Un concerto originale

Un concerto originale Scene de la vira d America Un concerto originale NEW YORK, settembre. Rimarrete molto nell'ex? — Ancora quattro giorni, mister. Ma spero che il tempo si rimetta se- reno. Questa pioggia mi scoraggia, Eppoi essa non conviene al vostro •novine paese. Il cielo grigio sta be- ne sulle città della vecchia Inghilterra; non su quelle della Nuova... (Marion, la domestica, si fa pressi* la finestra scostando una tendina. A ppare il cielo crepuscolare, con lamp, d'argento ritagliati in un nero di iragedia). — ...L'orizzonte d'America deve portare le stelle della sua bandiera. Dico bene, misteri — Dite giusto, « corretto ». Un'altra tazza di ginger? — Alla salute vostra, della vostra famiglia, c dei vostri antenati. Prosit. '— Grazie. Non deve stupire che il mio anfitrione, benché americano al centc per cento, abbia degli antenati, e che lanto gli stiano a cuore. Egli è une dei « quattrocento » di cui va superba la società bostoniana; uno dei rari Mayflowers-Desccndents in grado di provare che i loro bisnonni, tre secoli or sono, approdarono alla Nuova Inghilterra con la prima nave puritana. Dirò, ancora, che questa aristocrazia dell'ex è rigidissima. Enrico Ford, trustman, non vi è ricevuto. L'inviato de La Stampa, sì. E' per me sommo onore ; e non arrivo a misurare la letizia che mi cagiona. L'anfitrione, dal suo canto, indulge con tutta la sua clemenza patrizia alla mia esuberanza italiana. — Stanotte ci farete la grazia di restare con noi, anziché andare in cerca — con questo tempo — d'un albergo. E domattina vi darò due lettere: l'una per il reverendo Mac Almon, nostro parente, la cui casa, a venti miglia da Nuova York, è una delle più antiche quacquere che si conoscano; l'altra per mister Ruggley-Stone, funeral-director in un cimitero di Chelsea. — Oh, signore: un becchino? — No: uno zoofilo. Si tratta d'un famoso cimitero di cani, dove mister Reggley-Stone esercita la triplice funzione d'imbalsamatore, d'affossatore e di custode. Uomo cristianissimo, benché il nome sia per metà ebreo, e tenuto in gran conto da noi, qui nel Massachussett, che dai negri ai cani abbiamo un po' sempre tutelata la sorte degli infelici. Sorrido all'accostamento, involontariamente indelicato. Certo, pretendere della delicatezza da un americano,' per quanto nobile e filantropo, sarebbe troppo. Sorrido e ribevo. Il mio ospite è veramente d'una gentilezza rara, e d'una coltura che impressiona. Egli parla persino francese: lingua che in America non è conosciuta da nessuno; nemmeno dai Presidenti della Repubblica, nemmeno dai maitres d'hòtels. Monsieur Lavai, quando venne qui l'anno scorso, se l'era avuta quasi a male. Dovettero assicurargli che non facevano apposta ; che il francese non lo sapevano davvero. — Mister Ruggley è amico nostro. Egli è il solo proibizionista della Repubblica che abbia il coraggio di proclamarsi tale ad alta voce : Coraggioso, no? Ora di noi, puritani, si potrà dire quello che si vuole : ma non che disconosciamo gli uomini di carattere, siano essi Inglesi o Tedeschi, Italiani od Ebrei. Anche questa enumerazione, intenzionalmente, non è forse delicatissima. Nel raffronto delle razze, Lo la impressione che sia toccato alla mia soltanto un posto di favore. Essendomi per ciò rannuvolato un istante, l'ospite mi rassicura. — Non vi nascondo che nell'art si era prevenuti, prima delle Olimpiadi^ contro di voi. Ma a Los Angeles voi, Italiani, avete dimostrato appunto, del carattere. Il traguardo di una corsa è come il traguardo di una civiltà. I muscoli non bastano. Occorrono cuore, volere, fermezza; in una parola, la disciplina ; in altra parola, la legge. Noi, Inglesi, nella corsa alle fortune d'America, -er un pezzo eravamo rimasti indietro. Dietro agli Olandesi, dietro ai Francesi. Poi, come Beccali, abbiamo preso la testa, che per fortuna manteniamo da