Le belle donne della "Superba,,

Le belle donne della "Superba,, Ili giro per le " Gallerie ti Le belle donne della "Superba,, Casa Durazzo-Pallavicinl ha aperto i suoi saloni sontuosi, mentre di fuori l'autunno piange tutte le sue lacrime rogge... C'è oggi un convegno di dame: tutte le più belle donne di Genova — staccatesi dalle loro vecchie tele — sono venute a specchiarsi nei brevi specchi veneziani, per vitrovarvi un poco del loro antico fulgo- i re... js° La «Gentildonna genovese», con som-1la moanmenachnadePoma. a i , o à d a , , o , o i l l ? k a a k a a o — a ui e ck re m e oo ial e, ra nsue ei à te io io. al no no o. un rzuo aute zitmimi ro idi nmdiel ma grazia dipinta da Bernardo Carbone, è azzimata come per una festa; torse per una delle « Quaranta vigilie » che donna Lilla D'Orla dà nel suo palazzo in San Matteo. Ella sa di trovarvi « memsieur » Lalande, il bizzarro cavaliere giramondo pieno di sospiri e di dolci promesse; ed è tutta lieta. Più tardi egli parlerà nei suoi Voyages delle belle patrizie gonovesi, delle nostre costumanze e della musica del Frescobaldi e del Caldara. «Che genio quel Caldara! — dirà inchinandosi a una bruna dama, dopo una lenta insinuante gavetta. — Egli è insuperato maestro degli affetti più delicati, dei sentimenti più intimi; egli sa tutti i bisbigli dell'anima! ». Chi sia la sconosciuta genovese non si sa precisamente e nessuno osa chiederglielo: le presentazioni sono inutili... Ella sta probabilmente in via Luecoli, suo padre — già comandante dì una « Galeazza » — sarà ora uno dei più turbolenti nobili del Portico Nuovo e assai noto a Banchi per il suo coraggio. Ha al Banco di San Giorgio un bel gruzzolo di « luoghi » per dete e aspetta marito. A palazzo Doria, dal cui merli ghibellini sventolano già bandiere e fiammeggiano torcie, accorrono molti giovani cavalieri... Accompagnata dalla mamma Geronima e dalla sorella, con passo lento si avanza Paolina Brignole-Sale « dalle belle mani ». Si direbbe che il suo volto e le sue mani vivano di una vita cosi luminosa che il resto della figura n'è oscurato. Ella con grande sofferenza si è mossa dal ritratto del suo sposo che, galoppantele incontro sul bianco cavallo, la saluta eternamente con un gesto ampio del cappello piumato. E vive della sua eterna giovinezza. Anton Giulio Brignole-Sale par le ripeta ancor oggi l'antico ritornello d'amore: «Dammi la tua bocca, dammi mille baci, poi cento, mille ancora, e ancora cento e sempre mille e cento ancora! ». Si direbbe che Paola Brignole-Sale esca or ora dalla « posa » di Antonio Van Dyck il fatale fiammingo che in quei giorni nella « Superba » menava strage di femminei cuori... La leggenda vuole che questo ritratto sia stato dipinto in una notte, triste notte di spasimo e di contenuto freddo accoglimento d'amore. Nessun cavaliere fu mai respinto come Van Dyck dalla donna vagheggiata; neppure Rambaldo di Vaqueira, il precipuo fra i nostri trovatori. Due ferite gravi riportò il bel pittore: una nel cuore, l'altra — più visibile, ma meno dolorosa — al braccio. Fingendosi il Marchese Gippino, antico implacabile nemico di Anton Giulio Brignole-Sale, Van Dyck lo sfidò, per mezzo del Marchese Pallavicini, a una partita di armi allo Zerbino sotto l'arco del ponte levatoio. La maschera copriva' all'artista il volto e l'interna angoscia d'amore, ma la spada del marito terminava — con un secco colpo di spada — ia notturna partita. Il mattino seguente il Van Dyck, doppiamente