Delusioni di bordo

Delusioni di bordo VERSO LOS ANGELES Delusioni di bordo Da uno dei nostri inviati speciali Da bordo del «Roma», luglio. M'ero spogliato interamente, stamane, per la mia ginnastica del mattino, quando... Ma procediamo con ordine. La ginnastica ignuda, innanzi all'oblò aperto, è uno dei piaceri dell'oceano, h vento dal largo è una delizia: e poi, tra cielo e mare, non c'è pericolo che da una qualunque finestra di fronte s'affacci qualcuno, a gridare la sua indignazione di vedervi in quello stato. Potrà darsi, al massimo, che per un attimo salti su dalle onde un pesce volante: ma i suoi tondi occhi hanno visto ben altro, là giù negli abissi; e in ogni caso, scandolezzato o no, è certo che anche per la vostra nudità egli serberà il suo sangue freddo, nè cesserà di restare muto come un pesce. Una delle gioie oceaniche, dunque, è l'abolizione del pudore in conseguenza all'abolizione del vicinato. Quand'ecco che stamane, aperto in quél costume il finestrino, mi sono trovato innanzi a duecento signore che sventolavano fazzoletti! Era Z'Augustus c/ie passava, per l'appunto, nella nostra rotta. Mi restarono allora due cose da fare, prima della ginnastica: rivestirmi, e commuovermi. Non si potrà mai dire che avvenga, nell'anima nostra, allora che trovandoci su una nave della patria, dopo giorni di navigazione per flutti deserti, s'incontri un'altra nave di quella patria lontana.. E' un'esaltazione che dà la vertìgine; che fa male. Il cuore rulla e beccheggia come a un passaggio, fresco e violento, di tramontana. Si cercano gli appoggi e ci sì sente, a un tempo, grandi come dei giganti, vacillanti come dei bambini. Poi la nave scompare, i saluti cessano, i cuori si chetano; e si torna a pensare che questo oceano, dopo tutto, è piccoletto: se ci si può trovare così, a mezza via, come in corso Vittorio o al Valen* tino. Il prato azzurro Ci riprende allora, a bordo del transatlantico perfetto, quel senso d'assoluta normalità che, diciamolo pure, pei cacciatori d'emozioni è un disinganno bello e buono. La città galleggiante non dà più un brivido all'avventuroso, un'ora dopo di aver staccato i suoi ponti dalla terra. E' la stessa sensazione di vivere in un'isola. Chi pensa più d'essere circondato dai flutti? Il mare è un grandissimo prato azzurro; e la nostra casa guarda su un giardino: ecco tutto. Lo strepito delle eliche, con l'abitudine, si fa eguale e dolce come il rumore d'un mulino. Nulla di più pacato, di più tranquillizzante, di più addormentatore. Un'isola, appunto: l'isola baudelariana ou tout n'est qu'ordre et beauté — luxe, calme et volupté. Anche troppo. Il piroscafo ha dieci piani. E ha terrazze, vicoli, aiole, cortili intorno alle sue dimore diverse. Il mulino dell'elica macina silenzio e sogno per tutti i coricati delle cuccette, per tutti gli appisolati delle sedie a sdraio, per tutti i bighelloni dei ponti. La nave ha la sua orchestra, la sua radio, il suo cinematografo, le sue eleganze, i suoi amori, i suoi giochi. E, infine, il suo pei tegolezzo: il segno più certo della società. E della sicurezza: dopo un'ora, noi già ci occupavamo degli altri. Voleva dire, che non avevamo più timore per noi stessi. C'è un tennis, sul ponte di comando. Lo sapevate, che sulle navi italiane dell'anno decimo si può giocare a tennis? E c'è la piscina, con la sua sala di ginnastica: tona piscina di tersa acqua color malachite, intorno a cui le signore sollecitano la bronzee senza pari del sole marino, che il profumiere, questa sera, finirà di perfezionare con la lampada di quarzo. I giochi, non si contano: ping-pong, cavallini, hockey da tavola, tennis cogli anelli di gomma, fucile pneumatico, poolgame e auction-pool : che sarebbe poi il totalizzatore, fra passeggeri,! a chi indovini U preciso numero delle miglia percorse nella giornata. E che impressione vi farebbe, dite un po', di veder passare un cuoco con un innaffiatoio? Ecco una vignetta da villa in campagna, da buen retiro, da cottage. Il transatlantico la riproduce tal quale. Esso ha degli orticelli nelle sue visceri: e rose fresche, fragole fresche, insalate novelle, pesci del vivaio. Ferdinan-do di Bulgaria, che sin verso i cinquant'anni fu certo il. più snob dei Sovrani d'Europa, scusava la propria avversione ai viaggi per acqua col dire che non si può, a bordo. neppure andare a caccia del cinghia-le. Ebbene: sui grandi piroscafi in- glesi lo sport della