L'adunata dei Gerarchi e dei Diciannovisti alla Casa Littoria

L'adunata dei Gerarchi e dei Diciannovisti alla Casa Littoria L'adunata dei Gerarchi e dei Diciannovisti alla Casa Littoria Sulla soglia di Casa Littoria montaa guardia un picchetto di Camicie Nere. Un manipolo di militi è disposto in duplice fila nell'atrio terreno, di fronte alla lapide che ricorda i nomi dei Mariri torinesi della Rivoluzione. Giunge dal di fuori sempre più alto l clamore del popolo in festa. Giunge 'eco del nome glorioso del Condottiero mille e mille volte ripetuto, mille e mille volte lanciato verso l'azzurrità dei cieli come un grido, un auspicio di vittoria. E sentiamo il canto degli Inni della Patria, e le note delle musiche marziali ed eroiche, e vediamo, dall'inquadro del portale, piovere fiori e fiori — rose, garofani, dalie — che formano un tappeto aulento sul quale passerà il Duce. Ma ecco un più prossimo e distinto quillo di tromba. E' 1*« attenti », il trilice attenti, che annunzia l'arrivo del Duce. Il Capo varca la soglia del palazzo eguito dalle più alte gerarchie: Ceare Maria De Vecchi di Val Cismon, Achille Starace, il Ministro della Guera, Gazzera, il Prefetto Ricci, Andrce. Gastaldi — il quale fa al Duce gli onoi di casa —, il console Beratlo, memro del Direttorio Nazionale del Parito, l'on. Polverelli, il dott. Chiavolini, console Poli, il conte Orsi, il prof. Bertone, i generali Spiller, Da Pozzo, Casavecchia, il cons. gen. Oddone-Maza ed altre gerarchie. La corona del Duce ai Martiri Il Duce passa in rivista il manipolo 'onore, comandato dal camerata Moaco. La breve schiera di armati, rigia, statuaria nella posizione del « preentatami », appare veramente — tana è la sua armoniosa prestanza e la era virile bellezza — la degna rapresentante delle trecentomila Guardie olontarie della Rivoluzione guerriera. Poi il Capo si volge verso il bronzo edicato ai Martiri. Rilegge ad uno ad no mentalmente i nomi degli Eroi. erto ritornano al Suo pensiero le lonane tremende vicende che costarono anto giovane sangue generoso e preararono l'avvento dell'era nuova, l'èra ascista destinata a dare il proprio nome ad un secolo e, ben più che a un ecolo, ad UDa Civiltà. Militi recano una stupenda corona alloro e bacche dorato attraversata a un sontuoso nastro di seta azzurra on fiocchi e frangio d'oro. Sul nastro piccano le due parole del Suo nome ieno di gloria c di destino: «Benito Mussolini ». Il Duce depone la corona sullo zocolo della pide. Poi posa un gran mazo di rose vermiglie presso il ricoro elevato ad onore dei prodi dipenden dell'ex-Officina carte valori — la cui ntica sede, come si sa, era nell'attuale asa Littoria — morti in guerra. Nel silenzio degli astanti, il Due tende il gesto a romanamente sautare le alte ombre dei sempre-preentl. Sta in quell'atteggiamento di autera pietà, di reverente omaggio più i un minuto. Poi, come se si distaccase -non senza pena dal silenzioso collouio spirituale con coloro che furono, e he chiusero gli occhi alla luce del sole ronunciando con religiosa, speranza 11 uo nome, si volge al seguito e fa cenno i seguirLo. "» ■ Scende la breve scala che conduce al asto cortile dove sorge la Palestra Litoria. Una fila di Giovani fascisti ed una i militi universitari fanno ala al Suo assaggo. I comandanti delle due square hanno già ordinato l'attenti e nela diritta posizione militare appaiono nfatti i giovani camerati. Ma ecco che Duce si volge loro sorridente, vislbil mente compiaciuto, e li guarda come un adre i figli: un fremito di indicibile ioia è nelle vene, nell'anima del cameati. Chi potrebbe trattenerli? Con davero figliale devozione si fanno attorno l Capo, Gli gridano con impetuosa arente passione la loro fede e l'amore e orgoglio che gonfia 1 giovani cuori La fremente adunata Alla esultante voce fa eco un'altra cclamazione, ben più alta e tonante, ome di mille voci fatte una voce sola, n tuono, dall'interno della palestra. Ivi sono radunate le più alte autorità orinesi e provinciali: i senatori e i deutati