La traversata del Sahara in automobile

 La traversata del Sahara in automobile La traversata del Sahara in automobile passatilo per il paese della paura e per quello del a sete d i la! o,! i-i PMW'° stiano le comunicazioni, per lo au*° fra il Mediterraneo ed il Niger,\ln vale a dire se le trioù nomadi e tua- o-, del Qrm deserto permettano ai ss- i »• «jm.ì/j ± .• j: Non sono molto informato a chems nna. uali si ns- si ui, r a ipti i e ea eaa iote e, ne n e le a i. ilraa, o, n a o- aoa, si nae, a n no n ni nl e oneSi ra. slral o va i, e, i, tè la o n o, le di p- convogli automobilistici francesi di attraversare il Sahara periodicamente e regolarmente come è avvenuto per il passato. Una carovana di cammelli impiega dai sei ai sette mesi per raggiungere da -Tuggurt, punto estremo della ferrovia algerina, Timbuctù; le cinque automobili provviste ciascuna di cinque coppie di ruote — due coppie grandi fsgvddddsdcis.e tre piccole — fasciate da uria zona1 ddi caucciù che funziona come rotaia] mobile e senza fine sotto la vettura, guidate da Haardt e Dubreuil, che furon le prime ad attraversare nell'inverno 1924-1925 il Sahara fra quei due punti, tagliando l'Atlantide, impiegarono venti giorni. In seguito, essendo divenute improvvisamente critiche le condizioni politiche della regione sahariana i convogli automobilistici vennero sospesi e tutta l'organizzazione relativa venne soppressa. La stasi durò quasi tre anni e soltanto al princìpio del 1929 le vetture a ceniglia ricominciarono a circolare alquanto irregolarmente fra il sud algerino e la Nigeria « facendosi la strada nel momento istesso che vi passan sopra ». La strada sulla sabbia E' precisamente di questa strada che vorrei parlare essendo rimasta una delle poche veramente avvincenti del Continente nero. Poiché una gran parte delle altre sono oramai entrate nel novero di quelle che hanno suggerito a Lord Delamere l'idea fondamentale del suo discorso nell'ultimo Congresso automobilistico dell'Est Africa tenutosi alle cascate Vittoria dello Zambese: « Tutti possono mettersi oggi in auto in Sud Africa ed arrivare sulle rive del Nilo navigabile. Una folla di turisti che va di anno in anno diventando fdNsMEdEpcpiù imponente, visita il Kenia. La'.vmetà di costoro ritornano percorren- do l'arteria niliaca per Kartum o Slanciandosi in auto verso la Rhode- lsia ed il Capo ». tSi fa presto a dir questo, ma io tpenso che le persone che non hanno gmai veduto il centro africano prò-,mvano una certa esitazione a credere]qche_il figlio del cannibale fa oggi il^dguardìano a quelle brutte colonnet-^te-armadi di ferro che il cattivo gusto nord-americano ha sparso dovunque sull'orbe per indicare il rifornimento di benzina con relativa pompa. E incerto pure rimane il sedentario a ritener vero che il predetto ex-selvaggio introducendo con gesto abitudinario la cima del tubo di gomma nel foro che immette l'essenza nei serbatoi della vettura, esprima con un monologo in lingua indigena la propria caustica e spesso indovinata opinione sulla smadsrsdmacchina e su chi ci viaggia dentro}qMa è così. Dal Lualaba che è poi il Congo giovinetto — gagliardo abbastanza da permettere che su di esso navighino vapori di 500 tonnellate — l'auto arriva al Tanganìca, dove i viaggiatori si fermano a far colazione in vista del lago sotto gli alberi che videro la reddizione di Von Lettovi agli inglesi nell'ultima campagna durante la grande guerra. Entrano quindi nel territorio che porta il nome del lungo e stretto mare interno, fatino quattro giorni di savana ed altrettanti notti di tappa confortevole per trovarsi al quinto in vista del pallone ghiacciato del Kilimangiaro e al sesto della piramide del Kenia, scordano l'Africa sulle pendici del medesimo a cagione del clima tem perato, per ritrovarla in Uganda sulle rive del Vittoria Nianza. E finalmente arrivano in un putì- 7i \tc chiamato Rejaf dove caricano la ^!\maeehHm sul piroscafo niliaco che di reto o n ve a e- le mcnte. Trentadue anni fa da Mar in cinque giorni lì condurrà dinanzi alla scalinata del « Grand Hotel » di Kartum. Di qui al Cairo non vale neppur la pena di dire come si continua il viaggio. Assai diversamente vanno le cose per gli automobilisti che lasciano l'oasi di Tuqaurt diretti al sud. I « targuè » dell'oasi vedono le macchine, e il loro spirito di osservazione le avvicina a dromedari veloci e sobri. Consuma.no infatti poca benzina avendo dei motori d'una decina di cavalli soltanto. Marqla. la prima grande oasi a duecento chilome tri da Tuqgurt, è sorpassata faril ctrddrgqca- ala e partita la prima spedizione.] on europea che ha attraversato il ' è Sahara. Impieqò due anni a rag-i so giungere il Niqer! \ ri ■ Le prime notti sono tormentose n-per il (telo. Gli automobilisti si do- lI mandano -se si trovano effettiva-^ la possibilità ver mancanza asso luta di legna di accendere il fuoco, evocano le regioni polari. L'illu- sione è resa più completa dalla luce a„i t .