Le relazioni austro-italiane dell'anteguerra

Le relazioni austro-italiane dell'anteguerraLe relazioni austro-italiane dell'anteguerra nella raccolta dei documenti ufficiali viennesi _,. VIENNA, luglio. ,«Gli otto grossi volumi di docu- Tmenti diplomatici del periodo fra il z1908 ed il 1914, pubblicati dal Go-JTverno austriaco per illustrare la si-,ttuazione politica internazionale for- lmatasi tra crisi bosniaca e scoppio mdel conflitto dei popoli, non sono an-1 ecora noti in Italia nella misura del-[s1 importanza del lavoro richiesto, .vAlla cernita degli atti hanno proce- sduto 1 attuale direttore dell archivio id. Stato Ludwig Bittner, il profes- dsor Hans Uhersberger (ex-direttore idell'Università di Vienna, che col ilp:,.f„„„ . „„„(„„,,«.„ i„ „..;„„;„.,iniafaS AP^^'SSS^'■^M^auf^^Sglegantissima opera su Metternich, £apparsa or sono alcuni anni. Come ™nella prefazione si ricorda, i docu- Smenti diplomatici austriaci vedono Ela luce dopo ia monumentale edizione dei tedeschi: in Inghilterra la compilazione è bene avviata, in Francia sono apparsi alcuni volumi e gli atti italiani seguiranno. Lo a i o o a a e a e n n , l e i i , l j . i , a n r o à i i i , , o ) si s. a r vi scopo della pubblicazione austriaca è presto detto: facilitare il lavoro degli storici, si capisce, e dimostrare che nell'estate del 1914 la Monarchia austro-ungarica, sempre sforzatasi di fare una politica utile alla pace d'Europa, fu costretta dalle provocazioni serbe a prendere le armi. In altre parole, il compito primo degli otto volumi è quello di contribuire a rintuzzare l'accusa della sistematica preparazione della guerra da parte del Governo viennese. La foga di Conrad Noi cominceremo col soffermarci sui rapporti fra i Governi alleati di Vienna e di Roma, giovando il far rilevare, alla luce di documenti austriaci, la modestia delle richieste formulate dall'Italia in certi periodi, per determinare una migliore atmosfera, mentre qui s'insisteva nell'attitudine d'intransigenza, oppure si vedeva Conrad von Hoetzendorf agitarsi per venire ad una sollecita liquidazione di conti coll'Italia. La teoria del « tradimento » perpetrato nel 1914 dall'Italia, l'alleata che in: vece avrebbe avuto il « dovere » di dare aiuto, la si conosce : a suo tempo tedeschi e austriaci l'hanno divulgata a tutto spiano. Il Conrad fu, nel parlare del nostro « tradimento » dei più feroci. Ma come sarebbero andate le cose se nel 1907 o nel 1911, fosse stato Conrad ad attaccar noi alle spalle ? La pubblicazione ufficiale austriaca dimostra che nel 1907 e nel 1911 la guerra non scoppiò per merito di Francesco Gh> seppe e del suo ministro degli Esteri Aehrenthal. - La crisi bosniaca trova Tittoni alla Consulta e Aehrenthal al Ballhausplatza, Liitzow ambasciatore austro-ungarico a Roma e Avarna ambasciatore d'Italia a Vienna. Siamo alla fine d'ottobre del 1908 e il ministro degli Esteri austro-ungarico telegrafa a Roma molto risentito, perchè Tittoni, poco condiscendente, accenna perfino a possibilità di naufragio della Triplice. « Non può esservi dubbio, dice Aehrenthal, che lo scioglimento dell'Ai leanza sotto la pressione degli _ eie menti irredentisti italiani significherebbe il primo passo verso la rottura con l'Austria-Ungheria. Gli uomini di Stato italiani non dovrebbero nascondersi la tremenda gravità della situazione che sorgerebbe per l'Italia da un conflitto con la Monarchia nel quale il Reame non potrebbe contare sull'efficace aiuto di un'altra grande Potenza e punterebbe tutto sopra una carta ». La posizione di Tittoni è difficile: l'ambasciatore,. Liitzow se ne rende conto e, anche a rischio di diventare noioso, si ritiene in dovere di far notare che Tittoni insiste sull'r.