fascisti della provincia, gli exegretari federali, le gerarchie federali del Fascio di Torino, le famiglie dei aduti fascisti, i Sansepolcristi, i Diiannovisti, tutti gli ufficiali della Mili ia, i dirigenti delle organizzazioni sinacali e delle associazioni dipendenti dal artito, la delegazione dei Fasci femmiili, il direttorio del Guf, i segretari potici e i comandanti dei Fasci giovanili ella Provincia La palestra è tutta ornata di bandiee, e — giustamente — di null'altro che andiere. Con esse, simboli della Paria, i cuori dei fedeli: una sola immae e splendida fiamma di amore che il ascismo di Torino ha acceso in onore el suo Duce L'apparizione del Capo sulla vasta ribuna è accolta da applausi travolgen. Per trovare un termine di paragone ll'entusiasmo degli astanti bisogna ensare all'adunata popolare del mattio, in piazza Castello. Non è cosa che i possa descrivere. Si pensi: il Duce ra i fedelissimi di tutte le ore, dalle rigini in poi e per sempre. Il Duce fra a Vecchia Guardia che nel tempo del a prima asprisslma battaglia, soltano armata della sua fede, osò l'inosabile, icura di vincere — come vinse — perhè Mussolini aveva comandato di agi e. Si pensi a quel che significa il Duce er i Diciannovisti. Egli è il capo di tutti li Italiani, è il Condottiero della Naione, è l'Uomo adorato da milioni e miioni di uomini, infine Egli è il Genio tesso della Patria. Per i diciannovisti Mussolini è tutto questo, ed è altro, I Diciannovisti e il Duce E', oltre il Duce di tutti, il sito proprio Duce, Colui nel quale 11 fedelissimo ebbe ede quando per professarla bisognava gni giorno rischiare la vita. E fu, per utti i diciannovisti, anche per i più in elligenti e colti, fede scaturita dall'Impulso del cuore prima che dal calcolo della mente, fede schietta originaria e armata, fatta di istinto e libera di con fini di barriere, tale che un giorno po rebbe perfino parer mitica, se Mussoini non fosse la più grande e evidente c Intangibile realtà della storia moder no del mondo. Non è ' -^ro che 1 dlcian novisti rinunciassero a 3è stessi, quasi ansiosi di annullarsi nella passiva obbe dienza alla volontà eroica di Lui. E' vero Invece che accostandosi a Lui, giuandoGli obbedienza, seguendoLo su lut- te.le strade, in tutte le disperate batta- glie, si aumentarono, si innalzarono. Fi-jno ad essere degni di interpretare edjanticipare —. essi soli r- tutto il popolos che poi avrebbe camminato sulle loroorme; fino ad essere compiutamente de-gni di servire il Duce: in Lui servivano la Patria, perdio Mussolini rappresenta-va appunto lo spirito di obbedienza alla volontà della Patria e della Vittoria. Eccoli ora, di fronte al Vittorioso. Hanno il cuore gonfio, mai si senti- rono più commossi, e cosi profonda-mente e cosi dolcemente. Ma la voce è alta e squillante, i loro alala, hanno il tuono dell'onda che s'accavalca sull'onda, il loro A noi! ha il timbro maschio duro potente che ebbe l'urlo guerresco delle squadre. Es3i vogliono che il Duce li veda tali come furono allora. Non mutati nel morale e nel fisico. Pronti a tutte le imprese, e preparati. Ansiosi soltanto di seguirLo; ambiziosi soltanto di conservare un primato già segnato nelle pietre della storia: essere i primi, veliti e avanguardie. «Duce! Duce! Duce! ». Una sola parola, che è tutto, che dice tutto. L'immensa sala è piena di quel suono. Lo spirito di ognuno è pieno del nome e delle gesta del Liberatore. Egli è 11, fronte alla clamante adunata. E' circondato da cento e cento uomini, cento e cento anime si offrono alla Sua: ed è solo, come unica è la gloria della Sua opera. Apparentemente nulla lascia indovinare l'emozione che certo Lo pervade, se non forse un lieve pallore del viso. Ma gli occhi! Chi non vi legge un ardore ed una gioia pari a quelli che illuminano gli occhi degli astanti? Quei Suoi occhi che hanno il lampo dela volontà ferrigna e la luco del genio, si volgono ora, mobilissimi, sugli adunati. Al pari di Cesare — l'unico al quale sembra possibile avvicinarlo — che