Alessandria punto di partenza dell'epopea napoleonica

Alessandria punto di partenza dell'epopea napoleonica DOVE L'AQUILA RRESE IL VOLO Alessandria punto di partenza dell'epopea napoleonica ALESSANDRIA, ottobre. La mia prima corrispondenza da questa città mi ha procurato una lolla di lusinghiere missive di lettori de « La Stampa » che m'incoraggiano a volgarizzare (ma date le possibilità di un giornale sarebbe pia esatto dire « accennare » al pregio inestimabile di Alessandria come punto d'origine della fortuna imperiale di Napoleone Bonaparte. Dìfatti avevo chiuso le mie ultime note alessandrine con la promessa di parlare di Marengo che è un'adiacenza immediata della città, anche perchè sapevo che Alessandria mi avrebbe dato U modo, cioè avrei trovato in essa i documenti per prospettare la celebre battaglia o per lo meno alcui suoi episodi essenziali in guisa inconsueta. Siamo dunque a cinque chilometri da Alessandria, sulla magnifica asfaltata per Genova, al bivio della strada per Castel Ceriolo e Sale, dinanzi alla colonna commemorativa di Marengo. Indietro, a breve distante, sulla sinistra della strada per chi guarda verso Novi, sorge \ppvgdttdpptgtcstaaihrdsvgidtra sontuosa villa fatta costruire i verso la meta del secolo scorso dal\■m—l • „ ; S~1 a t\ j: ai ! farmacista G. A. Delavo di Alessandria (.la villa porta il nome di Marengo e sorge su di una porzione del terreno della battaglia acquistata dal Delavo, attualmente la villa è proprietà del barone Cataldi di Genova). Nel 1845 le ossa dei caduti furono raccolte in una cappella eret ta nel parco della villa. Sul frontone détta cappella si legge la scritta: «Ai prodi di Marengo ». Il Delavo rinchiuse nel fabbricato la rustica stanzetta dove Bonaparte firmò la Convenzione di Alessandria. Nel cortile della villa prospiciente la 8trada si vede una statua in marmo del Primo Console, nel giardino un busto di Desaix. Vennero pure raccolte nella camera della Convenzione fucili, palle di cannone ed altri cimeli della battaglia. I primi « marenghi » Non lungi dalla villa la toponomastica ricorda la regione Trono dove sedè Giuseppina durante la grande parata di Marengo celebra ta cinque anni dopo la battaglia t la contadina che vi fa da guida nella visita ai suggestivi luoghi non trascura di mostrarsi un altro locale dove sarebbero stali coniati i primi marenghi d'oro « la sera atessa della vittoria », assicura la brava donna. Non vi stupite dell'affermazione poiché ne udrete delle altre ancora più meravigliose. Infatti sempre secondo V accompagnatrice che sa a menadito la sua piccola le'Ziòncina di storia napoleonica (chi sa chi gliel'ha insegnata.'), Desaix avrebbe dato l'ultimo sospiro ai piedi di una medioevale torre di Teodolinda che domina i caseggiati di Villa Marengo e qualcuno si sarebbe incaricato di lasciare a ricordo della fine gloriosa del luogotenente principale del Primo Console nientemeno che la scatola contenente il eappello di Desaix! Difatli anche la scatola è fra i cimeli con la sedia dp«ma quale si sedette Napoleone pei I firmare la .Convenzione» ed il ca LTamaro relativo. |Più parlante e soprattutto autentica e magnificamente conservata c un'alta e lussuosa berlina carica di oro con gli stemmi imperiali napoleonici che occupa da sola una rimessa. Naturalmente si tratta della bcrliìvi di Giuseppina dimenticata qui nov si sa come. Il particolare più curio so della Villa Marengo è l'enorme cancellata che ne separa il cortile dalla strada appoggiata su colossali fasci littori con tanto di scure infissa