I "Signori del mare"

I "Signori del mare" I "Signori del mare" La morte recente dell'Ammiraglio AEttore Bravetta, rende il suo postumoltalibro Pirati e Corsari, edito dall'Agnelli di Milano, finito di scrivere in una clinica di- Torino, pochi giorni prima di affrontare con coraggio eccezionale ed in piena coscienza la gravissima operazione che non valse a salvarlo, singolarmente commovente. Non si può leggere infatti senza turbamento quest'opera di uno scrittore che ha dato alla nostra letteratura marinara opere di notevole valore, di un soldato che sul letto di morte ha voluto essere coperto di una coltrice eroica, la bandiera nazionale, servita con il massimo della fedeltà e dell'onore. « Le sue ultime parole, ha detto il Duca del Mare — sopravviveranno nel cuore dei marinai d'Italia ». Degne infatti di sopravvivere esse sono, l'Ammiraglio Bravetta ha lasciato scritto: Sulla mia lapide sia inciso: Gli mentirono i fati. Estinto con ra sta il suo sogno. — Il morire per la Patria ». iuj nella bi mio sogno era dj combattere i^^ pat^ia , Storie alterate , , _. . « La vida de la galera de la Dios a quien la quiera ». Se si considera che in un bastimento di modeste proporzioni 1 (jn cifra rotonda una galera aveva la ;lunghezza di 50 metri; era larga 7, al- a 500 uomini, si comprende la venta del proverbio spagnuolo. Sulla vita a bordo delle galere si tro(vano particolari gustosi e scabrosi, nel famoso libro: «El arte del marear» scritto da Don Antonio de Guevara, vescovo di Mondognedo, predicatore, cronista e membro del Consiglio di Carlo V. Questo prelato, obbligato dalla sua carica a fare frequenti traversate su di un bastimento pochissimo adatto a trasportare passeggieri, pensò di vendicarsi del mare repulsivo alle sue buo ne digestioni vescovili, esecrandolo nel citato libro Le recriminazioni del dotto vescovo I formano una delle più gustose pagine ai « pirati e Corsari». L'illustre auto!re cne tu per moltt amu- collaboratore lnavaIe apprezzatissimo de « La Stam tpaa>i na vomt0 portare una parola di i chiarezza nelle storie alterate, confuse L spegS0 grottesche dei pirati e corsari con i quali navigammo in gioventù sui ;raarl deIIa fantasia. Anzitutto l'Amml • raglio Bravetta vuole rivendicare l'o1 norabijità di molti coraggiosi uomini U mare che facendo legittimamente e !come belligeranti riconosciuti dal dirit¬ to internazionale la guerra di corsa, furono contusi dai romanzieri poco' co |scieMloai con ribaldi scorridori fuori di j . sventolanti la bandiera neira COn il teschio e le tibie T corsari e pirati ci corre e 1 H„ JW su°J°ver°0' ^"JL " SEETm t0 armat0 e corre 11 maie contro 1 ne ^«ssini non essendo che una compagnia * ™ senz'altra Wj^™** WS*» «Sterne per turbare sul mare sen ;»* bandiera ovvero con bandiere bu S»arde. aenzafri9Pett°i"HS! '^f^^S^S^M Mici nemici di tutti, peste e flagello dei ma" *■ Di questa l'Am- : miraglio Bravetta, che giustamente tieIne alla distinzione, riporta in proposii to le precise parole del Padre Guglielmotti, il grande storico marinaresco ; italiano : « Corsaro — avverte il Gu iglielmotti — propriamente dicesi colui iche, quantunque privata persona ò nondimeno autorizzato con lettere patenti Imici del Paese in tempo di guerra a !suo rischio e guadagno; mentre i «pi ; rati » si pareggiano in tutto con gli as peste e flagello» l'Italia 'subl Per secoli le disastrose conseguen>e. Una parte notevole del volume è de- dicata ai pirati barbareschi. I princi pali di essi sono dodici e si succedono in quaterne tutt'altro che fortunale per u disgraziati rivieraschi che ne seniiro- no i disastrosi effetti, reggiamo quindi con compiacenza come il 29 agosto del l50o quando Santa Maura occupata ^ GammaU (uno dei primi quattro) fu dalle milizie veneto-papa.!. Il .generale veneziano fece impiccare e poi -;tagliare a pezzi i più tristi pirati che ;vi si annidavano, Figure di pirati a ni Uno dei più celebri di cotesti dodici a,. . . r)B,^rn!1_„ x „ -nsidptto « Giu-j'adrom de! m*re e ,,,?osl a Ideo»: «piombava ali improvviso sui i|bastimenti di traffico, fuggiva quelli -ì militari, bloccava virtualmente i porti Tirreno». I cristiani gli avevano -,! imprlfri0llato un fi„iio ed egìì non si -!deL pace sinché non gli riuscì di ,be e'non gli resse e mori di gioia. I rarlo. Ebbene : questo feroce delinquente, che non aveva pietà per nessuno, I sentiva cosi intensamente l'affetto paterno, che come rivide il figlio, 1! cuore e Un posto speciale nella funesta ge" Ira«hta piratesca spetta al Barbaro»», rossa del mare con l'omonimo impera tore battuto a Legnano dalla Lega Lombarda: il Barbarossa riesumato dal Bravetta è il più famoso e famigerato pirata del '500. Il suo vero nome era e Kair-ed Din », che i cronisti italiani deformarono in Ariadano. Egli ora fra- n;,, come?"», chiederanno sorpresi molti l! ,ettori' Non si COIlfonda questo Barbai - o e .;. ,, ,. , . , 0 òltell° dl un altro Pirata- «Y\uei °'J ? n buccio». Tanto 1 uno che 1 altro s de slgnano con il soprannome di Barbarossa che però spetta specialmente ai primo che era infatti di pelo rosso. Quest'uomo straordinario ebbe tutti i vizi della sua razza: dissimulazione, avarizia, violenza, ferocia e tutte le vir- 1 tù di un grande capitano : coraggio, fer • mezza, prudenza. La potenza di Barba irossa, diventato signore di Algeri, giunise a tal punto che nel dicembre del di 1334 s(im,IÒ un trattato con ;1 Pp '.ì?ói f1 Z ■ tra"ato c0? '\ . 'Francia e fu poi contrapposto dal Sta ,tano Solimano ad Andrea Dona. No minato Pascià di tre code, con una 'grossa armata di ottanta vele.e più, se¬ revmgspfireMseseUteazriMai tòsvssFtdPlemtNscspsIndbmvegrd1sSavdfsmctcttlnfnpdiscMdBngtsurcsdifdtclssaa 0 o a 3 a e -.rebbe riuscito nell'intento se ,!vane contessa, calatasi dalla minò il terrore e la morte lungo le Ca labrie. Sbarcò a Procida, bruciò bastimenti nel golfo di Napoli, bombardò Gaeta, distrusse Sperlonga, prese a traciimen to Fondi. Aveva intenzione di catturare la celebre e bellissima Giulia Gonzaga per destinarla all'harem ili Solimano. Vedova di Vespasiano Colonna, ia Gonzaga passava per la più avvenente donna d'Italia. Canta infatti l'Ariosto: w Giulia Gonzaga, che dovunque il piede Volge e dovunque i sereni occhi gira, Non pure ogni altra ili beltà le cede Ma come sciesa dal ciel dea '.'ammira ». . 1 Bravetta riferisce che Barbarossa sala giofinestra indosso la sola camicia, non fosse n.^KP1^ con un velocissimo cavalco ser:guita da un leclele scudiero. La storia l-aggiunge che Giulia lo fece uccidere e perchè l'aveva intravista seminuda, ma - potrebbe anche dursi che la causa dei" ''assassinio fosse di natura più intima. !à Coalr.° » orribile pirata si mosse lo «di sless0 t-arlo \ su di un galeone tatto appositamente costruire a Genova da I Andrea Doria. Lo sfarzo della nave era taie che gli stessi galeotti costretti a re-mare con il tappo al collo che dovevano cacciarsi in bocca nel combattimento per non disturbare con le loro grida i marinai, eran vestiti di raso. Gli spallicri portavano catene d'argento. Barbarossa subì una tremenda sconfitta ma non fu domato. Riprese il mare e seminò ancora terrore e rovina. Mori vecchissimo a Costantinopoli e fu sepolto in una moschea eretta a sue spese nel popolare sobborgo di Bisaslash. Una nave ammiraglia turca dei nostri tempi portava il suo nome e per molti anni nessun « Rais » prese il mare senza salutare con le salve delle artiglie- ■ rie la moschea di Ariadano sui Bosrort» Ma in altri mari e spf-cialmence miMare delle Antille lo scrittore ci invila a nuove avventurose navigazioni. Fra i bucanieri e i filibustieri Morgan diventò una specie di eroe nazionale inglese. Fu fatto cavaliere e nominato Governatore della Giamaica in odio agli spagnoli. Maggior vanto può attribuirsi l'Inghilterra ricordando le gesta di Francesco Drake. Terrore degli iberici nel Pacifico catturò fra le altre navi il galeone carico d'oro che faceva servizio fra Callao e Panama. Lo avevano avvisato che il galeone era talmente irto di cannoni da meritarsi il