prediligeva la Decima Legio, la legione dei più forti guerrieri. Mussolini è adesso fra i suol più temprati e provati veterani; più umanamente grande di Cesare, che soffriva se altri reggesse a guardarlo negli occhi, Mussolini si compiace di costoro che non si stancherebbero mai di figgere i loro occhi nei Suoi. Per ripeterGli anche cosi un giuramento che chiama a testimoni gli' spiriti dei Camerati che morirono per a salvezza d'Italia. II saluto di Andrea Gastaldi Tutti, infatti, abbiamo la certezza che i Loro spiriti siano presenti. Ce lo dicono i loro padri, le mamme, le mo gli, i figli che sono qui. con noi c per Lui, che giurano anch'essi al Duce obbedienza c fedeltà, e Gif dicono la più bella parola che gli uomini, nell'ansia di vincere il mistero del futuro, abbiano creata: — Sempre. A stento il Segretario federale ottiene che si plachi un poco il felice clamore dell'adunata. Egli vuol portare al Duce l'espressione della riconoscenza e della devozione dei fascisti. Egli comincia a parlare, con potente trascinatrice voce, ad ogni frase interrotto da battimani entusiastici e da grida di « evviva » al Duce, dicendo clic l'adunata cui è presente con lo spirito dei Martiri quello di Mario Gioda, cui partecipa Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, l primo fra i primi nel dare esempio della disciplina e dell'eroismo, convenute tutte lo gerarchie locali del Regime c gli ufficiali della Milizia e i veterani diciannovisti, e la più integra e degna espressione del Fascismo torinese, che esulta per la presenza del Duce, altissimo premio, supremo incitamento. Il Fascismo torinese è fiero di avervi dimostrato oggi, o Duce, che il Votro comandamento — Concordia su tutta la linea — hn. trovato pronta totale entusiastica obbedienza. Voi, Duce, che conoscete come nessun altro l'anima degli uomini e delle Città, siete oggi penetrato nello spirito profondo di Torino: esso Vi è apparso in luce solare, fiero di proclamare la sua invitta passione fascista, la volon tà di obbedirvi e di seguirvi sempre e ovunque. La. Vostra visita, la Vostra parola costituiscono una stupenda, in dimenticabile pagina della vicenda del Fascismo torinese, il quale è pervaso da un unico tormentante desiderio: es sere sempre più degno di Voi, non com' piere mai il delitto di darVi anche la più lieve amarezza, consapevole della tremenda e provvidenziale responsabilità che Vi siate assunta di portare la Vostra Rivoluzione al più completo trionfo Vi ringraziamo, o Duce, del privilegio accordatoti, celebrando nella nostra città guerriera ed operosa il primo Decennale. Voi avete inserito cosi la nostra, la Vostra Torino nella più splendida storia dell'Italia e della nuova Civiltà. Vi ringraziamo, o Duce, e Vi diciamo che una sola ambizione alimenta i nostri cuori : quella di farci sempre più idonei a marciare in ranghi serrati sull'orma del Vostro passo di invincibile Condottiero; quella di essere prescelti come avanguardia in tutte le più dure e faticose, battaglie che Voi comanderete per il domani della grande Patria fascista. Potentissime ovazioni accolgono le ferme e degne parole di Andrea Gastaldi. I significativi doni degli operai Quindi il Segretario federale prega il Duce di gradire l'omaggio delle Camicie Nere: la bella pergamena miniata, opera del camerata Di Pietro, che contiene il giuramento di fedeltà, dettato dallo stesso Gastaldi, dei fascisti di Torino. E ancóra offre al Capo, che si benigna di accoglierlo con vivissimo compiacimento, l'Albo con alcune centinaia delle mille e mille lettere di grazie dirette alla Federazione dai beneficiati dell'Ente Opere Assistenziali. « L'Opera è Vostra dice Gastaldi — creata, alimentata da Voi, dal Vostro cuore di Padre del Popolo. Concedete che fino a Voi giunga la schietta buona umanissima voce benedicente e riconoscente degli umili ». Poi è la volta dei superbi capolavori offerti dalle maestranze operale: un'edizione settecentesca del « De Bello Gallico», dono dei poligrafici; un perfetto modellino del nuovo