tre secoli. Marion, la domestica, annunzia una visita. Pare si tratti di un agente d'assicurazione. Contratto urgente. L'uomo attende nella camera accanto. In'rawedo, dall'uscio socchiuso, la perfetta sagoma vittoriana di questo salotto, dove su un caminocome in tutte le case dei Descendents, spicca una copia del « Mayf lower », con tutte le vele al vento. Sta un mazzo di rose su un tavolo nero e, torno torno, i ritratti degli antenati : un dottore in tuba di castoro un gentleman in marsina azzurradai bottoni lucenti, e panciotto a fiorida cui sbuffa la camicia a piegolipeun ufficiale dell'Indipendenza, con un rotolo in mano. L'altra mano è tesa a giurare su una Bibbia; mentre nel fondo bituminoso del quadro svede un ciefo tutto lampi, come questo che seguita a mandarci la pioggia.a scroscio, e insieme qualche brivido nelle ossa. A una parete è appeso un carillon; all'altra, un ferro di cavallo. Come il pubblicitario è partito, da un altro uscio dischiuso sul vestibolo scopro ch'egli vi ha dimenticato l'ombrello aperto : e comeproprio in quel punto scoppia in eielo una saetta, mi vedo costretto aricordare che ombrello aperto portadisgrazia. — Sareste per caso superstizioso— domanda l'anfitrione, con un verocruccio nella voce. Anche gli altrcommensali, la signora e i tre figliuoli, vanno esaminandomi con una sorta di deluso stupore. Sono questidunque, i nuovi Italiani, gli Italiandi carattere rivelati dalle OlimpiadVittoriose1? —- JJn pochino: — confesso, fa jcendomi piccolo piccolo dietro la tazza di ginger: mentre da cielo a te.r ra va rovesciandosi un altro fulmine, c]le pare non abh;a finfi i Questo è male: osserva la f,jr]iuoja niaffgioreT" raggelandosi "nel « bellissimi occhi celesti. — Finché conserverete siffatti pregiudizi, il signor Mussolini non potrà essere contento di voi. Piccato, muovo alla riscossa : —; Perdonatemi, signorina, ma anche i vostri bisnonni, per superstizione, su queste piazze di Boston, hanno bruciato delle streghe. Lasciatemi almeno una debolezza in comune coi vostri antenati gloriosi. — Già: le streghe di Boston. Ne parla Hawthorne, ne La lettera scarlatta. Ma non è provato. Ad ogni modo, erano cose che accadevano duecento, trecento anni fa. Vorreste dunque ammettere, voi, d'essere in ritardo di tre secoli? — Con vostra licenza, debbo dirvi che ho visto un ferro di cavallo appeso anche in casa vostra, anno domini millenovecenlotrcntadue. — Oh, quello — spiega il padrone di casa — è l'ultimo ferro perduto dal mio povero roano; durante la guerra di Cuba, e non è conservato che per ricordo. In altre case, potrete trovarne anche per altre ragioni : sapete bene che da noi, in America si gioca coi ferri da cavallo come e r e à , i , l i , a : : o o a n i s i a n n . a o a a , a ; ; a, i, ; n è e si o è o e -1 fàikies. Il primo pezzo è passato li a scio. L'intervallo è lietissimo. I miei a jospiti salutano, salutati dagli spalti, 'all'intorno. Un signore, che mi dico- ? n0 essere un pezzo grosso del Temo pj0 Massonico, cerca di riprendere a ri ftor di labbra uno dei motivi f loridiao- n\- mentre una signorina tenta d'afr- ferrare un ice-cream, che le scoppia i fra u mani. L'unico disastro, sinora laggifactsaesCcntncqesftFdtdtpd'qvoi alle boccie. Ma nessuno ne tiene |cper superstizione. E' questa una pau-i5ra ignota nel nostro paese, e sopratutto nel Massachussett. — Io non vi ho detto, mister, che le mie superstizioni mi facciano paura. — Debbo credervi sulla parola. Però vorrei mettervi alla prova. — Ai vostri ordini. — L'occasione, questa sera, si presenta da sé. C'è un concerto, al Middle-Parie, composto tutto di musica — come dite, voi Italiani? — ah, ce-' c.zco: di musica iettata. Lo eseguono i|s« Cavalieri della California», un'Asdelle prime orchestre dell'Unione. Vi tsentite d'assistervi in nostra com-1 pagnia? — Vada per la musica maledetta. Sarò