Visita sentimentale

Visita sentimentale Visita sentimentale m Appena tornato, dopo tanti anni, m queSto paese ov'ero venuto da bimbo e dove ero stato felice — oh! felicità dell'infanzia, talvolta così intensa da proiettarsi su tutta una vita! — uno de' miei primi pensieri è di rivedere la casa dove quella felicità si contenne... Mi pareva così facile : tanto la ho in mente, precisa. Di dentro e di fuori. Di fuori, la via, la porta, il terrazzino del primo piano ; financo il color dell'intonaco. Celestino, mi pareva. Ma su questo non giuro. Certo, un colore di fresco e di allegro. Dentro, subito dopo la porta, il piccolo andito buio, ma in fondo a cui pare il guizzo verde di un giardinetto: e poi le stanze a terreno, con quel tinello che sa di buono pel vento di mare che vi passa: e l'entratura di sopra, con quell'orologio a cucù; e via dicendo... Qui il ricordo un poco s'intrica, naturalmente: ma si districherà con la vista. La stanza dov'io dormivo, per esempio, non aveva nulla di_ particolare : nè so più se dava sul giardino o sulla strada. Sonni d'infanzia, ma non prendete voi, intorno a voi, tutto il tempo e tutto lo spazio? E un bel giorno, dopo averla a lungo meditata, partii per la ricerca. Non avevo tardato per tema che ne avessi, o pigrizia : ma perchè certe impressioni bisogna prepararsele. Non si arriva così, su due piedi, a una casa ove si fu bimbi, quando-si è quasi vecchi. Si rischia di averne il cuore freddo e deluso. Bisogna rifarsi nell'anima, e intorno, l'atmosfera di quel tempo, riessere un poco i noi di allora. Anche questa è una cosa facile: ma bisogna saperla fare. Non la violenza o la fretta; sì, il raccoglimento e la persuasione. Raccogliersi, affidarsi al talismano di un particolare qualsiasi, che ci apra d'un tratto, come una chiave magica, l'Alhambra del passato. Generalmente miglior mezzo è un odore: il ricordo risiedendo, pare, sopra tutto nell'olfatto. Pur troppo però questa impressione svanisce presto. E si rischia allora di trovarsi per via, col naso in aria, un po' sconcertati. Meno male che ci soccorrono i ricordi concreti; il nome d'una via, un numero. Sì: poi che la vista. Questa casa? Ma sono tutte compagne? Quel terrazzino: lo riconosco. E' lui. Niente affatto. Non c'è porta, sotto : la porta è di fianco. Ed io avrei giurato che la porta, sotto, era nel mezzo, tanto che per vedere chi suonava bisognava spenzolarsi a mezza vita. Ma forse lo si faceva per gioco? Ficcando Io sguardo per la porta accostata si vede che in faccia non vi corrisponde il giardino... E' vero: possono averlo murato ; e del giardino averne fatto come si dice, per non dire un garage, un'autorimessa. Strane, tra parentesi, queste parole formate coll'àuto; che mi dàn sempre l'idea di qualche cosa che si rivolti su se stessa, proprio come i ricordi... Autostrada, autorimessa: strada, rimessa, di sè medesime : e via discorrendo... E la parentesi è chiusa : come la casa. Tento, esploro, esamino, dieci volte perplesso, e dieci volte folgorato come da una certezza assoluta. E' questa, è questa... Ma no : ma no... Nella indecisione, non mi rimane che interrogare... Questa, d'interrogare, è faccenda che poco mi piace. Penso che mi si può prendere, che so, per un agente delle imposte, o per un esattore del gas. Nè posso già, a raffigurare, confidare il movente chi mi spinge alla ricerca. Coteste visite sentimentali non usano più : sento che non mi si crederebbe, o che sarei perfettamente ridicolo. Del resto, far entrare il primo venuto nella intimità dei miei pensieri non mi sarebbe possibile. Frattanto, a vedermi, così, passare e ripassare, con aria tanto disinvolta da dar subito nell'occhio, e fermarmi a sbirciare col fare più innocente del mondo, qualcuno già s'è accorto de' miei maneggi : e viene sulle soglie vicine, a guardare. Una comare mi fissa dall'uscio d'una bottega : una ragazza si affaccia a una finestra. Que sta è benevola, quella arcigna: en trambe forse subodorando lo stesso motivo? Un uomo compare, terzo, da una bottega dell'altra parte. Ha in mano qualcosa che sembra una coltella e indosso un grembiule che par di beccaio... Dio mio... Una beccheria? Ma non