significativo benché non troppo poetico nomignolo di cacnfuetio. Non importa: dopo un memorabile inseguimento Drake lo raggiunge e lo cattura senza che gli spagnoli sparassero un colpo. Non per codardia, ma perchè i cannoni erano una leggenda sparsa ad arte per intimorire i pirati. Il bottino fu enorme : tredici casse piene di monete d'argento, ottanta libbre d'oro, ventisei tonnellate d'argento in barre, sacchetti di pietre preziose. Un mozzo spagnolo molto spiritoso osservò che il vero nome dl « cacaiuego » era « cacaplata » (si sa che piata, significa argento). Reduce in Inghilterra, Drake fu accolto con tutti gli onori dalla regina la quale recatasi a bordo 10 fece inginocchiare e brandendo una spada d'oro gli disse : « Drake, il re di Spagna vuole la tur testa. Sono venuta a tagliartela », poi, ridendo lo armò cavaliere. Il corsaro ebbe per tomba il mare, dove il suo corpo chiuso in un triplice feretro di piombo e dl legno, fu immerso con tutti gli onori dovuti a un ammiraglio inglese. I suoi discendenti conservano ancora a Buckland Abbay il tamburo della sua nave ammiraglia. Dice una leggenda che il rullo di questo tamburo farà uscire dalla sua liquida tomba il vecchio corsaro per condurre la Gran Bretagna alla vittoria nel giorno del supremo pericolo. Un corsaro napoleonico Non inferiore a Drake per ardimento fu il nostro Bavastro, amico di Massena, corsaro .ìapoleonico. Marinaio di perizia eccezionale, sostenne centinaia di combattimenti ed avrebbe raggiunto i più alti gradi della gerarchia navale se non fosse stato analfabeta. Il modo come violò il blocco di Genova dove Massena si trovava assediato, eludendo la crociera del commodoro inglese Brown, è memorabile. Una sera Massena ordinò a Bavastro di condurre dal generale Suchet il generale Oudinot latore di un'importante missiva. Bavastro mise a disposizione del generale una barca lunga e sottile con quattordici rematori e naturalmente ne prese 11 comando. In una notte fonda e burrascosa riuscirono ad approdare al campo di Suchet il quale preparò la risposta e la consegnò a Bavastro chiudendola in un astuccio di piombo. Ma il ritorno è arduo. Una triplice linea dl fregate, di corvette, di lance armate, distesa fra Sampierdarena e la Foce tende davaDti all'entrata del porto di Genova una rete nelle cui maglie Bavastro dovrà incappare. Ma il corsaro con prodigi d'abilità passa attraverso la prima linea di vascelli n -regate c la seconda di navi minori. L'alba lo sorprende mentre ancora gli rimane da superare la terza linea di scialuppe armate. Appena la vela di Bavastro è avvistata, caccia generale. Una grandine di proiettili flagella le acque intorno alla velocissima barca che governata dalla salda mano fila come una procellaria verso l'entrata del porto. L'ha quasi raggiunto quando il vento cambia di direzione. L'audace marinaio non si perde d'animo. Con un colpo di barra fa prua per Cornigliano dove stanno di fronte separati dal torrente austriaci e francesi. Il mare grosso frange con furia sulla riva rocciosa spazzata dalia mitraglia inglese, ma Bavastro in piedi al timone, incoraggia i vogatori con la voce ed il gesto. Una onda solleva la barca e la scaglia ad infrangersi sulle roccie. Tutto l'equipaggio è travolto in mare. Abili nuotatori Oudinot e Bavastro che si è appeso al collo l'astuccio dei dispacci, raggiungono la riva ed entrano in Genova fra le acclamazioni della folla. Di episodi come questo il libro dell'Ammiraglio Bravetta è denso e si legge d'un fiato come un romanzo. Ci si congeda a malincuore dalle maschie figure di uomini che egli ha saputo rievocare con la sua penna agile e viva di uomo avvezzo al comando e a notare nel libro di bordo le impressioni della navigazione. Nè manca al bellissimo volume un largo accenno alle imprese corsare di « Sea devil ;> il diavolo del mare come gli inglesi chiamarono Felice von Luckner, l'ultimo corsaro della storia navale, che realizzò la straordinaria idea di far la guerra a vela in pieno secolo XX... SIRIO.