Il Rubatto e la sua festa

Il Rubatto e la sua festa Il Rubatto e la sua festa A questo mondo tutto è possibile; anche passare alla posterità rimanendo tuttavia perfettamente sconosciuti. Semhra un paradosso, ed è verità elementare, di cui sarebbe facile molti-; plicare gli esempi. Così — per dirne uno — non mi pa-, re che Lord Sandwich, uomo politico inglese, abbia lasciato grandi tracce dell'opera sua nella storia; viceversa tutto il mondo conosce quella genia'el trovata gastronomica che conserva il suo nome. Allo stesso modo, nessun torinese ignora cos'è e dov'è il Rubatto; ma quanti sanno che quella località prese il nome, non dal rubat, cioè dal rullo che i contadini adoperavano sull'aja, bensì da una persona, Rocco Antonio Rubatto? E chi era questo signore? Capitano e ingeamere di Vittorio Amedeo II; Decurione della città dal 1676 al 1719, Sindaco nel 1688 e 1698, priore della Confraternita della SS. Trinità durante l'assedio; consulente tecnico del Comune in varie occasioni, come quando si dovette calare dalla Torre il famoso toro di bronzo. Aggiungo che, il 5 dicembre 1712, acquistò dal Conte Valperga di Masino il feudo di Revigliasco, di cui egli e i suoi discendenti ebbero l'investitura con titolo comitale. Tutto eie però non dice i '.la, e il suo nome sarebbe da un b ' po' caduto nell'oblio, se non fosse stato assunto da quella regione oltre il Po, dove egli aveva importanti possessioni, estese ancora dai suoi figli. Un conte Rubatto, probabilmente l'ultimo della famiglia, morì nel 1799, e fu sepolto proprio nel borgo che porta il suo nome, nella cappella annessa alla villa ora contrassegnata col n. 60 di corso Moncalieri, e che è attualmente del marchese Medici. In molte piante di Torino ottocentesca quella villa è chiamata tZ Napione, perchè al principio del secolo scorso fu pupprietà del conte Francesco Galleani Napione di Cocconato, il celebre erudito e filologo, morto nel 1830 e sepolto egli pure in quella stessa cappella; e talvolta fu anche designata col nome di Villa Balbo, perchè l'insigne autore delle Speranze d'Italia vi soggiornò assai spesso e ne fece quasi un centro di intellettualità, dove soleva radunare intorno a sè i suol amici personali e politici: uomini che si chiamavano Massimo e Roberto d'Azeglio, Federigo Selopis, Ottavio di Revel, Luigi Frovana di Collegno, Carlo Boncompagni, Ludovico Santi di Igliano, Ercole Ricotti, Carlo Promis, Pietro di Sante. Rosa, Giuseppe Manno... La villa però non apparteneva a Cesare Balbo, bensì ai conti Nomis di Cassila; ma ne aveva l'usufrutto, finché visse, la figlia del conte Napione, Luisa, seconda moglie del Balbo. Fu quello un matrimonio originalissimo; il- grande pensatore, vedovo, non aveva per nulla dimenticato la sua prima moglie, Félicie de Valet de Villeneuve, alla memoria della quale rimase immutabilmente fedele. Ma aveva sette figli in tenera età; bisognava trovare risili j^,prendèssè~cura.; e Cesare Balbo, con la solita sua schiettezza, chie< se a Luisa Napione, già vedova del conte La Pie, di assumersi il delicatissimo compito. Erano due anione elevate, e si compresero; i figli dello statista non ebbero una matrigna ma una seconda madre. Nel Settecento il Rtibatto contava poche case, sparse qua e là, e qualche villa; Carlo Emanuele m vi aveva collocato la Scuola pratica di Artiglieria, dove, come dice la Guida Craveri si esercitano i Cannonieri al tiro dello sbaraglio del Cannone, ed al getto delle Bombe. Il borgo, però, non acquistò una certa importanza se non dopo che Carlo Alberto, nel 1840, autorizzò la costruzione di quel ponte sospeso che abbiamo visto con rammarico sparire, poco meno di trent'anni fa, per lasciare il posto al nuovo ponte Umberto I. Il sacrifico era necessario, perchè il vecchio ponte Maria Teresa era ridotto in condizioni di stabilità tutt'altro che soddisfacenti — ma esteticamente, nella sua snella semplicità, era bellissimo^ stava molto bene doVera, all'ingresso del Valentino. Aperto il ponte, il borgo cominciò adagio adagio, a svilupparsi; e finalmente, nell'ultimo ventennio del se colo