Quattro ore sul Conte di Savoia

Quattro ore sul Conte di Savoia La nave dell'Italia Quattro ore sul Conte di Savoia -(TDsxX nostro JavJsito) Nizza, 30 notte. Imbarco alle 10, partenza a mezzogiorno, arrivo in rada alle 16, sbarco alle 17, il vocìo lieto di millecinquecento persone piovute da ogni parte d'Europa, su questa nave ancor vergine di oceano e che tra sei giorni vedrà i grattacielo di New York, Genova che, come in un film, si allontana, impicciolisce, scompare in ragione di quasi un chilometro al minuto, incanto della Riviera che sulla nostra destra si snoda verdeazzurra sotto un cielo ieri invernale e oggi di primavera, Villafranca che appare e non si fa in tempo di avvistarne il faro bianco e la folta pineta, che già l'immensa mole del piroscafo squarcia il minuscolo porto leggiadro e lo sovrasta, un fuggire di macchine lungo la strada sinuosa e il divampare improvviso delle vetrine del boulevard Victor Hugo : ecco la crociera di quattro ore che il Conte di Savoia ha offerto ai 300 gitanti che da Genova a Nizza, a bordo del nuovo colosso italiano, hanno voluto gustare l'emozione di una partenza per terre lontana e provano la piccola pena che segue il risveglio dai bei sogni. Aspetti della potenza Un sogno, infatti, e -dna illusione svanita troppo presto; una immagine di ciò che la vita moderna può dare nel corso di un solo pomeriggio; una idea di potenza formidabile e insieme di fragilità. Diciamo fragilità di sensazione; perchè qui davvero, l'uomo eoi suoi aspetti, coi suoi pensieri, insomma con tutta la sua vita, è parso un nulla. Su questa tolda che forse oggi rappresenta quanto di più perfetto l'arte navale abbia mai creato, ciascuno si è sentito perduto come un bimbo che avesse smarrito la via di casa. Non valgono le cifre, non valgono i dati. Quando ancora una volta sì ripeta che la stazza lorda è di 48.500 tonnellate, che la lunghezza è di 289 metri, che i ponti so7io undici, quattro le eliche e più di 27 i nodi orari; quando si aggiunga che con gli impianti stabilizzatori anche la violenza delle tempeste è vinta perchè la nave non può più rollare, quando si ricordi che l'altezza dalla chiglia al tetto del ponte di comando è di oltre 34 metri {il doppio di una casa di quattro piani), che 18 mila lampade possono accendersi a bordo alla sera, che in un'ora il personale dì cucina può provvedere duemila tazze di caffè, 2900 tazze di thè, 2400 panini, che nelle stive stanno 60 mila litri di vini e di liquori, centomila uova, 26 mila chili di carni, pesce e pollame, che, dalla biblioteca di duemila volumi alle due piscine, dal tennis alle sale di ginnastica, al tiro a segno, alle sale da ballo, al cinematografo, ogni sorta di svaghi sono consentiti per far passare più rapida questa scarsa settimana dì viaggio, tutto ciò non sarà che cognizione spicciola, priva di anima e di significato. Che c'importa, alla fine, di codesto ipotetico zabaglione di centomila torli d'uova? Fra cinque, fra dieci, fra quindici anni, verrà un altro Gargantua a ingoiarne un altro più mostruoso. Non è più il numero, oggi, che sbalordisce la nostra civiltà; è piuttosto la coscienza che le cose create da noi ci hanno preso, come si suol dire, la mano e hanno creato, quasi noi inconsapevoli, un nuovo stile di vita. Non resta che obbedire. Non resta che affidarsi a questo avvenire sempre più misterioso ed immane, badando semplicemente, di salvare quanto si può dell'intimità dello spirito. Il saluto della Dominante E ancora un'altra seìisazione. Prima, pur senza alcun carattere ufficiale, la grandiosità festosa di una partenza inaugurale: il Duca degli Abruzzi che, accompagnato dal marchese Negrotto Cambiaso, presidente della Società « Italia », sale a bordo e visita la nave con scienza marinara, approvando, lodando, meravigliandosi; il Duca di Spoleto, che sì reca in America e brevemente si intrattiene con S. E. l'ammiraglio Ingianni, direttore generale della Marina Mercantile, con la Medaglia (Jsito) d'oro conte Rizzo di Grado, con l'ammiraglio Vannutelli, con l'ing. Sacerdoti, direttore generale dei Cantieri Adriatici dove fu costruito il Conte di Savoia, con gli ingegneri Cossutta e De Mai che ne sono i creatori con l'ammiraglio Pignatti, presidente della « Tirrenia », con il marchese Solari, fido collaboratore di Guglielmo Marconi, e quindi raggiunge il comandante Lena die sul ponte già attende alla manovra del disormeggio; fuori, la folla che di minuto in minuto si infittisce sulle banchine della Stazione Marittima « Andrea Doria », e ogni volta che la banda della Milizia portuaria intona imamarcia prorompe in applausi; qui in questo vestibolo lucente dove a fiotti salgono da terra i passeggeri, un incrociarsi ridente di saluti, una reciproca cordialità di approcci, una fretta, quasi, di riconoscersi, di prendere contatti, di rinnovare intimità che fra sei giorni, come già altre volte, geleranno nel trambusto dello sbarco. Parole senza peso, si sa, strette di mano che non impegnano nulla; eppure, in questo momento, ciascuno è sincero, sente il bisogno del prossimo, sembra volergli dire che anche lui, sì, è contento di inaugurare la bella nave; insomma, il consueto spettacolo che offrono gli uomini quando la commozione di un addio, l'attesa dell'ignoto, il piacere della sorpresa, almeno per un'ora li affratellano. Ma a lasciare l'atrio e a salire sull'ultimo dei ponti, il panorama muta, va in modo sorprendente. Sotto, parole; qui cose suggestive e magnifiche. Genova innanzi tutto sferzata da un vento di tramontana che spa. zava le nubi dal cielo e disseminava il mare di inquiete candide spume Intorno, la sélva dei bastimenti, ninnoli tutti, al paragone di questo, qua il Conte Grande, che pareva un battello malgrado le sue 25 mila tonnellate; là l'Esperia, che altra volta ci era apparsa imponente. Terraacqua e cielo; e nel cielo, ridendosdel vento, due aeroplani che sul no stro capo volteggiavano con giocharditi, quasi fino a radere i fumaioldel colosso. Cose, abbiamo detto, che raramente l'impressione della concretezza, uscendo all'aperto, da questa na~ ve immensa, ci colpi in mod/> più violento. Era qui tutta una potenza smisurata die sembrava sfuggire acontrolli umani; e, ciò che più contaera una estetica assolutamente nuova che da codesta potenza si sprigionava, quasi sopraffacendoci. Rinunciamo alla cronaca, per avvincente che essa possa essere stata. Rifugiamoci invece, in quella sensazione cui accennavamo. Mezzogiorno: cade l'ultimo cavoi tre rimorchiatori, simili a botolringhiosi, impercettibilmente staccano il Conte di Savoia dalla banchina, lenti ma continui lo traggono metro per metro; poi un fremito avverte che già le eliche sono in moto; sale da terra un gran grido, ivento rapisce gli inni e gli evvivaUn vuoto immane pare scavarsi dietro il colosso, là dove prima se ne stava immobile; il porto intero giace in questa sospensione che direstinterrompere la vita. Poi. mentre la nave procede ormai veloce, e, di attimo in attimo, Genova arretra prodigiosamente, un clamore di tuonoun fragore assordante si scatenaTutte le sirene lanciano il salutotutti i piroscafi danno al fratello partente il loro augurio. II senso dei nuovi tempi E' appunto in quest'attimo che misuriamo l'abisso in cui il senso ar tistico di ieri precipita e si annientaCome in un lampo, pittura, poesia, musica, ogni forma di bellezza che fu per secoli espressione sovrana deilo spìrito, ci si mostra adesso perduta, inutile, assurda. Travolti dalla sensazione, già ne misuriamo la fallacia; già corriamo ai ripari, ricordando a noi stessi che l'arte ritrova sempre le origini, che tutte queste navi saranno polvere un giorno, mentre un verso di Saffo durerà immortale. Ma ciò non toglie che la necessità di nuovi tentativi ci appaia anche in arte, fatale, inesorabile; ciò non toglie che gli antichi baluardi i e l e a a , n i a à o , o , o e l i n e i a a a a , i i i ~ a i , ; i o l . e i a , . , o