Il Principe di Piemonte a Racconi inaugura lo sferisterio del Dopolavoro

Il Principe di Piemonte a Racconi inaugura lo sferisterio del Dopolavoro Il Principe di Piemonte a Racconi inaugura lo sferisterio del Dopolavoro Racconìgi, 13 notte. Quel che possano gii uomini di buona volontà, l'hanno dimostrato gii sportivi di Racconigl. E si che la bella manifestazione di oggi, altro non è se non il prodromo di quanto seguirà a non lunga scadenza. Perchè i progetti sono molti; e tali da non restare per un pezzo formulati soltanto sulle carte, allo stato di cose future e di là da venire, di quelle che faticano a tradursi in realta concrete palmari. Se oggi è lo sferisterio, ideato e costruito per le grandi competizioni, domani sarà un campo per la palla a calcio, con tutto intorno una pista modernissima per le gare ciclistiche; e doman l'altro, sarà ancor qualche cosa di più e di meglio, poiché non v'è limite per chi sa e vuol tare. Quel che importa è cominciare bene; e bene, in verità, si è cominciato. Chi giocava al pallone elastico, ieri, qui,? Qualche dilettante isolato, cui pareva di toccare il cielo col dito nel scendere in piazza a prendere a pugni il pallone infarinato, sotto gli sguardi ammirati dei paesani appassionati al gioco, o sotto gli sguardi apparentemente distratti di certi altri occhioni incute uianttLu ui tciu oim "v*""—''che per il giocatore erano giudici ben.più severi che non i primi, competen tissimi. E qual gioia, quale intima soddisfazione (anche se, fuori, si traduceva in un sorrisetto di compiacente sufficienza, che voleva dire : « So f ar ben altro, io»), qual pizzicorìo e tremolio interno di ineffabile gaudio, poi, se con un bella gettata, il pallone attraversava in un amen tutta la piazza, descrivendo una parabola che mai si era vista l'eguale; e gli occhioni si sgranavano; e i paesani sbottavano in certi — bravo! — Inaspettati, da far arrossire pel piacere. Or fu cosi che le distanze si tono conquistate; or è cosi che oggi la squadra racconicese dei giocatori al pallone elastico domina sul suo campo, che è lungo non meno di centodieci metri; e più di uno di quei che la compongono nutrono e accarezzano in segreto, la certezza di diventare campioni celebrati. Steccato policromo Tuttavia i racconicesi, oggi, non hanno voluta mostrare ufficialmente, la loro bravura; c'è sempre tempo, del resto. Hanno voluto che si giocasse, nel loro sferisterio, una partita da gran campione; e hanno sollecitato, quindi, "intervento di coloro che universalmente campioni sono già riconosciuti. Lo striscione affisso ai muri di tutte le case lo proclamava ben chiaro: una disfida si giocherà, tra le più forti squadriglie del Piemonte. E, sotto, otto nomi, da muovere la' voglia matta di accorrere a vedere — tralasciando anche ogni faccenda ogni occupazione ogni preoccupazione — negli appassionati residenti entro un raggio, a dire poco, di cinquanta chilometri intorno. Ma la ragione, il motivo di tutto questo? Una ragione c'era, e ben alta. Il Principe Umberto, il benigno signore di questa terra, aveva graziosamente concesso il terreno al Dopolavoro comunale, per costruire lo sferisterio. Bisognava, adunque, mostrare a Lui ogni recondita bellezza del gioco al pallone elastico, nel mentre che si coglieva la occasione di rendergli manifesta la grande riconoscenza di tutti. Sicché quando il Commissario prefettizio, l'onorevole Imberti, fece in modo che il Principe sapesse il desiderio ardente dei suoi, e il Principe senza indugio disse di si, e la notizia si propalò in un attimo per ogni dove, non si può dire quanta febbrile smania di fare abbia preso ciascheduno. Occorreva rendere tutto più che bello, smagliante; e per fare onore all'Ospite augusto, e per non sfigurare