scorso, vi si delinearono nuovi quartieri. H suburbio diventava città. Ma a partire dal 1892 il nome di Rubatto tornò a discendere verso la riva del Po; più in su c'è — bizzarra geografia — la Crimea! Fino a tempi non remotissimi il Rubatto aveva una sua curiosa festa, che si celebrava proprio di questi giorni, e cioè il 25 Luglio, in conseguenza di un voto fatto a San Giacomo Apostolo nel secolo XV. Bisogna premettere che la popolazione del Rubatto, come quella deD'antico Borgo di Po, si componeva una volta, per la quasi totalità, di lavoratori dell'acqua; con la quale espressione non voglio indicare osti o lattivendoli, come il lettore malizioso potrebbe supporre, ma navicellai, pescatori, renaiuoli, lavandai, anugnai; e preciò S. Giacomo, patrono dei barcaiuoli, era il protettore naturale di quella plaga. Nel pomeriggio del 25 luglio le ac que del Po, dal Rubatto sino al vec chio ponte, si vedevano formicolare di Darche e barchette addobbate a festa, fra le quali si-apriva il passo un barcone ancora più adorno, che recava a bordo gli Abba — come noi diremmo oggi il Comitato Direttivo —. Costoro approdavano alla riva sinistra, pres s'a poco all'altezza dell'attuale via Mazzini, seguiti dai loro aiutanti che portavano una tinozza piena d'acqua e contenente una ventina di pesci vivi, anch'essi, povere bestie,... parati a festa, ciascuno con un bel fiocco di nastro dai colori vivaci. Il piccolo corteo si dirigeva verso S. Lazzaro, chiesuola di antica origine rifabbricata nel 1777, su disegno del Dellala di Eeinasco; non era forse quello il luogo ideale per una cerimonia festosa, perchè la chiesa era annessa a un cimitero, il cosidetto cenotafio della Rocca, ma quei bravi Abba non guardavano tanto per il sottile. Nella chiesa, un sacerdote dava la benedizione ai pesci; dopo di che Abba, aiutanti, tinozza e contenuto rifacevano la strada già percorsa e tornavano sul barcone che si portava nel mezzo dell'alveo, sotto gli sguardi dei curiosi che affollavano le due sponde. Qui, l'uno dopo l'altro, i malcapitati pesci venivano tolti dalla tinozza c buttati In acqua; e subito i giovani pescatori del Rubatto e di Borgo Po, clic si tenevano pronti sulle vicine barchette, si lanciavano a nuoto per inseguirli a pavtsasgmbcsnmccdgtLnsdgcvOarLmcrcBtdencctcntni vpacpdrsStzuutqlaaaspdtcvlsgpcuuenucctppfnigs prenderli. Chi riusciva ad acciuffare (con le,mani, s'intende) e portare agli Abba il più bel pesce, veniva proclamato re della festa, e aveva in compenso... nientemeno che l'alto onore di aprire il ballo solenne (dopo essersi vestito, suppongo, perchè allora il naturismo non era ancora di moda). Questo ballo si faceva in un padiglione appositamente eretto sulla sponda destra, e durava fino a tarda sera; la giornata poi si chiudeva con una illuminazione delle meschine casupole del borgo, e coi fuochi d'artificio — senza contare, naturalmente, le inevitabili sbornie. Il cenotafio della Rocca fu chiuso nel 1829, quando si fece il nuovo Cimitero generale al R. Parco; ma la chiesa, affidata ai Minori Osservanti, continuò a servire, come succursale della Parrocchia della B. V. degli Angeli, fino al 1855. In quell'anno, apertasi al culto la chiesa di S. Massimo, la succursale diventava inutile; i Minori però rimasero nel convento di ! S. Lazzaro, continuando ad officiare la chiesa fino alla soppressione delle | Congregazioni religiose, avvenuta nell '66. Allora l'ex-cimitero divenuto convento si trasformò in ospedale, per ac-] cogliere l'Opero Pia Boyetto, fondata: presso l'Ospizio di Carità, con testamento 26 agosto 1733, dal banchiere j Ludovico Bogetto; e con ciò quella bizzarra festa, dopo circa quattro secoli di vita, venne a cessare. Era naturale, del resto, che non potesse più sopravvivere; chi poteva immaginare che, in tempi di democrazia, i buoni popolani del Rubatto pensassero ancora a inseguire a nuoto i pesci? C'erano, oramai, ben altre cose da acchiappare! Il suffragio universale, per esempio; pesce anche questo, ma... d'aprile. E. B.

Luoghi citati: Borgo Po, Cocconato, Collegno, Crimea, Italia, Torino