Cinquanta ore di azioni tra i due Partiti

Cinquanta ore di azioni tra i due Partiti LA PERFETTA EFFICENZA MORALE E BELLICA DELL'ARMATA NAVALE Cinquanta ore di azioni tra i due Partiti Il necessario e valido contributo dell' Armata aerea -(r> a.r*»rossfRo iivxr i a. t o)- Taranto, 11 notte. Il « combattimento », cui dopo molte ore di navigazione in apparenza tranquillissima dubitavamo ormai di poter assistere, si è impegnato — per noi profani all'improvviso, ma in realtà come conseguenza logica delle molteplici mosse e dei criteri tattici applicati dai due partiti contrapposti durante la giornata — dopo 20 ore circa che avevamo lasciato la rada di Tripoli e che sul mare, diventato un olio col calare del sole, la luna al primo quarto diffondeva un incanto di soavità indicibile. Attacco vigoroso e micidiale da parte li quel partito A, cTie fino dall'inizio dello stato precauzionale aveva dimostrato un audacissimo spirito di combattività; controffensiva pronta e sicurissima del partito B — il partito dei convogli — che punto per punto, grazie ai perfetti collegamenti di tutte le unità e all'ordinato svolgersi di ogni movimento, aveva potuto tradurre in pratica, su centinaia di miglia quadrate di mare aperto, la volontà del suo catpp, Ammiraglio Moreno, diramata ad ogni comandante di nave con l'ordine di operazioni. Se entriamo in argomento (in questo argomento affascinante e astrusissimo di una grande esercitazione navale così vasta e complessa come da molti anni lo Stato Maggiore della Marina italiana e tutte le forze della nostra Armata non avevano più attuato), se entriamo in argomento con un episodio di carattere pittoresco ed in certo qual modo culminante, si è che, sia per chi scrive con il senso narrativo più che critico, sia per chi legge e desidera abbracciare rapidamente l'amplissimo panorama delle azioni, è conveniente rinunziare a seguire lo svolgimento della manovra particolare per particolare ed ora per ora, e tentare piuttosto la rappresentazione del quadro d'insieme anche a costo di sacrificare questo o quel dettaglio forse d'importanza tecnica grandissima, ma evidentemente riservato ad un pubblico ristretto di specialisti. Seguendo questo medesimo criterio dichiariamo senz'altro che sarebbe azzardato, per non dire presuntuoso, anticipare, appena arrivati a Taranto, conclusioni e deduzioni che saranno oggetto dì minutissimi studi dei Comandi dopo il completo esame di tutti i fatti accaduti. Noi siamo a Taranto, oggi giovedì 11 agosto dopo aver lasciato Tripoli nella notte di lunedì 8; ed era precisamente questo tragitto compiuto dalle forze del Partito B, che, come è noto, costituiva uno degli obbiettivi del tema della manovra. Ancora una volta dunque ne richiamiamo alla memoria dei lettori i caratteri, basandoci però non più sul tema generale delle esercitazioni, ormai da tutti conosciuto, ma su quei due capitali documenti che sono l'apprezzamento della situazione e l'ordine di operazioni all'inizio del cosidetto assetto di sicurezza, assetto che nella realtà può immediatamente precedere lo scoppio delle ostilità: e ciò sia per l'uno che per l'altro dei partiti contendenti. Le disposizioni dei Comandi Considerate dunque le forze in contrasto, le condizioni geograficostrategiche, gli obbiettivi prestabiliti dal piano generale di operazioni, le possibilità di azioni dei due partiti in relazione agli scopi prefissi, il Comando del Partito B, che aveva per scopo il trasporto e la scorta di due convogli di uomini e di approvi gionamenti da Tripoli e da Bengasi al porto di Taranto, all'inizio del periodo precauzionale disponeva che le navi da battaglia, cioè le corazzate Doria e Duilio si dislocassero a Bengasi con due squadriglie di torpediniere ed una di cacciatorpediniere, e a Tripoli si concentrassero tutte le forze