c'era, non c'era... La casa, il quartiere erano così signorili... Forse che la Suburra ha invaso il Palatino? Finalmente, mi decido. Non sarà poi gran male : e voglio averne, come si dice, il cuore netto. Soltanto, siccome non posso decentemente chiedere: E' questo il numero... della via..., poi che il numero è scritto chiaro sulla porta, e il nome anche più chiaro sulla targa del canto, estraggo fuori dalla mia memoria un altro, un altro nome : quello della padrona di casa d'allora... Oh! prodigi della memoria infan tile! Avrò io dimenticato, che so, il nome dell* mia prima maestra, quelio dell'autore di uno de' primi indimenticati libri che lessi : e, poi ch'è consacrato mettere anche questo in lista ed io amo le tradizioni, il nome della prima donna che si è amata ; e non avrò scordato il nome di quella padrona di una casa a nolo, di una estate così remota ! E' qui, indelebile e certo, come la data d'una scadenza. È son passati... quant'anni? Ma non è l'ora di pensare... agli anni... Bisogna agire, se non voglio che gli informatori mi sfuggano, o s'insospettiscano troppo... È non penso che il popolo non è come noi : e che quanto più s'incuriosisce più diventa loquace. Mi avvicino deliberatamente alla porta : poi con viso sorridente e, dirò così legittimo, esploro, come per cercare un campanello o un batacchio. Nulla... Per fortuna c'è il beccaio : ed è a lui ch'io lancio la domanda : — La casa Micheletti? Straao: quel nome così ben con¬rachitirroczatpoungrsevpiegrcavedamevosada—l'ustaSoqucaunsipasetinfilovofuvenaarsimunghcevedintiau—dscCvvncdrauvErgHpd«tivtcaStphèuasaoeqqvlmQtutprgpcpcrducncu a e e a . e e . a i e o a , . i a , o n e ; : a a e o aro si no e n a ldi sadi E a. lo E' .. ne a mi nre e, ge nmi aaei ire ta rte to ie mi ae n so da in eldi a? il se o? rà me cella aiù go un di n il eldih'è in me ; e lla na ile za. on soortti il nto ce. alla irò erhio. ed on¬ervato in me, quel nome vero, e vo da non so quanti lustri, per giuna, pronunciato adesso cosi mi semra un nome d'accatto... Così vecchio, chi può più ricordarlo? E vorrei ritirarlo, vorrei dire a quell'uomo feroce : Scusi, non ci badi... Ho scherzato... Tanto è vero che quel nome sa di posticcio, che l'uomo mi guarda con una espressione indefinibile. Poi si gratta fa pera, più stupito, però, che severo... — Aspetti — mi dice. E rivolto il viso verso il marciapiede opposto, di sghembo, lancia un grido con voce stentorea: — Agrippa! Non un uomo risponde : ma un cantilenare di donna si tace : che veniva anch'esso dabben altra parte, da una mesticheria, mi pare. E, come in una Maclodio di botteghe, una voce stridula risponde : — Che c'è? — C'è un signore che cerca la casa Menichetti... — Micheletti — correggo io, pedante. E aggiungo involontariamente — Eufrasia Micheletti. — Eufrasia! — tuona di nuovo l'uomo, come se quel nome solo bastasse. Io non correggo più, mi rassegno. Sono soverchiato, intimidito, da quella intimità che si ricerca da una casa all'altra, da un marciapiede a un altro come se tutto il borgo non sia che una grande famiglia, e siano panni sporchi che vi si lavano. Ho la sensazione, adesso, che tutti mi scrutino addosso, come s'io sia venuto fin là a cercare qualche cosa di losco... — Eccomi! — strilla di nuovo la voce stridula, in faccia. — Quanta furia! Non so a chi sia diretto il rimprovero. Ma l'Agrippa femmina che finalmente compare, ha smesso ogni aria arcigna. E' tutta tesa di curiosità e di speranza. E' una donna di mezza età, scarmigliata, che arranca un po' faticosamente; ripescata, ghermita, quasi, dall'uomo della macelleria, che, anche lui curioso, muove un passo ad accoglierla... Ella si dirige risolutamente verso di me, mi investe... — E' venuto per affittare?... — La signora Eufrasia Michelet ti... E chi era? — chiede l'uomo, con autorità, interponendosi tra lei e me. — Non c'è sbaglio? - Ma no... Deve essere, è, la padrona di prima... Il signore la conosceva? E morta da tanto tempo, Chi se ne ricorda? E la strada, la sua strada, brulicava anche allora di vita : e vi passavano bestie e barrocci : e vi suonava no voci. E il sole vi tepeva e i marciapiedi lustravano. Ella si faceva