L'elogio e l'abbraccio del Duce agli olimpionici

L'elogio e l'abbraccio del Duce agli olimpionici L'elogio e l'abbraccio del Duce agli olimpionici I! festoso ingresso a Palazzo Venezia e !e vibranti acclamazioni a Mussolini - Starace saluta i vittoriosi a nome delle Camicie Nere Roma, 2 notte. Gli « azzurri » hanno ricevuto oggi l'alto premio che ambivano dopo la vittoria che, duramente perseguita e conquistata nello Stadio di Los Angeles, conferiva loro il primato europeo e il secondo posto jra tutte le Nazioni del mondo. .Più degli elogi e degli applausi ricevuti oltre oceano, più dei fiori gettati sul loro cammino, oltre le stesse, indimenticabili dimostrazioni che gl'italiani d'America avevano loro fatto e Napoli festante aveva loro tributato ieri, essi sentivano che la grande ricompensa spirituale li attendeva a Roma. « Bisogna lottare e vincere » Era la parola e l'abbraccio del Duce che essi attendevano. L'alto incitamento che a Forlì, nella succulenta e sulfurea terra di Roma-: gna, madre di germogli fecondi, di energie nuove, essi avevano udito dalla parola del Capo del Governo prima di partire per la loro eroica fatica, aveva dato ali alle loro speranze c alle loro possibilità. Erano partiti ricchi sopra tutto di propositi; intendendo sempre, anche nel ritmo sordo della nave pulsante, nelle voci del vento atlantico, durante la traversata su di un oceano che per essi, come per Ulisse, era ignoto, le parole vibranti e metalliche del Capo: « Bisogna lottare e vincere ». Era lo stesso oceano sul quale altri cuori e altre tempre d'Italia, aquile italiane, erano passati vittoriosamente soli o in stormo, raggiungendo mète e porti di cui soltanto gli stranieri credevano di poter detenere il diritto d'approdo. • Su quella stessa distesa d'acqua s'erano specchiate le ali di Ferrarvi e Del Prete, quelle dello stormo di Balbo. Il cammino degli « azzurri » era già idealmente segnato da mitiche pietre, miliari dietro le quaU c'era tutto il prodigio e l'eroismo di un'epoca che dalla guerra mondiale alla rivoluzione delle Camicie nere, dal Piave a Roma, sotto l'egida del Re vittorioso, non aveva fatto che ingigantire l'imagine della nuova grandezza d'Italia. Ora gli olimpionici tornavano dopo aver mietuto allori in ogni competizione. Avevano mantenuto la parola data al Capo: «Pugnare strenuamente, romanamente per la formazione di questa nuova Italia pei la cui grandezza altre generazioni t altre legioni avevano combattuto t sanguinato ». • Essi sentivano ancora, secondo i dettami del Duce, come la loro affermazione nello Stadio di Los Angeles, nello sterminato continente americano pulsante di attività formidabili, alveare enorme di vita nel fremente tumulto del mondo moderilo, avesse un significato che andava al ili là dello stesso e stretto valore sportivo: significasse infine un nuovo centro, un nuovo motivo dinamico di irradiazione italiana nel mondo. Questa grande squadra di ragazzi fisicamente perfetti e decisi, di giovani atleti determinati a strappare la vittoria coi denti faceva ribalenare agli occhi del grande popolo nuovo d'oltre oceano l'imagine mitica di Cristoforo Colombo il quale, osando anche al di là dell'audacia ulissica, affrontando un oceano ignoto, aveva con la sua scoperta raddoppiato l'estensione del inondo conosciuto e aperto ai secoli venturi una delle più grandi sorprese nella storia delle civiltà umane. E tutto ciò era ancora, sempre Italia! L'attesa degli « azzurri » Questi sentimenti, anche se inesplorati e confusi, hanno costituito l'ansia e l'orgasmo di questo mattino dì Roma in cento cuori giovanili, mentre gli « azzurri