trimotore «G II », presentato dai metallurgici; uno stupendo broccato a mano tèssuto dalle maestranze tessili Gaumi di Settimo; un inedito «Alpino» delle manifatture «Ars»; ed una «Maternità* in ceramica, donati rispettivamente dagli operai dell'abbigliamento e dell'arredamento. « Indimenticabili accoglienze » Testimonianze — come dice Gastaldi — della consapevole devozione degli operal verso il Duce, che ha riscattato Ulavoro da tutte le prigionie, che ha dato al popolo lavoratore la certezza e i/orgoglio di essere strumento operan- e, fattivo e indispensabile delle fortu- ne della Nazione risorta, II Duce, mentre si rinnovano sempre vibrantissimi gli applausi e gli «alala», considera attentamente i doni, ed esprime ai più vicini la Sua ammirazione per le belle e artistiche opere, cosi colme di alto significato, Poi parla agli adunati: II Duce rivolge ai fascisti brevi pa- role di incitamento e li ringrazia per 'indimenticabile accoglienza di Torino. L'entusiasmo dei fascisti è al colmo. Esso esplode in potenti, reiterati « A noi! », in interminabili osanna al Duce. Che rimane ancora qualche istante a contemplare la scena stupenda. E poi, come è per avviarsi ad uscire, e gli viene incontro il canto dei Giovani Fasciti, vuole riudire l'inno, una e due vole, ed all'autore, il console maestro Blanc, che ha già elogiato per la nuova degna fatica, l'ode « n Decennale », esprime il Suo vivo elogio. Intanto ai canti, agli evviva del facisti riuniti nella palestra, si aggiunge uguale intenso fervore di acclamaioni da parte del popolo e del fascisti accolti in piazza e in via Carlo Alberto. Mussolini sale rapidamente, seguito al piccolo gruppo degli alti gerarchi, o scalone di Casa Littoria. Egli appae alla loggia che dà sulla piazza. E' un mare di teste, una selva di bandiere gagliardetti fiamme, un solo fremente urlo di gioia, di amore. Fino i tetti delle case sono colmi di gente. Il moumento del Re Martire è nascosto da na vivente piramide formata dai Gioani fascisti. Dalle finestre gente asiepata grida « evviva » e lancia baci e fiori. Migliaia e migliaia di fazzoletti ventolano alti sulle teste della moltiudine. Gli ex-Bersaglieri agitano i piumati cappelli e una banda suona la loro Marcia bellissima, cosi cara al Capo. La dimostrazione in Piazza Carlo Alberto Il Duce, che appare tra De Vecchi, tarace c Gastaldi, esprime al Quarumviro la sua intensa soddisfazione er l'incomparabile spettacolo. Cogliamo queste Sue parole: « Bellissimo, imonente ». Poi 3aluta, due, tre volte, la olla immensa. E infine si ritira mentre assordante e meraviglioso clamore, rutto di un inspongibilc affetto, sempre più si innalza nella gloria del soare meriggio. Quindi il Capo del Governo visita no ad uno tutti gli uffici federali. E rima quello di Andrea Gastaldi, dove ono raccolti donativi che ditte famose anno inviato per Lui. Egli ordina che iano ringraziati gli offerenti e i doni istribuiti al poveri. Nella sala dei Direttori, si trattiene revemente con i membri dei due masimi organi collegiali locali del Partio ed ancóra esprime il suo elogio per e opere compiute. Qui, l'on. Gray, il aloroso camerata novarese, facendosi co del desiderio di tutti, osa pregare il Duce di permettere che i giornali del unedi, che recheranno il Suo storico dicorso, escano, anziché a mezzogiorno, al mattino. Risponde di no, cho non è ossibile. La legge deve essere rispetata —■ Ma un'eccezione, una volta sola 0 per tanta circostanza... — No, mai. Specialmente perchè si ratta di me. La visita continua. E' la volta delArchivio, degli uffici per il tesseramento, del reparto amministrazione. Vuol vedere tutto, poter giudicare di utto. E giudica, infine, dicendo a Gataldi : « Organizzazione ammirevole, eccellente ». Militi, Combattenti e Decorati Il comm. Bossi fa gli onori alla sede dell'Ufficio sportivo. Al comando del Gruppo di Legioni, si intrattiene con i generali Oddone-Mazza, Scandolara, Perol e i consoli Galbiati, Mannelli e Parenzo. Visitata la Biblioteca, si compiace con