Il colore di Torino

Il colore di TorinoIl colore di Torino olii brove tratto di via Roma gi:\ ultimato — quello corrispondente all'isolato dell'cx-àììDorgo d'Europa — abbiamo udito o, sotto forma di lettere, ab-blamo ricevuto un'ossevvarion~e"«i-àt-terlstlca da un lettore. «Perche —egli ha scritto — la nuova facciataè stata lasciata col suo bianco di calce?Si ù dotto, ripetuto e dimostrato che lanop.tra maggiore arteria cittadina doveva ersero ricostruita in istilo Settecento piemontese, perdio fosse uniformata al caposaldo costituito al suo centro da quei gioiello che è piazza San Carlo, nonché a plazsa Castello ed a piazza Carlo Felice che ne formano leestremili. bissa, perciò, dovrebbe uni¬formarsi al caposaldo anche nei riguardi del colore. Perchè adunque, mentre il colore degli edifici di piazza San Carlo è quel caratteristico giallognolo che tanto lo ai addice, la nuova via Reina viene ricostruita con le facciate bianche, d'un bianco che direi quasi spettrale?». Quante osservazioni toccano un ar-goraento interessante, per quanto inapparenza frivolo: quello del « colere diTorino ». La nostra città ha avuto per secoliun colore definito e caratteristico: precisamente quel colore che 3ta fra l'ocraceo ed il giallastro e che il nostro lettore ha rilevato parlando di piazza San Carlo. Evidentemente c'ò stata la abitudine — non la moda, perchè è durata troppo a lungo — di dare agli edifici che non avessero il paramano di mattoni — come, ad esempio, il Palazzo delle Scienze, il Palazzo Carignauoil Palazzo del Governo — quella tinta che godeva del favore generale. Essa la vediamo infatti impiegata tanto negli edifici pubblici come nei palazzi e nello case del privati. Ed ecco perciò tutta la città, possiamo dire, prendere quel colore: da Palazzo Reale al Palaz-zo di Giustizia, alla Scuola di applicazione di Artiglieria e Genio, da palazzo Barolo al palazzo della Cisterna, da via Po a via Garibaldi, da piazza Emanuele Filiberto a piazza San "Giovanni. Tuttoinsomma, quello che era la città antica e, per molto tempo, anche gli ampliamenti, assunsero quella veste, quel colore caratteristico. Perchè una tale preferenza? Difficile rispondere. Ma forse hanno ragionecoloro 1 quali credono che quel colore giallognolo sia 3tato adottato per una specie di reazione e di compenso. I torinesi, assoggettati a un lungo inverno, a un clima piuttosto umido e grigio, sarebbero ricorsi a quel giallotendente all'oro per darsi... l'il!uslone del sole. Certo si è che quel lorocolore, sotto il sole, si riscalda, si viviilca in modo singolare. Palazzo Reale offre, a questo riguardo, un tipicoesempio. Investito dal sole, anche solo parzialmente, l'edificio sembra veramente scaldarsi, palpitare. Il sole, cadendo su quella superficie, pare diventare oro; esso ù più bello a contatto dquel colore, col quale si direbbe abbia come un'affinità, una simpatia. Ed ecco, secondo alcuni, spiegato li mistero: i torinesi hanno voluto, con la tìnta delle loro case, migliorare.» il solequel sole, cioè, di cui potevano goderpoco e malamente, a motivo del suo clima padano arieggiante il nordico... Ma questo coloro classico di Torinva scomparendo. Se ne lamentano alruni — ouelli lesati con nodi stretti apia prov^a cfo che I teadiz^e l«?cale — se ne disinteressano i più. Ma il fatto è certo. Il « colore di Torino è in piena decadenza. Nei quartiernuovi non lo si ritrova quasi più. Glarchitetti degli ultimi decenni, quelldella espansione verso la periferia, vhanno rinunciato per il paramano per tinte ritenute più allegre; gli architetti moderni lo hanno addiritturripudiato, ed in ispecie i razionalistche lo hanno sostituito con certi gialllovo, certi verdi, certi rossi paonazzcerte tinte, insomma, così dichiaratamente vive e sgargianti, da dare il famoso colno all'occhio. —, ... . ... ^ NQn lo difende più neanche l'autorità costituita; il che è tutto dire.Vedansi gli ultimi edifici scolastici co strutti dal Comune: le scuole elorr.entari del Lingotto e della Regione Earca. Questi edifici