Quattro giovani fascisti valdostani precipitano dal Dente del Gigante

Quattro giovani fascisti valdostani precipitano dal Dente del Gigante Quattro giovani fascisti valdostani precipitano dal Dente del Gigante Una cordata che si strappa e un tragico volo di trecento metri - Le ricerche per il ricupero delle salme Courmayeur, 1 mattino. Una impressionante tragedia della montagna, di una portata e vastità che da lunghi anni le cronache non registravano, è- avvenuta sabato sul Dente del Gigante. Quattro alpinisti valdostani sono precipitati dalla «grande placca » sul ghiacciaio della Nuirc, e si sono sfracellati sulle roccie superiori alla testata del ghiacciaio, confluente del Mer de Giace. Essi facevano parte di uiia cordata di sei Giovani Fascisti che dopo aver compiute la salita del Dente compievano la discesa verso la cosiddetta « gengiva », seguendo cioè la via solita. Bisogna risalire forse alla catastrofe del Cervino, avvenuta nel 1SS7 e che costò la vita a lord Douglas ed a tre alpinisti inglesi per trovare un raffronto con l'odierna sciagura del Dente del Gigante, la quale presenta anche, con quella del Cervino, molta analogia. Dalle notizie finora avute è possibile ricostruire abbastanza esattamente il luttuoso avvenimento, la. cui causa, diciamolo subito, non è da imputarsi ad imperizia nè dei caduti nè del superstiti, ma alla tragica fatalità e più' che tutto, alle condizioni ancora cattive della montagna. Venerdì dunque una squadra di sei Giovani Fascisti di Aosta si era recata da Courmayeur al Rifugio Torino per compiere la scalata del Dente del Gigante. Questa guglia vertiginosa, una delle più suggestive fra le vette secondarie del gruppo del Monte Bianco, costituì a suo tempo — come è noto — una delie più ardue mete alpinistiche fra quante potessero proporsi gli scalatori, e fu vinta, dopo un lunghissimo assedio, da una carovana costituita dai fratelli Sella, d'i Biella, figliuoli di Quintino, con le guide Rey e Maquignoz. Da allora vennero poste nei tratti più ardui delle corde fisse che ne hanno reso l'ascensione molto meno ardua; essa rimane tuttavia una delle imprese alpinistiche più serie per la resistenza fìsica e l'allenamento che richiede. In questi tempi la tardiva estate ne aveva reso l'accesso anche più difficile del solito, per la neve ge lata che irrigidiva le corde ed il « verglas » che copriva le roccie. La comitiva.divlsa in due cordate, era composta dal rag. Coppa, dal caposquadra Guglielminetti, di Ravera Agostino, Vettorato, Gastaldi e Charrey, fratello quest'ultimo di due valorosi alpinisti che tre anni fa trovarono la morte in un eroico tentativo di scalata della inviolata parete nord del l'Emìlius. La salita venne compiuta regolarmente e verso le 14 la carovana toccava la vetta. Era forse questa la prima ascensione dell'annata e 10 stato delle corde e quello delle roccie, coperte, come si è detto, di « verglas » aveva resa lenta la salita. Giunti in vetta, gli alpinisti decisero di fare una cordata sola. Questa misura era suggerita dalle condizioni stesse della montagna e per quanto provocasse l'inconveniente di rallentare la marcia, era necessario adattarla per aumentare la sicurezza della comitiva. Si trattava cioè di quelle decisioni che solo le circostanze possono avere suggerito ai sei alpinisti, e che appare ora purtroppo essere stata funesta in quanto ha accresciuto il numero delle vittime. La discesa è stata ripresa verso le 15. Essa procedette lenta ed ardua fino a circa due terzi del percorso. All'altezza della cosidetta « grande placca » la catastrofe è avvenuta fulminea. Sembra che il caposquadra Guglielminetti, ultimo della cordata, abbia perduto ad un tratto l'appiglio sul quale si teneva aggrappato. Certo è che egli ") scivolato gettando un alto grido e, dopo di avere cercato inutilmente di riaggrapparsi alla roccia che in quel punto è assolutamente liscia, è precipitato sui compagni, travolgendoli nella caduta. La catastrofe ha qui un'assoluta somiglianza con quella famosa del Cervino. Al grido