Politica del denaro

Politica del denaro Politica del denaro Il comunicato di ieri sulla riduzione del tasso di interesse nei depositi e conti correnti, non rappresenta soltanto la notizia di una intesa bancaria come ne esistettero, del resto, nel passato, ma costituisce l'indice di tutto un indirizzo di politica finanziaria. Il fatto che coloro che depositano denaro in Banca abbiano una remunerazione maggiore o minore, se viene considerato in sè, può essere ritenuto soltanto come un mezzo per ridurre quelle spese che le nostre organizzazioni bancarie debbono, al pari di tutte le similari organizzazioni di altri Paesi, sostenere nell'esercizio delle loro funzioni; il remunerare meno il denaro — che costituisce per le Banche l'oggetto del loro commercio di intermediazione — significa rendere possibile anche la diminuzione del costo del loro servizio. Ma l'intesa bancaria di cui parliamo, non può essere considerata unicamente da questo punto di vista, che pure ha la sua importanza, in quanto, nella presente situazione, anche le Banche sono soggette alla generale necessità di comprimere le loro spese e di adeguarsi, nella loro gestione, alle condizioni della congiuntura. A darle un significato maggiore, sta il fatto che ad essa si fi addivenuti sotto gli auspici della Banca d'Italia, il che, di per sè, dimostra che è qualcosa di più complesso che un mezzo per adottare un comune criterio di più economica gestione, o un necessario metodo per evitare per le Banche quella concorrenza nella raccolta di depositi che, iniziatasi nei tempi di inflazione sotto ben differenti previsioni di quelle attuali, non ha oggi alcuna ragione di sussistere. L'interessamento e, più che questo, l'intervento dell'Istituto di emissione, per far ' normalizzare le condizioni di remunerazione dei capitali che affluiscono alle Banche, significa che l'accordo bancario, in questo campo, rappresenta un episodio d'una linea di politica finanziaria che l'Istituto di emissione ha adottata e che non può non essere quella medesima dello Stato. Se, infatti, vi è momento in cui il mercato dei capitali richieda una azione coordinata di tutte le forze, pubbliche e private, che vi affluiscono, che vi dominano, che lo controllano, che lo indirizzano o che lo assorbono, quel momento è certamente l'attuale, quell'azione non può che essere compiuta che in accordo alla poiitica finanziaria dello Stato. Difatti, al mercato dei capitali si rinnoda strettamente tutto il problema del credito e della moneta, di cui non vi è bisogno di sottolineare la importanza; ora, il mercato dei capitali, per rispondere alle esigenze economiche e finanziarie della Nazione e dello Stato, richiede soprattutto di essere ricondotto verso un funzionamento più rispondente alla situazione nazionale ed internazionale, e più corrispondente ad una sana circolazione della ricchezza. Per comprendere esattamente questo, occorre tenere presenti alcuni fenomeni manifestatisi in questo campo. In tempi normali, i depositi, e, ancor più, i"conti correnti presso le banche, rappresentavano solo in minima parte una forma di investimento al risparmio, erano, invece, capitali collocati solo temporaneamente alla banca, o perchè costituivano il circolante da servire a fare fronte ai normali bisogni della vita dei privati, o delle aziende, in un breve giro di tempo, o perchè attendevano di essere reimpiegati in modo definitivo nell'acquisto di titoli o di beni : in altre parole, il singolo o l'azienda portavano alla banca le disponibilità di cui prevedevano di avere necessità prossima, ma non immediata; il deposito in banca era così una forma di custodia del denaro, più sicura e più fruttifera della custodia sua al domicilio dei proprietari. Così, la remunerazione ai capitali depositati o messi in conto corrente, poteva rimanere molto tenue: il privato, o l'azienda, trovava sempre il suo tornaconto a tenere anche per pochi giorni il denaro in una banca invece che in casa o nella cassaforte dell'ufficio. D'altra parte, ^questo-denaro•affJuerlte.alle_.banche, sia pure per breve termine, serviva intanto ad esse per provvedere ad impieghi pure a breve termine, generalmente a sconto di cambiali ; con l'inflazione, e con il clima che essa creò, le banche furono tratte dalla forza degli eventi a fare uso di