il bibliotecario marchese Robecchi-Brivio. Si fa quindi presentare membri della Commissione federale di disciplina, poi visita la sede del « Guf » dove il fiduciario, G. Pallotta, che è circondato dal Direttorio, Gli fa omaggio di una copia della rivista «Vent'anni» e.di un gradito dono — un artistico album — di tutti gli studenti Bulgari residenti a Torino. Visita ancora il Comando dei Giovani Facisti e poi l'Ente delle Cooperative, e a sede del Combattenti. Il presidente dell'Associazione, colonnello GiriodlPanissera, Gli presenta i Direttori e Lo informa sul numero degli inscritti: 16.500 con 185 sezioni in provincia e vari Circoli rionali torinesi. Cordiali espressioni rivolge al colonnello Perrone di S. Martino, fasciata della vigilia ed eroico mutilato di guerra. Pregato dal presidente del Nastro Azzurro, aw. gr. uff. Giorgio Bardanzellu, inaugura la nuova sede dell'Istiuto. Il camerata Bardanzellu comunica al Duce, che altamente se ne complace, il numero esatto e controllato delle decorazioni al valore militare a combattenti di Torino e provincia: Ordine Militare di Savoia: 89 - Medaglie d'oro: 1067, d'argento 4760, di bronzo 5827. Dice il Capo: — Torino è in testa! Alla sede dell'Associazione Madri e Vedove dei Caduti e Famiglie dei Martiri Fascisti, si intrattiene a lungo, evocando le gesta degli Eroi e dei Confessori della nostra fede, con i rispettivi presidenti, signora Chinaglla e cav. Sbaraglio. Al Fascio femminile, dov'è ossequia to dalla contessa Barattieri, le impie gate pregano il Duce di firmare le loro tessere. Annuisce, sorridendo. Le giovinette ringraziano confuse commosse, Dicono: — E' il più bel giorno della nostra vita. — E il Duce, prontamente, con tono appena un poco malizioso Ne avrete degli altri, anche più belli!. Nella sala del Martiri il Capo entra solo, seguito da pochissimi alti gerar chi. Rista sulla soglia, pensoso, in si leuzlo. Saluta romanamente le grandi ombre, non invisibili per il Suo spirito, Ultima sosta, al comando della Legione Universitaria. Il seniore Vedasi accompagna il Duce negli uffici. Mussolini si compiace per i belli e indovinati affreschi — scene della Rivoluzione in atto, prima e dopo la Marcia — che due militi pittori, Morsello e Roietto sotto l'esperta guida del capo manipolo Tirotti, hanno eseguiti questi giorni. Chiede al comandante Vedanl particolareggiate notizie sull'attività della Legione. Elogia ed incita, con parole che scendono nel cuore degli astanti, lsIccttac«iCtche non si cancelleranno più dalla loro mente. La visita a Caaa Littoria è finita. E' durata un'ora. Il Duce è soddisfatto. Lo si capisce dal suo modp di sorride^ DddmsctsbvcSptstiddscgAmritFCtldfsCrerrceiimddtGBvNpt1dmNmrtiiICDrdtBddvndlIP re e di guardare. E lo dice, ancóra, a Gastaldi, che n'è raggiante. Le Camicie Nere della guardia presentano le armi. Luccicare di baionete, di pugnali. Passa il Duce, l'Uomo che reca nel cuore e che tiene nel pugno tutto l'amore e tutto il destino d'Ialia. Eccolo sulla soglia del palazzo. La folla Lo ha atteso, instancabile, feice, pervasi gli animi da una quasi mistica e religiosa ebbrezza: — E' Lui! Il Duce! II Duce! Che dirGH? Quali parole rivolgerGli ancóra, perchè sappia come Lo ama, con quanta fedeltà ardente Lo segue il popolo di Torino? Il Duce sa. Il Duce è contento di Torino. Ancóra fiori e fiori cadono sulla macchina che Lo traspora a Palazzo Madama. E Lo segue, Lo e inno della moltitudine immane. S'inaccompagna, Lo preannuncla il clamancontrano nella serena aria della sera gli « evviva », gli « alala », le benedicenti nvocazioni. Tutta Torino è in piedi attorno al Condottiero. Torino è, questa sera, l'inerprete di tutta Italia. 