nel mezzo. Questo glorioso simboU. dell'Italia d'oggi eretto poco meno di un secolo fa a Marengo è pieno di significato. Si pensa che è proprio Marengo che ha segnato l'inizio dell'italico risorgimento, cioè il momento nel quale i principi dell'SO vennero restituiti alla primitiva pn rezza dopo una lunga corruzione. Le rivoluzioni italiane germineranno da essi. Gli italiani prima d> giungere al 1821 daranno largo tributo di sangue alle guerre napoleoniche, ma ritroveranno sotto le iquile del Cor so le antiche virtù militari, la co scienza della nazionalità e l'intolleranza della servitù allo straniero. L'avanzata sulla Bormida Ma eccomi a ricostruire, almeno ain» ci,Ku«n « . .kuuv. grandissime lineejautenti^ gliadi Mcvrengoche e bendiversa-daquella del bollettino del Primo Con Napoleone stesso qualche tempo do- to l'evento e dei referti che si leg-gono nelle storie militari più pregevoli. Chi mette le cose a posto, chi lumeggia il grande episodio nella sua luce vera è precisamente quella mirabile « So'ietà di storia, arte ed archeologia della Provincia di Alessandria » presieduta dal conte Zoppi, le pubblicazioni della quale rivoluzionano starei per dire molte delle conoscenze correnti sulla battaglia. Mi son fatto un dovere di scorrerne le principali e nulla mi è parso così appassionante come rivivere attraverso ad esse il dramma dell'inizio della carriera imperiale di Bonaparte. Siamo alla vigilia di Marengo, le truppe austriache dell'ottantenne Melas stanno riunite ad Alessandria, ma Napoleone lo ignora. Egli ha invaso l'alta pianura padana sino all'Oglio, poi è tornato indietro sino alla Scrivia ed alla Sesia nell'illusione di attirare a sè il generale nemico ed ha finito per convincersi chegli austriaci sono in fuga. Il 12 giù- gno Melas apprende die i hanno passato il Po e sono Scrwia e decide di attaccarli il quattordici, allo spuntare del giorno, mafrancesino sullail quat- pol ritarda di alcune ore, perchè nel pomeriggio del tredici i francesi avanzando verso la Bormida respingono gli austriaci che si trovano al di qua del fiume... L'azione del quattordici alla quale Napoleone darà il titolo di battaglia « celebre », non è decisa da lui, ma da Melas. In altre parole egli arriva alla battaglia così poco preparato che vi crederà soltanto quando essa avvampa. Effetto questo della crisi psicologica che dura da venti giorni durante i quali Bonaparte ha avuto la sicura coscienza della inferiorità delle sue truppe dopo avere invano tentato di strappare notevoli contingenti al suo grande rivale Morcau che sta al primo piano della gloria militare iella Rivoluzione. Il Primo Console ha dovuto condurre le proprie operazioni militari col costante assillo dell'immensa grandezza degli interessi politici che arrischia. Non ha trovato nel nemico un punto di appoggio, su cui sviluppare le manovre deate, è stato alternatamente l'audace che sbocca in pianura 3enza artiglierie, il temerario che sì avventu¬ ra a passare il Po senza ponti, il pa vid0 die fa la ricognizione alla Seri * v via e cerca le ispirazioni dal nemico. Moreau è l'incubo che affanna Napoleone e ne fa un generale incapace di imporsi al vecchio Melas. Sul campo di battaglia Bonaparte si prende rà una magnifica rivincita, ma sarà l'uomo dalla tempra di ferro che farà le vendette del generale, sommo ma impotente contro le circostanze. Grazie alla preponderanza numerica delle truppe austriache ed alla sorpresa subita dagli avversari non preparati, Melas alle 3 pomeridiane del 14 giugno ha vinta la battaglia. La ritirata