depositi, non solo per imprestiti a breve scadenza, ma anche per finanziamenti o per investimenti a lungo termine. Conseguenza di questo mutamento di direttive, fu la spinta alle banche a conservare stabilmente presso di sè quei capitali che prima occorrevano loro per un tempo limitato, cioè in attesa del loro impiego da parte dei loro proprietari. Ciò fu ottenuto solo con l'offrire ai depositanti ed ai correntisti, condizioni sempre più favorevoli e sempre più allettanti. Il saggio di interesse che era prima del 2 o 2,50%, salì al 4, al 5 e, per i depositi vincolati, a 3 o a 6 mesi, anche al 5,50, al 6 e, in taluni casi, al 6,50%. Così, il beneficio che i depositanti o i correntisti ricevevano per i capitali che avevano consegnati alla Banca, era già così alto che essi non avevano più alcuna spinta a cercare altri impieghi più remunerativi per quella parte che non corrispondeva alle loro necessità immediate, ma che era destinata a reinvestimenti. Il deposito in banca, mutò così completamente carattere: non fu più diretto a mettere temporaneamente in circolazione i capitali che altrimenti, in attesa che il possessore avesse necessità o convenienza ad usarne, sarebbero stati inattivi. Esso costituì una forma di investimento stabile, una larvata forma di mutuo che veniva fatto dal pri vato alle Banche e che in sostanza fu una delle cause e degli effetti del NrlrdlascnovaillmPtMndrsnsRdltldtd Ile immobilizzazioni verificatesi anche jnel nostro organismo bancario. ,,.sì. Poteva ancora dire, in tempo d inflazione, che gli alti saggi d'interesse potevano servire a coprire le alee delle oscillazioni nei saggi del cambio. Ma sopravvenuta la stabilizzazione, questa ragione non poteva più sussistere; non si avevano più rischi di cambio da prevedere e gli alti saggi pagati ai depositanti servivano soltanto a continuare un sistema di finanza che in sostanza veniva a trasferire dal singolo risparmiatore alla Banca la decisione e la responsabilità dell' investimento del capitale depositato dai risparmiatori presso P Istituto di credito. Il che, come l'esperienza ha sufficientemente dimostrato, non è conveniente per nessuno, nè per la collettività nè per :' singolo, nè per la produzione nè per le stesse Banche. Ecco perchè l'accordo bancario va considerato come il primo passo verso una diversa politica di credito e di capitali. Liberato il mercato di questi dalla forza di attrazione che esercitava l'alto saggio d'interesse corrisposto dalle Banche ai depositi, il risparmio potrà avviarsi a sua scelta e direttamente verso altre più convenienti forme di investimento, e dii questo troverà beneficio la sistema-! zione della nostra economia. Accor-j reranno ancora o rimarranno alle' Banche i capitali in attesa, o alla ricerca di un investimento. Ma non saranno tratti a considerare ancora il deposito come la forma definitiva [ d'impiego, poiché essi avranno unn rimunerazione corrispondente alla tendenza internazionale che esiste nel mercato del danaro, tendenza chè| è al ribasso; basta ricordare che in tutti i maggiori Paesi, in Francia, in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Svizzera, l'interesse corrisposto ai depositi liberi varia dallo zero all'uno e cinquanta per cento. E di questo migliore prezzo del danaro le Banche potranno senza perdita usufruire per addivenire a quegli sconti di buona carta commerciale che non è certo in eccessiva quantità e per cui già oggi si praticano saggi inferiori a quelli ufficiali di sconto. Prosegue, quindi, dopo lo smobilizzo bancario operato per intervento diretto o indiretto dello Stato, quella politica che tende a separare naturalmente il mercato di capitali da quello del danaro, il che e parte essenziale dell'opera di rafforzamento della nostra finanza pubblica e privata. La quale richiede che la distribuzione della massa di capitali messa a disposizione dell'economia nazionale dalle piccole e grandi forze risparmiatrici avvenga in base alle sane esigenze della Nazione, in col-rispondenza a una selezione fatta anche dal diretto apprezzamento dei risparmiatori e non sia rimessa invece alla decisione di uno o pochi centri accentratori del movimento di investimento dei capitali. GINO OLIVETTI.

Persone citate: Gino Olivetti

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Svizzera