Due Americhe in 15 giorni

Due Americhe in 15 giorni Due Americhe in 15 giorni Cesare Pascarella, che à attravesato l'Atlantico con noi, e che moltpiù di noi si è visto costretto a firmare autògrafi sugli albi che.donne fanciulli d'America si fan premura di presentare ad ogni forestiersegnalato (e l'onore che ci davanovia !, era sempre più del fastidio) si compiaciuto di ripetere quel suo moto famoso che se Colombo, con trcaravelle malandate, à scoperto unsola America, coi mezzi che cìavemadesso ne avrebbe scoperte almenuna ventina ! La scoperta pascarellianà dell'America risale a quarant'annfa; la colombiana, a quattro secoli mezzo: e,in tutto questo tempo continente à cambiato aspetto pivolte. Ma noi abbiamo assistito amiracolo di una trasfigurazione, av venuta sotto i nostri occhi in unquindicina di giorni soltanto : e ciodall'inizio delle Olimpiadi al compimento delle gare più importanti, con l'ascesa dell'Italia al secondo posto\\ poeta romanésco s'è dunque trovato, con sua somma lietissima meraviglia, nell'obbligo di scoprire prima un'America e poi un'altra: la prima, piuttosto diffidente e malevolente, per quanto ospitale in apparenza, verso gli Italiani; la seconda, tutta viso in fiore e braccia acollo, stupita, esultante, ammiranteamica,_ che ci salutava come i messaggeri d'una razza nuova, e salutava l'Italia, fin nei manifesti delle cantonate dove i Mussolini's boysda Beccali a Cqrnaggia erano fattsegno a tutti gli evviva, come una terra intravista per la prima voltaE Pascarella, dunque? Pascarellasbalordito, si lisciava il barbino, non credendo ai proprii occhi, non crédendo al proprio cuore. La doppia scoperta, la tramutaziòhe prodigiosa si dovevano proprio, caro Maestroai mezzi che ciavemo adesso ! Ma la cortesia delle prime accoglienze, dunque? Ora possiamo e dobbiamo dirlo. Era incrinata. Incrinatissima. Non per colpa degli Americani. Tanto meno per colpa nostraGli Italiani erano capitati in un brutto momento: ecco tutto. Agiva cóntro di noi un'ostilità sotterranea, sórda e continua, di talpe scavatrici. Dai consessi puritani dell' est agli studios cinematografici dell'ovest, la offensiva « razzista »,.pur non osando ancora schierare in campo i reggimenti, piazzava le artiglierie e le trincee. Pei « razzisti > di Filadelfia e di Boston, l'America à tre pericoli : i Giapponesi, che sono forti ; i Negri, che sono spregevoli ; e gli Italiani, che sono indesiderabili. Ora, gl'Italiani d'America non sono l'indice degli Italiani d'Italia. Poiché, in forza di calamitose ragioni storiche, noi abbiam dovuto esportare dei pezzenti — laddove gli Olandesi avevano esportato dei mercanti Li Tedeschi, degli studiosi ; -gfr-~Scandin»vi, dei marinai e deiijploni; gli Inglesi, dei legislatorre del soldati; i Francesi, dei gentiluomini scampati a guerre di religione; gli Spagnuoli stessi, della gente d'avventura che aveva già un decoro e una tempra — è giusto che quella sciagura sia scontata in eterno dal nostro sangue? Srè ben veduto che quando la nostra gente, anziché annidarsi nei fetidi quartieri di Chicago e di Nuova York — semenzai naturali di malavita, per noi come per tutti — à trovato la chiara ed aerata via dei campi, miracoli di alacrità si son dovuti anche agli uomini « color d'oliva » : né l'assidua statistica à più avuto da rimprove^ rare ai Liguri, ai Monferrini e ai Lucchesi della California, un mag gtore, ed anzi un pari numero di crimini di quanti spettino a Irlandesi, a'Polacchi, agli stessi Tedeschi civilissimi, agli stessi Scandinavi d'alto lignaggio. Debbono dunque gli ottimi coltivatori dell'ovest pagare pei pessimi fannulloni dell'est? E deve l'Italia di Benito Mussolini soffrire per l'Italia del Marchese Di Rudi^ ni? Tutte buone ragioni. Ma, ohimè !. non evidenti. L'Americano non vuol discutere. Vuol