Fraterno pensiero all'italiano in Francia

Fraterno pensiero all'italiano in Francia Come se utn anno fosse passato... Fraterno pensiero all'italiano in Francia A ripensarci quando la stagione delle corse dll '33 fu finita, veniva da som- dere pel tanto scalmanarsi che quasi un anno prima aveva riempito del suo mclamore le gazzette — comprese quelle j pche ai fatti ed ai commenti sportivi de. dicano nutrite ed eziandio autorevoli cronache. B dilemma lo avevano prospettato nella luce fatale che illumina le svolte decisive della storia: — Giro d'Italia o Giro di Francia?, e non c'era stato bravo collega o uomo della strada (nel senso di streetman e non di routier) che non avesse detto la sua sullo « scottante argomento ». Ogni dilemma che si rispetti ha, com'è risaputo, i suoi corni in numero di due; e faceva piacere all'occhio assistere a tante manovre d'arrampicamento or sull'uno di essi (Giro d'Italia) or sull'altro (Giro di Francia), che davvero pareva di trovarsi un giorno di Ferragosto quando le torri di Vaiolet formicolano di cordate che le scalano e ne discendono da tutti i versanti. Naturalmente tutti concludevano col rimettersi al giudizio decisivo e responsabile dell'Unione Velocipedistica, come all'ente cui spettano gli oneri pochi e le grane molte di dirigere il popolarissimo sport della bicicletta in un paese popolato d'abitanti che hanno la fortuna di amministrare ciascuno entro di sè quel tantino di spirito ribelle che permette di apprezzare la superiore necessità dèlia disciplina in questioni d'ordine generale o nazionale. Perchè, infatti, si volle che la questione diventasse nazionale, onde lo smercio di paróle grosse e gravi, che facevano pensare non esserci mai trovati a una vigilia-similmente gravida d'eventi stra' ordinari e definitivi. Due tendenze in contrasto Sui corni del dilemma, ripeto, mostrarono lor bravura i tecnici del ciclismo, ma l'apocalissi quasi garan macngppacsdsdsncdzrqpdtfdblfdmnfliaslplgtita a scadenza fissa qualora «carne- j drata on. Garelli ave-favorito il Giro!-d'Italia a spese del Tour de France o vi-1 ceversa non si verificò: e chi alla tafedelle corse volse uno sguardo al recente passato trovandovi motivi di compiacimento per la dimostrazione di potenza riaffermata dall'italico ciclismo in patria e fuori, si meravigliò che si fosse quasi drammatizzata una situazione che non comportava affatto tale necessità. Che il tecnicismo gioca sovente di questi tiri a chi nell'illusione' di dominarlo se ne rende schiavo (come successe all'uomo per la macchina):, méssosi davanti agli occhi il noto problema e dato un giro alla chiavetta della luce per illuminarlo sotto tutt^ i suoi aspetti e impugnato il bìsturi della critica per sviscerarlo nel profondo, le brave persone che tanto s'erano agitate a prò del Giro o a prò del Tour manco ebbero il tempo di chledeirsi^ se il programma dell'Unione Vetocipeàistica, da due anni enunciato con chiare tendenze a favore dell'attività'- internazionale, non contenesse putacaso qualche iniziativa o provvidenza degna d'attenzione e di consenso. In altre parole, poiché sullo scorcio dell'estate del 1933 ebbe grandissimo successo in una città prossima alla nostra frontiera la finale della corsa riservata agli Italiani residenti in Francia, gli osservatori di non labile memoria e amianti di trarre dai fatti, anche sportivi, una norma di vita ivvlaetFzaGcrTnaarctlloattmmnrsiche giovi in qualsiasi modo al prestigio I sdella Nazione o ne rafforzi le basi morali o affettive, ebbero ragione di chiedersi perchè, piuttosto che le discussioni « squisitamente tecniche », dal