leggere e sottili rimanenti (non dimentichi il lettore che tra queste forze in termine militare dette leggere erano compresi i potenti incro¬ ciatori da cinquemila tonnellate Giussiano e Barbiano, e il grande modernissimo incrociatore da diecimila tonnellate Fiume fungente però da capo convoglio); che i sommergibili si disponessero parte in agguato dinanzi atta base navale del Partito A ed in agguato lungo le presunte rotte avversarie, parte secondo linee mobili prima a scopo esplorativo ed offensivo, poi protettivo dei due convogli; che le forze aeree fornissero una navigazione tranquilla a Taranto ripartendosi però anche tra Grottaglie, Tripoli, Bengasi; che i due convogli — ritunziando quello di Tripoli a passare a ponente della isola Zeta, isola fittizia supposta benevolmente neutrale e posta dalla fantasia presso a poco a metà strada tra la costa libica e quella calabrese — si riunissero durante la navigazione in modo da poter disporre di tutte le forze navali di protezione, anche a costo di rinunziare a qualsiasi azione diversiva lungo il litorale appartenente al Partito A, e cioè le coste detta Sicilia a ponente del meridiano di Palermo, la base aerea di Augusta, la sponda adriatica dal Capo di Santa Maria di Leuca al Gargano. Il convoglio di Tripoli Due ore dopo il telegramma annunziale lo scoppio delle ostilità, il convoglio di Tripoli costituito dall'incrociatore Fiume, capo convoglio, dagli incrociatori Bari, Tarantf), Ancona, dalla nave portaaerei Miraglia, e scortato dagli incrociatori Giussano e Barbiano, dagli esploratori Quarto, Premuda, Da Noli, Pancaldo, Tarigo, Zeno, Malocello, Tigre, dai cacciatorpediniere Monzambano, Calatafimi, San Martino, e seguito dall'incrociatore di diecimila, tonnellate Zara, battente la bandiera dell'ammiraglio Ducei, direttore generale delle esercitazioni (quanto alla, Stella d'Italia recante la missione navale, già vi ho accennato all'ottenuta desideratissima autorizzazione di seguire il convoglio), avrebbe lasciato il porto. Il convoglio di Bengasi, formato dagli esploratori Leone, Mirabello, dal cacciatorpediniere Zenson, e protetto dalle due corazzate Doria e Duilio, dai cacciatorpediniere Castelfidardo, Confienza, Palestro, dalle torpediniere Cairoli, Cosenz, La Farina, Bassini, Papa, Cascino, Chinotto, Montanari, si sarebbe tenuto pronto a lasciare l'ancoraggio, in tempo utile per essere, diciassette ore dopo lo scoppio dette ostilità, in un punto tale a sud dell'isola Zeta, da consentire la possibilità di riunione con il convoglio tripolino, dato, bene inteso, che nulla fosse intervenuto ad ostacolare il congiungimento. Dal canto suo l'ammiraglio Burzagli, capo del Partito A attaccante, impostava il suo concetto operativo su un'azione decisa contro i convogli approfittando di ogni favorevole occasione per inflìggere perdite e danni alle forze navali B: prendeva cioè una iniziativa che non intendeva lasciarsi sfuggire più. Concentrata perciò la forza navale a Trapani, stabiliti agguati di sommergibili non soltanto in vicinanza delle basì avversarie del golfo di Taranto e sulla costa libica, allo scopo di segnalare movimenti ed eventualmente attaccare, ma anche nelle zone di presumibili passaggi dei convogli e in vicinanza delle proprie basi, predisposto uno sbarramento di mine mediante sommergibili davanti a Tripoli ed a Bengasi (e già i lettori sono al corrente della brillantissima azione compiuta appunto innanzi a Tripoli dal sommergibile Millolire, azione che potè essere sventata soltanto con la tempestiva esplorazione dell'aeronautica), egli ordinava che appena scoppiate le ostilità tutte le sue forze di Trapani, e cioè i due incrociatori da 10 mila Trieste e Trento e due da 5 mila Colleoni, Bande Nere, gli esploratori Da Recco, Pessagno, Vivaldi, Usodimare, Pantera, i