dall'uscio, venendo dall'andito, allora, tanti anni fa, quando, come qua usa, affittando la casa, ella si ritraeva in due o tre stambugi a terreno... E viveva, contenta... E nessuno la ricorda, come nessuno noi, un giorno... —=.. Adesso, la casa è dei nipoti. Hanno diviso... Aveva due case. La povera signora era ricca... Questa è da affittare... Si accomodi... Seguo il gesto, non le parole. E mi « accomodo » ; mentre la donna continua : — Tutte le mattine dò aria, come vede... Tanto qua, è tutta buona gente... Si può lasciare aperto... Ci vede? Ho battuto uno stinco. La donna che se n'è accorta, corre in fondo ad aprir l'altra porta. Adesso ci vedo. Questo, l'andito? Se questa è la casa, come hanno fatto a strozzarlo così? Era del doppio più largo... E il giardino, in fondo, hanno colmato anche quello ? Or non è più che un cortiletto soffocato da un altro muro. E son bastati pochi anni, neppure una vita, per far crescere su quel muro una gromma già antica? A meno ch'io abbia sognato lì oleandri, le piante di bignonia catalpa e la piccola vasca del mezzo : o tutte queste cose siano vive altrove, in qualche luogo ch'io non so più trovare. - Ecco, il salotto buono, il tinello, la cucina... C'è tutto... Sì, sì. E' questione d'intendersi. A me, mi pare che non ci sia nulla. Quelle pareti del tinello, giustappunto, su cui da una parte era dipinta una cannicciata di convolvoli, dall'altra dei chinesi col codino, intenti a pescare, tanto che la mattina mi pareva di prendere il caffelatte in un giardino di mandarini, le hanno coperte d'un parato, e la carta già si accortocela e si slabbra. Ma quello che più mi sorprende è la scala. Era una così bella scala, di marmo lustro, pareva: con una ringhiera pomposa, e dei ripiani comodi e larghi : questa è una scaletta di servizio, come si dice, con gli scalini sbreccati. E di sopra, nell'entratura, dov'è l'orologio a cucù, la sola cosa che valeva la pena di una visita? Io ripercorro le stanze così, per fare. In realtà non ritrovo più nulla. Il ballatoio, un altro andito. Ma tutte le case hanno un'entratura, un ballatoio, degli anditi. La mia guida mi segue o precede, più arcigna. Mi pare che abbia fiutato il trucco e che non creda all'affitto e veda sfumare la senseria... Acciabatta senza convinzione e ha una matta voglia di mandarmi via. Io mi affaccio un momento al terrazzino, guardo la strada, che ha ripreso il suo ritmo, nel sole. Anche qui, mi pare e non mi pare. Era proprio questo punto? Ma sì, ecco lì il crocevia: ecco lì lo slargo, ove qualche volta ci riusciva scappare... Io vedo che la donna ha qualche cosa sulla punta della lingua; che vorrebbe dire e non sa se deve. Poi, come la mia contemplazione si prò lunga un attimo, ella si decide. — C'è un'altra casa, laggiù, alla cantonata, che era pure della signo ra Eufrasia. La vede? Anche quella è da affittare. C'è un'altra casiera, Per non perdere del tutto l'affare, s'è decisa a mandarlo a quell'altra. Io colgo il pretesto per una ritirata de cente. padosutroimciointocela imla sue podrtrcusacachcePrinppdgdcqdfmdnSBddsfcoslJscgcvbugd—n[damPlggpcaslsHntpz — Ci vado... ci vado... Se mai, ripasserò. Mi accompagna in basso. Scendendo, sento delle ombre sfiorarmi. E sulla porta, invece di tornare indietro, mi pare che svaporino con me. — Per di qua — mi dice la donna, imperiosamente, vedendo ch'io faccio atto di avviarmi dal lato opposto. Ubbidisco, mi avvio. Ma al primo incrocio, scantonerò. Ogni mio impeto, ogni mio desiderio è cessato. Non cercherò più la casa di un giorno della mia infanzia... ...Eppure, si, certo, essa è ancor là; immutata, immutabile : e sempre io la vedo tal quale. Bella, grande, col suo terrazzino, col suo andito largo, e il tinello dei mandarini, 'e la scala pomposa : e il giardino ove gli oleandri fioriscono sempre. E c'è un'cn-: tratura che sembra un salone, dove il cucù canta, sempre le ore che son passate e si sono fermate. E' ancor là, la casa : come tutto quello che fu gioito, che si troverà sempre, a patto di non cercarlo più... COSIMO GIORGIERI-CONTRI.

Persone citate: Agrippa, Cosimo Giorgieri, Eufrasia Michelet, Menichetti, Micheletti

Luoghi citati: Maclodio