delle truppe napoleonidie non è stata disastrosa. Gli sca¬ glioni hanno dato indietro, ma nonun uomo ha abbandonato i ranghi.Bonaparte è rimasto assente dal cam-po di battaglia, non ha oltrepassaloSan Giuliano dove la sua sola pre- senza rianima i fuggiaschi e dove avrà inizio la vera autentica gloria di Napoleone nella memorabile giornata. Per dimostrare come il Primo Console abbia continuato a ritenere di non avere dinanzi a sè il grosso dell'esercito austriaco, neppure alle 9 del 14 giugno quando già Melas stava attraversando i ponti sulla Bormida, giova ricordare l'ordine dato in quell'ora ad una delle sue divisioni (Lapoye) di trasferirsi al di là del Po! L'arrivo di Desaix Come si sa il fatto determinante della seconda fase di Marengo è l'arrivo di Desaix sul campo con la divisione Boudet. La lunga attesa di questa truppa da parte del Primo Console fermo a San Giuliano fra i reggimenti sconfitti, contiene il segreto della vittoria finale. Ma è perfettamente falso che Desaix abbia auuto l'iniziativa di accorrere al can- uojie dì Marengo, n suo urgente ri Marno da Rivolta prima e poi daPozzolo Formigaro, è unicamente do- wsfo a Napoleone. Desaix è d'ordì- SS2££*:L Vorizzontc J£r £7 tagUa neUe fenf? M JQ cnnorc«a. le, viceversa si trovava sul piatto terreno della riva sinistra e possa-deva un canocchiale di portata moltoinferiore della distanza tra Rivalla cMarengo. Falso pure e l'episodio diDesaix con l'orecchio a terra ad ascoltare il cannoneggiamento per calcolare la distanza del luogo dell'azione. La verità è che Desaix torna indietro quando a Marengo si combatte da ben quattro ore. Bonaparte lo manda a chiamare alle 11 del mattino e Desaix non riesce a raggiungere San Giuliano, dal quale dista10 chilometri soltanto, che dopo le5 pomeridiane. Per più di tre oreNapoleone sta fermo a San Ghtlianotrattenendovi con la sua presenzal'armala sconfitta. Durante^tempo invece di impartire gli ordiniohe nelle sue condizioni qualunquealtro generale avrebbe dati, cioè-7«eiii della ritirata, matura la vo-lontà di battersi di nuovo I feritisfilano numerosi «dio stradale ttiTortona, carreggi, ambulanze, qua-drupedi, vivandieri domestici, sban-lo,'«IT? "° 16 retT°?S- N"P?-lewnmMpiù nessuna truppa chenon o.bbia subito il fuoco e che non . vtn1 -, H . T, . ,_, . „ ? . _ r.- medÌ0cre, almeno in confron¬ \dc l'alma città ' tera. ' condurre l'inseguimento to di se stesso, tecnicamente Melas si è dimostrato superiore, ma nel momento della sfortuna ritrova la serenità dello spirito. Sorride ai generali che lo circondano storditi dal'a lotta recente e sorrido pure al luogotenente che gli conduce l'ultimo scaglione dell'armata. Se Bonaparte ::o:i uvcsje saputo attendere impassibile, fra i resti del suo esercito vinto, il ritorno di Desaix non avrebbe servito a nulla. Napoleone che si attarda sui luoghi della sconfitta e che con disperata risoluzione riaccende la lotta a San Giuliano sembra veramente lo strumento della volontà divina. La vittoria strappata al nemico non decise della guerra, non dette la pace all'Europa, ina fu l'evento che pose il ter te all'èrasanguinosa della Rivoluzione e daquale scaturì l'artefice dell'era roto-va. Il pensiero che lutto ejuesto ènato sulla terra di Alessandria ren-de l'alma città sacra all'Europa in-icra, \' Melas, giudicando finita la batta-.glia, toma ad Alessandria. Il quar-\tiermastro Zach assume la cura diMelas du- rante il combattimento si è comportato beìie, è stato leggermente ferito ed ha avuto due cavalli uccisi sotto di sè, ma insomma ha