pesca è già pra-\ticato; ed io auguro al mondanissimo fra i Re di vivere abbastanza da trovare su una nave salpante anche una bandita in piena regola. Un signore monferrino Questo cuoco di bordo, che in vista dei marosi va rimondando i gigli e le lattughe, è salutato col più grande ossequio da- un grosso signore monferrino, salito a Napoli con un esclusivo programma alimentare. Va dicendo, il florido uomo, che in nessuna parte del mondo si mangia bene come sui nostri transatlantici. Lo va dicendo, e provando: e c'è persino chi pensa ch'egli si sia imbarcato solo per questo. Se fosse vero, quale capolavoro dì raffinatezza, da eclissare i più costosi snobs di Re Ferdinando! E' salito con lui un ragazzetto biondo, dagli occhi luminellanti tutto fiero nel suo costumino alla marinara, che, dopo appena tri ore di navigazione, ha domandato in biblioteca, con mia sorpresa, il Chancellor di Giulio Verni. Come mai, m'ero chiesto, questo fanciullo può domandare • un libro d'avventure, mentre ne sta vivendo una propria? Dal rispondermi, mi aveva però distratto l'apparizione d'un nuovo passeggero: un boxeur celebre, che il pettegolezzo abituale ha subito accusato d'aver firmato il passaporto con una croce. E insieme all'illustre analfabeta, s'è visto affacciarsi sul ponte un lungo messere, dal viso tutt'ossa e grinze, il quale guardava l'acqua, e poi il cielo, col più evidente disprezzo per queste due immensità che non gli riusciva di capire. Ci sono, direte voi. anche gli analfabeti dell'anima, che non saprebbero mettere una firma adalcuna adesione, per qualsiasi argoménto di meraviglia. Io però scuso il mio messere, ch'è uno spagnolo di Gibilterra. Perchè, credetemi, nè cielo nè mare, dalle finestre delle città galleggianti, dopo qualche tempo si riescono a vedere più. Essi più non sono, vi dicevo, che una sola unità spaziale in un solo ritmo di pendolo; diventando, tutt'al più, un effetto di colore. Di cui poi sì valgono le signore, gentilmente disoccupate, per intonare all'onda l'abito da ballo: arigiazzurro, nell'acque della Riviera; celeste carico, in quelle di Napoli; indaco con frangie bianche, nel Golfo del Leone; grigio di perla, a creste e rilievi, nelle vicinanze dell'Atlantico. Da ciò ho finito per capire l'assenteismo del ragazzetto biondo, rassegnatosi, dopo appena un'ora di stupefazione, alla lettura d'un libro di viaggi. E' un emotivo, anche lui; è un deluso, anche lui, cui nella sicurezza monotona del nostro andare Giulio Venie può servire, quanto a noi il ballo o il bridge, Z'auction-pool o lo spumante in fresco. Un viaggio in transatlantico, non è un viaggio. E' un'attesa. Visto da un bordo così alto, e così fermo, il mare non è un mare. E' un film. Chi cerchi il brivido, o il thrill, o il frisson, non ha più, allora, che da rifugiarsi in biblioteca. Libri che si leggono a bordo di ginnastica. Gli hanno consigliatodi fare del moto. Ha risposto, il bra-v'uomo, che tutto il moto che si sen-tivadifare era di caricare l'orologio.Attento, però, o monferrino: per-che incontro ai meridiani può diven-tare un'operazione laboriosa anche ìquella. Guardiamo, insieme, la nota E qui vo ritrovando il mio spagnolo, fastidito più che mai. Gli spagnoli di Gibilterra, se non sapete, una cosa sola hanno accettato d'im parare dagli Inglesi, ed è lo spleen. E lo praticano esagerando, da buoni meridionali, per non so che picca verso i padroni. Questo è scontento di tutto: anche deH'auction-pool, che non funziona a dovere. Ieri l'ufficiale dì rotta deve aver sbagliato il computo: apposta, forse, per far vincere quella signora ebrea, che dice aver gambe più belle di Marlene Dietrich. Guardiamo la signora. Sta leggendo un libro giallo: non so che imbroglio di veleni o pugnali; mentre le va scrosciando intorno l'infinito. Disgustatissimo, lo spagnolo rivolta gli occhi: e su uno sfondo di flutti inquieti, si direbbe il quadro del Desdichado. Fa Za sua apparizione, allora, il signoremonferri.no. Anche luì, quando non si mangia, s'annoia. Che fare? E' andato a giocare a ping-pong. Troppo faticoso. E' capitato in sala dei libri chiesti in lettura. Qualcuno penserà che i più cercati, in pieno Oceano, siano i più anodini, i più calmanti: Andrea Theuriet, che so?, o Virgilio Brocchi, o il canonico , Schmidt. Sono i più eccitanti,<inveIce; Yoyce, Moravia, ^Wassermann^ Paul Morand. Perchè, appunto, qui non ci sono nervi da placare, ma da