cacciatorpediniere Freccia, Dardo, Strale, Nembo, Turbine, Aquilone, Euro, lasciassero la rada suddivise in due gruppi diretti a pas- \sare a sud di Malta con U compito jdi esplorazione della rotta, del Pardito contrapposto, e regolando poi \gli ulteriori movimenti i/n base alle notizie di esso. Evidente era il vantaggio che egli avrebbe avuto giungendo sul convoglio di Tripoli prima della sua congiunzione con quello di Bengasi, prima cioè che potessero entrare in campo le due corazzate, le quali avrebbero costituito il più temibile ostacolo, almeno nel Waggio della portata dei cannoni da '305 di cui sono armate. Spirito d'iniziativa e rapidità erano quindi le caratteristiche del suo piano. L'aviazione Di proposito non abbiamo ancora accennato all'aviazione dell'uno 0 dell'altro Partito. Non sarà mai abbastanza ripetuto come, non meno del fatto centrale della manovra — la navigazione protetta del convoglio — l'interesse davvero palpitante detta presente esercitazione consistesse nello studio, nell'esame, nel giudizio dette possibilità di azioni degli aerei in tanta vastità di ma vimento-, détta correlazione détte loro mosse con le unità navali, del loro impiego insomma come offesa e come esplorazione. Non erano forse ormai più necessarie queste grandi manovre affinchè tutti si persuadessero come — alla stessa stregua della guerra terrestre — la guerra sul mare non possa più essere concepita che in perfetta unione con l'arma del cielo, unione in cui è vano cercare priorità e dipendenza, perch èentrambi gli strumenti bellici sono e saranno sempre più l'uno all'altro indispensabile. Erano viceversa utilissimi per dedurre dal moltissimo che si può fare oggi, tutto ciò che si potrà fare nell'immediato futuro. Basti accennare ad un solo problema: quello della nave porta-aerei tipo americano, inglese, giapponese e francese, la nave che consente la partenza e l'atterraggio sul ponte durante la navigazione; basti pensare al progresso contìnuo dell'aereo come autonomia di volo, potenza di trasporto, capacità di sempre maggiori quote; basti riflettere, d'altra parte, sul fatto pratico détte condizioni del presente, dato che l'utilità di un'arma va considerata anche da questo punto di vista. A tutti questi quesiti 1 tecnici, dopo il vaglio degli avvenuti esperimenti, saranno certo forniti dei più abbondanti dati per rispondere. Per conto nostro, fermi come abbiamo detto nel proposito di limitarci a quanto vediamo e sentiamo, notiamo come una delle prime decisive azioni di avanscoperta sia stata quella degli apparecchi che riuscirono ad esplorare i porti di Tripoli e di Taranto ancora durante lo stato precauzionale e a determinare in conseguenza la dislocazione delle corazzate nel porto di Bengasì; e come la prima azione tattica di grande importanza, nove ore dopo lo scoppio delle ostilità, sia stata, alle sei e un quarto del mattino del giorno nove, il bombardamento di Tripoli effettuato da due squadriglie di Savoia 55 del Partito A, bombardamento preannunziato dai sommergibili, in modo che la città riuscì ad occultarsi tempestivamente con nebbiose, e gli apparecchi coloniali terrestri poterono alzarsi prima dell'arrivo degli attaccanti, contrastarli vigorosamente inseguendoli poi fin oltre quindici miglia dalla costa. A parte l'azione difensiva, l'incursione provocava da parte di S. E. Ducei un alto elogio al col. Tempesti, comandante l'aeroporto di Stagnone, presso Marsala: « Manifesto ammirazione mia e miei ufficiali per magnifico volo dei suoi Savoia 55, di cui ho visto stamane da bordo dello Zara l'arrivo nel cielo di Tripoli ». Ci7'ca dunque l'impiego dell'aviazione, mentre le forze aeree del par tito B, sta di Taranto, sia di Tripoli, sia di Bengasi venivano adibite alla difesa costiera e alla ricognizione vicina e lontana, alla protezione dei