ottanta anni, è rimasto in sella dalla sei del mattino e l'accusa del Neipperg, il futuro consorte di Maria Luisa, maggio- vpare dì cavallerìa a Marengo, di aver\lasciato il campo per andare comodalmente a pranzare è forse esagerata.!fLa verità è che il vecchio marescial- ; lo austriaco si è condotto come usava allora: vinta la battaglia se ne torna al quarticr generale per redigere il rapporto della vittoria che sarà portato a Vienna dal colonnello Radetzhy. Zach riordina l'esercito austriaco sulla grande strada di Tortona con calma e metodo. La colonna principale è razionalmente diretta sv- San Giuliano. Quando, superato il poggio che è ad oriente di Marengo, Zach] scorge fra i vigneti, al nord e al sud di San Giuliano, reparti francesi fermi, fa prendere alle sue truppe la formazione di combattimento. Contemporaneamente anche la divisione Boudet si spiega, di modo che austriaci e francesi vengono a trovarsi di fronte, a cavallo della strada di Alessandria e a meno di due chilo- gmetri di distanza. Consiglio dì guer-\ ra attorno al Primo Console. Bona-\ parto impone la propria idea. Desaix non coprirà la ritirata dei vinti, ma marnerà contro il nemico per la vittoria. E a destra dei reggimenti di Desaix si schierano i vinti di Marengo, i battaglioni di Victor, di La^nes, seguendo i loro generali che a piedi, levate in alto le spade, li conducono illa nuova battaglia. I cavalieri di Kellermann Kellermann, die già s'è sufficentemente distinto nel caricare il nemico nella prima fase, raccoglie \attorno ai suoi 150 superstiti quan\li cavalieri incontra e risolutamen'te s'avvia sulle orme di Desaix e .lìoudet. Marmont, il comandante \ lell'artiglieria dell'armata, non trova da mettere insieme che « tre » cannoni e con questi va innanzi. La seconda fase si svolge tumultuosa mente. I francesi non reggono al nutrito fuoco della fanteria austriaca e indietreggiano. In quel momento Marmont, che ha portato faticosamente avanti i suoi tre' pezzi, trova il nemico a cinquanta passi in fitta] ordinanza: su questa massa fa sca-\ ricare tre colpi a mitraglia. Un solo minuto dopo, sulla stessa massa si avventa Kellermann con forse 800 cavalieri. La battaglia finisce a questo punto perchè è di qui che incomincia il panico e la rotta austriaci. Desaix, che precedeva una delle mezze brigate della divisione Boudet a cavallo, « in abito borghese » (non gli era ancora arrivata la divisa dalla Francia) fra due aiutanti, non è conosciuto dai soldati po'whè è arrivalo all'Armata da soli quattro giorni. Nel momento in cui i francesi ripiegano sotto il fuoco austriaco, Desaix cade da cavallo colpito da uno pallottola e muore pronunciando una fcfa parola : « Morti ». La truppa, ohc fe, pcrduto terreno, ritorna poco \.lo,po sui siloi passi e trova i due aiu!« curvi sul corpo del loro generale. Essi scoprono sulla « redingote ■ un foro presso la scapola sinistra, i chirurghi constateranno poi che la palla ha colpito il cuore, ma ncn poUranno accertare s'essa sia stuta spa ] rata lia ur fucilc francese o da una i arma austriaca, mentre Desaix s'era [voltato indietro per fermare con la vece e con lo sguardo i soldati, fuci¬ la notte il corpo dì Desaix, abbandonato sul campo, è riconosciuto alla luce lunare dall'abbondanto capigliatura legata da un nastro. Un ussaro carica la s-poglia sul prc-prio cavallo e la trasporta a San Giuliano. Così, e non altrimenti, morì a 31 imo il prode luogotenente di Buo ',naparte, fulmìneamente, non visto, i vestito dì abiti civili. Le parole at- tribù-itegli: «Dite ài