eccessivamente nei confronti di quello splendore che è il Reale Castello. C'erano delle povere staccionate grezze a recingere il campo, per tre lati; e tutti i soldarelli s'erano spesi a far batter, secondo la regola dell'arte, il terreno, — e Dio sa quanto costi far eseguire simili lavori oggigiorno. Ma le'staccionate si sono incivilite rapida-mente, mercè grandi spennellate di tinture. Le quali, a dire il vero, sono state parecchio: qua è il quasi-nero, là è il marrone scurissimo, oltre abbiamo la terra di Siena, più avanti ancora è un marroncino chiaro chiaro, che non stona con il pallido colore della rairola, che è la tela juta, con la quale si è vietato l'accesso, e si è inteso di vietare anche la vista, dal quarto lato, il più lontano dalla tribuna del Principe, e sulla cui lunghezza è disposto iì par sifiroTqhogusAtvpzrpotQisipelapngubtdtnemtPIspqtsbisdRMommrico d*'le automobili. E non è a credere che le tinture siano state tante, perchè, ognuno sce?!ie3se la più gradevole al sé; e neppure va pensato che sul più bello sia stato impossibile presceglierne una cr.': piacesse a tutti. No: si è fatto co?.:, perchè proprio a tal mode s'è voluto fare Quante sono le sfuma ture verdi d':g!i alti alberi che racchiudono quasi per intero lo sferisterio? Almeno cinque- gradazioni di verEbbene. sotto il co- de che si contano. loro fondamentale, è piaciuto il mutari lo sfondo qua e là, come meglio si ad- i dicesse al punto. 1 ' ! l'Attacca, Toni! » ,E com'è venuto bello, schiettamente anamente paesano, cotesto campo di i nere competizioni! E come è intonato ne, guo insiemo too con raffresco che è sui mur0 di quella casa prospiciente, . antTco ' anzichenÙ. raffigurante " con yi-1 vacità ed efficacia — a non errare <— U1 un santo che fu per certo un temuto 'guerriero. E poi si è eretta la tribuna e > miglior velluto ere- ffiL!f/S ;, £„'„„,.„ „ 5„ „ ,„ v,dr,J gg^, ^ è trovato, e gli ori; e le bau ^jere e ie orifiamme e i pennoni si so no elevati. E perché il gran pubblico Jche s'aspettava, non avesse dovuto se. po eh gioco. Grezze, le panche: ma non conta. tanto la gente, sedendo, leguire in piedi lo svolgimento della disfida, una lunga fila di panche si è predisposta seguendo il limitare del Cam avrebbe opportunamente celate, S'avvicina i'ora dell'inizio; l'impazienza, non più contenuta, serpeggia tra la gente. Che è moltissima. Gii ap-1passiouati sono venuti qui con le auto- mobili, ma anche con i calessi e con i |barrocci. Sicché il pittoresco djl parco automobilistico è ancor accresciuto da questo mescolarsi aelle une e degli al-|tri. X giocatori sono già in campo; gli (ampi petti, i colli taurini, le braccia jmuscolose, le gambe solidissime ea ...gì-1lissime traspaiono dalle bianche uni-iformi, ornate dalle fascie o rosse oiturchine, che contraduistinguono le'parti contendenti. Fauno dell'accade-'rìMTlfP Pirnilrli adn\e f'10"^ mia, i campioni, gettandosi la palla, con somma maestria. L'eco ui applausi, che aumentano avvicinandosi, preannunciano il giungere del Principe. Or ecco, l'automobile reale appare; il Principe è accompagnato dal maggiore Carnevali e dal coman- "^'? « Sotto, attacca, Toni », si sente sussurrare, ioni uà un gran colpo di mani, i^ il gruppo che gu e dappresso coglie l segnale, e giù applabsi, serrati fragorosi. E come questi si smorzano, si affiocauo, altri, serrati e fragorosi, prorompono; da tutto il campo sale una ovazione impetuosa, che si prolunga. Toni è soddisfatto, e si congratula con quello che ha applaudito più forte, che ha innalzato l'evviva più potente. Gli otto giocatori in fila, nel mezzo del campo, levano il braccio nel saluto romano; nono, in mezzo a loro, è un signore dall'aspetto grave, che impugna un bastone da passeggio, come uno