La regione di Cufra, roccaforte dei Senussi, conquistata dalle nostre truppe

La regione di Cufra, roccaforte dei Senussi, conquistata dalle nostre truppe L'occupazione delle terre libiche definitivamente compiuta La regione di Cufra, roccaforte dei Senussi, conquistata dalle nostre truppe La brillante manovra sotto la direzione del generale Graziani : un'avanzata di 800 chilometri in 24 giorni 1 ribelli, minacciati di accerchiamento, fuggono in disordine lasciando sul terreno 100 morti, tra i quali due capi, 100 feriti e abbondante materiale - L'eroica condotta dei nostri sahariani - II Duca delle Puglie partecipa all'azione colle squadriglie aeree •• Il tricolore e il gagliardetto fascista innalzati sulla rocca di Et Giof alla presenza del Maresciallo Badoglio TELEGRAFO r>_Vr, XOSTRO IIV VI A. T O SPECIALE Il comunicato ufficiale Roma. 26 notte. L'Agenzia Stefani comunica: « Alte ore 15 del giorno 24 corrente la nostra bandiera è stata issata ad El lag, nel cuore di Cufra. Il programma della integrale occupazione del territorio libico imponeva, dopo la conquista del Fezzan, di prendere effettivo possesso dell'importante zona dell'oasi di Cufra. 11 disegno operativo, diligentemente e rapidamente preparato, ha avuto esecuzione in 24 giorni su itinerari di oltre 800 chilometri, con mezzi modesti ma di granfie e sperimentato rendimento. « Sull'asse principale dell'operazione svolgentcsi da Gialo ad El lag per Bir Zighen, hanno agito due 'gruppi sahariani e squadriglie di autoblinde al comando del tenente colonnello Maledi. Sull'itinerario di protezione da Uau El Chebir a Tmed Bu Hasciscia-Tazerbo-Bir Zighen, un 'solo gruppo sahariano al comando idei maggiore Campini. « Le due colonne partite agli ultimi di dicembre dalle rispettive basi, il 9 innato corrente prendevano collegamento a Bir Zighen (dove fu impiantata una base logistica) e puntavano direttamente alle due oasi di El Hauaru e di El Uaueiri. Tra le due oasi, pun ìo obbligato di passaggio, l'avversa rio, che da tempo risultava essere rifugiato a Cufra, forte di una me balla di 400 uomini, al comando di 'Abd-el-Gelil Sef En Nasse, contrastò il passaggio alle nostre truppe. Il combattimento, iniziato alle ore 10 del giorno 19, si è protratto violento fino alle ore 13. L'avversario infine aggirato da ambo i lati, si è dato a disordinata fuga, lasciando sul terreno 100 morti, 100 feriti, 13 prigionieri, 'molte casse di munizioni e vet tovaglie. Tra i morti sono stati rico nosciuti due capi: Hamed Scerif ed Abd El Hamid Bu Matari. Da parte nostra sono caduti, alla testa dei proprii reparti, il tenente Helsen del primo gruppo sahariani cirenaico, e 'il tenente di artiglieria Pipitone, comandante una sezione cammellata 'inoltre abbiamo avuto due ascari morti e 16 feriti. '« Al combattimento hanno preio parte importante, efficace e 'decisiva nostre squadriglie d'aviazione col Duca delle Puglie. Il nucleo dei ribelli in ritirata verso %'Egitto, in direzione di El Auenat a sud-est di Cufra, è stato inseguito da un corpo di sahariani per oltre 200 .chilometri ed ha lasciato per stradu 'donne, bambini e bestiame. La resistenza opposta dai ribelli è la prova migliore della vitale importanza che per essi aveva il possesso di Cufra. Le popolazioni cominciano a riaf. fluire a El Tag^ El Giof, El Azeila, Ex'Zugh, Rebiàna e a tutti gli altri centri abitati di Cufra. « S. E. il Maresciallo d'Italia Badoglio e il generale Graziani, che da Bir Zighen ha assunto la personale 'direzione delle operazioni, hanno presenziato ad El Tag all'innalzamento della bandiera. a Cufra, che fino a oggi fu nostra solo sulla carta e per 'diritto internazionale riconosciutoci, £ufra mèta di esploratori e roccaforte per luogo comune della Senussia, è per volontà del Governo fascista, per la capacità dei nostri capi e per H valore delie nostre truppe, real mente e definitivamente in nostro possesso ». I particolari dell'azione Oasi di Cufra, 26 notte. La colonna d'operazione della Cirenaica, composta da due gruppi di sahariani con una sezione di artiglieria, 6 mitragliatrici, oltre a una 'centuria di irregolari cammellata, mosse da Bir Ziglien all'alba 'del 14 gennaio giungendo la sera del 18 nei pressi di Gara El Hauri 'dove sostò. Contemporaneamente