e . , e a a e ò i estetici cui si aggrappano i tradizionalisti ostinati ci si scoprano in questo istante, tra questo ruggire di sirene, tra questa dura realtà di macchine, falsi e polverosi come vecchi scenari da melodramma. Domani, certo, mediteremo, e pacatamente discerneremo in una realtà soltanto contingente la realtà immanente che deve restare padrona dei nostri sensi. Certo è, però, che oggi su questa nave che la genialità meccanica italiana ha creato, sentiamo di avere scoperto più di una intima ragione che guida i sentimenti delle generazioni nuove. Ed è forse questo il più alto elogio che si possa fare del transatlantico che ci ha trasportati e che attende il giudizio del più giovane popolo del mondo. Allora possiamo ridisceoidere, c abbandonando alla sua. sorte la stonatura del salone centrale ideato e decorato dal Coppedè, togliendo ad esempio la Galleria. Colonna di Roma, accostarci con animo quasi rifatto nuovo da quanto fuori vedemmo e subimmo, agli allestimenti di cauto gusto moderno dell'architetto triestino Gustavo Pulitzer. Lezione di chiarezza; lezione, diremo anche pi.i volentieri, di onestà artistica. Chiarezza, perchè dalla piscina aperta che è sul ponte più alto, il ponte degli sport, alla mobilia dei camerini della terza classe, non c'è nota falsa che strida, non c'è tentativo di gabellare un oggetto per qualcosa che sia diverso dalla sua specifica funzione, e una tavola è una tavola e non soltanto un ornamento, e una scala, prima di essere fasto architettonico, è la realizzazione pratica di una necessità. Onestà, perchè le cose sono chiamate tutte con il loro nome, non si presentano confuse e travestite e non c'è ambiente qui, tolto il citato salone, che non ci richiami ini mediatamente il luogo dove tu sei, il tempo in cui tu vivi. Questo o quel particolare, potrà a qualcuno sem brare alquanto spoglio, questo < quel motivo ornamentale, alquanto semplice e quasi povero; ma tosto allora la rifinitura di una porta, la precisione della curva dì una balaustra, il collocamento di una lampada, la esattezza dì un serramento, ricondurranno i nostalgici delle dorature, degli stucchi, dei marmi più o meno preziosi, ad una semplice e troppo dimenticata realtà: die una nave è prima di ogni altra cosa uno strumento e che anche nel più largo sfoggio di eleganza, questo suo carattere prettamente utilitario deve palesarsi con limpida schiettezza. Quale signora tollererebbe che un abito da passeggio le venisse truccato dal suo sarto al fine di farne un abito da ballol E che motivo c'è, allora, perche un piroscafo o un treno dì lusso, mezzi sempre più rapidi di locomozione, avanguardie, continuamente in progresso, di modernità, abbiano da essere mascherati con apparenze di bellezze cinque o secentesche''. omtegzlRpddgtdnesnctbqsnrcidslsrttsmztdlDono di giovinezza I profuso di sala in sala. Ma una co Isa ad ogni modo è certa: che questa j città galleggiante, con la quale i sieme con il Rex) l'Italia ha voluto ' vittoriosamente rivaleggiare con le, „ -, „„„ „+,,+.; i „ SfL9Conte dì Savoia e t Ua bordo del Conte ai faavoia, e, *»iverità, il tempo è stato troppo brevei per un esame dettagliato delle molte-]vlici cure che i suoi: allestitori hanno p,: 7. „„,„ \t„ „„„ „„ I"più potenti marine mercantili, noni è soltanto l'espressione di una tecni-' co perfezionatissima, una affermazione, insomma, di genialità mecca\nica costruttiva: è anche un saggio i superbo di come una Nazione, la qua-,\lesi vanta di tutelare, come nes- ìsun'altra, il suo passato artistico, si | trovi oggi in <grado di dimostrare con j i fatti che Vattaccamento alla *^\sione nonle impedisce di fissare rumente lo sguardo all'avvenire, di, comprendcreil gusto della vita at- tuale, dì cercarsi uno stile che que-\sta vita esprima. Il Conte di Savoia |è il primo transatlantico che ~ di là dell'Oceano l'immag' lir!!»™ÌTrfip è ^Mic^donoà^ilaìla speranza cne c u jence aono aeua giovmezza. 1 MARZIANO BERNARDI. | j"