1.' imponente ricevimento a Palazzo Madama Dopo la visita a~ Casa Littoria, il Duce era atteso alle 18 a Palazzo Madama pei- un ricevimento ed un saluto del Podestà Thaon di Revel. Relativamente pochi sono gli invitati polche le untuose sale dello storico palazzo pochi ne possono contenere. La sala conrassegnata con la lettera A e conociuta con l'appellativo di « Sala da ballo», è riservata alle autorità, ricevute dal Podestà, dal Vice-Podestà comm. Silvestri ed aw. Gianolio, dal Segretario generale aw. Gay, dal Capo gabinetto comm. Gualco e da tutta a Consulta. Gli invitati Fra le massime personalità si no> ano gli alti magistrati S. E. Casoli e S. E. Muggia; le Corti; i Senaori e i Deputati; i Generali; i Consoli l Preside della Provincia; le Medaglie d'Oro; i Prefetti a riposo; il Rettore dell'Università Pivano con i professori en. Cian, S. E. Farinelli, S. E. Jannacone, Ghisleni, Maggiora-Vergano, Vignolo, Volta c Cognasso; il Consiglio Accademico; il Presidente dell'Accademia di Bello Arti prof. Ferro; i Generali di Brigata; i Cavalieri del Lavoro Vice-Prefetti; i Magistrati; l'Avvoca o Militare; il Questore; l'Intendente di Finanza; il Provveditore agli Studi; il Capo Compartimento Ehrenfrcund. Ol re a questi nel gran salone notiamo 'avv. comm. Edoardo Agnelli, il grande mutilato DI Majo, al quale in Preettura il Capo del Governo aveva tretto vigorosamente la mano; S."E. Canonica, lo scultore Rubino; i decoati di medaglie d'oro al valor militare e al valor civile; lo scultore Alloati; i appresentanti dell'Aeronautica militae fra i quali il colonnello Tagliasachl con numerosi ufficiali del presidio e quelli dell'Aeronautica civile, e cioè l colonnello Savoja. il comm. Farina, l rag. Primo, dell'Aero Club, e il comandante Brak-Papa. Nella seconda sala sono i Colonnelli dell'Esercito, i membri dei Direttori del P.N.F., il Direttore Compartimenale delle Poste e Telegrafi, i Consoli Galbiati, Mannelli, Parenzo, Pcrtoldi, Blanc, Cremisi, Bonino; il Medico Provinciale e 1 Consiglieri di Prefettura. Nella terza sala prendono posto i rappresentanti delle Opere Pie e gli Ispetori Federali del'P.N.F.; nella quarta Rettori della Provincia, il Segretario del Consiglio provinciale dell'Economia, i Capi Servizio e i Conciliatori. Nel salone d'ingresso sonò schierati i membri delle Associazioni Sindacali; le appresentanze delle Associazioni miliari e i Capi Servizio delle Ferrovie e Capi delle Sezioni di Finanza. In ogni sala poi sono ripartiti gli nvitati, fra i quali moltissime signore. nsieme con il gruppo delle dame di Corte, sono S. E. la contessa Rina De Vecchi di Val Cismon, con le signoine e la nuora, la contessa Di Revel, donna Florina Ricci, la signora Argenina Gastaldi, donna Virginia Agnelli Bourbon del Monte ed altre gentil donne. Piazza Castello riprende, verso le diciotto, l'aspetto imponente che aveva assunto nella mattina. Sulla folla nereggiante piove la luce multicolore di infinite lampadine elettriche costelanti le facciate dei palazzi. Festoni ncandescenti fiammeggiano in via Pietro Micca, in via Garibaldi e in via Po, mentre la mole del Palazzo Madama, imbiancata come da un riverbero lunare, grandeggia al centro di questa enorme corona di luce che la circonda. Dal Parco della Rimembranza intanto il riflettore allunga su tutta a città il suo occhio irrequieto. Un applauso scrosciante, l'eco del quale arriva nelle sale del Palazzo Madama, awerte dell'arrivo del Duce, 11 quale, dopo un minuto entra nel primo salone. Lo seguono S. E. Calvi di Bergolo, Collare della SS. Annunziata; S. E. De Vecchi di Val Cismon; S. E. Balbo, che è giunto in volo nel pomeriggio, accompagnato dal suo alutante di volo, maggiore Liberati; S. E. mona. Fossati: il Podestà; il Prefetto; S. E. Ferrari, comandante di Armata; il comandante di Corpo di Armata S. E. Spiller; Andrea Gastal di; il Console Beratto, membro del Di rettorio nazionale del Partito, e il luo gotenente generale Carini. Il saluto del Podestà Il Capo del Governo è accolto al suo apparire da un grido altissimo: «Duce! Duce!», seguito da un applauso che dura parecchi minuti, finche Egli sale sulla pedana allestita nel salone da ballo. Un altissimo silenzio si stabilisce di colpo e il Podestà conte Thaon di Revel, ritto davanti al Duce, legge il seguente discorso: Duce, « Con profonda fierezza di italiano e di