Seipel e Schober

Seipel e Schober Seipel e Schober VIENNA, agosto Nel corso di quindici giorni un cuGdtìvFlnccni'tragico destino ha privato "'Austria, cpaese che di uomini politici non ab-'mbonda, delle due personalità le quali perano riuscite a dare una loro ini- ^pronta -J —: ' '-- potere malattia dTdinbeteTè perTaìé"ragròneTdopol l'attentato del l.o giugno 1924, noniss'era potuto estrarre una pallottola ferimastagli in un polmone), nessuno sospettava che il dottor Schober dovesse così presto seguire nella tomba il suo avversario politico. Un mal di.cuore, probabilmente favorito dal di- spiacére provato per le condizioni in Wcui, nello scorso gennaio, gli toccò di' dimettersi da ministro degli Esteri e vice-cancelliere, ha inflitto anche a lui la sorte alla quale Seipel appariva da anni condannato. Mentalità, concezioni, modi e scopi dei due scomparsi furono profondamente diversi: e se è lecito confrontare morti senza offenderne la memoria, onesto è dire che Ignazio Seipel ebbe sull'ejj-capo della Polizia superiorità indiscussa. Neil' Austria contemporanea cercheremmo invano chi possa toccar l'altezza del cancelliere in abito talare: il vuoto lasciato da quest'uomo che intimidiva con le glaciali maniere, ma poi strappava ammirazione per la lucidità e sicurezza con cui si esprimeva, si durerà fatica a colmarlo. Seipel fu uomo politico veramente di formato eccezio ddt^naie, europeo ; e chi voglia giudicarlo ricordi, avanti di farlo segno a critiche, a quanta disciplina spirituale ebbe a sottoporsi uno che, nato c cresciuto in un'Austria imperiale giallonera, si dedicò, sebbene nel suo intimo monarchico e conservatore, alla salvezza di un'Austria repubblicana nella quale molte, troppe cose non gli garbavano. I suoi freddi modi ben potevano essere conseguenza della coercizione spirituale. Ria nella chiara visione che Seipel ebbe dell'immutabilità, per il momento almeno, dei destini del popolo austriaco, vediamo il merito dell'uomo di stato datosi con ogni forza a raggiungere solo quello che la realtà immediata consentisse. A che avrebbe giovato sognare restaurazioni monarchiche e sollecite revisioni del Trattato di San Germano in una Europa divisasi in vincitori e vinti, e nella quale i vinti si ritenevano investiti, per l'eternità, di privilegi e diritti? Ignazio Seipel divenne cancelliere austriaco nel maggio del 1922 : • per sei secoli, dal tempo del cardinale Klesel, che era stato cancelliere dell'Imperatore Mattia, l'Austria non aveva avuto alla testa del Governo un sacerdote. E presidente del Consiglio Seipsl rimase prete e non mutò abitudini e visse, come nel passato, nelle due stanze, piene di santi e reliquie, del convento viennese della Keinergasse e lesse messa la mattina e trascorse la vigilia di Natale in mezzo ai detenuti delle carceri giudiziarie. Segnò la prima grande tapna della sua attività politica col viaggio diplomatico a Praga, Berlino e Verona, viaggio che.indusse poi la Società delle Nazioni a interessarsi delle sorti dell'Austria e così ad avviare l'opera di ricostruzione economica dell'Europa centrale. Fu un bluff il gesto compiuto a Verona, proponendo un'unione doganale con l'Italia? No. Seipel aveva ragionato che l'idea sarebbe riuscita^ utile al suo paese o mediante la realizzazione effettiva o mediante le sue ripercussioni politiche. La realizzazione avrebbe permesso di risolvere non soltanto il problema finanziario e monetario austriaco bensì anche l'economico. Diede il passo dopo di aver consultato industriali della Stiria e di altre regioni; quanto ai viennesi, il progetto gli parve psicologicamente buono, giacché essi sarebbero rimasti in un grande organismo, rispondente alla loro mentalità ed alle loro abitudini. Una somma di motivi impediva di intendersi con la CzecoSlovacchia, nò era lecito pensare ad una confederazione danubiana, non potendosi in Francia ammettere, a soli tre anni dalla firma, che i trattati di pace fossero cattivi e che distruggendo la Monarchia si fosse commesso un grosso sbaglio. A Berlino, dove la concezione nord-sud rinasceva, l'idea di Seipel fu approvata; e se poi non si addivenne alla realizzazione, la colpa non fu del cancelliere austriaco. Nel programma di Verona vedia; mo delineata anche la posizione di Seipel nei confronti dell'Anschluss : è chiaro che se il cancelliere avesse tenuto d'occhio questo obiettivo, mai più avrebbe incominciato col creare ostacoli. Quante volte — cento, mille volte — gli fu posto il quesito dell'Anschluss, rispose sempre con abilità somma, astenendosi aal negare o dall'affermare, come dal criticare e dal promettere. In un discorso del dicembre del 1926 dichiarò, tuttavia, che il manifestare continuamente contro i fatti fosse inopportuno e nocivo : più utile gli sembrava consacrarsi al mantenimento del « secondo Stato tedesco ». Ed utile era anche guadagnarsi la fiducia del mondo dando la prova che l'Austria rispettava i trattati e si asteneva dal mirare, in segreto, a romperli mediante intrighi. *** Il co'nflitto fra Seipel e Schober trova le sue basi nella diversa attitudine di Schober nei confronti dell'Anschluss e nel fatto, che mentre Seipel credeva e sperava in un'Austria