di allarme di Guglielminetti il secondo della cordata, Agostino Ravera, che si trova vicinissimo ad uno dei chiodi di sicurezza piantati lungo la placca, vi avvolge fulminea la corda, nella speranza di salvare t compagni. Guglielminetti, Charrey, Vettorato e Gastaldi precipitano lungo 11 pendio quasi verticale mentre il capo-cordata rag. Coppa si serra alla rupe cercando di aggrapparsi solidamente. La corda ha un formidabile strappo, e si rompe. I quattro alpinisti, serrati in un tragico grappolo umano, piombano giù nell'abisso, verso il sottostante ghiacciaio sul versante dell'immenso Mer del Giace: un vaio di trecento metri. I due superstiti, che hanno assistito alla spaventosa scena durata l'eternità di alcuni secondi, restano per un istante sbigottiti, senza articolare quasi bignpidic'veninirampoa scgua mqua cuiesomprcadipdepFBsesivummstvsaspimraaplalepppustinMpmahlelaPfilaccpmdvFptscrgrsdfc.MtnX2BdinadcucecippaCSsdpdppnsI tparolaT con gli occhi sbarrati verso l'a- s bisso che ha inghiottito i loro combagni. Poi il loro spirito gagliardo di alpinisti reagisce. E' impossibile pensare di portare un soccorso qualsiasi. Non! gc'ù che scendere al rilugio Torino, do-1 Vve hanno trovato altre guide ed alpi-[A' tudinPqnisti. Si 6 tentato cosi subito di organizzare una spedizione tli soccorso per raggiungere e ricuperare le salme, ma il tentativo e apparso subito troppo arduo per l'insufficenza dei mezzi a disposizione. Cosi 1 superstiti sono scesi a Courmayeur, insieme ad una guida, a portare la tragica notizia ed a chiedere soccorsi. Il Podestà ha subito avvertito le famiglie e le Autorità Provinciali, le quali si sono immediatamente portate a Courmayeur per predisporre il ricupero delle salme. rs'ella giornata ci eri si sono organizzati febbrilmente i soccorsi e nel pomeriggio stesso, comandata dal Podestà avv. Manetti, presidente delle guido, è partita una carovana di soccorso costituita da sedici guide, con tutto il necessario equipaggiamento al difficile compito cne debbono proporsl. Si confida che il ricupero delle salme possa avvenire nella giornata di oggi. Frattanto 11 Segretario Federale dott. Belelli, personalmente ha voluto presenziare alla organizzazione dei soccorsi, disponendo che; le salme siano ricevute al Rifugio Torino, a sei ore di cammino da Courmayeur, dal vecchio-Comandante delle squadre d'azione d'Aosta e dal Comandante del Fascio Giovanile di Combattimento aostano. Le 4 salme giungeranno a Courmayeur, si spera, entro martedì e proseguiranno mmediatamente per Aosta, dove saranno accolte nella camera ardente appositamente preparata nella sede dela Federazione Fascista. La notizia, subito appresa nella vale, ha prodotto enorme impressione, soprattutto perchè la sciagura è resa più tragica dalla notorietà degli scomparsi e dal fatto che come si è detto, uno di essi, Charrey Emilio, segue a distanza di tre anni i due fratelli periti n un tentativo di scalata. Il Fascismo valdostano è in lutto, Ma è lutto nel quale il dolore cocente per la perdita di quattro valorosi camerati si unisce ad un virile senso di accettazione per quello che il Destino ha voluto. La vecchia Aosta saluterà le salme dei suoi figli caduti nella scalata di una montagna sui confini della Patria come salutò un giorno il sacrificio dei suoi alpini, nelle battaglie della grande guerra: con ciglio asciutto e con la promessa rinnovata che per ogni caduto, altri dieci prenderanno il suo posto nei ranghi.. Ed attorno alle salme delle quattro Camicie Nere, coperte di fasci di stelle alpine, garriranno al vento i gagliardetti delle Legioni e dei Fasci valdostani. Ai funerali, che si annunziano im ponenti, interverranno tutte le Autorità della provincia ed i Fascisti valdo stani che incidono i nomi dei quattro camerati scomparsi, nel tragico e glorioso elenco degli arditi della montagna che la morte ha rapito nella glo ria della vittoria alpina, sempre intes suta di eroismo e sacrifìcio. ilmdqgzisepcozaè zopinunsIetcPsgpprpzgsIturcPaatsvmglaadotcesedsetsnfncntvdvzdlnSb