un'altra colonna composta di un gruppo sahariano proveniente dalla Tripolitania flanelleggiava la marcia, seguendo la direttrice Taiserbo-Cufra, allo scopo di impedire infiltrazioni di ribelli e la ritirata di questi verso nord-ovest, cioè alle Spalle delle truppe operanti. Il combattimento Alle 10,30 del 19 l'avanguardia falla colonna cirenaica, già preavvertita dell'^vicinarsi di un nume- roso gruppo di ribelli, si scontrò con un'agguerrita mehalla, forte di quattrocento uomini, che si erano tenuti fino allora nascosti dietro le palme dell'oasi e che ora muovevano all'attacco contro le nostre truppe. I nostri meharisli, smontati immediatamente e presa posizione sulle alture, accolsero con terribile fuoco l'avversario che avanzava in massa compatta, seminando il terrore fra le sue fila. Numerosi episodi di valore si sono registrati: l'azione si risolse rapidamente con la nostra vittoria, nonostante i vani tentativi del nemico di aggirare le ali del nostro schieramento. Intanto la colonna tripolilana proveniente da nord-ovest piombava al trotto sul fianco sinistro dei ribelli, mentre U gruppo dei mogarba effettuava il contro-aggiramento del fianco destro dell'avversario. 1 ribelli non poterono resistere all'urto e fuggirono precipitosamente, rifugiandosi dietro i cespugli e le palme dell'oasi. Le nostre truppe inseguirono i resti della mehalla infliggendole perdile gravissime. Il Duca delle Puglie, a bordo di un velivolo, durante il combattimento cooperò all'azione eseguendo segnalazioni e il servizio di collegamento fra le colonne mentre altri apparecchi, fatti segno a fuoco di fucileria, rovesciavano bombe sui ribelli e mitragliavano ì fuggiaschi. All'alba del 20 l'avanzata^ venne ripresa e alle 9 si procedeva all'occupazione di El Tag, El Giof e dei vari altri centri abitati di Cufra, mentre le popolazioni rimaste facevano atto di sottomissione e quelle altre riparate nelle oasi vicine durante il combattimento rìen travano nell'abitato. Il nemico iva perduto oltre 'duecento uomini, fra morti e feriti, oltre a ingente materiale. I prigionieri hanno confermato l'entità del disasiro subito dai ribelli, disastro che si è ancora di più aggravato per l'inseguimento operato dai nòstri sahariani per circa 200 chilometri. Durante la fuga, i ribelli hanno abbandonato le donne, i bambini, il bestiame. L'arcipelago verde In mezzo alle sabbie La cerimonia dell'innalzamento della bandiera è slata quanto mai solenne e commovente, li mare sciallo Badoglio, alla presenza del Duca delle Puglie, dei vice-governatori Graziarti e Bava, dei generali Siciliani e Ronchetti, di tutti gli ufficiali e dei reparti sahariani ed eritrei, ha ricordato il significato della cerimonia, che rappresenta il definitivo tramonto della Senussia con la caduta del suo estremo baluardo che invano tentava opporsi al dominio assoluto dell'Italia. Ha affermato che le popolazioni che si sottometteranno e obbediranno lealmente avranno il nostro appoggio, ma nessun residuo di ribellione deve permanere. La manifestazione ha suscitato in tutti i presenti vivissima profonda commozione ed esultanza. Il vice-governatore Rava aveva recato da Tripoli il gagliardetto fascista che doveva essere innalzato sull'ultimo lembo conquistato jiella terra libica: il segno vittorioso delle Camicie Nere sventola ora vicino al tricolore. Le nostre perdite sano state lievissime, data l'irruenza dell'attacco operato dalle nostre truppe, che sconvolse ogni piano dell'avversario. Gli schiavi liberati esultano della nostra vittoria e della caduta ormai definitiva del fortilizio della schiavitù sempre voluta e conservala dai capi senussiti. Ora il tricolore italiano porta in questa terra misteriosa, la luce millenaria della civiltà latina. Sparse nell'immensità del 'deserto libico, a distanze di decine e anche di centinaia di chilometri l'una dall'altra, le oasi di Cufra formano veramente un u arcipelago » di zone verdi, fra un mare sterminato dì sabbie e pietre. Isolate, lontanissime da qualsiasi altro punto abitalo, hanno costituito, fino a non molto tempo addietro, la zona forse più misteriosa del continente africano, ed una aureola quasi di leggenda le avvolgeva da quando la Senussia vi aveva fissato il centro