• _t._ _..ti_ „„i,v;,. mente nel Sahara. Intirizziti, senza gforti dell'altipiano di Tademait, co-sparsi di pietre tagliate e di sìlici lavorate preistoriche. Quale uma-nità ha potuto abitare in numerogesti luoghi pieni di tombe diviaggiatori morti di arsura, teatri'di innumerevoli drammi della sete"! II dramma di tre fanciulle dei fari che proiettano sulle sabbie delle dune un candore di neve. La carovana s'immerge nel grande Erg orientale, immenso mare di sabbia che si stende sino presso Gadames e che al tramonto si tinge dicolori d'una bellezza e d'una varietàimpossibile a descriversi. Dopo lastazione radio di Inifel, a seicentochilometri da Tuggurt, la marcia diventa lenta sugli aspri contraf- '■ Fra i drammi, indimenticabile la fine delle tre fanciulle Nails, le danzatrici della tribù degli Uled Nails che ballavano a Gardaia la capitale delle sette oasi e che nessuno era stato capace di sedurre. Ma un giorno un sahariano montato su di un cammello corridore passò da Gardaia e cantò per le tre vergini la vita del Sahara, le lunghe corse attraverso il deserto, la duna che il vento fa fumare come un braciere. Disse delle sorgenti diminuite dall'estate dove le otri si riempiono lentamente tazza per tazza, parlò dei combattimenti con la lancia e il giavellotto, del fucile crudele ma nel quale un'invocazione propizia cambia il piombo in petali di fiori. E raccontò la frescura dei pascoli dove le gobbe Hi cammelli diventano rotonde come il ventre dei morabiti (i frati islamici del deserto). E quando il cielo cominciò ad im-pallidire, salutò con la mano sul cuore le fanciulle e scomparve Da quel giorno le tre vergini divennero silenziose e tristi. Chiesero discì-etamente la strada per /« Salah. E un mattino arrotolarono i loro tappeti, ripiegarono i loro pan- taloncini ricoperti di pagliuzze scin- tillantì e s'immersero nel deserto guidate da un vecchio negro. Tremesi dopo un sahariano trovò inquesti luoghi il corpo mummificatodel negro e un po' più lontano, sultappeto spiegato, le tre fanciulle di-stese che sembravano dormire. Prima di raggiungere In Salahmiraggi allucinanti. Il deserto offre aqli automobilisti visioni di '.aghi dalle rive imprecisate, città dai bastioni di pietra rosa, irte di minareti e di cupole. Improvvisamente tutto scompare nella vibrazione febbrile d'un gran volo d'effluvii. In Salah è una delle massime oasi sahariane. I viaggiatori vi ricevono un'accoglienza simpatica da parte di un bellissimo vecchio « caid » il quale al tempo della conquista fran-cese di In Salah era un giovane talmente avvenente che le donne lo rinchiusero per impedirgli di an-dare a combattere. Volevano etri-dentemente riservarsi un uomo, il più bello, per la conservazione della razza. Giorni ansiosi Sino ad In Salah la marcia delle automobili procede rapida v sicura, ma è lungo i successivi mille chilometri attraverso l'Hoggar, il paese della paura ed il desolante deserto di Tanezruff, il paese della sete, senza anima viva e senza un pozzo per quasi seicento chilometri, che la carovana affronta i giorni più drammatici del viaggio. Nell'Hoggar si fa la conoscenza del grande silenzio delle terre morte, un silenzio che gli oceani ignorano, che neppure le solitudini boreali hanno, poiché infine acqua e ghiacci movendosi parlano, un silenzio che incombe soltanto sui deserti e che sgomenta ed esalta nel tempo stesso. Disogna aver conosciuto quelle notti sahariane nelle quali il termometro discende d'un balzo di venticinque gradi per concepire il silenzio del Sahara. Le stelle scintillano prodigiosamente, la Via Lattea e talmente luminosa che si distacca nettamente nello spazio come la coda irregolare di un'enorme cometa. Le roccie calve si levano tragicamente a dominare le infinite piane inondate della luce degli astri. L'Hoggar è il vero centro del Saha ra, dove si estolle inatteso e subii me il picco di IlHman di tremila metri di altezza. E' l'Atlantide, la fati dica dimora di Antinea. Bellezza magica di notti azzurre, voluttà di errerò senza scopo nella luce, languori inesprimibili di riposo pressò sorgenti