sofferente, recava triste a palazzo Brignole-Sale il ritratto della giovine sposa innamorata. La bella tela — rimasta celebre per i suoi pregi e per la sua storia — era stata creata in quella tragica notte. Paola Brignole-Sale mori nel 1648 e Anton Giulio, il giorno seguente, rimasto come inebetito, al Senato, parlando in difesa della Chiesa e dello Spirito Eterno, si toglieva la toga e gettandola sopra il banco gridava: « Giacché vedo che voi non volete venir meco in Paradiso, io non voglio venire con voi all'Inferno ». E — tra lo stupore generale — abbandonava la sala. Qualche giorno dopo, per le mani del cardinale Stefano Durazzo Arcivescovo di Genova, riceveva gli ordini ecclesiastici. Alla sua prima Messa in Santa Maria di Castello — fra una turba di popolo e di nobili — assisteva Gabriello Chiabrera suo fratello di sogno e di poesia. Ora la bella marchesa è venuta al convegno per rievocarvi lo sposo e gridare al mondo che l'amore, quando può essere al tempo stesso un orgoglio, diventa il più forte e il più durevole dei sentimenti umani. Acqua cheta L0. « dama » dell'Holbein di Palazzo Rosso ha lasciato le battaglie di luce dei suoi cieli, la sua bella casa tutta semplicità, tutta nitidore: ha lasciato il letto largo, corto e bianco come il latte occupato in buona parte da un grandissimo guanciale pieno di piume, sul quale s'affonderebbe la testa d'un ciclope: ai suoi lati luccicano due bugie grandi come piatti che potrebbero contenere due torce a vento e reggono invece candeline corte e sottili come il dito mignolo d'una spagnola. Con la polverosa e altissima diligenza, la « dama » ha attraversato Amsterdam ed è venuta a Genova per fermarsi, ospite gradita, in una ricca casa dell'aurea Via Nuova. Sotto 11 casco bruno orlato di fine batista, 11 volto appare come Incorniciato da candido splendore. Ella ha l'occhio penetrante, profondo e misterioso. Chi sa che cosa pensi una don na olandese ? Fu chiamata una « mac stiVascuv'hso,perigzobi peme« Fcointticin chcovisrastalittacospglinitsadanochinlolaanrae tallnechè visoremsttrpemte« nesttàe cedi« mcanodesulequlamfigGsupInvnsealaa« srimhalasgsrim| C| pvmcpcptleesngdlciglp1papsl'ha giudicata « altera, attiva, leale, casta»: l'Heine, invece, la ritiene «acqua cheta »: ma noi sappiamo quel che si dice delle acque cheFiera e bellissima, la marchesa «Cornelia Pallavicini », sposa di Giulio Imperiale, è venuta dal meraviglioso palazzo di San Fruttuoso — già villa Cattaneo — gradita dimora un giorno di Luigi XH, Chiabrera, Alphonse Karr, Guerrazzi, Alberto Mario, Verdi. Ella è tutta una festa per gli occhi e porta al convegno un grande profumo di nobiltà, di Ineffabile grazia, di leggiadra gaiezza: parla con Paolina di cose passate, di imprese storiche, di atti audaci della Repubblica. Il giro del secoli, segnati dal succedersi — nel dogato — dai loro avi, si svolge cosi alitato dalla ..;loro fresca femminilità. Il ritratto della tl ! marchesa Imperiale è opera del Rigaut, china da bambini», ma Daniele Sterni vaNan ne le e. uti, no le g-li in mito artista facile, piacevole, fantasioso che fu a Genova festeggiatissimo come lo fu 11 Van Dyck. La «marchesina Spinola» ha l'aria impacciata. L'abito alla « vertugale » le scende sino in fondo ed ella non sa muoversi senza cadere. Tutte le donne allora vestivano cosi: le maritate erano — se possibile — più infagottate. Ella è una timida, si vede subito: forse è uscita or ora dal Collegio del « Sacro