della sua attività, creandovi la cosidetta città santa di El-Tag, non lungi dall'oasi principale di El Giof. Ma ormai il famoso velo misterioso di Cufra aveva subito degli squarci cosi sensibili per opera di esploratori e di prigionieri europei, e, d'altra parte la confraternita senussita era così decaduta ultimamente nel suo presti- gio che il senso di mistero ond'erano avvolte quelle oasi si può oggi considerare tramontato con la scomparsa delle disianze, divorate dalle nostre magnifiche formazioni sahariane che, portandovi il tricolore, hanno assicurato all'Italia il dominio delle sterminate zone sahariane di entrambe le Colonie mediterranee. L'arcipelago si trova, pressoché al centro dell'immenso tavolato del deserto libico, che s'innalza leggermente da nord verso sud, rotto soltanto da qualche zona lievemente depressa, fra cui quella dell'Uadi Zighen e la conca di Cufra, e da modestissime elevazioni; a sud s'innalzano i due blocchi granitici isolati di Archenu e di el Auenat, a circa 300 Km. a sud di Cufra, la cui massima altezza raggiunge i 1100 metri. Le condizioni climatiche della regione sono, naturalmente, analoghe a quelle delle regioni sahariane, con forti sbalzi di temperatura fra il giorno e lo notte; la pioggia vi è quasi sconosciuta, tanto che, secondo quanto ha constatato il dottor Brezzi, da circa 40 anni non vi pioveva più. Ciò nonostante l'acqua abbonda nel sottosuolo. In quasi tulle le oasi si notano poi sebche e laghi salali di cui qualcuno di notevole estensione. Centinaia di migliala di palme L'oasi principale è quella di El Giof, nella conca di Cufra, ricca di palme, le quali, fra tutte le oasi, si fanno ascendere ad alcune centinaia di migliaia, con numerosi appezzamenti coltivati e nella quale pare abiti un migliaio circa di persone. Comprende il grosso villaggio di El Giof con alcuni gruppi di case povere, ed altri minuscoli villaggétti di case e zeribe, sono sparsi nella vasta oasi, che è attorniata da altre minori, fra cui quelle di ez-Zurugh, et-Tlseilib, Buma, Buema ed et-Tallab, quest'ultima a circa 20 Km. a sud ovest di El Giof. Non lungi da El Giof sorge, sul pendio d'un'altura che appena si eleva dalla depressione, la zona santa di El-Tag dove sono le tombe dei capi della Confraternita, fra cui, pare, quella di Mohamed el Mahdi che, gode d'una speciale venerazione presso gli affiliati. In un'altra piccola depressione a nord della conca di Cufra si trovano altre oasi molto meno importanti, di cui le maggiori sono el Hauuari, el Haueuiri ed el Azeila. Nella depressione dell'Uadi Ziglien a circa 200 Km. a nord di Cufra, non vi sono che alcuni pozzi con qualche rara palma, ed, infine, a sud della zona di Cufra, da cui distano varie centinaia di chilometri, fra le alture omonime, si aprono le valli, con qual ,.ti,lT.t?Te,, eL?:Tl°™: .di Archenu e di el Auenat, questa ad un 40 Km. a sud-ovest della prima. Vi è chi fa ascendere la popolazione attuale delle oasi di Cufra a circa 8000 abitanti, ma, secondo i calcoli del capitano medico Brezzi, essa sarebbe inferiore ai 4000, fra Cui un migliaio di schiavi sudanesi. Il nucleo principale risiede nel villaggio di El Qiof, ed il resto è sparso un po' ovunque per le varie oasi del gruppo e nella città sacra di El Tag, che era interamente occupata dalla famiglia senussita, essendo il centro spirituale della Senussia. Gli schiavi formano per lo più delle colonie raggruppate spesso in piccoli miserabili villaggi e vrovvedono ai lavori della terra. Il beduino è il padrone che non lavora e che sfrutta al massimo gra do la massa bruta degli schiavi; il beduino che non ne possiede almeno uno, è veramente da collocarsi fra i miserabili. Questi schiavi lavoratori, che, provvedono, naturalmente, anche alla raccolta dei prodotti, ricevono per tutto compenso delle loro fatiche, un pasto assai magro, ma spesso condito con buone dosi di legnate. Il commercio degli schiavi continuava tuttora ad essere esercitato nelle oasi di Cufra ed il Brezzi narra a questo proposito episodi veramente ripugnanti. Principale alimento delle popolazioni di Cufra è il dattero di cui sono mollo ricche le oasi, ed i cammelli si nutrono prevalentemente dello stesso prodotto; esistono poi, varie migliaia di ulivi. Fra le