scuotere; non apprensioni da mandar via, ma, se mai, da mettersi in corpo. Cercano dunque, le dame, gli stessi libri che si portano ite campa ■ gna, per l'amaca nel sole o il chalet tra le vespe: e se non domandano L'amante di lady Chettertel, è perche ce l'hanno già tutte nella valigia; ma il libro giallo, o il libro nero, o l'infrarosso, o l'ultravioletto, è di gran lunga preferito ai candidi, ai rosa e ai celestini. Quanto allo spagnolo, non trova niente di suo gusto. Il boxeur celebre, resta a guardare le copertine. Il monferrino gastronomo, ha scelto La cucina futurista di Marinettì: ma, dopo appena cinque minuti, eccolo dare un balzo sulla sedia. Perchè va bene il thrill, va bene il frisson: ma certe emozioni, via, sonò' un po' troppo. O mio piccino biondo: e tu, e tu, che leggi, mentre la nave che ti porta va solcando l'immenso mare con un fruscio di sete superbe, e l'onde s'aprono innanzi a lei, reverenti, come a una solennissima signora? Che leggi, che sogni tu, dal tuo libro male stampato e male illustrato dell'anno 1882? E' l'avventura del Chancellor; è la storia d'un naufragio. Ti sai così sicuro, ormai, su questa nave autentica, e così grande, che già cerchi quella nave tanto più piccola, e non esistita mai: e ti imbarchi con lei, e t'arrischi con lei, per riavere il palpito che ti piace. Stupendo, insuperabile, questo bastimento che ti porta. Ma là, sulla pagina ingiallita che reca le la* grime del tempo, tu ritrovi quelli che il pericolo faceva atroci, .e fa* ceva sacri: vascelli dai dolci nomi, che si chiamavano goletta, o brigan- '.tino ; e mettevano tante vele, l'una sull'altra; e sui fianchi a ricami d'oro mostravano il fregio nero dell'ancora; e via se n'andavano, con ie loro véle bianche, e i pennoni al vento, e la ciurma a pie nudi, dai nomi di fantasia; e un mozzo lassù in cima, che salutava. La goletta, il brigantino... Oh: e c'erano i lupi di mare, allora. C'era il nostromo, che gridava Goahead! quando le cose andavano bene; quando andavano male, schizzava nero fuor dalla pipa, sputando insieme una bestemmia di tuoni e fulmini. C'era una calamità ad ogni luna. C'era un uragano ogni cinque giorni. E il capitano aveva diciott'anni ; e nella ciurma c'era il traditore. E i negri, dunque? E i chinesi? Bisognava stare attenti, oltre che al mare tremendo e al trinchetto fragile, ai negri ubbriaconi della stiva; o ai chinesi che complottavano la rivolta; e che una sera, una notte, al suono convenuto d'un gong, irrompevano con un pugnale fra i denti, affrontati però dal nostromo a forza di pugni, e con una maledizione intraducibile dalla scozzese... Domando il « Corsaro Nero » Come ti capisco, o fanciullo! Qui, senza proprio mettere il muso lungo del desdichado, annoiati siamo un po' tutti. Pericoli, non ce n'è più. Avventure, non ce n'è più. Abbiamo troppo ordine, troppa certezza, troppe rose in tavola, troppe fragole di giardino. L'ufficiale è in monocolo, e non sbaglia d'un millimetro la sua rotta. La ciurma è a pie nudi, ma neppure si vede: mentre vediamo benissimo i piedini, e il resto, della bella signora che non invidia le forme dì Marlene Dietrich, allora che prende la sua bronzee stile oceano, in attesa che la chiami la campana del cinematografo, o quella del pranzo. Quanto alla cena, è annunziata dal gong: ma è un gong che non fa paura a nessuno; visto che di chinesi, sul Roma, non ce n'è neppure per venderci delie perle matte -—■ che sarebbe, al postutto, un tradimento da soli quaranta soldi — e che di rivolta da temere non ce n'è, neanche da parte degli intestini, dato che la cucina futurista figura soltanto in biblioteca. Non resta che la fatica del ping-pong; o quella del tango, dolle dieci a mezzanotte; o al massimo, quella riserbatasi dal signore monferrino, di caricare l'orologio, sera per sera, con quaran'ta minuti di ritardo. Imprevisti, non 'c?- n'è- Pericoli, non ce n'è. Mìo Dio: ^nhe racconteremo, al ritorno? E se 'ne inventeremo, delle avventure, chi 'ci potrà credere? In ogni caso, sarà \ bene seguire l'esempio del ragazzet to biondo, e andare in biblioteca a rileggercene qualcuna. Mi spiacé pel boxeur illustre, che questo gusto non potrà cavarselo: lui che non sa leggera, lui che ha firmato con la croce. Per me, è cosa fatta: oggi domando il Corsaro Nero, e domani mi prenoto per il Chancellor. • MARCO RAMPERT1

Luoghi citati: Bulgaria, Europa, Gibilterra, Los Angeles, Napoli, Roma