L'odissea di una giovane dattilografa

L'odissea di una giovane dattilografa L'odissea di una giovane dattilografa Caduta nelle mani di un tr!?t« figuro fuggito ^ Manicomio Dall'idillio di Milano al dramma di Torino - Lei perduta, lui arrestato Molto spesso sotto ad una banalissi-jpma operazione, ad un provvedimento e I* ordinaria amministrazione l'attendo- M ae e la PersPicacia della Polizia può i | cogliere — ed è fortuna — gli elementi i s iindicatori di altri e ben più gravi rea-1n ^ Ed ancora spesso purtroppo da que-jzsti banalissimi incidenti sorgono gli : delementi di casi pietosissimi e degni di ogni riguardo. Cosi appunto è accaduto in questi giorni, mercè l'indagine svolta dagli agenti della Squadra Mobile. I tra nomi del fuggiasco Una pattuglia aveva incontrato un individuo, ancor giovane, vestito se pure non elegantemente, con una certa aria di ricercatezza, il quale, alla richiesta di documenti non aveva esitato a mostrare la carta d'identità. Dal documento egli risultava essere tale Pietro Vismara di Giuseppe, di 26 anni, artista di varietà, residente a Milano dEvgasgfdssctNq cne eSlj avesse buone ragioni per te in via General Gogone 42 e qui temporaneamente abitante in via Cavour 4.1 Li per 11 gli agenti non credevano di|vdover sollevare eccezioni sulla validità lDdel documento. Tutto appariva in re 1 gola ed il Vismara veniva lasciato im mediatamente a proseguire il suo cam mino. Solo più tardi allorché il coman dante la pattuglia riferiva al funzionario dell'incontro fatto, manifestando un qualche dubbio, sia pur lontano, sulla identità e più ancora sul modo di vita di quello strano artista di varietà, ve niva deciso di intraprendere una breve indagine per stabilire chi egli fosse. Due ageati si recavano in via Cavour, ma avevano la sorpresa di constatare che, proprio il ma,t,tino seguente alla notte dell'incontro colla pattuglia, il ' Vismara aveva raccolto le cose sue e si era allontanato. Questo contegno ncn faceva che accrescere i sospetti già esistenti. De ricerche continuavano e non si tardava a scoprire il nuovo recapito dell'artista di varietà, in una camera ammobiliata di via S. Tommaso n. 1. Occorrevano però lunghi appostamenti per sorprendere il Vismara. Solo allorquando gli agenti inviati sud posto si chiusero nella sua stessa camera, poterono finalmente coglierlo mentre rincasava. Il Vismara però non appena accortosi della presenza degli agenti, cercava di fuggire. Era una nuova conferma nersi ben lontano dalla Polizia. Por tato negli uffici di Piazza S. Carlo, i! giovanotto veniva a lungo interrogato. Non riuscendo a convincere il funzionario sulla veridicità della carta d'identità intestata al Vismara, diceva essere Aldo Camossi di 33 anni da Bologna. Diceva inoltre di essere ricorso al sotterfugio delle false generalità, per evitare che la madre venisse a conoscenza del suo recapito. La scusa però appariva tosto infondata e la conferma di ciò si aveva, allorquando si poteva scoprire sul Bollettino delle Ricerche. — il quotidiano interessantissimo edito dalla Direzione Generale di P. S. — una fotografia assai somigliante all'arrestato, ed intestata a tale Luciano Marzi dì Giuseppe nato a Para-Blemm in Argentina nel 1900. Costui figurava come ricercato, quale fuggito dal Manicomio Provinciale di Milano a Mombello, dove era detenuto a disposizione dell'Autorità giudiziaria, quale reo di tentato furto in danno di un tal Marcolli. L'arrestato doveva riconoscere l'evidenza dei fatti. La vittima Intanto però dalla perquisizione operata nella camera di via S. Tommaso, venivano in luce alcune lettere e minute di lettere dalle quali risultava che il Marzi era in corrispondenza con una certa Mimy, non meglio qualificata. Di essa soltanto si poteva intuire il domi- cilìo. E perciò pattuglie di agenti si da- vano a girare da una casa equivoca all'altra, fino a che la nominata Mimy veniva rintracciata. Condotta in Questura, essa, che era iscritta negli appositi registri sotto il nome di Francesca Rombo fu Luigi di anni 24, da Ventimiglia, scoppiava in lacrime, e, senza neppure essere interrogata in merito, cominciava col confessare non essere quelle le sue vere generalità. Diceva chiamarsi Maria Moretti e di essere nata a Milano nel 1912. Richiesta se conoscesse il Marzi ella/tveva un sussulto e, sempre singhiozzando, narrava la tristissima sua storia, che non occupa gran tratte di tempo. Si iniziava nel l'aprile passato, allorquando la ragazza si trovava a Milano, allogata presso una Ditta quale dattilografa. Era allora che, uscendo di casa per recarsi al lavoro, aveva con frequenza più che normale avuto occasione di notare un giovanotto, il quale la seguiva sul tram per la strada, fino allaporta dell'ufficio Queste premure avevano culminato nella solita domanda e cioè se la ragazza avrebbe accettato un