della parte padronale) le cose vanno in lungo, le discussioni si etemizza.no, i rinvìi si susse. Sguono, senza che s. giunga ad alcun tipratico riattato? Ebbene in questi coeast, che 1 esperienza dimostra .asso-, batamente eccezionali, la legge indivica chiaramente la strada da. seguire.]trti legislatore fascista sarebbe stato]vinfatti bene imprevidente se, dopo nave.re imperniato tutto il suo siate-|zorna sul contratto collcti/ivo, avesse poi consentito al malvolere di pochi recalcitranti di sabotare la legge. Fin dalla legge 3 aprile 1926 fu apprestato pertanto il rimedio. Molto semplice, ma molto efficace. Quando, fra le organizzazioni sindacali non si ottiene l'accordo per la stipuUazione del contratto collettivo di lavoro, ognuna delle organizzazioni può far ricorso alla maeistratura del lavoro. La quale non ha competenza soltanto per far rispettare i contratti collettivi stipulati, ma anche per determinare le nuove condizioni del lavoro. L'art. 13 della legge 3 aprile 1926 dice chiaramente: «Tutte le contro- . . Bversie relative alla disciplina dei tlrapporti collettivi di lavoro, che fc.concernono, sia. l'applicazione dei moontratM collettivi o di altre norme desistenti, sia la richiesta di nuove Pvoro»- rE l'art, 16 stabilisce come la ma- ffustratura del lavoro deve, .giudica- ? Ve quando si tratta di formulare pnuove condizioni di lavoro. La Corte di Appello funzionante come Nv.. lij KJLl .^J/^CUU A U I l*-.|l.M (ti I Ut.' Smagistrato del lavoro giudica, nel- nl'applicazione dei patti "esistenti, se- ncondo le norme di legge sulla inter- o. . . . , . ilprelazione e la esecuzione dei con- ^tratti e, nella formulazione de "e Ginuove condizioni di lavoro, secondo equità,, contemperando gli. interessi ™dei datori di.lavoro con quelli, dei lavoratóri, è tutelando, in «#& W tWpduzione ». La legge ha preveduto anche il caso che una determinata categoria di datori di non sia organ Anche in questo caso è possibile ottenere la regolamentazione, .coltattiva dei rapporti di lavoro, citando, so, .gli interessi superiori della prò-1 pseilavoro o di lavoratori =lrnin rappresentanza della categoria snon oreanizzata, un curatore spe- dciale nominato dal Presidente della 'Corte di Appello (art. 17). t- ,„ „ ,. . , , . Ni r ,ò,C"ei dl attuazl°"e.del ^ pluccho 1926 integrano e definiscono ì v produce tutti gli effetti del contraito v| ,,eMi Esga è DUDbiiCata a nor- uprincipi posti dalla legge 3 aprile ndicendo chiaramente (art. 87): «La niscn'enza cne pronuncia in materia tidì rapporti collettivi di lavoro sta- pbilendo nuove condizioni di lavoro, pma dell'art. 51, l.o comma, e ad sdessa si applicano le disposizioni de- n gli art, 52, 53, 5i, 55, 59 del presen- tjte decreto», (sul contratto colletti- svo di lavoro). E' dunque chiaro che quando non è possibile concludere un contratto ; collettivo, è sempre possibile ottene- e o l i , - re una sentenza che ne tiene le veci L'ipotesi di una categoria che non riesca a ottenere il regolamento collettivo . dei suoi rapporti di lavoro, nel sistema della legislazione fasci- Nldlssta, non può verificarsi. Se si veri- cfica in fatto, ciò non può essere do- dvuto che a colpa degli organizzato- lri interessati, i quali per negligen-|vza o per misoneismo, hanno omessol'nnadi servirsi di quell'arma formidabile, , la più formidabile e decisiva di tutte, posta dalla legge a loro disposizione: l'azione giudiziaria. A reprimere la negligenza degli organizzatori sta, mònito severo, la norma XI della Carta del lavoro:, «le associazioni professionali han- p1, t-ui- j- 1 j- x Icno 1 obbligo di regolare, mediante | brdgltclcontratto collettivo, i rapporti di lavoro fra le categorie di datori di lavoro ed i lavoratori, che rappresentano ». Quest'obbligo si risolve evidentemente, nel caso in cui, per insana- cmasdEbili divergenze, un contratto collet-jctivo npn si sia potuto concludere, |fìnell'obbligo di adire la magistratura, per ottenere, in luogo del regolamento contrattuale, il regolamento giudiziale del rapporto di lavoro, che a quello è del tutto equivalente ad ogni effetto. L'organizzatore che viene meno a questo suo preciso dovere è colpevole di grave negligenza nell'adempimento delle sue funzioni e quindi passibile di adeguate misure disciplinari. So bene che da taluno si è proposto di aggiungere al sistema delle sanzioni esistenti, altre sanzioni per ottenere, in mancanza di accordo, il regolamento collettivo dei rapporti di lavoro. Si è immaginato perfino di creare, accanto alla magistratura del lavoro, altri organi giurisdizionali chiamati, in concorrenza con essa, a stabilire un regolamene znzfuazcnrheGarctomea to autoritario dei rapporti collettivi di lavoro. Sono certo che simili proposte, dettate soprattutto dalla ignoranza del meccanismo della legislazione j esistente e da quella smania dei doppioni ancora troppo diffusa tra noi, non avranno fortuna. Bisogna aver fiducia nella magistratura italiana. Aver affidato a un'organo di Stato autorevole e indipendente come la magistratura, che mirano alla formulazione del regolamento collettivo, è stato un grande progresso della nostra le- rato. la risoluzione delle controversie col- iettivo del lavoro, e non solo di quel-!]e <~'len» l'applicazione dei patti esistenti, ma anche di quelle ■ SJsTazionV. Tornare a organi parité ticij con CBrattere arbitramentarte, come si vagheggia da taluni, sareb be fare un passo indietro verso forvie che hanno avuto fortuna in altri Stati (Spagna, Germania, Nuova Zelanda), ma che la legislazio ne fascista, con un formidabile balzo avanti, ha definitivamente supeALFREDO ROCCO. Ministro Guardasigilli.

Luoghi citati: Germania, Italia, Nuova Zelanda, Spagna