con impazienza attendevano l'ora di essere ricevuti dal Duce. E' superfluo aggiungere che fin da stamane per tempo gli olimpionici erano giù in piedi. Forbiti e impeccabili nelle loro divise, essi si assiepavano dentro e davanti agli alberghi di via del Tritone in cui erano alloggiati mettendo nella febbrile arteria della Capitale che conduce a Palazzo Venezia un'eccezionale nota di colore e di vitalità, una nota di azzurro e d'acciaio, e richiamando intorno a sè una folla di cittadini. Spontaneamente, con l'esuberanza drnlvo«cmlgtbrgamncrSAcscvsEmtevcmpraglvcdGfvdSsseiVggistdrggcssddgAagscdsdpngarqsTrin10 eimpressioni del loro periodo agoi* stico, stilando, in quel linguaggio.Bnervoso e immediato che è proprio] della gente abituata alla lotta e non,lal vaniloquio, altrettante sintetiche1 finterviste. Sopra tutto gli schermi-cdori rievocavano come, dopo la sfor-\ lunata e ancora enigmatica prova sper squadre, gli stessi avversari bfrancesì fossero stati individualmen-pte dominati, travolti e possiamo ben cpropria della loro età e delle loro\tenergie, essi ripetevano ancora Zelndire polverizzati. Ecco qualche bat- stuta breve. [mCornaggia, campione olimpionico ldi spada, con giovanile schiettezza e gquell'adorabile ingenuità che è prò- pria dei vent'anni, diceva: «Ho vin-'to semplicemente, naturalmente, un rcolpo dopo l'altro, quasi sen~a accor-\germene». ' \E anche Marzi, il campione olhn-.pionico di fioretto, ripeteva si può'dire le stesse impressioni dimostrati-o a do in sostanza quanto diti e stipe-criori fossero lo stile e la classe dei znostri giovani campioni rispetto al Lloro avversari. ì.// valoroso quanto modesto Gozzi,' viccolo e tarchiatissimo campione Polimpionico di lotta, dichiarava:'v« Sono contento di una sola cosa, lche dopo otto anni il campionato Smondiale di lotta sia tornato al-pl'Italia ». E così dicendo egli rivol-\ geva uno sguardo mite e riconoscen-'pte a Raicevich, il fenomenale e ini*[dbattibilc campione mondiale che tracradiò i sogni giovinetti della nostra'ogenerazione e che ora a Los Angelesìtaveva seguito come nume tutelare e\vmaestro di segreti greco-romani ilrnostri giovani lottatori. \nMorigi, dal glabro e vasto volto Dconsolare, era anche più parco di pa-\crole, limitandosi a rievocare come ai nS^d^ZwS^lfSos^Angeles e che pure avevano i loro] campioni da sostenere, urlassero di Qstupore e.di entusiasmo. Infuocati si mostravano ancora H^canottieri del nostro armo ai quali va rivendicato il « serrate ■> più for- slimoni, assolutamente da «^&|JE di queste impressioni si sarebbe'.midabile che la storia di questi ultimi anni registri. — « ATo?i siamo giunti secondi! — essi affermavano. — Noi abbiamo vinto, e non per un solo pelo ma per cento. Il verdetto è stato un fenomenale difetto di ottica ». E c'è, da quanto affermano i te potuto formare lina nutrita e inte-, ressantissima serie se il tempo non iavesse incalzato. ILe 10. Perfettamente incolonnai ingli« azzurri», ai quali si affiancano'l'ammiraglio di Sambuy, gli OMOre.j n»~ 1." : t, Zi ■ ai • -,'voli Mazzini, Bar Isonzo, Salvi, il. conte Bonacossa per il C.I.O. proce- dono celermente, guidati dal prof.