cuore d'ognuno di questi bravi e simpatici competenti in materia non sbocciasse spontaneo l'elogio alla magnifica iniziativa d'indire una grande corsa pei ciclisti dell'U.V.I. in Francia. Tanto bella, l'iniziativa, che subito trovò intoppi alla sua pratica realizzazione. Sappiamo! Sappiamo che quello dianzi accennato — il contrasto fra la dqaccnpttendenza eminentemente tecnica e quel-I^J^^^i^^^f:^Benti da ragioni d'ordine superiore (e sovente spirituali) — si ripete al difuori del campo ciclistico in altri ambienti sportivi: e come vi sono i paladini d'un malinteso nazionalismo per cui sono degne d'attenzione soltanto le gare che si effettuano in casa nostra e ci si gonfiano le gote per cantare l'epinicio d'un qualsiasi Marcello che pedalando viene giù dal borgo natio, altrettanto non mancano i feticisti della tècnica per cui, ridotto il muscolo a oggetto di laboratorio, tutta l'attività dei singoli dovrebbe essere indirizzata sui binari della più rigida ortodossìa. Sacri testi — almeno quelli ritenuti tali, ■— alla mano, e nessuno sgarri! Questo usava anche l'Inquisizione, che popolò le piazze di roghi. Per uscir di metafora, il contrasto in campo ciclistico tra la politica del piede di casa e quella dell'espansione o valorizzazione all'estero era viva, attuale, come suol dirsi: all'ordine del giorno. Mentre per altri sport soprattutto si cerca nella lcompetizione internazionale il terreno di lotta e di confronto coi campioni stranieri andati ad affrontare in casa|loro, in quello ciclistico era facile tro- jvare i fautori del concetto espresso nel principio: — Prima le nostre corse, poi se ne avanza il Giro di Francia! Solidi argomenti erano presentati a sostegno della tesi. Abbiamo già-vinto tante volte quel Campionato del Mondo, che fino a prova contraria tutte le corse riassume, che proprio non c'è bisogno di trascurare il patrimonio delle corse nazionali per giuocare una carta cosi pericolosa come la partecipazione ufficiale e in forze al Giro di Francia! Svecchiare il Giro d'Italia Seguivano le altre ragioni, ben ricordate dai lettori delle gazzetta del tempo. Si arrivò anche a parlare dei sacri- Giro d'Italia — come si potesse ignorare che quella spesa ha da considerar¬ si nè più nè meno come necessaria alla pubblicità della Ditta. Più sdegnosi, o meno proclivi ai ludi cartacei, i sostenitóri della partecipazione in pieno alla « più Importante corsa del mondo » concorsero in sordina alla discussione; soltanto badarono ad avvertire che: 1. gli organizzatori del Giro d'Italia a- ivrebbero ben provveduto, anche nel lo- xo interesse, a studiare di svecchiare jalquanto la formula della loro manifestazione; 2. che, in ogni caso, non sarebbe significato il fallimento di questa) se i nominati Guerra, Camusso e Di Pa co — cioè i tre italiani già inscritti al Tour, cioè i tre uomini che verosi milmente dovevano assumere i ruoli j preponderanti perchè la vittoria, final- mente, spettasse a un «tricolore » avessero, sic et simpliciter, dimenticato di partecipare alla corsa a tappe nostrana. Poco importava, invece, se i gregari ne fossero reduci del tutto o in parte. Anche senza questi tre « assi » presenti, il Giro della mezza penisola avrebbe corrisposto alle sue funzioni, come, del resto, si volle far credere fosse avvenuto qualche anno avanti, quando, nella pretesa di renderlo più interessante, si ebbe la bella pensata di escluderne Binda d'autorità. Senonchè lo sportivo al 100 per 100 — il domenicano della nostra religione — pretendeva che tutti indistintamente i corridori di gran nome s'allineassero alla partenza del nostro Giro, giungendo