scettro di comando. Il Principe, ricevuto l'omaggio delle Autorità convenute, prende posto alla tribuna; e con un cenno del capo dà il via ai giocatori. Il signore grave si apparta su un limite del campo, in posizione che gli permetta di padroneggiare gli eventi. Egli è il giudice di campo; come chi dicesse'l'arbitro. Alcuno osserva che la figura dell'arbitro è intesa diversamente sui campi di gioco. Questo non indossa i calzoncini bianchi; non veste la maglia; e non corro rischi, cui tutti gli arbitri di gioco sono assuefatti. Il suo aspetto severo ncute timore; la sua immobilità — perchè non corre, non si scalmana — e imponente. Comunque decida, il suo verbo è inappellabile; la sua parola è egge. Eppure la presenza di lui, che assomma in sè ogni attenzione, non pesa non grava. La sua presenza quasi non è avvertita: egli è veramente un giudice ideale. Il pallone vola, altissimo. « Sembra un uccellino d'argento», osserva una bimba, dalla fantasia vivace. Gli spet- tatori. per quel pallone d'argento, sono divisi in due nette fazioni. Ma i par- tigiani sono bonari: non si accapiglia-'no, non scendono a pugilati. Le fasi ìemozionanti della disfida li turbano ma per la passione pura del gioco, o tutt'a! più per la bottiglia scommessa. Perchè, come il gioco del pallone elastico è tipicamente nostrano, cosi non può non essere men caratteristico tutto quello che l'accompagna. Quante botiglie di vin buono sono state scommesse, puntando sul battitore rosso o su quello turchino? E' troppo difficile stabilirne il numero. Corto se mai due giocatori furono dolatrati dai rispettivi partigiani, questi sono stati oggi Cesarin, che è Ce¬ sare Marengo, f\ battitore della squa-ldra cuneese, e 'l Ross, che è Paolo iRossi, quello della squadra di Torino. |Ma se alcuno dei due falliva il colpo |o menava la botta men giusta, lo scom mettitore in vantaggio consolava premurosamente l'avversario afflitto e Io rincuorava col ricordargli che la disfida non era peraltro conchiusa. Si può nventare un gioco più bello, più sereno, più gagliardo e conciliante di que- La siretia di mano del Prìncipe Ver30 le sedici e trenta, il Principe ha lasciato il campo. Ma prima ha chiamato a sè gli otto atleti; ha posato con loro per una fotografia; ha stretto la mano a tutti, e a tutti ha rivolto parole di elogio e di compiacimento. E quando la disfida è finita, i due beniamini sono stati assaliti. Si voleva sapere che cosa il Principe avesse det to loro; e anche quali parole essi stessi avessero trovate, degne del Principe, Marengo ha detto cosi: «E la più grande soddisfazione che io abbia prò vato in tredici anni di carriera. Oggi mi si è Impresso nel cuore il più bel ricordo della mia vita sportiva ». Rossi è stato anche più conciso, anche più laconico: .«-Quando il Principe mi ha stretto la mano, mi sono commosso. Non avrei mai sperato tanto onore...». Quattro occhi li hanno guardati con una particolarissima invidia: gli occhi - dei due giocatori racconicesi cui era stato affidato il compito di «segnare le cacce»; le due più belle promesse del¬ la novella squadra, i campioni del do¬ mani. Oggi, in buon dialetto, si sono accontentati di gridare con voce solenne aua flne di ogni gioco, il punteggio segnato. Ma domani: domani sir^ un'altra cosa E tacendo pregustavano ia ^oja del domani, eh-? non era me .IvJg tr.tènsr'deTeau^o~cVR'tutto~"s"aua"-Uva ouel vecchietto mingherlino e stri- minzlto il auaJe appena fuori del re- cinto ha Virato ne? due ore la mano- vèlia'de' «mo nianino scordato sonando Ye,la oe! p\l° PI*"1."!!. SC?7_?° ** risonando cnnznni di volendo anch'egli far festa a modo suo. M. S

Persone citate: Carnevali, Cesarin, Imberti, Paolo Irossi, Principe Umberto

Luoghi citati: Piemonte, Siena, Torino