frutta si producono fichi, pesche, albicocche; non mancano il gelso, la taalha e l'etel; vi si trovano il grano, l'orzo ed il miglio; le verdure sono rappresentale dal pomodoro, dalle cipolle, melanzane, cocomeri, meloni, rape, rapartela, tutti prodotti coltivali in stretti appezzamenti ed irrigati con l'acqua dei pozzi coi caratteristici sistemi indigeni. Le vicenda di Cufra negli ultimi decenni sono strettamente collegate con quelle della Senussia che vi stabili la sua sede nel 1895, trasferitasi da Giarabub. Dopo la nostra occupazione della Libia, la Senussia ci fu sempre ostile; infatti, anche quando, come nel 1917, fu concluso il modus vivendi di Acroma che ci assicurò durante la guerra mondiale un periodo di una certa tranquillità, come pure nel 1920, quando l'accordo fu rinnovalo a Er Regima, sottomano la Senussia alimentava la ribellione e tramava ai nostri danni. Cosicché il Fascismo, appena assunse il potere, sciolse tutti quegli impegni che menomavano la nostra assoluta sovranità ed affidò alle armi l'unica soluzione possibile dell'intricata questione. Con l'occupazione di Giarabub e con l'azione continua e tenace sul Gebel cirenaico, la Senussia ha ricevuto un incessante succedersi di scacchi che ne hanno progressivamente diminuita l'efficenza. Con gli ultimi atti di viva energia compiuti dal gen. Graziani, cioè la soppressione delle zavie ed il concentramento della popolazione alla co ,sta, e poi con la confisca di tutti 1 beni comunque ad essa appartenenti. lle sono stati inferii altri colpi durissimi e decisivi. Perdendo Cufra i ribelli perdono l'ultimo loro punto d'appoggio e non hanno più che l'immensità del deser-. . „ . ____ _-_._iuM.Ji j. to che non offre possibilità di vita o lo sconfinamento che segna ugual- mente la fine delle loro velleità di resistenza. O, M. TUNINETTI Azione definitiva Roma, 26 notte. Nel cuore dell'oasi di Cufra, uno dei punti più misteriosi e più sug gestivi dell'Africa, sventola il trico lore. La notizia, pur nell'incisivo comunicato ufficiale delle operazio ni, non può non suscitare un senso di ignoto t di avventuroso. La località è vicina al Tropico del Cancro. Ampissime fasce desertiche la separano dal litorale cirenaico. Le note oasi del 29° parallelo, Gialo e Già rabub, pur cosi avanzate, distano da Cufra centinaia di chilometri in uno dei terreni più accidentati e più aridi del deserto africano. Si ricordano sulla dita le spedizioni di viaggiatori, che, prima della nostra occupazione libica, erano riusciti a penetrare in questa isola verde fra la desolazione circostante; la leggenda e la letteratura avevano finito per impadronirsene. Oggi il mistero è squarciato; forse le fantasie accese dei narratori che la decantavano come una zona di delizie riceveranno delle attenuazioni e delle smentite; ma quel che è certo è che l'Italia conchiude con questa opei'a'; zione la marcia in avanti che, iniziata nel 1922, doveva portarla in meno di un decennio all'occupazione stabile, permanente di tutto il vasto possedimento libico, almeno nei limiti non soggetti a controversie e ad eventuali negoziati internazionali. Questa campagna novennale resterà forse come 11 più mirabile esempio di perizia e di valore nel condurre una guerra coloniale con fronti vastissimi, con un nemico inafferrabile, con le insidie di un clima e di un suolo avversari implacabili dell'audacia dell'uomo; è vero che possiamo esserci giovati di esperienze altrui, ma è anche vero che i risultati sono stati ottenuti con mezzi minimi, In un periodo molto più breve nel confronto. Ne sarebbe lecito riferirci allo 9barco di Tripoli nel 1911 se non nel senso negativo di esperimenti falliti : l'inizio della conquista effettiva della colonia coincide con l'avvento del Regime fasciste, il quale si rese conto subito che non potevano esistere sovranità limitate a questa o a quella zona, o sovranità a mezzadria con autorità indisene Finalmente divenne principio di Governo quello che era un assioma militare e coloniale, provato già dalla lunghissima campagna francese in Algeria, che cioè la costa si difende dall'altopiano, e che non si ha sicurezza nell'altopiano senza il controllo completo delle retrostanti regioni desertiche; infine il Governo respinse i mezzi