\Grattarola e dal maestro Zanetti, fra due ali di cittadini salutantijverso Palazzo Venezia. Mattino',A Palazzo Venezia |d'oro benché accennante all'afa. Splendore di Roma sotto uno del suoi soli memorabili. Lo stile severo sembra conciliarsi con l'entusiasmo.. Ordinata ma velocissima, quasi erompente, la colonna azzurra varca il monumentale portone dì Palazzo Venezia, sale a quattro alla volta ì gradini della scalea ed è infine fra gli insigni affreschi e tra i marmi istoriati della sala Regia. Breve sosta. Quindi gli olimpionici sono introdotti nella sala delle Battaglie dove larghe affrescate rammemorano sulle pareti le vittorie della grhnde guerra dal Podgora, a Cattaro, dal Piave a Buccari. L'attesa degli « azzurri », mentre già i fotografi piazzano le loro macchine e gli abbaglianti riflettori elettrici, si fa impaziente. I loro sguardi sono fissi alla porta di destra dalla quale il Duce dovrà apparire. Le 10,30. Un subito silenzio, poi da cento bocche scoppia un formidabile alala. Cento braccia sono romanamente levate. Il Duce entra seguilo da S. E.Arpìnati e dall'onorevole Polverelli, Capo dell'Ufficio Stampa. Il Capo del Governo, che è reduce dalla visita a quattromila Avanguardisti giunti dall'estero e attendati a Casal de' Pazzi, veste una tenuta bianca estiva. Sostando al centro della sala, egli gira lo sguardo sulla schiera azzurra irrigidita sull'attenti. E' il suo formidabile sguardo in cui tuttavia sembra brillare, per un attimo, una commozione affabile e paterna. Il Capo del Governo ascolta, approvando col capo, la presentazione che della compagine azzurra fa il Sottosegretario agli Interni duale presidente del C.O.N.I. Quando S. E. Arpinati ha terminato il suo dire, una nuova potente ovazione scoppia al grido di « Viva il Duce! ». « Viva il Duce! » Sorridendo, il Capo del Governo attende che questo momento di delirante entusiasiyio sia passato. Si fa quindi il più profondo silenzio. Il Duce «aria rivolgendo agli atleti parole di alto elogio e rilevando il significato e l'importanza, non sol- rinaie, ucncl ruvuiM niJi/iiaia, V^UIl- I0 elude esnrimendo la certezza ner il >* S'SlfoSial a? o.Berlino. o] Un nuovo, impetuoso coro di «ala- \,là! » e di « viva il Duce! » saluta la ie1 fine delle parole altamente incitatri-ì-ci e augurali. I-\ Poi il Duce si avanza verso la\a schiera azzurra. A uno a uno ab- 'i braccia gli olimpionici che hanno ri-1-portato vittorie individuali e quelli n c\ - maggiormente si distinsero. So- 'o\t3-nto sP°rtiv.a nia politica e nazio eln,al5' d°11?:_vlt_t.?r1?-- rKf£^a\ Con. - sta sorridendo fra di loro. E' un mo- [mento indimenticabile. Uscendo dal- o lo schema strettamente disciplinare, e gli « azzurri » gli si stringono d'in- - torno gridandogli il loro entusiasmo -'ela loro devozione. Il Duce li inter- n roga sulle fasi della lotta e sulle lo- -\ro impressioni. Quindi acconsente a \posare per una fotografia in mezzo -.a questa esultante giovinezza che si ò'affolla intorno a lui. Scattati gli o-obiettivi, il Duce, dopo avere risposto col saluto romano a una nuova ovazione, lascia la sala delle Battaglie, L'ora indimenticabile è trascorsa, ^ono le 11. La colonna azzurra lascia quindi Palazzo Venezia e, sempre a passo veloce, ordinalissima, si reca al Palazzo del Littorio, ove attende S. E. Starace per porgerle il. saluto e il plauso del Partito. La nuova cerimonia è pure. ìmprontata a giovanile baldanza, fuori di ogni precetto rigidamente protocollare. Anche qui è presente con gli olimpionici S. E. Arpinaii. Il Segre- tario del Partito, col quale sono i due vice-Segretari prof. Marpicati e ono- revolc Adinolfi, il Segretario ammi- nistrativo onorevole Marinelli e il Direttorio Nazionale al completo, accoglic gli atleti nel salone delle adunate. ■ ^ »»l»to del Segretario del Partito S. E. Starace rivolge loro il seQuelite discorso di saluto: « 11 voto augurale col quale le Ca- ^°LlJlwZ1*:™™™™™?