sono ispirati, nell'architettura, a criteri modorni, e, conseguentemente, " anche nella tinta. Sonodel resto, due edifici riusciti, in cuun razionalismo temperato e bene inteso ha conseguito una. sobria e piacevole eleganza, ed in ani la policromidelle facciate è perfattamnete intonata allo stile. Dove, viceversa, guffici municipali hanno, diciam cosesagerato, è stato, per esempio, nepadiglione del mercato del pesce ipiazza Emanuele Filiberto. Esso, nonostante l'architettura vecchio stile, stato tinto alla Noveceissto, con ugìaMo canarino che, considerato nequadro aictientale, 6 veramente unstridore. E il peggio si è che quelltinta non ha tenuto, ed ora il padiglione, più che cole-rato, può dirssporco... La situazione, elle rispecchia la decadenza del « colore di Torino », è questa: osso viene conservato, bongrvxwlarè, nei vecchi euiflci che già lhanno, ma viene abbandonato negli ediflci costruiti ex-novo. Un esempio del primo caso lo abbiamo ne] palazzo della Scuola di appiica.'Jons dì Artigliarla e Genio e deCircolo Militare, posto all'angolo di viArsenale e via Arcivescovado. Essdopo l'abbattimento del vecchio aracnaie che gli era addo.-.sato, è r-.ta.to re centemence restaurato all'esterno, come ognuno può vedere, ostenta oril suo colore nuovo, cosi piacevole vedersi — forse per abitudine quanto difficile a definirsi, con quellrisonanze dì rosso e arancione nei sugiallastro fondamentale. Altro esemplo di resistenza si ha nella piazzSan Carlo, che abbastanza frequentemente passa 3otto una buor.a rinvernciatura. L'ultima si è avuta nel 192in occasione della Mostra per il decennale della Vittoria e per il centenardi Emanuele Filiberto. Sono, per contro, esempi di abbandono totale del « colore di Torino » nuovo tratto di via Roma già costruto, dai quale abbiani preso le mossper la nostra chiacchierata, e la nuovsode delia Cassa di Risparmio dl vVenti Settembre. Entrambi quesnuovi edifici ostentano, in luogo qualsiasi tinta, la bìancliezsa deicalce fresca. Naturalmente, nel volere ciò, i rispettivi architetti — ing. Momo e inChevalley — hanno avuto le loro bune ragioni. Ed ecco, in base a ungiocola inchiesta da coi condotta, t h ragioni. Si osserva che quel bianco c„c„ef™ «arricciatura» recente nan 6 destinato a permanere, bensì a i CGf temp0' 111 ua erlffiaatro caldo, che si avvicina di molto s.l giallog-riolo caratteristico del «colore di 1 orino». E come prova si porta l'esom,pi0 del padiglione dell'Ospedale i ,a'n Gloviulai. costruito verso i giardi1„ Cavour. U quale )n una trentina ! ? ~a:lni ha a<;<lutstato appunto quella I diclam CMÌ. soddisfacente. E" questa, del volgere al giallo col passare del tempo, una prerogativa assai pregiata delia c?i.ce del Monferrato. E3oa concento di avere per le costruzioni una tinta piacovole e resistente, senza l'impiego di coloriture speciali. Una calce simile non era conosciuta dagli antichi architetti torinesi, e gli odierni architetti opinano che, so l'avessero conosciuta, avrebbero fatto a meno doiie tinteggiature; tanto più che queste, dato il nostro clima, non resistono molto e vanno di sovonte rinfrescate — come appunto abMaxnò visto per piazza San Carlo con disturbo e spasa non indifferenti. Quanto a spesa, però, anche l'« ar 1 ricciatura » in questione ne comporta ; una notevole. Perchè es3a si mantenga compatta e omogenea, senza macchie j "6 screpolature nò scrostature, occor- j re che sia eseguita con speciale ai I tenzione, cioè in continuazione, senza interruzioni notevoli, e con l'impiego di particolari criteri. Non è, insomma, cosa facile, a stendere un simile '.ntonaco, il quale deve essere anche preservato dalle bucature ulteriori; ed è anche, come abbiamo detto, costosa. Ma, in compenso, tale intonaco dà Tinnitati che noi dobbiamo ritenere di sicura riuscita se architetti torinesi, notoriamente amanti della tradizione locale, lo indicano e io adottano a surrogare il famoso e tramontante « colore di Torino ». U. L.

Persone citate: Emanuele Filiberto

Luoghi citati: Europa, Momo, Torino