a chiedere, anche!, sanzioni disciplinari verso quelli che, in ritardo magari d'un'ora per una disgraziata vicenda o malandati in salute, un bel mattino, a metà tappa, mettessero.jpiede a terra per rifugiarsi in un'automobile o in treno onde non consumarsi vanamente per una battaglia già perduta, e pregiudicare le proprie chances pel vicino Giro francese. Importatori di oro Neppure si poteva accettare come dogma l'affermazione che s^ sarebbe meglio servita la causa dello sport nazionale affettando sdegnosa indifferenza per la manifestazione dell'—antipatico collega Desg-ange, quando il grave torto di costui è di non aver ancora, purtroppo, un suo pari da noi: securité d'abord (oggi), Deutscliland ùber alles (V altro ieri) — tutti programmi che per essere troppo assolutisti son destinati a procreare più guai che benefici. Ad onta dei sospetti e j de&U armamenti che ne turbano gli a-!--' <Jgj -a ve-hia Europa (al- 1 . -, . .. fe^y??^?!^ illudersi di poter fare, sempre, senza il vicino di uscio, e quand'anche Guerra vincesse, finalmente, il suo Giro d'Italia, crediamo noi, in coscienza, d'aver accresciuto il patrimonio sportivo più e meglio che contassimo, invece, la vittoria dello stesso- atleta nel Giro di Francia? La bilancia era stata messa in funzione: su un piatto la partecipazione al 100 per 100 dei nostri atleti al Giro d'Italia, sull'altro le possibilità, con le provvidenze suggerite dall'esperienza ,di tre tentativi, di vincere il Tour. Delle buone ragioni che pesavano sul primo piatto già si discorse; alle non meno valide argomentazioni a favore del secondo si potè aggiungere che, anche a causa dello speciale clima politico del tempo, sarebbe stato stolto" non "cercare, con ogni1 mezzo lecito, una clamorosa affermazione'italiana in un avvenimento che, vogliano oppur no i nostri giornali pei quali anche si chiese la censura!, rimane tuttora, nel suo genere, il più importante d'Europa. Magagne, certo, ne mostrò anche la macchina del Tour; ma non c'è merito, nello sport come nella vita, vincere senza lotta e amare senza soffrire. Se dal punto di vista economico non è male che cittadini italiani importine in patria dollari o I sterline o franchi o fiorini guadagnati al di là della frontiera, perchè si dovreb- bero additare al disprezzo pubblico questi onesti Javoratori del pedale che, giovando si a se stessi, aumentano anche, secondo le proprie forze, la ricchezza nazionale? Se possiamo non commuoverci alla sorte di Giorgetti che, a somiglianza di altri Italiani che non hanno fiducia nel proprio paese, per aver investita in America quasitutta la sostanza guadagnata laggiùcon le corse la vide volatilizzata nel-lo slump di Wall Street nel giro di poche ore, non similmente avviene Ine- ~it rh. hnrmr. „„_,._.,„„,„„,.„ ^^^^SV^Stemporaneamente all'estero: vi hannoesportato un'affermazione di potenza edi vitalità vincendo nell'agone scorti-r e e a i i , ^oamento metodico, razionale, di- , i e e l r lagone sportivo, ne hanno importato divise che nella bilancia monetaria nazionale sono le benvenute. Lo sport integrale, quello au dessus de la melée, che vorrebbe negate le frontiere, potrà esseie commendevole, bellissima cosa — anch'io son dlquelli che inorgogliscono quando un a- tleta batte un record del mondo grazie all'allpniimoTitn -~,»4-„ji— , a lenendoli esclusivamente intenU alle o v"=ende del Campionato di foot-ball i 8B.e.in <iueUe settimane registrò il suo a|fatt0 sensazionale nell'avvento della - j Juventus al comando della classifica.rei scientifico; ma la ragion tecnica non doveva prendere il sopravvento quando, come