Cavoretto, la favorita

Cavoretto, la favorita Colori e interessi rionali Cavoretto, la favorita Bellezze e bisogni -- Il progetto di una strada di collegamento con il Colle della Maddalena In tutte le zone della nostra collina Si nota, tra gli abitanti, un invidiabile accordo nel dir male di Cavoretto. Accordo invidiabile ed invidioso. La gentile borgatella, che gode a Torino ed altrove di tanto vasta popolarità, è, stando a quanto si dice nelle borgate concorrenti, la favorita del Municipio. — A Cavoretto — mormora la gente di Val Salice, di Santa Margherita, di Val San Martino, di Val Piana .— tutto è concesso: viale del littorio, tram, elettrobus, gradinate a belvedere, strade ad ogni pie sospinto, terrazze per contemplazione di panorami... Conseguenza di tutto ciò: alberghi, ville, giardini, coppie d'innamorati, bambinaie, folla, commercio... A Cavoretto tutto, a noi niente. Noi i trama li vediamo col binoccolo, ed invece degli elettrobus, siamo gratificati, rare volte al giorno, di certe autocorriere a scartamento ridotto, che arrancano faticanti ed ansanti (vedi quella di Val Salice) per cammini tortuosi ed angusti tra poderi e conventi, Bino ai misteriosi recessi (misteriosi perchè sconosciuti) delle nostre impareggiabili alture. Che cosa abbiamo noi dunque di meno attraente di Cavoretto? Forse che mancano a noi gli angolini tranquilli ed ombrosi cullati dalla musica sommessa dei ruscelli, ove quando ci si va soli si rimpiange di non essere accompagnati? Forse non nascono rose nei nostri giardini e non si affaccia negli orti, tra peperoni e fagioli, l'insalatina « dei frati », e non si apre ad ogni svolta, l'incanto di qualche stupendo panorama? Impietosito ai lagni di queste... povero vallate collinari lasciate nel dimenticatoio — dicono i malcontenti — da chi di dovere (di che spalle robuste deve essere fornito questo signor « chi di dovere » per reggere al peso di tante proteste quotidiane!), ho voluto salire, in un tardo pomeriggio, tra l'oro dell'autunno e del sole, per quel meraviglioso viale del Littorio, opera di grazia e di bellezza, di intelligenza e d'amore per la nostra città, che congiunge il Ponte del Gatto (come stona questo nome felino, in mezzo a tanta delicata bellezza!) a Cavoretto-centro. Cavoretto-Centro? SI : o, se più vi piace, Cavoretto-City. Come New-York, come Londra, come Chicago, Cavoretto, questo amabile paesino da bambola, che sembra destinato a servir da modelle di villaggio ideale per una esposizione lillipuziana, ha la sua City: la piazzetta, dove si ferma la ferrovia (pardon.., l'elettrobus); dove spalanca i suoi ingressi (con una porticina larga un metro) il caffè principale; dove si affaccia la maestà (che grazia civettuola in quella maestà!) dell'edilìzio scolastico; e dava - un grande hotel a grattacielo (quattro metri sul livello dei ciottoli, e tra i ciottoli cresce l'erba) innalza le Bue scalinate (cinque gradini, non c'è nemmeno l'ascensore). O piazzetta di Cavoretto, mèta di merende idilliache, e di idilli senza merenda, sogno di amanti, senza quattrini e senza pregiudizi, fiorita a primavera di garofani e di canzoni! Ricordate? O Pinota la sostò la neuva che 'n piassa Castel l'han bitta 'n automobil ari preuva pi lest che '» óself... Dal Romano e dal Gircòl d'ij nobil, paganda nost biet galegióma an treno-automobil Turin-Cavòret... Celebre, allora, Cavoretto, per la sua ospitalità accogliente, per il rosso vinello spumeggiante delle sue osterie e per la colorita bellezza delle sue marghère! Ed oggi? Oggi le marghère sono stilizzate: hanno perduto il colore, ma hanno acquistata la linea (del tram); e scendono in città — morbide, sottili, pieghevoli — col languido andare di .madonnine campagnole, che rechino al mondo affaccendato della metropoli il profumo del latte e della virtù. In una parola, sono diventate tote come tutte le torinesi: fiori squisiti di bellezza, ma senza la caratteristica strapaesana, che ispirava le Muse dei poeti di trent'anni fa. Forse Cavoretto ha perduto le marghère dal giorno in cui ha perduto il sindaco (lo ricordate il sindaco di Cavoretto? Io no!); ed è stato quello stesso il giorno, in cui Cavoretto ha perduto il diritto di chiamarsi paese. I cavorettesi, per questo fatto, hanno masticato amaro; ma l'aria ch'essi respirano è cosi satura di letizia, che ventiquattr'ore dopo non ci pensavano più, e decidevano di chia marsi borgo. Ma borgo suonava male: aveva qualcosa di troppo massiccio per un luogo cosi carino... E Cavoretto ha finito per chiamarsi borgata. Ed è un modello di borgata, la più graziosa for. se di quante attorniano Torino, ma.. Ma ciò non toglie che gli abitanti della «Favorita», non abbiano anch'essi da esibire le loro lagnanze a « chi di dovere ». — Quando si mette piede In Cavoretto — mi diceva un entusiasta del luogo — bisogna alzar gli occhi al cielo, non abbassarli al suolo. E infatti, se la borgata ha perduto n sindaco, ha conservato gelosamente l'antica pavimentazione stradale, che, diciamolo in confidenza, deve essere stata ai suoi tempi ideata da qualche fabbricante di scarpe, desideroso di smaltire molta mercanzia. — Affascinante la borgata — ho detto all'amico entusiasta — ma non tale da