sulle quali si pie- gano i datteri nani, profumi di /ito- chi dove ardono arbusti profumati, splendore di crepuscoli che danno alla duna palpitante l'aspetto della carile d'una giovane donna; ecco il sorriso di Antinea, la suggestione imperiosa ed irresistibile che sale dall'Atlantide. Visioni macabre Conoscenza alle falde dell'Illiman 'no all'estrema oasi meridionale dei l'Hoggar intitolata al generale LaWerrine che nel 1920 con trentadue 'vetture tentò vanamente di raggiun'sere il Niger. E' il terreno percorso .dalle spietate tribù predone del Rio de Oro che arrivano sin qui, a tremila chilometri dalle loro tende, per , 'dei nobilissimi tuareg velati, discen ìdenti dagli antichi re pastori, orga \nizzati feudalmente e retti dalla leg le del matriarcato. Un vento impe tuoso accompagna i viaggiatori siassalir le carovane, Ed ecco le automobili nel terribile Tanezruff le cui sabbie sono coperte da un'impalpabile polvere nera nella quale le ceniglie delle vetture tracciano grandi righe parallele d'un bianco livido. Visione macabra! Tutto è macabro nel vaese della sete. Le automobili portano acqua per un mese benché la traversata del Tanezruff non duri che un giorno. Si evoca la spasimante morte per sete, la peggiore che si possa immaginare poiché afferra l'essere atomo per atomo, con lentezza sapiente, con le raffinatezze di un carnefice cinese. Nel Tanezruff si scoprono i segni di una vita oscura ed ignorata, quella dei minerali che si coprono di patine trasudate dalla pietra per difendersi, si direbbe, dagl'insulti dei venti, delle piogge, del calore, e del freddo che attraverso i millenni trasformano le montagne in dune. Le vetture affondano profondamente nella sabbia. Spesso si teme che i peeemcnedsscatglsegpdmMdmdst\loro modesti motori non riescano a J ari e avanzare. Improvvisamente la carovana è assalita dal simun, il mortale vento del Sahara. Come marinai che assistano al sopraggiunqere della tem- ,„ \pe~sia."gli"autolnol}'tt^ guardano levarsi all'orizzonte una \densa nebbia rossastra e turbinosa che diventa mano mano più spessa \e più vasta. La prima raffica s'abtatte sulle vetture sferzando i volti '.degli uomini. Sequono immediate londate impetuose di sabbia, l'atmoìsfera diventa opaca e così densa da {sembrare solida. In quella rabbia de ]gli elementi si affacciano le tragi che immaqini delle carovane inghiottite dal Tanezruff. il paese ' delle scomparse misteriose. Gli uomini vi si perdono corvi e beni come le navi naufragate sull'oceano. II « cram cram » Ma le automobili pur passando momenti preoccupanti raggiungono l'altra riva. La fine del Sahara e il segno della vicinanza della prima ì°asi sudanese (Adion) è preannun- ziato da un ameno incontro con una [folta mandria di asini selvaggi i ÌQuali dapprincipio vengono scambia" ver predoni e decimati dalle mitra anatrici che armano ciascuna vettura. Settecento chilometri ancora di sinistra traversata di deserto sudanese che si stende desolato sino quasi al Niger, ed il gran fiume è raggiunto. Prima però ì viaggiatori fanno la conoscenza con l'implacabile sole del Kidal, il più torrido di tutta l'Africa è con it cram cram, una spina che vale da sola le sette piaqhe d'Egitto Il cram cram regna dispotico sulla steppa sudanese, morde e s'affonda nelle carni, cugino germano dell'erba porcospino dell'Australia che fu la causa principale della morte di molti esploratori. Prima di mostrarsi, il Niger, il re dei Paesi neri, avviluppato nella sua sontuosa veste d'oro, manda ai sopraqgiunqenti che hanno attraversato il gran deserto il suo odore, odore di fecondità c di vita, profumo d'acqua infinitamente grato e dolce alle narici avvezze dopo tanti giorni alla bruciatura della sabbia sahariana. L'aria avvicinandosi al fiume è ••iena di freschezza, i polmoni si dilatano voluttuosamente ver respirarla. L'impressione della veduta del Niger è indimenticabile. E' così ampio che non si scorge l'altra riva. Hanno raaione oli arabi di chiamarlo « El Bahr ;>, il mare. E più ancora i suoi figli, i sudanesi dal nerissimo 1 pnclorapglespgps1vmnlilnlrodatssgrCtscdcpvmsososcdGsq3ttlpcuiso, eli denominarlo i Diabiia », il cantore. Il giorno dopo le cinque macchine, arrivano alla metropoli sudanese, a Timbuctù. Le automobili hanno attraversato il Sahara vincendo non soltanto la distanza ma gli ostacoli accumulati nelle regioni più desolate e antiumane del vasto mondo. ARNALDO CJPOLLA. gsnsmcqevefzSnnfzznztdtf.naelesal

Persone citate: Bahr, Lord Delamere, Rhode, Saha, Salah, Spesso