^^ valisi a con la quale hanno seguito ladura battaglia che avete cavaliere- scamente combattuta, la gioia con la quale hanno appreso le brillanti vittorie che avete impalmato, vi di- ceno chiaramente quanto esse siano fiere di porpryi oggi, a mio mezzo il saluto del Littorio in Patria e le espressioni della loro gratitudine vi- va e sincera. riwf if.1ffifSS£*! ut JS^^Mèto^^dS.grande terra straniera; è per virtùvostra che, anche nel campo sporti vo, l'Italia fascista ha potuto affer ntarsi brillantemente al cospetto del tuite per quanto ancora si dovrà fa™- f>! camerata meandro Arpinati, che ha dato tanta appassionata attiVita e tanta competenza alla vostra preparazione, ho già espresso la gra titudinc delle Camicie Nere: voglio innanzi a voi rinnovargli vive gra zie e assicurarlo, per quanto non ve ne sia bisogno, che il Partito conti™^ a rendere sempre più favore- mondo. Siate orgogliosi di quanto a- yBte^^Tó>fi;éraa^'ò1IS'£vole allo svilupparsi dell' attività sportiva, il clima che il regime fascista ha creato. « Camerati ! In questa casa, che è la casa del Fascismo italiano, siate t benvenuti. Formuliamo insieme i voti migliori per l'avvenire dello sport italiano, espressione di volontà, di ardimento e di fierezza; formuliamoli nel nome del Duce, che è stato e sarà sempre apportatore di vittorie ». Così la cerimonia al Palazzo del Littorio, fra le ovazioni a S. E. Starace e al Fascismo, si chiude e la colonna azzurra lascia, tra gli applausi dei funzionari e del personale, la sede del Partito, per sciamare nella Capitale. La serie delle cerimonie si chiude nel pomeriggio con il ricevimento dato dal Governatorato di Roma in Campidoglio. Il ricevimento ha voluto essere anche l'espressione del plauso e della riconoscenza che la cittadinanza dell'Urbe tributa agli atleti azzurri, araldi dell'Italia nuova nella manifestazione mondiale di oltre oceano. Alle 17, la colonna degli olimpionici, movendo da via del Tritone, si è diretta verso il Campidoglio tra i saluti della folla adunata lungo le vie e lungo la monumentale scalca che conduce allo storico palagio. In Campidoglio La piazzetta sulla quale la statua di Marco Aurelio patinata d'oro brilla al sole pomeridiano, appare tutta adorna di bandiere, di tappeti, di arazzi che scendono dai balconi marmorei. Sul portone c'è il personale civico e di cerimonia in alta uniforme. La colonna degli « azzurri » sale nella sala degli Orazi e Curiazi, ove l'attende il Vice-Governatore conte D'Ancora, incaricato di porgere il saluto dell'Urbe agli Olimpionici in assenza del Governatore, Principe Boncompagni Ludovisi, trattenuto fuori Roma. Nel solenne salone, dove contro rZi- affreschi preziosi spiccano monumentalmente la statua bronzea di Innocenzo X e quella marmorea di Urbano Vili, gli Olimpionici si schierano. Il conte D'Ancora rivolge loro if calde sHluto e^il plauso di Roma, salutato al finire da caldissimi applausi. Gli risponde, ringraziando , j- 7-.* 7 , ... , , Pe>' la cordialità e la sontuosità del « Pro/. Gratiarola, Quindi la colonna azzurra sfila nellc sale del Campidoglio visitando ti Museo mussoliniano e le inestimabili raccolte marmoree in cui l'arte antica svela tutte le sue fulgide bei-lezzc, improntate soprattutto a quell'armonioso equilibrio che dai grandi popoli ginnici dell'antichità gre co-romana ricavò insuperabili modell'i di arte universale. E' in que- sta rassegna d'arte che termina la vibrante e smagliante giornata ro- mana. Gli olimpionici sembrano co gliere in un momento di profondo raccoglimento quel che di eterno e di eternamente poetico è, dai ?itrf romani a Los Angeles, nello sforzoagonistico della nostra stirpe, «erla quale il lineamento sportivo os-surge a una superiore significazionedi arte e di conquista ideale, CURIO MQRTARL