giustificare — come dicono le male lingue — il favoritismo di cui essa gode tra le consorelle torinesi. — Aspetti a giudicare — soggiunge l'amico. — Qui c'è un segreto: io ho imparato ad amare Cavoretto il giorno in cui ne sono uscito. — Ho capito: lei è uno di quei cavorettesi che passan tutto l'anno a Torino, e il loro paese lo vedono nelle cartoline illustrate. — No; per ammirare Cavoretto bisogna uscirne subito dalla parte opposta a quella per cui si è entrati; lasciare cioè l'abitato per inoltrarsi nella campagna, 3alire da Cavoretto centro a Cavoretto alto, di dove, come da una fiorita balconata di vette, si può ammirare una visione di paradiso. La fortuna di Cavoretto, non è a Cavoretto, ma in cima alla ghirlanda di culli che le fan da spalliera. E qui il mio interlocutore mi invitaad una passeggiata di settecento metrcochedseavil frbiinsiedmhamfite tail vileteladaalmsaafdabrcoriInCpcocapstmacricaaè cicuvtdtlodndtMctnleclgldlltcdgasvnsgqvedpbtsttbt—vcllemcdsnda con lui, su per la strada della Creusa, che sale tra curve armoniose alle ville ed alle casino di Cavoretto alta. La paseggiata è una rivelazione. Quanto più avanzo, tanto più comprendo quale sia l fascino nascosto che attrae ogni sera rotte di torinesi a piedi ed in automobile, verso questa collina suggestiva di ncantesimi e di malie. Qui l'aria intorno si purifica, il corpo si alleggerisce, lo spirito si rasserena ed il cuore (quando non è solo) parla. E parla anche ininterrottamente l'amico, che mi fa da guida, e che ormai ha compreso l'impressione di bellezza in me suscitata dal paesaggio e ne approfitta per cantarmi le lodi della Creusa e le litanie del calvario che 1 suoi abiatori stanno subendo per raggiungere l loro sogno: una strada che allacci il viale del Littorio col Colle della Maddaena. Parlando di questa arteria che — conemporaneamente alla sistemazione dela frazione centro — dovrà sorgere a dar maggior respiro di comunicazioni alla popolazione di Cavoretto alta, H mio interlocutore si accalora e si csalta. — Non saremo soltanto noi — egli afferma — che beneficieremo della strada: ma lo stesso Parco della Rimembranza e tutta la regione che lo circonda, la stesso Pilonetto, la stessa Torino! Apprendo cosi, che già prima del 1924 n seguito a una domanda avanzata al Comune da un esiguo gruppo di proprietari cavorettesi (cosi esiguo che era composto di una sola persona: l'avvocato Guido Bocca) era stato preparato il progetto che esponeva il tracciato della strada magnificandone i vantaggi e dimostrandone la praticità. Il progetto, accolto allora benevolmente dall'Autorità municipale, percorse la regolare carriera di tutti i progetti, e continua a percorrerla mentre scriviamo. E non' è escluso che la percorra sino a sfociare nella futura strada dei colli, di cui già ci siamo occupati. Ora però, col passare degli anni, le ville si sono moltiplicate, le case di contadini e di operai sono divenute molte decine e la strada progettata è divenuta una necessità. Con un tragitto di non più di due chilometri, essa dovrebbe partire dal viale del Littorio, congiungersi alla strada nuova della Creusa, percorrere i poderi di Cavoretto alta e per l'alta Val Pattonera raggiungere i boschi di Col della Maddalena. — Un torinese — spiega l'amico — che attraversi il ponte di corso Bramante, e per il Pilonetto giunga al capolinea del tram n. 14, potrà salire sull'elettrobua di Cavoretto e, in poco più di cinque minuti, scendere all'imbocco della nuova strada, é seguendo questa lungo la meravigliosa regione che or ora le ho fatto ammirare, arrivare in meno di tre quarti d'ora a piedi al Parco della Rimembranza, al « Pro Milite Italico » e alla « Colonia De Angelis ». — Si pensi — dice il mio interlocutore a conclusione della sua notevole chiacchierata — alla messa in valore di queste tre Istituzioni, per raggiungere le quali oggi, da Torino, bisogna attraverso la Val Salice, od attraverso Santa Margherita, intraprendere un vero e proprio viaggio. « Quando le sere d'estate e d'autunno, ad ammirare i tramonti violetti che stemperano di toni delicati la meravigliosa tavolozza delle Alpi, si affollano quassù centinaia di persone accaldate, venute dalla città in cerca di refrigerio e di pace, allora si intuisce veramente di quanta utilità la strada accennata potrebbe essere, e di quale apporto di bellezza, di gioia, di vita ariosa ed aperta conforterebbe la collina. E ciò a due scopi: quello di giovare allo sviluppo turistico della collina, e quello di aiutare gli operai di Cavoretto, che debbono, la mattina, discendere in città e tornare la sera alle loro abitazioni. — Lei mi ha illustrato il paesaggio — dico nell'accomiatarmi dall'improvvisato cicerone — come un tecnico e come un poeta. E rimango un istante a contemplare l'accendersi, nel tramonto, delle mille luci di Torino — le luci della città — e penso come non avesse torto un commissario prefettizio, che era un po' an [dch'esso poeta, il barone La Via, quandodiceva che il panorama goduto di quas-sù è così terso, che se si sporge in-nanza una mano, si ha l'impressionedi tuffarla nel Po. G. CORVETTO.

Persone citate: De Angelis, Guido Bocca

Luoghi citati: Cavoretto, Chicago, Londra, Torino