Primo Consoleìohe muoio cól rimpianto di non aver] fatto abbastanza per vivere nella po- ^stcrità! »-non furono mai proni», ]date da lui. Meglio ne ha scolpito il ]carattere Carducci: « Desaix che e- \ egge a sè il dovere e dona altrui la \gloria». ', KeUerman menò vant0 per tutta L, vita che fu lungai deUa sua fortu. \ ta e bc,zisffiwn azione, che ebbe ri\suUati iìlcredib;lL Bonaparte non vi- Uc nè il luogo della carica, nè scelse \a moniento per scatenarla, quindi,quando nel 1803 fece scrivere che la dem cavalleria di Kot^man -onhnaia dal Primo Conscie fu uno.di.quei colpi decisivi che solo i gentie e e ciuci colpi aecisivi clic solo i geni sanno sferrare, cercò di appropriarsi anche in questo particolare di un inerito altrui. La seconda fase della battaglia è quindi stata decisa nei « due minuti » nei quali Marmont lui sparato pochissimi colpi di cannone e Kellermann è piombato nella mischia con forse 800 cauaiieri (alcuni pretendono che fossero soltanto 400). Ma la rotta dell'Armata austriaca, che è un gigantesco collasso morale, ha una genesi più lunga. Chi ne dà la s-piegazione più logica ed umana è la lettera di un ignoto ufficialetto austriaco, che così scrive: >i... in questo momento di dolce soddisfazioiie (le colonne austriache, liete del successo, procedevano con le musiche in testa, pensando al riposo della prossima tappa) le sorti subitamente mutarono. Bonaparte, furio- ''so di vedere non riusciti i suoi proi, f di l [getti, fece ^avanzare versolecinquee- ore di sera... ». questa 'contro Bonaparte, che, oli [qionevole limite di tempo < insiste nel ricercare certi personali, contiene tutta U .ielle forze che si opposero agli eser- - otti rivoluzionari! Bernard Sliaw Hirfice efficacemente neU't Uomo delnel ricercare certi suoi'scopi ntal^a[destino », « Anche se gli austriaci vincono una battaglia al mattino, Napoleone gliela rivince alla sera, perchè le loro abitudini li obbligano a sostare all'ora del tè! ». Ai ponti della Bormida la ressa è spaventosa-, un tenente di fanteria austriaco urla nel buio che d'ordine icl generale in capo ogni battaglione o squadrone deve riprendere oltre il fiume gli accampamenti del giorno innanzi. Questa è la sola disposizione austriaca che, all'alba del 15, pone gli avversari nella stessa situazione del mattino del 14. Quindi, giudicando Marengo con soli criteri tattici e strategici, si potrebbe concludere che essa non ebbe altro risultato che di mettere fuori combattimento alcune migliaia di soldati. La soluzione de! dramma Sfa ad Alessandria la popolazione si raccoglie nella notte dinanzi la sede del comando austriaco e fischia sonoramente Melas. Impressionato dal tumulto della città e dalla minaccia di vedersi rivoltare le sue truppe, il decrepito generalissimo manda due ufficiali da Bonaparte, chiedendo un armistizio di 48 ore per seppellire t morti. Un Don Scoiti, parroco della Cascina Grossa, sul campo di batta- Vm ^ intanto nella sua cano ica> sta aggiornando un suo diario: ] \ « i francesi rendono il povero paese a segno di ultima miseria per li ìaccheggi di tutte le case ». Nessuno Invéce si incarica di raccogliere e seppellire i cadaveri i quali, come aggiungerà poi Don Scotti, « per mesi ancora resero puzzolenti le strade o li contorni di quelle parti ». All'alba del 16 giugno è firmata la « Convenzione di Alessandria che concede agli austriaci di andarsi a riparare dietro il Mincio, generosi tà giustificata dalla difficile situazione dei francesi (sbarco dei ventimila inglesi a Genova, lontananza di Masscna e