-> portunità di un gesto grazioso da parte dell'Austria. Nel caso che la Università a Trento sia impossibile, una sistemazione di confini di pochi chilometri, in maniera da at tribuire Aquile.ia all'Italia, avrebbe lo stesso effetto morale. Aquile.ia è la culla di Venezia e un « atto di magnanimità » da parte di Francesco Giuseppe entusiasmerebbe tutti i cuori. Tittoni aveva detto all'ambasciatore se non gli fosse possibile partire per Vienna con un pretesto, pour plaider la cause, e il diplomatico gli aveva risposto che senza ordine non poteva allontanarsi e che d'altronde assumeva malvolentieri missioni del genere, « sgradite e po co promettenti ». Comunque, alla fine del dispaccio Liitzow osservava che un'azione qualsiasi a favore di Tittoni sarebbe stata vantaggiosa per l'Austria-Ungheria : « Io non voglio dire, concludeva, che colla caduta di Tittoni debba forzatamente crollare anche la sua politica, pe rò la sua sorte costituirebbe, in ogni caso, per il successore, \in monito e un avvertimento ». Aehrenthal, oltre a non capire i timori di Tittoni di complicazioni fra Italia ed Inghilterra, teneva poco a rendere al ministro degli Esteri italiano favori di carattere personale; e in data del 3 novembre rispondeva Liitzow: « ...Del resto, nelle nostre relazioni coll'Italia importante è in prima linea non la posizione più o meno solida del signor Tittoni, al quale comunque io auguro l'attività più lunga possibile, bensì l'attaccamento dell'Italia alla Triplice, che per noi ha grandissimo valore, ma che non possiamo nò vogliamo comperare ad ogni costo. Per ciò che riguarda le cortesie desiderate dal signor Tittoni. V. E. sa che da noi la creazione di un'Università italiana non dipende da un atto grazioso di S. M., ma dalle decisioni del potere legislativo ». Il fatto che l'Ambasciatore s'era intrattenuto sopra una proposta di correzione di confini presso Aquile.ia, accettando un memorandum e facendone oggetto d'una comunicazione ufficiale, aveva enormemente stupito il ministro. Le idee di Fortis Il Liitzow non gradì la lavata di capo. Rispose subito a Aehrenthal dichiarando che della persona di Tittoni lui si disinteressava, ma che insomma, se Tittoni fosse caduto, con molta probabilità fra AustriaUngheria ed Italia si sarebbe ritornati ai rapporti anteriori al 1904 Il rimprovero mosso a lui, per averchiesto il dono di * ruderi » (talili aveva definiti Tittoni) in una laguna inabitata e infestata dalle febbri, gli riusciva penosissimo;atmTvAgsisuncpdIqgsztrrdpaPv « Secondo le affermazioni del signor Tittoni, la delimitazione di questa zona fu, in occasione della firma del Trattato di Vienna, rinviata ad al- tre trattative. Nel corso di un col- loquio io non posso decidere, in modo unilaterale, se ciò sia o no esatto. E' però da supporre che il signor Tittoni, il quale siede nelle vicinanze del proprio archivio, una simile affermazione non so la sia inventata ». Aehrenthal replicò che dal 1867 in j d, degidcrio del. iiTf'i5„ „tf' a„„:i„.-„ „ l*ta'* d' SS" ao' imo a iJunta fadobba, non sera S'I Parlato; ru,tima conversazione g genere s'era .volta a Firenze, £a il Presidente del Consiglio Rat™'ed il ministro austriaco voti Sg,1**! d°P° che anche Vittorio Emanuele II ne aveva fatto cenno i o d e e n o e e l i o a n o a i l i e , rip^LA^^vp , il contatti tra ì a e ;) al diplomatico. L'Italia non era ritornata sulla questione neppure at momento della firma della Triplice. Tittoni aveva torto a considerare la vertenza ancora aperta, giacché Aehrenthal non vedeva su quali ragioni storiche-giuridiche egli potesse fondarsi. Le idee del ministro degli Esteri italiano il Liitzow le aveva abbastanza dettagliatamente esposte in un rapporto del 2G ottobre: Tittoni al momento della crisi aveva cercato di assicurare all'Italia dei compensi e l'Austria-Ungheria lo aveva deluso. Lo stato dei rapporti fra Italia ed Austria-Ungheria rimase quello che il Presidente del Consiglio Fortis descrisse, nel febbraio successivo, al conte Colloredo, funzionario dell'i, r. Ambasciata. Fortis, « a simiglianza di ogni italiano ragionevole », non voleva una guerra, e non poteva volerla, non essendo l'Italia preparata, ma appunto per questo si allarmava dei continui armamenti dell'Austria - Ungheria. Primo e supremo dovere d'ogni Governo italiano