onorato, onoratissimo di sfidarne le calamità. Permettetemi di domandarvi, soltanto, a chi sia mai venuta una simile idea. nacddn\d— Al Tempio Massonico, che ha tqui in Boston il suo gredito. E' un'idea tiva, e che contro giudizi non potrebb pare, con più risolute; — Veramente, misteri A me invece pare che pecchi d'un tantino di ostentazione. Tutto un concerto, contro un pregiudizio? E' troppo. E poi badate,»*-, che il coraggio non'consiste nell'af frontare- la iettatura, ma nell'aspettarla. La iettatura non arrena efldp Viene aitando le fa co- accetta slide. Viene quanao le ia co modo Pronunziato ad alta voce .1 nome d un menagramo non fa dan- no, cosi come non fa male un ortica i schiaffeggiata con forza. Bisogna in- J vece lasciare che la iettatura ci sorprenda, ci sfiori... Un tuono mi toglie la parola. Guardandomi, la famiglia ha sorri- so : eh e il modo puntano di contrari- dire, quando non si sa cosa rispon-^dere. faccio, a mia volta, e seguo gli u: i ..^*;u,Jr. Veneto ,-. vi;, "i,,''^rT' jua na som- _ acqua . rossastri occhieggiano dalle vetrate a piombo, fregiate a mezzo da un altra ìmmagme della Mayflower con le vele al vento. In fretta, che nessuno veda, mi chino a raccogliere un chio-,dino arrugginito. I Amplissima, la sala del concerto :' e "ià piena, mentre ancora mancano dieci minuti all'inizio. Il programma è tale, che farebbe impallidire apri-, maoista il più spregiato dei me- ridionah. Ce tutta la crestomazia della musica proibita. Si comincia col pot-pourri di un'opera, che nessuna impresa ha più accolto da quando s'è saputo che aveva fatto incendiare due teatri: opera, debbo dire, genialissi- ma che al terrore superstizioso solo! dev'e il suo bando, e la tristissima ; sorte dell'autore morto due mesi fa, in un tugurio di^rooklin. *^*\misero e solo. Alla fantasia della Colonia libera fa seguito una della Mialtra opera, come si sa, dan- gnon: altra opera, tyxuc ai ^, ?a'l~'natissima, cui partecipano alcuni so-listi tedeschi; e poi uno jazz amen-i Cimo, che il manifesto avverte essersi già trovato in programma, una vol-Uta, durante un attentato, un'alt radurante un terremoto ; poi non so che pezzo esotico; e finalmente, come suggellino, la Quinta Sinfonia di Tschaikowsky : la più negra, la più temuta, la più malfamata di tutte.... In Inghilterra — spiega l'ospite puritano'— la chiamano la « Sinfonia della Morte». — Sta bene — rispondo: e perjdarmi un contegno citiamo il gelatie-1 sc'ere brividi incalcolati. Mi guardo intorno. Il pubblico è tranquillo. l'orse qualche sorriso è di troppo: o e più di baldanza, a guardar bene, che di serenità. Però il più pallido di tutti, certamente, stìno io. Si dà principio. L'orchestra, raccolta per intero fra società goliardiche, e tutta di giovani in costume sportivo, suona con un impeto che non esclude la sapienza, e fa un'impressione eccellente. L'app:auso esplode, fitto e continuo come nelle ni della serata. Come si fa a non rider- di ne? Ridono tutti. Kido aneli io. Ma I —qnmina è annunziata l'aria dplla non appena è annunziata l'aria della a- Mignon, il tuono da un ruggito, ini- rovviso, come di cento leoni allasalto : e qualche cosa rotola, precipia, in un boato da Apocalisse, non so e lontano o vicino, ma certo in modo a far tremare il teatro dalle fondamenta. E allora la fanciulla del geato non ride. più. Ed io torno a rinhiottire i miei brividi, mentre le filiuole dell'ospite mi sogguardano, rose, da destra e da sinistra, quasi ossi io, con la mia superstizione, ad ttirare le folgori punitrici giù dal ielo pio, sulla testa di tutti.' Kennsi-du das Land Wo die Citronen bluh'nf Spero bene di rivederlo, con l'aiuo di Dio, quel mio paesi: dove fiorice l'arancio ! Ho ritrovato, in fondo lla tasca, quel chiodino arrugginito, e me lo vo stringendo, amuleto inetimabile, con tenerezze d'amante. Certo che non bisognerebbe uscir di asa, allora che