vedere. Il suo costume s'è fatto oggi complicatissimo, dal modo di nutrirsi a quello d'ascoltare la Messa: ma il suo criterio è rimasto semplicista, cóme al tempo dei Pionieri e dei « carri coperti ». Un' argomentazione che superi le due battute è rifiutata dal suo spirito, che pure à tante fisime e tanti vizi. In cucina ammette tutte le evaporazioni ; in cinematografia, tutti 'i flous: ma in polemica vuole le idee chiare. E la chiarezza, per lui, ètsempre laconica: per meglio dire, sbrigativa. Due più due, quattro. Il resto non lo riguarda. E' abracadabra, calcolo sublime. Tutte le dimostrazioni, agli occhi degli Americani, debbono essere scritte sulla lavagna. In poche cifre. Col gesso. Guai a chi tenti di sorprenderlo con finezze a.punta di penna: finezze da cruciverbista, o da giocatore di bridgel Ora, nella nostra andata a Los Angeles, il nostro orecchio non aveva tardato a percepire, oltre i battimani dello Stadio, le mormorazioni distanti. Applausi, ne avevamo avuti molti : meno dei Finlandesi e dei Tedeschi; più degli Inglesi, dei Francési, e, non importa dire, dei Messicani e dei Nipponici. Ma ciò si doveva, in parte, alla simpatia che il nome d'Italia riesce sempre a suscitare anche nei cuori avversi ; ma, soprattutto, alla letizia fisica dei nostri atleti sifilanti. Un aspetto piacevole à sempre fortuna tra gli Americani: che il loro istinto, migliore della loro civiltà, li avverte avere un po' sempre i pensieri, e quindi gli atti degli uomini, l'armonia delle loro membra. Ma, ripeto, noi tendevamo l'orecchio oltre Los Angeles: e ci bastava di fermarci ad Hollywood, pochi miglia, distante, per avvertire tra le acclamazioni voci di sospetto, gesti di accusa, atti di congiure. Un film di malavita — ed era, in pochi mesi, il declino d'una serie; ed era, sciagura,.-- go e o , è e a o o i e l ù l a è tamente, l'opera di un uomo d'ingegno : Howard Hughes — assegnava una cinquantina di banditi volti italiani", nomi italiani; e perchè non restassero dubbi, locuzioni calabro-scule a mezzo d'un loro slang anchilosato ed osceno. In questo film, Scarface, in tutto allusivo alla vita di Capone e al contrabbando del Michigansi vedono massacrare a decine uomini messi contro un muro, nel riverbero d'un lampione; e due bimbi morire, di colpi sfuggiti in una rissa pistolettate ; e persino un ferito scannato nel suo letto — affinchè, testimone superstite, non parli — col pretesto d'una visita pietosa. Altre volteripeto, il nome nostro andò imbrattato nelle pellicole americane : non però mai sino a tal punto. Da qualchmese — dalla prigionia di Caponeappunto, fatalmente connessa all'uccisione di Baby Lindbergh — l'Italia aveva sugli schermi la peggiordelle stampe: con grande "utiie dqualche nostro attore trasmigratocome quell'impagabile Henry Armet ta, il quale viene grassamente impiegato dai producers russo-tedeschi o tedesco-ebrei, ogni qualvolta occorra figurare, nel tempio californiano delle Immagini, quella dell'italiano pitocco, o dell'italiano manutengolo, ovvero dell'italiano spia di ladri, con pezze ai piedi', scimià ed organinoQuanto all'italiano degli alcools, contrabbandiere per antonomasia, s'incaricava di raffigurarlo uno dei quattro fratelli Marx, i comici ora in gran voga, su quelle pagliacciate dette, per la loro assoluta e aberrata assurdità«penne di cavallo ». E ad Hollywoodancorarsi stava in quei giorni girando un film aviatorio dove coi fastd'una pattuglia perduta si celebrava la grandezza delle armi austriache: c sin qui poco male, che il diritto d'esaltare chicchessia non va limitato quanto il diritto d'offenderema grave, gravissimo era che in uno « studio » adiacente si girasse intan to un film antiitaliano : che tale s'à da giudicarlo, prima ancora del suo compimento, sapendolo desunto da quel romanzacelo