convogli in marcia specialmente con gli apparecchi imbarcati, quelle del partito A dovevano giornalmente riconoscere la zona tripolina, esplorare il mare fra la Sicilia e la Isola Zeta, servire di segnalazioni le unità di superficie moventi da Trapani, « bombardare » non appena possìbile, come in fatto avvenne, Tripoli, sorvegliare il porto di Tripoli e ogni approccio a questo porto dette forze B. Tale era già molte ore prima che il telegramma dell'ammiraglio Ducei desse il segnale dell'inizio delle ostilità, il panorama, per così dire bellico, che offriva lo specchio mediterraneo approssimativamente compreso fra due linee tracciate fra le isole Egadi e Tripoli, fra il promontorio del Gargano e Bengasi: formidabile panorama racchiudente, tolte due navi da battaglia e alcune minori unità, l'intera forza della Marina italiana. L'ordine di partenza Atteso di momento in momento, quell'ordine del Capo di Stato Maggiore détta Marina, direttore superiore delle esercitazioni, (per cui noi della Stella d'Italia ci trovavamo a bordo sin dalle ore 8 pronti a salpare accodati al convoglio, giunse alle 9. Già quasi tutte le forse erano u~ scite oltre i moli, gettando le àncore in quelle acque che i dragamine avevano accuratamente sondato. Il mare era calmissimo. Una sottile falce di luna, diffondendo un dhiurore pacato sulla superficie appena increspata dell'acqua, rendeva visibile anche a distanza le masse immobili delle navi alla fonda. Di tratto in tratto, una sagoma nera che tosto ci sforzavamo di identificare, ci passava accanto a lumi spenti; e più che il fremito delle macchine si percepiva il fruscio delle spume. Le scie brillavano come argento. Tripoli lontano stendeva lungo le sue banchine una dolce corona di lumi quasi collana splendente, che ci portava al cuore e sulle labra il ricordo e il nome di Venezia, Invisìbilmente bello e soave, fìnto apparato di guerra, fra così pungente ansia di avvenimenti, era lo spettacolo. Questo durò per un tempo che senza orologio difficilmente avremmo valutato; che a poco 1 a poco qualcuno di noi si lasciava N prendere da un incanto forse diverso da quello che la situazione avrebbe voluto, e una specie di smemoratezza del luogo e dello scopo per cui eravamo riuniti ci invadeva l'anima. Poi la luna declinò, si nascose nel mare. Si udirono in plancia voci basse, ordini impartiti a gente che non vedevamo; gli argani ronzarono, le catene stridettero, e si partì. Tutto il convoglio ci presedeva, in testa il Tigre e i quattro cacciatorpediniere tipo Monzambano; a destra il Quarto, il Premuda e tre « Navigatori », a sinistra il Barbiano, il Giussano e gli altri « Navigatori », mobile muraglia a protezione del Fiume, dell'Ancona, del Bari, del Taranto, del Miraglia, cioè dei trasporti propriamente detti. Noi seguivamo l'ultima nave ,a cinquecento metri. Era la formazione notturna, così stabilita a evitare confusioni e quei tragici equivoci che nella tenebra fitta possono nascere quando si naviga a luci completamente oscurate. Infine il sonno ci vinse, ma nel dormiveglia, tre minuti dopo le 2, ci accorgemmo dì un rallentamento improvviso, di una fermata. Qualcosa era accaduto. Ce ne fu detto il giorno dopo, nel bel mattino chiaro che ritrovava un mare stupendo, fin troppo sereno e placido, a detta degli ufficiali, per. un'esercitazione. E sugli avvenimenti notturni ci illuminò in una delle site simpatiche, limpidissime conversazioni l'ammiraglio Cantù, capo della missione navale, in base alle radio ricevute e intercettate. Era dunque successo che ben tre sommergibili, con vari lanci di siluri fra i mille ed i millecinquecento metri, ci avevano nottetempo attaccato. Perdite di unità? Di ciò avrebbe pensato a dare il giudizio la direzione superiore delle esei-citazioni. Ma il fatto capitale era che, evidentemen-