Cuore » ed è turbata, stordita e al tempo stesso, abbacinata, dal nuovo nl«gac«slpczmnetpsc«aslM s° quésto, ma lo credo fermamente se la fisso neSu occhi semplici, buoni, ca- mondo. Ha un'aria mite, bambinesca ancora: certo non ha lo strano e tre' mendo fascino di Teodora e di Faustina... Dicono che scenda da quel ramo che diede al mondo la celebre nobil donna Anna — già esistente nell'Abbadia de' Cistercensi in Sant'Andrea di Sestrl Ponente — paragonata in un epigramma del 1180 alla casta Susanna. Io non o o a o — o o a i o l ò i o e a o l e l a è e a o a sti. Si vuole che il quadro sia opera del Van Dyck, io però lo ritengo opera di scuola spagnuola: un valente maestro v'ha dato tutto il fervore suo impetuoso, ma l'anima della bambina è rimasta però sempre quale era, chiusa nel suo rigido giustacuore. La marchesìna non si caccia In mazzo alle altre donne, ma — presso i bimbi — guardando fuor della finestra pensa, tutta serenità, alla lepida commedia rappresentata la sera innanzi al « Falcone » dal bizzarro Gismondi della compagnia dei « Gelosi ». — Le nubi, intanto, accavallandosi, corrono in vorticosa fuga verso il mare lontano. Il mistero di un'anima Quale tragico avvenimento spasima in fondo alle pupille della giovine « Duchessa di Galliera» che l'anima, al ricordo, ne trema tutta? Uscita improvvisamente nella vita come un flore meraviglioeo dal suo calice, la duchessa è stata subito squassata dall'oscura fatalità. Il mistero di questa anima chiamata al fasto c alla gioia ci domina ancor oggi e ci tiene pensosi: quale responsabilità ha ella di fronte alla famiglia? Quale inappagato sogno di maternità la ròse ? Una palpitante striscia di sangue ha rigata — è verità o leggenda? — il suo letto e noi non possiamo, non dobbiamo sollevare la rossa cortina che chiude questa notturna tragedia, ineluttabile come il fato. Il marito è lontano, forse chiuso nel suo dolore, sulla via di redenzione ed ella piange oggi ancora tutte le sue schiette lacrime di rammarico: 11 tristo sogno che la prese e travolse è lontano... La duchessina — ella non conosceva allora il turbine della vita — ci appare nel ritratto del Picasso ben differente che in quello del Cognet; nel primo vi è come l'espressione del Romanticismo: vitino da vespa, collo di cigno, occhi sognanti in perplessità. Attorno è 11 mare azzurro che canta — in perfetta armonia col cuore di lei — le sue più strane canzoni. Ma affrettiamo la presentazione; altre dame attendono... Una «Brignole-Sale si fa ammirare per la eleganza e la grazia dell'abbigliamento settecentesco. E' una donna intellettuale (lo giurerei) e per di più « metastasiana ». Al suo tempo le donne belavano — in tono sentimentale — strabuzzando gli occhi, come per voluttà grande, le strofette a « Nlce, a Clorl e a Fille »; oppure declamavano con voce piagnucolosa le pagine pruriginose di Rabelais, di Ninon de Lenclos e delle « Llaisons dangereuses ». La marchesa ha delle mani che un madrigalista chiamerebbe spargitrici di carezze. La mano — ha detto Balzac — non è mai supplita: la somma intera della nostra forza passa in lei. Essa trasuda la vita e dovunque si posa lascia le tracce di un potere magico. Felice quella donna che ha la mano come quella di Imperia che Gautier ha cantato: mano dalle dita fini, dalla quadratura fiorentina, mano che ha dovuto strin gersi nei capelli arricciati di un Don Giovanni o pettinare la barba di un sultano dal caffettano pieno di pietre preziose.. Mentre