nel caso degli Italiani all estero, elementi d'ordine spiritualeo politico, 3ia pure del momento, con-sigliarono a una diversa valutazione della realtà. La quale, specie nei riguardi della grande Nazione vicina, è quella che tutti conosciamo; nè si poteva recar offesa ai nostri sportivi ri¬l i a o e e a e ! Prima cittadini, poi sportivi si ha daessere; e conseguentemente, vi furono non pochi che in quel tempo (mi riferisco, com'è noto, all'inverno 1932-33), ardentemente si augurarono che l'Unione Velocipedistica non in odio a checchessia o a chicchessia, ma unicamente gelosa coordinatrice dell'attività sportiva secondo l'indirizzo totalitario del Regime, senza lasciarsi distrarre proseguisse con fermezza nel suo programma cosidetto «internazionale ». Senonchè, quell'Ente lasciò a vedere di essere impressionato dalla campagna di stampa che sappiamo, e a un certo momento ritirò l'« ufficialità » della partecipazione italiana al Giro dmarcia indietro a molti dispiacque? La voce della Patria Come sovente avviene, costoro furono da qualcuno chiamati sognatoro poeti: uno ne ricordo, mio dilettissimo amico, che nel chiudere in quei giorni un articolo da passare allestampe veramente ebbe l'impressionedi sognare, parendogli di trovarsi in un paese lontano (ma non tanto), do- jve l'Alpi si profilavano ad oriente an-zichè ari <vridsnt« tutto ranriirìp .zicne ad occidente, tutte candide e)no a lui s'agitava un centinaio di gio-brillanti sotto il soie d'agosto e attor-TIC, a IMI c'otrifaiTO un /.onttnoln rt* (rin. l - e i a o e e t o vani in maglietta e gambe nude, ognuno venuto da un dipartimento diverso nella sua qualità di tesserato dell'U.V.I. ; ognuno, al disopra dei motivi che potevano averlo indotto ad emigrare, collegato alla patria che non lo aveva dimenticato se, ora, era présente in quei volti gioiosi e fraterni che si rivedevano e si salutavano, in quegli accenti che si riscoprivano scaturenti da un'unica sorgente. Chi era venuto dalle nere « mine » del bacino lorenese, e c . dalle <; ferme » sperdute nelle feraci ma spopolate campagne del Sud-Ovest, altri dalle ronzanti «usine » di Marsiglia o dai cantieri che attorno a Parigi costruiscono sempre nuovi « battimenti » : il duro « travaggio » e le lusinghe quotidiane non gli avevan cambiato il sangue, se la tessera dell'U.V.I. tenevano in tasca e non avevano rinnegata la loro origine militando sotto altra bandiera — sia pure in nome dello sport. Una piccola, oh, molto piccola Italia pareva essersi riformata quel giorno, con tutti quei giovani venuti da ogni parte come la madre li avesse chiamati; e c'era persino, oh, meraviglia!, lo striscione Manco che laggiù non s'usa con su stampato « Ultimo Chilometro ». Rispettosi delle leggi e dei costumi del paese che li ospita, nessuno però rinunciava a gridar forte richiami e saluti nella lingua materna sia pur lievemente impura; negli occhi d'ognuno brillava una fiamma d'orgoglio, e come la gente li guardava incuriosita e qualcuno anche di storto, essi rispondevano mettendo in mostra dei denti sani e bianchi, magari sporgevano il petto, e quasi si davano delle manate sulle cosce nude per farle schioccare in segno di salute e di forza. Con quelle occhiate assassine parevano dire : — Siamo « noi » che abbiamo gagnato il Tour de France! — e guardavano le ragazze e i Senegalesi con un certo piglio cosi italiano pei secoli e la storia che rispecchia, che il , tenerisaimo amico sl commosse £ - p£r nQn dar ^ m(jstra. re quello che gli successe dovette fingere di soffiarsi il naso. VITTORIO VARALE.

Persone citate: Benti, Camusso, Garelli, Giorgetti