Suchet, wia sola piazza forte in mano di Napoleone, mancan za di artiglieria campale, Melas libero di passare il Tanaro, ecc. ecc.) La soluzione del dramma è tutta imperniata sul carattere dei contendenti, quello di Bonaparte che trionfa col non considerarsi vinto anche quando c vinto e sul carattere di Melas che soccombe col considerarsi vìnto quando veramente non lo è. E' saitanto il 21 che giungono a Parigi i orricri della vittoria. Nella folla corre storpiato il nome di un osi-urn villaggio d'Italia, tutti ripetono Maringoi e lo ripeteranno così per un pezzo! Bonaparte sa che i parigini amano gli spettacoli teatrali, li vede « sempre all'Opera » ed ha composto per loro il magnifico scenario che inquadra la battaglia di Marengomolto diverso dal reale, come ho cercalo di dimostrarvi. 1 ministrvanno a complimentare Giusepirìna:he li riceve abitando con la mano un ramo d'alloro in metallo tolto datrofeo di una bandiera austrìaca e spedito da Berthier. L'entusiasmo cgrandissimo soprattutto nel popoM per il quale Marengo non è tanto laì ] Per commuovere ed esaltare i fra::\ccsl Bonaparte ha creato una batta * Marengo altamente epica ma J^tffiS ePls"a 0 , "csaix cnc <iuu<.l ! • ultima parie ^del « bollettino ■-> e |/>««<> « ì!^aJ^}^aAcon^Ju^gloria militare, come la consacranone di un re-gl'-nc. E da Parigi la novétta della vittoria ì^isuona per tuttala Francia con il nome del PrimoConsole e nella Vandea ribelle gl« chouans » gettano le anni. Marciiqo chiude Vera rivoluzionaria, tutty" , ., „ , . '„ .. sentono che con il Bonaparte la Vraneia e sicura, la Chiesa si associa atrìonfo, i cattolici intonano i « TeDcum», il Concordato con la SanteSede sarà una delle conseguenze dMarengo il 2 luglio, quando il Primo Console è ritorco senza preavviso a«eTutlieres, la Francia ha totalmentedimenticato che » benefici della pacegeneràle conscguente al trattato rfLunevillc sono unicamente dovuti alla vittoria di Moreau a HohcnlindcnI prodigi delia fantasia , ] a C,(C ,ece „ajl0leone ^,^^ u ,naterMe ^ servl ali 7„ „„,„r;,-7„.;„„„ j„7i„ -.-,7„„-„„i stico è il dialogo tra Bonaparte e Desaia; quando questi giunge sul cairnpo: « La battaglia è perduta! », annunzia Napoleone. — « Sono le dueabbiamo il tempo di vincerne un'altra oggi staso» risponde DesaixAlle due Desaix era ancora a Ri' vaVet i I , | Non accennerò neppure di sfuggita a quello che fece Napoleone pee la compilazione delle relazioni ufficiali del 1803 sulla battaglia di Marenoo. Marengo e il tipo più comuntìi hnttnnlin Ì- un'azimut frnntalr daai battaglia, c un azione irontaie aaprillalo alla fine. Al Bonaparte de« bollettino » furono cari gli aspettepici della vittoria, al Napoleone de1805 e di Sant'Elma non parve gloria sufficiente la banale lotta frontale, le belle manovre di Morcau nelle elite campagne deZi'800 gli erandi troppo cocente mortificazione! La lunga, paziente alterazione della verità venne consacrata il 5 maggio 1805, quando Alessandro Berthier, l'antico comandante dell'Armata di riserva (cioè quella di Marengo), consegnò solennemente all'imperatore la prima copia della redazione- della battaglia di Mareng[sul terreno medesimo dove essa [avvenuta e dove il maresciallo Lannes diresse ìa * grande manovra e, chg ri dussc !a falsa battaglia nae\poleonìca, spettacolo offerto all'im pcratrìce mentre nei prati, nei bo \mj^^l^M^v Hm "'„";' nico l\mti n"i,u"-0' • [poleonìca, spettacolo offerto ali nn<//7'cf tale se volture i mille soldati d"avvento del regi ** ^^ffiSLS9 >Z\ campestri ancoro, affioravano dalli* ARNALDO CIPOLLA.