il Cagliostro e il Casanova Inalberano la vecchia divisa « la gente vuol essere canzonata » e le loro don ne — gioconde e sorridenti figurine del secolo XVEtl — nè minacciano, nè si ammalano... la Brignole-Sale porta nel la vita, come nobile trionfo, la sua fiera austerità Intanto «Maria Mancini-Mazzarino», « Anna Bolena » e « Maria Stuarda sono in un angolo del salone, presso la ricca portantina abbandonata: lasciamole tranquille, che troppe gravi cose hanno da dirsi... Romantiàsmo azzurro Facciamo piuttosto un inchino a una altra figura ài donna che ci saluta dalla sua alta cornice: la giovane marchesa è venuta da Palazzo Cattaneo in gran fretta: ha lasciato la sua bella casa e desidera tornarvi, presto. Ha l'aria un po' borghese, serena e dolcissima.'Parla subito di semplici cose: del | Collegio delle « marcelllne », dove ha | passato in beatitudine la sua prima giovinezza; della vita che rincara; di suo marito che ha già la gotta e dei figliuoli che non hanno voglia di studiare... Soprattutto ci parla di Genova dell'Ottocento, della * sua » Genova che non c'è più. Ella somiglia un poco a quelle statue eccelse che stanno nelle nicchie delle grandi Cattedrali'che par guardino eternamente le povere generazioni che si affaticano a vivere un poco e passano senza ritorno. Così questa marchesa genovese — perno secolare e immobile del vortice mutabile — affacciata all'aurea cornice, ha visto le mode avvicendarsi, trionfare e morire; ha sentito i rombi della politica e gli scoppi delle guerre. Ora sente i fulgidi fragori dell'ora ch'è nostra. Ci paria però del suo passato. Al suol tempi si pranzava alle 10 di mattina e si cenava alle 16, o, al più tardi, alle 17. Si andava a dormire alle 20: i teatri finivano sempre molto prima delle 23... In quel tempo « Messe » Lomellini, prima di lasciare Geno gnnosanosasa1 si setimde£ujlucolanivelucoa cipecaanviunqufeè vobeecgabrladiglle—nescbrsttesustlomeddidaloadstdicivenmstdqcocoancsamtedncpstssmcècstlbcdqsacdsrfLpggqmrpusnPmamgpnlsgtariqmgsts«pvsnmrfa i di r, è al la ci e— a a t, ni va per un lungo viaggio, raccomandava al figlio: « — Se passi per le « Strade Nuove » guardati dalle portantine, che e o a » a ne araal vo non ti gettino per terra! ». E il genti luomo ammoniva il figlio che partiva « — Non dimenticarti mai che sei il figlio di un gran signore... ». Vi erano allora dei <-. Caffè » dove si andava a conversare alla sera: il « Costanza », il « Cairo » e il « Rendez-vous dei forestieri ». Vi erano ancora dei bei cavalli all'Acquasola e dei capelli lunghi, del pregiudizi e della galanteria. Un'epoca candida in cui si scriveva — oh, la forza dell'abitudine! — delle lettere d'amore invece di telefonare: le ragazze non erano ancora delle atlete complete e c'era ancora una grande differenza tra un uomo e una donna, tanto che si poteva facilmente distinguere il loro sesso a prima vista... E la giovane marchesa cosi finisce il suo sermoncino: « — Ora le vostre dita, stanche, non accarezzano più delle romanticherie, nè si lavano più nell'acqua azzurra del cielo... Per voi correre e agire febbrilmente per non avere il tempo di riflettere, è la definizione perfetta della Felicità... Malinconie ». La presentazione delle belle dame è terminata. I conversari incominciano pian piano' rallegrati da risate brevi, sottili, secche come scricchiolii di tarli... Lasciamole tranquille. ALFREDO ROTA

Luoghi citati: Amsterdam, Cairo, Durazzo, Galliera, Genova, Imperia