invito per trascorrere alcune ore dopo cena al cinema, Dal cinema alla passeggiata sentimentale, la relazione era continuata nè si può dire che la ragazza abbia peccato di leggerezza.. Fin dai primissimi giorni aveva chiesto al giovanotto, quale mestiere facesse e dove fosse impiegato. Avuta la risposta, si era recata presso un orefice e da costui aveva avu to conferma che il giovanotto — che era appunto il Marzi — lavorava per conto della ditta. Non solo, ma il giovanotto non aveva esitato a dare carattere di serietà alla relazione ed era giunto fino a recarsi in casa della Mo retti e ad avanzare regolare domanda di fidanzamento ai genitori di lei. Una rivelazione e un nuovo incontro A un tratto però era venuto il colpo di fulmine. Una mattina la ragazza si vedeva recapitare in ufficio un biglietto da un infermiere di un'astanteria Con lo scritto il Marzi le diceva di essere ferito e la pregava di andarlo a trovare. Subito la ragazza correva al capezzale del fidanzato, ma qui una terribile rivelazione la attendeva. Il giovanotto infatti era stato colà trasportato in seguito ad una burrascosa scena avvenuta in un Commissariato di P. S. Arrestato in seguito ai sospetti che gravavano su di lui per furto, egli, scorta sul tavolo del funzionario ana lama per rasoio di sicurezza, l'aveva afferrata e con quelle, si era inferii alcuni colpi alle braccia, alle coscie, al ventre. Cosl la disgraziata Moretti poteva sapere con chi aveva a che fare, Era l'infrangersi improvviso del bel sogno d'amore ed ella ne rimaneva costernata. Maggior dolore le procurava nisvcrtqelimliensvdssznmamriziovoginròinfrcaraaesdagrenchdchglaladeil nungrmvtfz•evfvfccVgBrdcCpnizdBdMgclfdMpms1dVrePLGdqdtPltfSA1dcd poco di poi il sapere che il giovanotto era stato internato al Manicomio di Mantello. Un mese plù_tardi e cioè il 14 di settembre, quando forse già il suo animo si disponeva a rassegnazione, le capitava improvvisamente innanzi, al solito angolo di strada, testimone dei primi incontri, il Marzi. Alle parole di stupore della ragazza egli spiegava Era fuggito dal Manicomio. Ora voleva che ella scappasse con lui. La ragazza naturalmente rifiutava e forse avrebbe resistito nel proposito se questa volta la mala sorte non avesse congiurato contro di lei. La causa fortuita fu il malaccorto zelo di alcuni guardiani del Manicomio di Mombello. Costoro avevano infatti intravisto per la strada il Marzi e avevano corcato di catturarlo. Il delinquente si era liberato dagli inseguitori con alcuni ceffoni. Ne veniva un inseguimento, durante il quale il Marzi poteva dileguarsi. La fatalità z guardiani del Manicomio non tro vavan0 di megij0 che recarsi presso la Ditta ove era impiegata la ragazza nella speranza di poter qui sorprendere l ricercato. Il Marzi, naturalmente non si faceva vedere, ma la ragazza veniva licenziata dal principale cui non era certo gradito il sapere quale razza di relazione essa avesse coltivato. Rimasta cosl senza lavoro la Moretti rimaneva più facile preda del delinquente, il quale, profittando che essa era in possesso di alcune centinaia di ire avute come indennità di licenziamento, la convinceva a venirsi a stabiire con lui, a Torino, ove, secondo che egli prometteva, avrebbero iniziato una nuova vita dedita al lavoro. Nella nostra città i due prendevano alloggio in via Cavour e, fin tanto che durarono i denari, nulla parve turbare la loro esistenza, fu solo in seguito che il Marzi i rivelò in tutta la sua perversità. I vicini di casa confermano la narraione della disgraziata, parlando di scenate che culminavano in percosse disumane, allorché il Marzi volle spingere l più infame del mestieri la giovanissima sua amante. Ma la poveretta non iusciva certo a provvedere agli insaiabili bisogni di lui ed allora egli, che rmai aveva ridotto la misera a passiva succube priva di ogni volontà e di gni possibilità di ribellione, la spinse n una triste casa. Per far ciò le procuò la carta d'identità a nome Rombo, n quanto la minore età di lei avrebbe rustrato ogni tentativo di turpe merato. Sistemata cosl la posizione della agazza, egli non si curo più di lei per ltro che per recarsi ogni mattina ad storcerle danaro. II Marzi alle contestazioni fattegli al Capo della Squadra Mobile tentò di iustificare il suo modo di agire, asseendo che le scenate in via Cavour erao state provocate dalla sua gelosia e he cioè egli colle busse voleva riconurre sulla buona strada la ragazza he per conto suo invece aveva tralignato. Naturalmente contro di lui era a evidenza del -fatti e quindi, mentre a disgraziata ragazza veniva per cura ella Polizia riaccompagnata a Milano, Marzi veniva inviato al Carcere e deunciato all'Autorità Giudiziaria. IpcfiaLanPlDcTntmdDGdsVACBC

Persone citate: Aldo Camossi, Luciano Marzi, Maria Moretti, Marzi, Mombello, Moretti, Pietro Vismara