era rigenerare e in-» grandire l'Esercito e la flotta. Un'Italia forte avrebbe potuto' assumere una posizione internazionale ben diversa. H Presidente del Consiglio, proseguiva il Colloredo, aveva poi ammonito a non paragonare le manifestazioni passionali degl'italiani con quelle di altri popoli; difficile era, però, stabilire fra Austria-Ungheria ed Italia relazioni veramente amichevoli : «La Francia democratica ed anticlericale offre all'Italia moderna più punti di contatto che non la conservatrice e clericale Austria, la roccaforte della tradizione, il paese che è stato fra gli ultimi a rinunziare all'assolutismo. La stampa che in Italia è in larra misura in mano dei massoni, nu. oralmente batte più volentieri il tamburo per una Francia di uguale mentalità. Passando al movimento anticlericale il signor Fortis non gli attribuì grande importanza. H popolo italiano è troppo indifferente dal punto di vista religioso -per potere partecipare con slancio ad un duello fra clericali e liberi pensatori ». »ol>i* I colloquii di Salisburgo Nel 1910, il fatto saliente delle relazioni austro-italiane furono i colloqui di Salisburgo e di Ischi fra Aehrenthal ed il marchese di San Giuliano, succeduto, nel frattempo, a Tittoni. Troviamo riassunti i colloqui in un pro-memoria compilato dallo stesso Aehrenthal, che figura col numero 2244 nel secondo volume della pubblicazione ufficiale austriaca. Il pro-memoria incomincia con una simpatica descrizione della personalità del marchese di San Giuliano, del quale si legge: « Lunga esperienza politica gli ha insegnato a fare i conti con la realtà; uomo intelligente, oggi, arrivato in alto, accetta la situazione qual'è, senza curarsi dell'aver prima sostenuto idee politiche che non apparirebbero conciliabili con le sue odierne vedute ». Il ministro italiano aveva parlato al collega con grande franchezza: pur accentuando, però, il suo attaccamento alla Triplice, si era astenuto dal toccare la questione del rinnovo. Non aveva esitato a dire che molti in Italia consideravano utile avere come vicina una forte Monarchia austroungarica, noichè un raggruppamento affatto slavo sui Balcani avrebbe potuto ripercuotersi anche sulle province della Monarchia confinanti coll'Italia. Nei confronti della Serbia, di San Giuliano riferì che i serbi erano tutti convinti della volontà dell'Austria-Ungheria di sbarrar loro la via dell'ovest, per poterli quindi far piegare adoperando armi economiche. Buona parte dei colloqui fu assorbita dalle faccende orientali. Di San Giuliano fu molto sincero nell'esprimersi sui rapporti italo-francesi e non risparmiò qualche critica al suo Presidente del Consiglio, il Luzzatti, uomo di grande talento e dottissimo, ma « vanitoso e sensibile ». Luzzatti era un seguace della Triplice come lui, siccome la stampa francese soleva incensarlo, s'era fatto la fama di partigiano dell'avvicinamento alla Francia. L'agitazione irredentista Si passò quindi a discorrere defl'agitazione irredentista in Italia e lo strano è che mentre nei rapporti del 1908 Tittoni viene presentato come un Ministro inviso a molti italiani, a motivo della sua debolezza verso l'Austria, in questo rapporto si afferma che di San Giuliano, a differenza dei suoi predecessori, aveva già documentato di avere il coraggio di opporsi all'irredentismo. Ma nel fondo dell'animo de! nostro ministro, Aehrenthal, certamente, non arrivò a leggere, tanto che gli tocca dire : « In verità io ho riportato l'impressione che il marchese di San Giuliano non attribuisca il giusto valore all'irredentismo, forse perchè egli ha vissuto auattro anni in Inghilterra e perchè, come siciliano, conosce poco lo stato d'animo della popolazione dell'Italia settentrionale ». Nell'accomiatarsi, Aehrenthal e di San Giuliano fissarono un nuovo incontro per l'anno successivo, per il caso che fossero stati ancora al potere; invece nel 1911 l'Italia sbarcò a Tripoli e i due ministri degli Esteri poterono avvenire solo in forma indiretta. ITALO ZìNGARELLJ