dell'Hemingway, Paretuell to Arms, dove in dispregio di Caporetto l'autore non esita a diffamare quale disertore anche se stesso. Romanzacelo, dico, per quanto gli sian toccati diffusione e favore : e si giudichi della sua serietà da quel solo episodio dove P Hemingway, ricongiuntosi dopo la dispersione ai nostri comandi, parlando inglese è preso per tedesco e... condannato alla fucilazione : quasi che i nostri Stati Maggiori ignorino tedesco e inglese, e quasi valga l'usanza, nei nostri eserciti, di mandare a morte i prigionieri. Labili calunnie, si dirà, queste che sfumano sul telone insieme ai baci di Gre:a e alle cavalcate di Tom Mix : e labili, veramente, si potrebbe considerarli nella fatuità della loro ispirazione, se nel fuggente attimo di loro 'ita non avessero1 l'universo a testimone. Ma fossero state solo dèlie 'immàgini, contro di-noi,! Purtroppo dalla slampa puritana non veniva'più segnalato una inalefatta di gente nostra senza un richiamo agli spagketti-men's, cioè al « color oliva », quasi indentificabile nel coulored people: negri ed affini. E nel film di cui sopra, Scarface, il disprezzo e l'odio per la razza inferiore mettevan capo a un vago progetto di deportazione in colonia, quasi non bastassero, contro di noi, le rincrudite leggi emigratorie : e al quacker progettista aderiva uno stesso delegato italiano, di nome Colombo, dichiarandosi dolente del proprio sangue! Colombo: capite? Si chiamava Colombo, questo emerito cittadino, quasi a ludibrio del suo celebre omonimo, cui invece della deportazione in colonia toccò il carcere addirittura! In verità, all'infelice Cristoforo scopritore erano toccati altri scherni, prima di questo : a cominciare dal monumento-paracarro di Nuova York, che non si è mai voluto distruggere, e neppure ripulire, per finire alla raschiatura degli affreschi colombiani dal Campidoglio di Washington : senza contare le campagne capitanate dal « razzista » James Anderson — pubblicamente bollato, costui, come frenetico e falsario — per dimostrare che non l'italico Colombo scopri l'America, bensì, cinque secoli prima, Eric il Rosso, scandinavo di qualità, benché non ancora appartenente alla Lega Nazionale Norvegese ! In quei giorni, a Nuova York, un giornale di lingua nostra insorgeva contro un altro, che soleva nominare il nostro quartiere dopo lo spagnuolo, il siriaco, il cinese e l'africano, e in ogni articolo di fondo, contro di noi, tirava in ballo Mark Twain. Ma giusto allora sono venute le Olimpiadi. E le dodici vittorie. E i prodigi di Beccali, di Neri, di Pavesi, di Cornaggia; e — non dimentichiamolo — degli otto barcaioli di Livorno, soccombenti per sola mezza spanna a degli atleti selezionati in venti Università, e preparati con rigore scientifico da un allenatore pagato un milione l'anno. E questa è stata, appunto, una di quelle dimostrazioni sulla lavagna cui gli Americani guardano e danno ascolto. Hanno ragione? Hanno torto? A mia volta, non discuto. Può darsi che esagerino. Voglio dire : può darsi che esagerino, adesso, supponendoci i primi del mondo — dopo gli Americani, naturalmente — solo per effetto d'una brigata di campioni, come certo esageravano, ieri, sospettandoci gli ultimi solo per effetto d'una masnada di contrabbandieri. Ma il semplicismo del loro pessimo criterio di ieri non è, in alcun triodo, da paragonare al semplicismo del loro ottimo giudizio d'oggi. Il silogismo di ieri era viziato, come abbiam visto, ed iniquo. Quello attuae è un po' grosso: ma, in sostanza, valido ed attendibile. Perchè il malfattore di Chicago è il seme di un'Itaia passata ; mentre il vincitore di Los Angeles è il fiore di un'Italia presen- e, Perchè la birba à lo stesso mode. LA i ea aeioran, iea d'essere birba a tutte le latitudini; mentre lo stile d'un salto, d'una corsa, d'un