fascista, con indicibile commozione, a nome di Torino e della sua civica rappresentanza, porgo a V. E. il devoto e reverente saluto di questa Città. «MI assistono e parlano con me il cuore e l'anima di questa popolazione, che, come VI ha atteso per otto anni in fervida preparazione di pensiero e di opere, per rendersi ognor più degna di accogliervi, si è accalcata in incontenibile folla plaudente attorno a Voi. Avete cosi conferma di quei sentimenti a Voi già noti e che sentite prorompere in questi giorni in cui Voi, venendo a Torino nella Decennale solennità della fatidica vigilia della Marcia su Roma, ne premiate la fascistica attività. « Le mie parole sono certamente impari alla intensità ed alla somma di affetti e di voti che, in tutte le classi della cittadinanza, si sono costantemente rivolti a Voi, di ora in ora, man mano che venivate attuando la Vostra grandiosa opera restauratrice per farvi giungere il palpito devoto di questa Città che, oggi più che mai, nel segno del Littorio, si sente confermata la sua missione di culla della terza Italia; di custode vigile delle sue più gelose istituzioni e tradizioni; di focolare inestinguibile ove si alimenta la fiamma del culto della Patria. « Questi sentimenti, che hanno radi- e profonda nel cuore della^nostra s|en e, si esaltano oggi in ardore, di fede purissima per la Vostra deslderatissima presenza, ed io mi reco ad onore di rendermene interprese presso di Voi, porgendovi l'omaggio del! Amministrazione della Città, fervido e riconoscente come l'omaggio della popolazione, il cui animo avete sentito avvolgervi e vibrare attorno a Voi. «Torino confida di avervi data la sensazione del fervore veramente fattivo con cui si è studiata di assecondare e Vostre alte direttive in ogni manifestazione della vita cittadina e regionae, in ogni campo della sua attività, in armonia colla meravigliosa ascesa che Voi, Duce, avete impresso alla Nazione. «Torino ed il Piemonte, per Vostra stessa definizione, sano solido e fedele, aborioso, ordinato e disciplinato, doveva, non meno e forse più di ogni altra Città e regione, alimentarsi spiritualmente e moralmente della somma di benefici recati all'Italia dal Regime, sentire il fascino profondo della Vostra dea e della Vostra persona, trarre linfa e sangue dalla grandezza, bellezza e potenza del Verbo e dell'Opera Fascista. «Duce! Una immensa, inestinguibile gratitudine ci innonda il cuore. Torino non vuol essere a nessuna seconda nel'ardente passione che per Voi pervade tutta la Nazione. Essa è certa di far cosa cara al Vostro cuore nel giurare solennemente di custodire ed alimentare ognora in austerità di pensiero e fervore di opera, con mente disciplinata e concorde, la sacra fiamma da Voi accesa, e di tendere ogni sua volontà al raggiungimento delle radiose mète da Voi segnate per la prosperità e grandezza della Patria ». Il Duce ringrazia con poche e cordiaissime parole il Podestà e quindi, scendendo dalla pedana, seguito dalle Autorità che gli sono state vicino, percorre le varie sale fra la folla plaudente degli invitati. Quando il Capo del Governo ritorna n Piazza Castello si rinnova l'entusiastica dimostrazione che Lo aveva accolto al Suo apparire e l'automobile presidenziale si avvia per via Pietro Micca fra la popolazione che non cessa di acclamarlo. Un esperimento di televisione Verso le ore 18,30 S. E. il Capo del Governo ha visitato il palazzo della S.I.P. Lungo il tragitto da piazza Castello al giardino Lamarmora la macchina del Presidente è stata accompagnata da applausi incessanti ed entusiasti. La gran mole del palazzo della S.I.P. illuminata sfarzosamente ha assunto un aspetto fantastico. Una corona di luci rosse incornicia il timpano; la gran facciata con i violenti contrasti di ombre e di luci sembra anche più maestosa. Ad attendere il Capo del Governo sì trovano il sen. Conti, l'on. Ponti ed i dirigenti della S.I.P. Il Duce con agile passo sale la scalinata e fa il suo Ingresso nell'atrio, accolto dagli invitati con un applauso