capace di vita, Schober, attirato dall'ideale pangermanista, subordinava ad esso'anche le sue vedute in materia economica e di politica interna. . Seipcl s'era convinto che la compagine dello Stato fosse minacciata dalla rovinosa politica dei socialisti, fortissimi a Vienna, e, al tempo stesso dalla mancanza, nella popolazione della repubblica novellina, di un sentimento nazionale austriaco. Fu così ch'egli si diede a lottare a spada tratta contro i rossi e a favorire quella rinascita di energie nazionali che trovò nelle Heimwehren la più chiara e, per un certo periodo, più mirabile espressione. Infatti le Heimwehren avevano un programma i cui capisaldi erano la salvezza dell'idea Austria e la guerra al marxismo. Ma se le idee di Seipel non eranovspprtctlhuvnAgrspvpequivoche, difficile era'il metterle inpratica, giacché da quando mondo òmondo preti cancellieri se ne son •' sti Docili e ancora meno6 nretfcan-a -p - ■ «^."ra meno pieu can cellieri che abbiano fatto rivoluzioni e colpi di Stato. Nei momenti deciBivi la sottana capitava fra i piedi diiì Statof'Nermoment^ joeipel e gl'impediva di dar l'ultimo lpasso. Tutti se n'erano accorti, i socialisti compresi, e quindi per i socialisti Seipcl, in fin dei conti, era un comodo avversario, un capo di sGoverno che mai più avrebbe fatto Pun col dogli del cane avido dìninaaa*m-lStìficandoló di alto insultiTrffi^ Wvano d'Incontrarsi. Per giunta tfe» aavuta l'impressione che Schober nu^n, ..Mcsoiuiieciie ùcnojernu | ed aveWV^&ì-7\^M*^a'/; l"HMlprovlrl i fin? Mn *hS&"^'L.(ff" Foranee lierè; ^SXSSbS ind£ otro; strozzò lé ^wehrrafiMTdi ?dimenticare di eraere entrato^al Da- tlazzo della cmceUerla Se alla K nevolenza del partito3iano-so- fciale s'accordò mi lìST £ llchiarand di non avere alle spallo Wnessun partiteTe7di vofere Soltanto I cil bene dell'Austria «? mfJ. «!muna ™iihVa „^"tV.„S1 £2Ll!SK «m consirfio^Sf^fff in apr-igi,on-t Perjs'm g ? tdell° stesao Scipel, il pai-- ! p«^n..i"lst,lan°:socialc azzardò ^??m^nto dl maniera forte l . Fallito l'esperimento Streeruwilz\%is? Pensò a Schober, capo della Poli- few coi quale i socialisti, dan-ls.. ""isse delle simpatie per le Heim-id Wehren, delle quali conosceva i capi ~' od av«va laé*!.*,. J: | luna politica che era apertamente pangermanista. Che mirasse al bene della patria, non lo metteremo in dubbio: la nobiltà dei suoi proposi ti è sicura; impreparazione e vani dprtà gli fecero nero commettere atti c^le^oasSlZS^f^!^d n a e e a no l'Austria stessa e l'Europa. Burocratico pedante ed onesto, tuttavia incapace di giudicare d**1 loro insieme complicate situazioni, Schober avrebbe forse potuto servire la Repubblica, oltre che come capo della polizia, assumendosi il compito di preparare ed eseguire una radicale riforma amministrativa: non di più. Lo prese invece il demone della politica attiva, lo sedussero i contatti con i pezzi grossi della politica internazionale e magari lo allettò quella visione di Cavour che alla Grecia ha dato un Venizelos ed alla Serbia un Pasic. Per sua disgrazia si trovò al potere nell'autunno del 1929, nel momento in cui la Boden-CreditAnstalt confessò di dover chiudere gli sportelli: allora gli venne la fatale idea d'indurre la Credit-Anstalt ad assorbire, sic et simplìciter, il pericolante istituto. Ben più gravi gli errori successivi : senza nessuna preparazione diplomatica, e mentre egli'doveva sapere che presto l'Austria si sarebbe trovata in condizioni di dover far appello ad aiuto straniero, nel marzo del 1931, assieme a Curtius, sconvolge l'Europa annunciando il proposito dell'Austria e della Germania di formare un'unione doganale. « Bel progetto, aveva detto Seipel, nell'apprenderlo qualche istante prima della pubblicazione del primo annunzio ufficiale: ma cosa ne dicono a Roma, a Parigi e a Londra? ». E Schober, che non aveva consultato nò Roma, nè Parigi, nè Londra, apparve quasi stupito della domanda: c'era bisogno d'interrogare stranieri, mentre lui, contro tutto e contro tutti, voleva affrettare l'unione dell'Austria con la Germania? A breve scadenza sopravveniva la spaventosa crisi della Credit-Anstalt e Schober, oltre ad averla preparata suscitando le ire francesi e denunzie di crediti, commetteva l'ultimo errore, forse il maggiore, della sua carriera politica, facendo in fretta e furia votare dal Parlamento una legge, in virtù della quale il Governo si rendeva al cento per cento garante delle enormi passività dell'istituto. Sotto questa legge, asfissiante cappa di piombo, l'Austria oggi non sa come respirare: il gesto era stato corretto e signorile, quanto era stat>> patriottico » quello compiuto sfidando il mondo con l'annuncio della Zollunion. Non politico, però, non politico: che la politica è realta. Ed è strano che il prete educato alla scuola dell'irreale — del mistico, del religioso — e ad anteporre lo spirito alla materia, abbia servito la patria, come capo di Governo, molto ma molto meglio dell'uomo che una attività di lunghi anni di funzionario di polizia avrebbe dovuto far credere meno sentimentale, meno soggetto ad illusioni e più realistico. ITALO ZINGARELLI. frtpcpctsuznrrgctbbmsi

Persone citate: Cavour, Curtius, Ignazio Seipel