l'uragano infuria, e nel momento in cui uno abbia lasciao un ombrello aperto : e men che meno, siamo giusti, per assistere a un oncerto come questo. Ma che idee, quei Massoni del Massachussett! Or ecco, all'entrata di Filina, un altre coppio. Anche più torvo, anche più feroce. Questa volta anche la corneta ha avuto uno scrocco. Emozione? Fatalità? Al maldestro « cavaliere ccddella California» tocca una guarda-iaccia del direttore. Oh, che sguar- do! Non vorrà poi, per una stecca,!irargli una rivoltellata. E avanti. I\nche la Mignon, che il diavolo se la porti, è finita. Ora attaccano lo ]a. del terremoto : mentre io riguardo questo Ka pellmeister, che ha una fac- ci" km«a e. cafttiv*> c°" ìf^fSjrn 51,1 nasu: la faccla del Pesce barm' citda, terrore deipesciolini del Pa-lecirico. Passa lo jazz. Per ogni nota, iladieci battiti di cuore. Passa anche il spezzo esotico, che non so che sia, ma sche in programma è segnalato come dun apportatore di pesti e di tifoni, ali sulle rive del Mar Giallo di dov'è cvenuto. Alle ultime note, proprio le'dultime, s'è udita ancora una detona- uzione : ma questa volta non era il fui- mmine; era un pneumatico: e inveceildella cornetta, per l'impressione, ha dscroccato il clarino. Niente paura, dAvanti. Con l'aiuto del cielo, siamo bgiunti alla Quinta Sin ionia. t— Si: — torna a spiegarmi l'o- spile cortese — la chiamano la Sin-1cfonia della Morte. La Regina Vitto- 'nria è spirata, proprio nel minuto in scui al Covent eseguivano il passag- Bgio in la minore: quel passaggio, di- ?ce chi ci crede, che ha fatto morire aanche un pianista d'accidente, e un mtimpanista d'attacco tetanico, per la j puntura d un chiodo .. IpLevo a precipizio la mano di tasca, dove il chiodine porta-fortuna sta forse preparandomi la più atroce delle catastrofi. E riguardo il KaPellmeister, dàlia faccia crudele di barracuda. Riguardo uno per uno, come nemici, i «cavalieri della Calidi nnddlnmgforma». Mi pare diveder loro, per ila prima volta, dei visi stravolli, dis- y umani. E se poi fossero, malgrado il ,j!giovine aspetto e il costume sportivo, scs Itanti stanchi della vita.' be non vo-!c lessero che morire : e noi travolger ' con loro, Sansoni del corno e del eia- dnno, nelle macerie del teatro preci- Lpitante.-' Chi assicura." Chi garanti-|vsce? Ecco Vadagio. Ecco il crescen¬ do. Ecco l'entrata dei violoncelli. Ed a ecco — oh, Dio! — il passaggio iu a minore. Il cuore mi batte. La testa mi scoppia. Metto le braccia conserte, per vincere l'orgasmo ; e poi distese; c poi ancora in croce; c poi ancora per ritto; e infine me le fieco in tasca, dove incontro la punta del chiodo che, quasi, mi fa gettare un urlo. 11 cuore mi batte. La testa mi romba. « Eccl... », Tutto il tearo, al grido, s'è voltato. Un accidente? No. Uno sternuto. Anche il direttore s'è voltato a guardarmi, a. bocca aperta, quasi volesse inghiòttirmi. Ma intanto, di li a pochi minuti, il concerto ha fine; e noi possiamo tornarcene a casa in seconda velocità, sani ed incolumi, discorrendo d'altro, Ben vedo però che il mio ospite, mal?radn lo sternuto apprensivo, ora mi apprezza un poco di più: e, t'rancamente, ne son lieto, T[ mattino dopo dovendo partire per tempo, la buona domestica Ma- Bnon, mi serve il breakfast da solo nel salotto vittoriano, innanzi ai quadri degli antenati, e al vascello Fiore di Maggio che spiega al vento tutte le sue vele. E mentre appena mi sono messo a tavola, tra creme e marmellate e grape-fruits, capita quel signore della sera innanzi, agente dei- y« Assurance-Company », a nprcnjert. ;] parapj0ggia dimenticato: e soj0 alloi.a ven„0 a sapere, da qual- che battuta di dialogo con la tantesca, che ad ogni buon conto, prima i- cile de] concerto calamitoso, il buon si L,n0re puritano s'era assicurato sugli vr„»,: „ .-„iu averi e sulla vita. MARCO RAMPERTI. ddeladamrMdleprndpulopamnp«btmgtlapfaLcgcpai