fragoroso ed incessante, mentre la folla applaude all'esterno. Nel salone del piano superiore 11 senatore Conti gli porge un fervido saluto, Lo ringrazia della visita e, dopo aver fatto la storia della S.I.P., aggiunge: [ Noi, produttori, consideriamo lo Stato corporativo come la pietra angoare del nostro processo produttivo:; sappiamo che per esso si sono attenuate le difficoltà del duro periodo che attraversiamo, e che le sue benefiche influenze saranno anche meglio apprezzate quando il ritmo della vita industriale tornerà a pulsare in tutta la sua potenza»'. E conclude: «.Eccellenza, la Vostra presenza qui ravviva d'una fiamma più ardente la nostra incrollabile fede nell'avvenire dela Patria ». Il discorso, a mezzo di altoparlanti, viene udito dalla folla, cho applaudo calorosamente. In seguito il Duce e le alle autorità sono accompagnate ad assistere ad un esperimento di televisione in una saletta contenente le macchine, ove smorzate le luci, su di un piccolo e magico schermo appare la figura dell'on. Ponti che si trova in un altra sala e di cui si ode chiaramente il saluto e l'augurio che egli rivolge all'Ospite altissimo. Egli dice: «Con i miei collaboratori più vicini ngg. Chiodelli, Banfi, Bernetti e Bertolotti, Vi ringrazio o Duce, di aver vouto premiare con la vostra augurale presenza questa nostra piccola fatica. Noi Vi promettiamo, o Duce, di dare tutto il nostro entusiasmo di tecnici e di studiosi perchè nel secondo Decennale fascista questo esperimento esca dal laboratorio alla ribalta della vita Industriale, si che l'Italia, come pulsante e potente cella fotoelettrica possa, sopra tutto e tutti, offrire al mondo la fulgida visione di un meraviglioso popolo che in sole ed In ombra, è pronto oggi come ieri e come domani, ad obbedirvi, a servirvi, ad amarVi Il Duce si interessa vivamente all'esperimento e rivolge varie domande àll'ing. Banfi della direzione della S,I.P., che gli spiega il funzionamento dell'apparecchio. Il Capo si reca in seguito nella sala della trasmissione unitamente a S. E. Balbo. Egli accondiscende affabilmente a soffermarsi dinanzi all'apparecchio. Manovrate poche leve e innestate alcune lampade, un disco rotondo, che si trova dinanzi alla sedia sulla quale è seduto il Duce, improvvisamente si ilumina e per la stanza si diffondono un fioco chiarore ed un sommesso ronzio. Il Duce pronuncia alcune parole in un microfono e contemporaneamente le persone che si trovano nella sala degli apparecchi riceventi ne vedono la figura e ne odono le parole. Il Capo del Governo ringrazia il senatore Ponti per quanto gli ha fatto vedere ed esprime suoi auguri per questa industria che è sulla via di un incessante progresso. Dopo essersi trattenuto qualche stante con gli ingegneri addetti all'interessante reparto, 11 Duce si dirige verso la balconata che domina il grande salone sottostante. Quivi la folla di nvitati col viso volto verso l'alto atten. de impaziente di vederLo e di gridar-: Gli tutta la propria devozione. A chi guarda dall'alto, lo spettacolo appare caratteristico. Gli abiti delle signore mettono una nota vivace nel nereggiare degli abiti maschili. Al centro, un folto gruppo di dopolavoristi dell'azienda veste la bianca divisa sportiva; un altro gruppo di dopolavoristi indossa la elegante divisa degli schermidori. Dala folla si levano ripetute grida che invocano il Duce. E quando Egli si affaccia alla balconata, un urlo Immenso si eva dalla folla e sale a Lui echeggiando sotto la volta della grandissima sala. La folla continua ad applaudire con ritmo sempre crescente che tocca il diapason dell'entusiasmo quando il Duca leva il braccio nel saluto romano. Égli accenna a ritirarsi, ma una nuova alta invocazione lo richiama alla balconata e lo induce a sostare ancora per qualche secondo. Il suo nome è ripetuto e gridato in tono di fervido entusiasmo. Quindi Egli abbandona il palazzo. Mentre la folla lo saluta di nuovo con caorosissima manifestazione, l'automobile lo riporta rapidamente al Palazzo del Governo.