termini, e, consapevole che prestigio e interesse nazionali imponevano il possesso totale della colonia, guardo in faccia alla rpalià per quanto ardua c aspra si presentasse. Quando avremo la storia completa e definitiva dei piani strategici e dei movimenti tattici del ciclo di l'operazioni, dalla sortita non metaforica dalle porte di Tripoli all'occupazione odierna di Cufra. si vedrà come, in fondo, poche migliaia di nostre truppe di colore, guidate da alcune centinaia di ufficiali bianchi e appoggiate da reparti specializzati sotto il comando di condottieri, di cui qualcuno pur giovane è già assurto alla fama meritata dei Clive, dei Kitchener, dei Gallieni e dei Liautey (il nome di Rodolfo Graziani affiora irresistibilmente sulle labbra) hanno donato all'Italia una superba colonia, la cui importanza potrà essere valutata a pieno solo fra un certo numero di anni. E' una campagna, quella conchiusasi a Cufra, che ha riscattato tante prove di debolezza e di incapacità, confermando l'eroismo dei soldati italiani che morirono sempre con la fronte rivolta al nemico ad Adua, nella riritirata del '15 a Beni Ulid. nelle mille imboscate sul Gebel cirenaico; oggi possiamo guardare a fronte alta le Potenze che possiedono le migliori tradizioni coloniali; e non c'è dubbio che ne ritrarremo un tesoro prezioso di insegnamenti insieme con un organismo militare di truppe indigeni che si farà contare sempre di più nella storia futura dell'Africa, continent» dell'avvenire: i nostri battaglioni libici rivaleggiano in ardimento e in disciplina con 1 vecchi e gloriasi battaglioni eritrei. I nostri Corpj sahariani non hanno nulla da invidiare ai Corpi similari del Sud Algerino. Se queste sono le considerazioni di ordine generale che si presentano spontanee per l'occupazione dell'oasi di Cufra, ve ne sono altre di importanza particolare immediata. Dopo che nel Fezzan era stata riportata la tranquillità all'ombra del tricolore, non diremo, esagerando, che Cufra fosse l'estremo baluardo della resistenza, ma essa era certamente il luogo più facile donde partivano i tentativi di infiltrazione, da un lato verso la regione sirtica, dall'altro verso l'altopiano cirenaico; si trattava di un focolaio da spegnere tanto per le autorità di Tripoli quanto per le autorità di Bengasi. I risultati non si faranno attendere. Le nomadi popolazioni de- n 'dite alla pastorizia della Sirtica non -[saranno più disturbate, mentre il disperato banditismo dei seguaci di o ™*P_ Muktar vedrà stringersi fata- j_ ji cerchio di ferro e di fame. i L'attenzione maggiore si rivolge alla Cirenaica, dove la spietata repressione del generale Graziani sarà presto coronata dal pieno successo: confiscate le zavie senussite, concentrata la popolazione infida verso la costa, la conquista di Cufra costituisce un decisivo colpo per 11 superstite ribellismo, sia perchè è una fonte di aiuto che viene meno, sia perchè la sorveglianza contro il contrabbando sul confine egiziano e sudanese sarà più facile, come più facile sarà stabilire delle responsabilità e delle complicità oltre le frontiere, sia perchè il residuo di prestigio morale della Senussia verrà annullato Da un anno la pace assoluta, feconda di opere, regna in tutto l'immenso retroterra tripolitano; un'alba di pace altrettanto sicura sta per spuntare sulla Cirenaica. Quando si pensi che, pure in una situazione di difficoltà talvolta non disgiunta da rischi, pur in un periodo di strettezze economiche contrario quindi allo svilupparsi di iniziative, più di 40 mila italiani risiedono permanentemente nella colonia libica, si comprende che non è affatto fantasiosa illusione prevedere che fra qualche decennio centinaia di migliaia di italiani vivranno lungo le zone marine, fin sugli altopiani della Tripolitania e della Cirenaica, riportati alla fertilità e allo splendore che conobbero ai tempi di Roma. La nostra potenza mediterranea sarebbe accresciuta da quella forza incalcolabile che solo l'uomo attaccato alla terra può irradicare. Alto brilla il vaticinio recente del Duce: « Fra 25 anni una fascia ininterrotta di italiani potrebbe andare da porto Bardia a Ben Gardane e tramutare veramente quella sponda nella quarta dei mari che bagnano Italia ». ALFREDO SIGNORETTI.