ardimento, d'una resistenza, rivela l'uomo, sul piano dei valori positivi, in cento maniere differenti e distinte, caratterizzatrici e rivelatrici. Ora gli Americani anno visto disegnarsi sulla lavagna di Los Angeles, ben chiari e distinti, tutti i numeri della nostra razza: driagramma evidente di tutto ciò che, se ancora oggi non facciamo, potremo fare domani. L'Americano crede neil'indice sportivo. Ci crede un po' troppo, forse : ma non mai senza ragione. La vittoria olimpionica che vuol dire nervo e muscolo, impeto e tenacia, passione e volontà, è sempre una promessa. Domani quei cimenti vorranno dire concetti ed ope- -™- prodezze e scoperte, ponti, stra e, ò e e, - de, codici, poemi. La « pianta uomo » che Gioberti magnificava nell'italiano è salda ed è sana. Ecco il punto. Il resto è questione di tempo: ora che il giardiniere si chiama Mussolini. Ho detto che abbiamo vi- -1sto, nello spazio di quindici giorni, e|aue popoli differenti; che abbiamo i , o a scoperto due Americhe. Chiamo a testimoni tutti i miei compagni di viaggio. Oh, quanto diverso il welcome del ritorno, da quello dell' andata ! Quale timbro ebbero le acclamazioni degli ultimi giorni : allora che nelle sale deH'Armory il popolo ameri¬ bDgnqcptdangaveltvg cano parteggiava per Marzi >e per Agostoni, mormorando contro Cattiau; o sulla spiaggia di Long Bcach rincuorava i nostri vogatori contro gli otto di Cambridge, contro gli stessi Tedeschi oggi carissimi all'Unione, persino contro i Canadesi stimati laggiù dei fratelli ! Intanto, negli studios hollywoodiani, mentre Anita Page si cingeva d'un tricolore per fare il saluto romano a Contoli e a Poggioli; e Tom Mix, ricevendoci nel suo rancio, gridava un suo baldo speach a Morigi ; e Mary Dressler mi consegnava, con puerile emozione, un canto in gloria della giovane Italia; in quelle stesse fucine di tante immagini spregiose e calunniose, veniva onestamente rifatto qualche « esterno » al l'arcwcll caporettiano, e ai films di contrabbandieri a nostro scapito veniva dato l'alt, con qualche amarezza della stampa puritana, nonché del comico Annetta. Ne più si parlava, tra est ed ovest, di mandare gli Italiani in colonia; o anche solo di sospendere i loro giornali, col pretesto dell'unicità della lingua; e al maestro Molinari andavano applausi deliranti ; c dovunque, convegno o festa, l'Italia fosse ricordata, era il furioustlirill; era il grido dell'ammirazione liberata e della simpatia senza fine. Ah, si un'America diversa : e per quanti segni ! Dal pugile Jalica, 'mmerican sino a ieri al cento per cento, che mandava lettere ai giornali per far nota la sua origine calabrese, sino al sindaco di San Francesco, Rossi di cognome, che si vantava italiano nei mectings elettorali, pur non pronunziando una sillaba di nostra lingua... L'impressione, all' ingrosso, era questa : d'avere carezzato contropelo, nell'andata, un gatto che ora sfioravamo per il verso. La ventata di Los Angeles fu veramente di quelle che mutano il colore degli ulivi, che non fan più riconoscere il campo da cui si passa. In due settimane, due Americhe. Ho tentato di spiegarvi il fenomeno. Se non ci sono riuscito, pazienza: ma quel che importa, è che crediate nei fatti : e che nessuno di voi pensi, come s'è pensato da qualche Bastian Contrario, all' esagerazione. L'America à avuto la rivelazione di un'Italia sconosciuta; e noi abbiamo avuto, a nostra volta, da un giorno all'altro, quella di un'America irriconoscibile. La quale oggi soltanto, vi giuro, ricomincia a credere d'essere stata scoperta da Cristoforo Colombo, anziché da Eric il Norvegese; e forse domani tornerà a dipingerne le gesta sulle mura del suo Campidoglio, da cui le volle bandite quel signor Anderson che, come Colombo, è stato in prigione, ma per un motivo un po' diverso. MARCO RAMPERTI.